Crisi Fiat : a Pomigliano e’ piu’ dura

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Nello stabilimento FIAT di Pomigliano d’ Arco la crisi e’ piu’ dura che negli altri. Ricevo e pubblico volentieri due comunicati al riguardo, quello di Gerardo Giannone, segretario PDCI e quello dei Cobas relativo al licenziamento di Mimmo Mignano e all’istituzione della Cassa di Resistenza.

 

LA FIAT A POMIGLIANO FARA’ UN MESE DI CASSA INTEGRAZIONE IN PIU’ RISPETTO AGLI ALTRI SITI.
SI RITORNA IN FABBRICA IL 9 FEBBRAIO ANZICHE IL 12 GENNAIO.
 
dichiarazione stampa del segretario del PdCI Fiat GIANNONE GERARDO:
 
Il sito industriale di Pomigliano ( Fiat ) si estende su 6Km quadrati conta ben 8000 dipendenti tra diretti e indiretti. Insomma ogni comune della provincia napoletana ha almeno un abitante che lavora alla Fiat. Inoltre quel sito nel bilancio consuntivo del 2007 ha prodotto circa 175mila auto per un valore commerciale di quasi 3,5 miliardi di euro.
I dipendenti della Fiat di Pomigliano versano mensilmente circa 12 milioni di euro nell’economia locale attraverso le spese di rutin ( cibo, vestiario, bar, ristoranti, giochi, telefonia, acqua, luce, gas, spazzatura, mutuo, fitto etc..) inoltre gli stessi versano mensilmente per quanto concerne l’IRPEF REGIONALE circa 184mila euro e circa 80mila euro nelle casse dei vari comuni come addizionale comunale IRPEF.
Si evince dai dati sovra esposti quanto conta avere una fabbrica così importante per la nostra fragile economia. Lo stabilimento della Fiat di Pomigliano all’inizio del 2008, precisamente nei mesi di gennaio e febbraio é stato chiuso alla produzione per effettuare un reastailyng tecnologico per le infrastrutture e formativo per gli operai.
Questa chiusura per due mesi ha visto una esposizione della casa Torinese per ben 110 milioni di euro, ottenendo come risultato un netto miglioramento sulla qualità del prodotto e una professionalità maggiore dei dipendenti.
A luglio di quest’anno la Fiat ci ha chiesto di effettuare 5 settimane di ferie invece delle normali 3, per evitare la cassa integrazione.
Invece abbiamo effettuato:
1.       settembre 2 settimane di cassa
2.       ottobre 3 settimane di cassa
3.       novembre 4 settimane di cassa
4.       dicembre 3 settimane di cassa
 
