Víctor Polay Campos: “Sul banco degli accusati. Terrorista o ribelle?” (Il libro– Capitolo I)

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Qui parlavamo della decisione di pubblicare il libro di Víctor Polay Campos a puntate in questo sito.

INDICE /Dedica /Prologo /In memoria /Introduzione

Capitolo II

Capitolo III

Capitolo IV 

Capitolo V 

 

CAPITOLO  1

FARSA DI PROCESSO

 

Sentenza del Tribunale senza Volto 

Nel Carcere di Yanamayo, a 4.000 metri sul livello del mare, dove mi trovavo recluso dal luglio del 1992, si costruì, per giudicarci, una Sala di Udienze, consistente in un piccolo recinto, diviso in due da un grande specchio, che permetteva di vedere solo da un lato – quello dei giudici – e un apparato di distorsione della voce che emetteva suoni che sembravano prodotti da un robot della Guerra delle Galassie. In questo luogo surreale fummo sottoposti a una parodia di giudizio da parte di “giudici senza volto” che durò due giorni. Il primo per l’accusa e il secondo per l’allegato della difesa e per la sentenza. Non ci furono interrogatorio, presentazione di prove, partecipazione di testimoni, lettura di fascicoli, né nulla che somigli a un processo normale. 

La piccola sala fu riempita per due giorni da un pubblico molto particolare, composto  da capi di polizia e militari, che assistettero per non perdersi lo “storico spettacolo”.

Come fatto inaudito, degno di Ripley, nella stessa Sala di Udienze, dove in teoria avrebbe dovuto amministrarsi la giustizia, fui sottoposto a tortura insieme al mio coaccusato Peter Cárdenas, con percosse e scariche elettriche, e alla fine del secondo giorno di udienza fummo filmati con vestiti a strisce.

A quanto pare agli impiegati di Fujimori non piacque per niente il nostro rifiuto a pentirci e a sottometterci alla dittatura. Dopo poco tempo, per terminare il lavoro, la polizia arrestò il mio avvocato difensore e lo accusò di “tradimento alla patria”.

L’auto-denominata Sala Penale per Casi di Terrorismo (Tribunale senza Volto) il 3 aprile del  1993, dopo aver segnalato che “nell’udienza del 27 marzo ultimo scorso, (Víctor Polay) non ha riconosciuto l’autorità dell’attuale governo, né le leggi emanate da esso, negando l’autorità dei giudici, il che dimostra la persistenza della sua nefasta ideologia…”, mi condannò all’ergastolo e al pagamento di una riparazione civile di 30.000 milioni di dollari americani. Sì, 30.000 milioni, somma simile al debito estero del Perù, e sì, in dollari americani, perché o non avevano fiducia nella moneta nazionale o la loro alienazione verso tutto quello che viene dal Paese del Nord era più forte della loro condizione di peruviani.

Questi “probi” giudici firmarono la sentenza con le sigle SJA, BOY e BHD. Ecco le loro onorevoli firme:

Successivamente, il 24 maggio del 1993, la Corte Suprema della dittatura ratificò la sentenza di ergastolo e la riparazione civile di 30.000 milioni di dollari. I giudici supremi firmarono, a differenza dei loro congeneri del Tribunale senza Volto, con cifre, che li rendevano ancora più anonimi. Queste “democratiche” firme furono:

 

 

 

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