Insomma mentre gli altri siti hanno lavorato fino al 12 dicembre per poi ritornare il 12 gennaio (M IRAFIORI RITORNA IL 19 GENNAIO ESCLUSA LA LINEA DELL’ALFA MITO) noi abbiamo lavorato solo dal 1 al 5 dicembre per avere stamattina la notizia che torneremo il 9 febbraio. Questo quadro così desolante esce fuori dal fatto che mentre Cassino produce 3 modelli nuovi (CROMA, BRAVO EDELTA) e altri siti comunque hanno modelli nuovi come MITO e restailyng di altri, noi produciamo ancora l’Alfa 147 che sta da 9 anni sul mercato e l’Alfa 159 che seppur sta da soli 3 anni sul mercato é però destinata ad una clientela di alto reddito. La futura ALFA 149 (sostituirà l’attuale 147) sembra che venga assegnata a Cassino mentre per Pomigliano non si prospetta niente di nuovo all’orizzonte. Marchionne tra pochi giorni dovrebbe convocare le parti a Roma per presentare il piano triennale ( 2009–2010-2011 ) e dunque assegnare le missioni produttive, sembra che per Pomigliano se ne riparlerà a giugno 2009.
Ritengo la cosa molto preoccupante e credo che se non ci sia un movimento Campano a sostegno di una vertenza PRO POMIGLIANO il sito rischia di ridimensionarsi.
Inoltre il fatto che i 300 contratti di apprendistato presenti in fabbrica lavorino fino a marzo e che poi da marzo in poi facciano anche loro cassa integrazione ( vedi ultimo decreto anti crisi varato dal governo ) non é un segnale ben augurante.
Tengo a precisare che a Pomigliano già hanno perso il posto più di 120 operai con contratto termine ( vedi Pellegrini, società che fornisce la mensa e alla Sirio società che sorvegila il sito ) e che le 27 aziende fornitrici rischiano di avere ripercussioni ancora più gravi (l’indotto esterno conta circa 3000 addetti ).
Mi auguro che al più presto nasca un fronte compatto a sostegno del sito industriale campano e che il governo la smetta con proclami inutili ma che diventi realmente incisivo per la salvaguardia dei posti di lavoro.
Troppe volte ho detto che Pomigliano rischiava, la crisi ha accentuato il rischio per Pomigliano, bisogna subito mettere in moto un meccanismo a difesa dei lavoratori che con 850 euro mensili e con il rischio di perdere il lavoro non possono stare.
Concludo ricordando le tante iniziative da noi proposte ed effettuate per mettere in risalto quello che sta succedendo a Pomigliano e spero che da oggi ci sia uno spirito comune ad unirci e non più divisioni di appartenenza.
fiat lì 16 dicembre 2007
Giannone Gerardo     
 
Comunicato Cobas
 
SOSTENIAMO MIMMO MIGNANO E I LICENZIATI ,
ISTITUITA LA CASSA DI RESISTENZA
Dopo lo sciopero allo stabilimento Fiat di Pomigliano e la
riuscita assemblea ai cancelli in seguito al licenziamento politico del delegato RSU-Cobas Mimmo Mignano (vi hanno partecipato le organizzazioni del sindacalismo di base , la rete 28 aprile,i movimenti sociali della Campania ), abbiamo istituito una CASSA DI RESISTENZA CONTRO I LICENZIAMENTI.
 
In queste ultime settimane la Fiat in particolar modo, si  é distinta per aver colpito diversi lavoratori ed Rsu a Melfi, Termoli e Pomigliano, nel tentativo di azzerare il conflitto liquidandogli attivisti scomodi. Al di là  dei pretesti aziendali, questi lavoratori sono stati colpiti perché sono un punto
di riferimento certo per i diritti e le necessità dei lavoratori.
La CASSA DI RESISTENZA CONTRO I LICENZIAMENTI vuole quindi essere lo strumento di sostegno materiale e politico per i lavoratori impegnati,come Mimmo Mignano e altri, contro la precarietà , gli incidenti del lavoro, le politiche antisociali e concertative .
La resistenza contro i licenziamenti e l’ illegalità  padronale si realizza con il mutuo soccorso.
Adoperiamoci per garantire il salario sociale ai licenziati impegnandoci nelle sottoscrizioni e collette mensili.
La solidarietà éun atto concreto di condivisione.
 
Se si intende utilizzare il bonifico bancario , l’ntestazione è Cassa di Resistenza contro i Licenziamenti,le coordinate bancarie sono:
 
IBAN IT72 Z010 1003 4250
4120 0000 817
sanpaolo banco di napoli filiale 00125
Cobas Lavoro
Privato — Confederazione Cobas
 

A Sud aderisce allo sciopero

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Pubblico qiui di seguito l’adesione dei compagni e delle compagne di A Sud. Una splendida sintesi di quella che è la situazione nel  nostro paese e dei motivi per cui non si deve abbassare la guardia nè domani, nè in futuro…
A Sud ha deciso di aderire e di sostenere lo sciopero generale indetto dalla CGIL e dai sindacati di base. La nostra non è solo una scelta dettata dalle necessità di promuovere politiche di sostegno alla piena occupazione (alla quale l’intero sistema economico e politico ha rinunciato come se fosse fisiologico e naturale una situazione di sfruttamento e precarietà), di sostegno al reddito, di sostegno e di rafforzamento del welfare, di difesa dei beni comuni e dei saperi, a partire dall’acqua e dalla scuola pubblica. Non ci sono solo queste necessità che ci porteranno in piazza domani, di per se già fondamentali, né tantomeno la crisi economica e sociale che spinge il paese sempre più in basso facendolo retrocedere fin nei suoi istinti di pancia.
 
Quello che domani ci porterà in piazza è più di ogni altra cosa la necessità urgente di difendere la democrazia nel nostro paese, ormai fortemente a rischio. Un paese sempre più anormale in cui il presidente del consiglio pidduista attraverso il suo incontenibile potere economico e mediatico sta disarticolando le basi sulla quali la Repubblica è stata fondata, smontando pezzo a pezzo quel senso comune che permette ad un paese di farsi patria per motivi più alti dei colori di una bandiera. Un paese vittima del mal governo e dell’affarismo mafioso che lo stesso mal governo impone. Un paese in balia di una classe dirigente confindustriale che sembra sbarcata dalle navi del tempo della colonia e che con piglio arrogante e triviale pensa di continuare a trattare milioni di lavoratori come merci da utilizzare alla bisogna. Un paese che ha dichiarato guerra al lavoro nel senso più letterale, producendo in maniera fisiologica tre morti al giorno nonostante gli appelli ipocriti e sterili delle più alte cariche dello stato. Un paese in cui l’opposizione parlamentare gioca ancora ad operazioni di ingegneria istituzionale rimanendo silente, imbelle ed incapace persino quando si tratta di difendere la stessa Carta Costituzionale, figurarsi i suoi valori. Un paese nel quale per la prima volta la sinistra istituzionale diventa extraparlamentare dimostrando tutta la sua fragilità nel ricomporsi e che appare ancora incapace di un progetto politico alternativo alle destre. Un paese nel quale giornalmente si riducono i diritti e gli spazi del dissenso, dove la protesta viene criminalizzata ed alcuni ex presidenti suggeriscono addirittura apertamente come ridurre ulteriormente questi spazi attraverso operazioni sporche e fuori dalla legge. Un paese nel quale se sei immigrato inizi ad aver paura di essere aggredito ad un bar solo per il colore delle tua pelle, mentre se sei uno studente di sinistra temi di essere accoltellato da decine di bande fasciste che girano a piede libero con la copertura della polizia, dei servizi e di alcune forze politiche. Le stesse forze politiche che hanno promosso gli autori della macelleria commessa dalle forze dell’ordine nelle strade di Genova durante il G8, mentre un ragazzo ucciso con un colpo in fronte ancora aspetta giustizia, insieme a migliaia di cittadini e cittadine brutalmente picchiati ed in alcuni casi persino torturati. Un paese nel quale la magistratura subisce attacchi ogni giorno se tenta di far si che la legge sia uguale per tutti. Un paese sempre più a reti unificate ed imbellettato da una sub cultura dozzinale quanto povera. Un paese in cui è in atto una vera e propria rivoluzione conservatrice che sta seppellendo la sua memoria, al punto da aver dimenticato persino i suoi partigiani e le centinaia di migliaia di donne e uomini morti per darci libertà e giustizia.
 
Davanti a questa situazione ed alle minacce concrete e già reali che si manifestano nelle vite di ognuno di noi, pensiamo che sia oggi più che mai opportuno generalizzare lo sciopero e scendere in piazza per riprenderci la possibilità di immaginare e costruire un futuro diverso.
 
 
Le compagne e i compagni di A Sud
 
 
 

ThyssenKrupp… un anno dopo

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Appello promosso da: “Legami d’acciao” (ex-operai ThyssenKrupp e familiari delle vittime)
RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
 
Il 6 dicembre di un anno fa un rogo sprigionatosi all’interno dello stabilimento ThyssenKrupp di Torino faceva strage di 7 operai. Sette vite bruciate e sette famiglie lasciate nella disperazione.
 
Forte fu la commozione e l’eco in tutto il Paese. Le massime autorità dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica Napolitano, dichiararono che avrebbero fatto l’impossibile affinché stragi come quella di Torino non fossero più avvenute.
 
Spenti pian piano i riflettori dei mass-media, la questione della sicurezza sul lavoro è sparita dall’agenda politica di governi e parlamenti, sostituita da quella – montata ad arte — della “sicurezza” nelle città, della psicosi dell’immigrato stupratore, rapinatore, pirata della strada o altro, dimenticando che secondo studi della stessa UE, le città italiane sono le più “sicure” d’Europa…
 
Ma tant’è, si mandano forze di polizia e militari nelle città, ma non si fa un passo per garantire incolumità e sicurezza a chi vive di lavoro. La strage di Torino non è stata la prima e, purtroppo, non è stata l’ultima: i circa 4 morti al giorno nei luoghi di lavoro dovrebbero suonare come un sonoro schiaffo per qualsiasi società che abbia la presunzione di definirsi “civile”. Ma in Italia no: qui non solo si continuano a varare provvedimenti assolutamente insufficienti, soprattutto dal punto di vista delle azioni di contrasto e di sanzione nei confronti delle aziende, come da quello dei poteri e delle agibilità degli RLS e degli ispettori INPS o INAIL (come il nuovo Testo Unico, Legge 81/2008), ma a questi si affiancano leggi e decreti come quello sulla detassazione degli straordinari (Legge 126/24 del luglio 2008), quello sulla deregolamentazione del mercato del lavoro (Legge 133 del 5 agosto 2008), la direttiva del Ministero del Lavoro che indebolisce i servizi ispettivi del ministero stesso e dell’INPS (settembre 2008), e, ultimo solo per tempo, il ddl 1441 quater, attualmente in discussione alla Camera, che vorrebbe sterilizzare i processi e legare le mani ai giudici del lavoro.
 
Il segnale è purtroppo molto chiaro: da un parte si continuano a garantire condizione di massima redditività delle aziende (cioè massimi profitti), dall’altra si aumenta la precarietà, si allunga l’orario di lavoro, si controllano di meno le violazioni in termini di sicurezza, diminuendo quindi la tutela della salute e dell’incolumità del lavoratore, così come di chi vive in città o quartieri vicini ad impianti industriali: ecco che, quindi, l’immigrato che lavora nel cantiere si trova nella stessa barca con l’operaio Fiat, con l’abitante di Taranto che respira le polveri tossiche dell’ILVA, o con il valsusino che rischia di morire di amianto se partiranno i lavori del TAV…
 
Siamo stanchi di restare a guardare, spettatori/vittime di una macabra rappresentazione che coinvolge, direttamente o indirettamente tutti noi.
 
Il 6 dicembre saremo a Torino e sfileremo dalla Thyssenkrupp al Palagiustizia non solo per ricordare i nostri 7 compagni di lavoro morti nel rogo di un anno fa, reclamando giustizia in un processo che sta per entrare nel vivo, ma per ricordare tutti i lavoratori e le lavoratrici che ogni giorno perdono la vita o subiscono gravi infermità perché qualcuno, per volersi arricchire sempre di più, li fa lavorare sempre di più, sempre più velocemente e in condizioni sempre più insicure.
 
Il processo Thyssen è giunto ad un grande risultato, senza precedenti nella storia della giurisprudenza italiana: i lavoratori vengono ammessi dal Gup come parte lesa e quindi riconosciuti come parte civile in un processo contro i sei dirigenti della multinazionale tedesca per il rischio che hanno occorso a lavorare in un’azienda (peraltro già chiusa), così come purtroppo ha colpito i nostri cari sette compagni in quella tragica notte. Ma sappiamo che questo non basta: siamo coscienti che sarà possibile invertire questo drammatico corso di sangue e di morte (una “guerra” che fa più vittime della guerra in Iraq o delle guerre di mafia) solo se riusciremo ad affermare un punto di vista, che è chiaramente, senza se e senza ma, quello di salvaguardare la salute, la sicurezza nei luoghi di lavoro e di fare sempre e comunque gli interessi delle lavoratrici/ori scegliendo fino in fondo e senza ambiguità da che parte stare, ossia dalla nostra parte, con orgoglio e dignità, quella di chi lavora.
 
Per questo facciamo appello a tutte le organizzazioni sindacali, alle associazioni dei familiari, ai medici e ai giuristi sinceramente democratici, agli ispettori del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL, ai giornalisti coscienziosi, ai giovani e agli studenti che in queste settimane stanno difendendo il loro futuro, a partecipare e a sostenere questa manifestazione. Perché se non lo facciamo noi, non lo farà nessuno al nostro posto.
 
Torino il 6 dicembre 2008
Manifestazione con concentramento di fronte allo stabilimento ThyssenKrupp
Corso Regina Margherita 400, ore 09.30
 
ADESIONI
 
Ciro ARGENTINO, RSU FIOM-CGIL Thyssenkrupp (Torino); Nazareno BALANI,
Collettivo Lavoratori Comdata — FLMU-CUB (Torino); Riccardo DE
ANGELIS, RSU FLMU-CUB Telecom (Roma); Riccardo DI PALMA, RSU RdB-CUB
del Comune di Borgomanero (Novara); Gianfranco DI PUPPO, RdB-CUB
Comune di Torino; Andrea FIORETTI, RSA FLMU-CUB Gruppo Sirti (Roma);
Vincenzo GRAZIANO, FLMU-CUB Comdata (Torino); Massimiliano MURGO, RSU
Alternativa Operaia/FLMU-CUB Marcegaglia; Building, Sesto San Giovanni
(Milano); Irene ROSSETTI, Collettivo Lavoratori Comdata — FLMU-CUB
(Torino); Raffaele ARGENTA, FIOM-CGIL Fiat Mirafiori (Torino);
Cristiano BRUZZI, precario (Bologna); Luca CARRETTA, RSU SLC-CGIL
Telecom Italia S.p.A . (Torino); Roberto BEGHELLI, RSU FLMU-CUB
Telecom Italia S.p.A. (Bologna); Daniela CORTESE, RSU Telecom Italia
Sparkle, Circolo PRC TLC (Roma); Egidio BERTOLOTTI, Regione Lombardia;
Giovanni CESAREO, docente alla Facoltà di Design del Politecnico di
Milano; Massimo IBERTI, Rsu Cobas Pubblico Impiego all’Università di
Torino; Arnaldo DEMETRIO, FLMU-CUB Telecom Italia (Milano); Paolo
FORNELLI, segretario provinciale PdCI (Pavia); Luca MALMUSSI, RSU
FLAI-CGIL Inalca\jbs di Castelvetro Modena(Modena); Francesco
FUMAROLA, RSA FLMU-CUB Atesia (Roma); Riccardo FILESI, SdL Alitalia
(Roma); Barbara RICCI, SdL Alitalia (Roma); Giuliano MICHELI, CUB
Trasporti Alitalia (Roma); Luca CLIMATI, RSU RdB-CUB INPDAP (Roma);
Fabrizio COTTINI, FIOM-CGIL Sielte (Roma); Sante MARINI, FIOM-CGIL
Alcatel Alenia (Roma); Maurizio BACCHINI, FIOM-CGIL Baxter S.p.A
(Roma); Marina CITTI, CGIL Menarini S.p.A. Pomezia (Roma); Antonello
TIDDIA, RSU Carbosulcis; Catia GALASSI, RdB-CUB Servizi Sociali,
Comune di Novara; Giorgio CREMASCHI, segreteria nazionale FIOM,
responsabile sicurezza; Carlo CORBELLARI, RdB-CUB Comune di Verona;
Marco RIZZO, parlamentare europeo; Claudio CANATO, RSU FLC-Cgil,
Istituto comprensivo Ferrari, Vercelli; Sara ARDIZIO, Anffas Onlus,
Novara; Fabio Massimo VERNILLO, delegato sindacale SdL Coop. Sprinter,
Roma Termini; Luca BELLARDONE, RdB-CUB Novara; Marco DI MATTIA, RSU
FIOM-CGIL Call Center Telegate (Torino); Ornella TERRACINI, direttivo
regionale dello “SPI-CGIL”, LAVORO e SOCIETA’; Gloria MELE,
lavoratrici occasionale nella grande distribuzione, Torino; Luigi
CASALI — Coordinatore regionale RdB-CUB, Federazione del Piemonte;
Gerardo GIANNONE, RSU FIAT Pomigliano d’Arco (Napoli); Michele
CASTALDO, SPI-CGIL, Roma; Lino BALZA, Medicina Democratica,
Alessandria; Giovanni NOBILI — USI, Torino; Giuseppe ZAMBON editore,
Francoforte; Adriana CHIAIA, del comitato di redazione della Casa
editrice Zambon, Milano; Francesco PAPPALARDO, Medico del Lavoro,
Piombino; Lorenzo MORTARA, operaio dell’YKK SPA, iscritto FIOM-CGIL,
Vercelli; Alessandro MARESCOTTI, presidente di Peacelink; Amalia
NAVONI, beni comuni zona 8, Milano; Caterina Rodella — collettivo
studenti SU LA TESTA – Bologna; Mariella MEGNA — Regione Lombardia;
Giorgio RIBOLDI — A.L. Cobas-CUB Regione Lombardia; Erika SOLLO -
Provincia di Torino; Roberto DELOGU, dipendente Gruppo Amiu S.p.A.,
iscritto CGIL; Samanta DI PERSIO, autrice libro “Morti bianche”;
Patrizio LISI, segretario della federazione del PRC di Latina;
Frediano DUTTO, centro Paolo Otelli di Chivasso (To); Alessandra
VALENTINI, Giornalista; Sergio CIMINO – FISAC-CGIL Napoli; Roberto
BRETTO, operaio FIAT Mirafiori FIOM-CGIL, Torino; Giancarlo LUCIANI,
FLMU-CUB, dipendente SELEX COMMS Spa, stabilimento di Cisterna di
Latina; Lutz KÜHN, iscritto alla FIOM-CGIL Nokia Siemens Networks,
Milano; Stefano PENNACCHIETTI, RSU/RLS Ferrovie, RFI, Roma; Lucio
COSTA, pensionato, Padova; Luca PASTORINO, studente-lavoratore,
Genova; Eugenio MIELI, Segretario Regionale Lazio SNATER; Roberto
CAMPOPIANO, RSU/RLS SNATER Telecom Italia, Roma; Mario COLASANTI,
Segreteria Regionale Lazio SNATER; Andrea FRANCESCANGELI, Direttivo
Regionale Lazio Snater; Andrea D’EPIFANIO, Segreteria Nazionale
Snater; Marco BARONE, legale Cobas, Bologna; Donato ANTONIELLO,
Segretario RSA FISAC/CGIL Rivoli (TO); Donato ANTONIELLO, Assessore al
Lavoro e Istruzione per conto anche del Sindaco della Città di
Nichelino (To); Simone OGGIONNI, Direzione nazionale PRC; Salvatore
INGHES, CUB Pinerolo (To); Gian Franco SUPPO, RdB-CUB Pinerolo (To);
Davide FABBRI, Consigliere Federale Nazionale dei Verdi, Consigliere
Comunale dei Verdi di Cesena (FC); Leonardo MASELLA, capogruppo PRC
Regione Emilia-Romagna; Erwin DORIGO — PRC Circolo 25 aprile, San
Miniato (PI); Fulvio GRIMALDI, giornalista-documentarista, Roma;
Sandra PAGANINI, storica, Roma; Romeo CAVALLI — RdB Cub Novara; Felice
LANNI, RdB-CUB Novara; Renato POMARI, RSU IBM, Vimercate (MI); Fabio
ZERBINI, RSA-CUB Genia Ambiente, S.Giuliano Milanese (MI); Francesco
SCARCELLO, ex-operaio Thyssen, Torino; Angelo SCARCELLO, pensionato,
Torino; Vincenzo ABBATANTUONO, insegnante, SdL Intercategoriale
Piemonte; Claudio LORENZONI, responsabile sindacale RdB INPS — Roma
Centro; Giovanni BRUNO, Confederazione Cobas, Pisa; Caterina SBROZZI,
impiegata amministrativa, Comune di Torino; Andrea GUAZZETTO, RSA
FLAICA-CUB, Cooperatore impiegato c/o Biblioteche Università degli
Studi di Torino; Alessandro SALZA, RSA FLAICA-CUB Cooperatore
impiegato c/o Biblioteche Università degli Studi di Torino; Gualtiero
ALUNNI Comitato Politico Nazionale PRC; Manuela PALERMI, direttore de
“La Rinascita della Sinistra”; Rita URGESI-Caterina PASSIATORE-Luca
PASSARO-Gianni AMORUSO-Giuseppina ATTIVISSIMO-Enzo VINCI e Maria
Teresa MARINOSCI ispettori del lavoro della direzione provinciale di
Taranto; avvocato Stefano Palmisano — patrocinante cause vittime ILVA
di Taranto e Petrolchimico di Brindisi; dott.Gino STASI — Medicina
Democratica Brindisi; avv. Fausto SOGGIA nel processo contro Riva
dell’ILVA — Foro di Taranto; Silvana FRANGELLA Responsabile Servizi
Comunicazione Circoscrizione 9 Torino; Francesco SALE — PdCI sez. “U.
Terracini”, San Miniato (PI); Fabio ZAYED — Fotografo, Roma; Maila
IACOVELLI — Fotografa, Roma. Federico GIUSTI, RSU-Cobas, Comune di
Pisa. Gianmaria VENTURI, Rsa-Rls USI AIT Coop. Sociale “29 Giugno”,
appalto Università di Roma 3. Roberto MARTELLI, Rsa Rls USI AIT Coop
Sociale Aspic, Roma. Avv.Roberto LA MACCHIA ( Presidente Giuristi
Democratici ) — Avv. parte civile per i lavoratori TK Fim-Cisl.
Avv.BONETTO Sergio — Avv. parte civile per i lavoratori TK Fiom-Cgil.
Avv.POLI Elena –Avv. parte civile per i lavoratori TK Fiom-Cgil. Avv.
NAPOLI MariaGrazia– parte civile per i lavoratori TK Fiom-Cgil.
Piergiorgio CORRADIN, fotografo ed educatore socio assistenziale
(Torino). Laura LA PLACA, RLS Poste Italiane – Milano. Marco VILLANI,
RLS Banca Nazionale del Lavoro –MI. Renato POMARI, RLS della RSU IBM
Vimercate (MI). Alessandro PELLEGATTA, RLS Trenitalia – Milano. Alfio
SCIRE’, RSU ATM-Azienda Trasporti Milanesi-MI. Giampiero ORSI, RSA
ATM-Azienda Trasporti Milanesi. Mario POSADINU, RLS/RSU Nord Servizi
(app.ferr. )-MI. Davide BARILLARI, RSU IBM VImercate (MI). Domenico
LEONARDI, RLS SEA SpA Linate (MI). Giancarlo MANENTI, RLS SEA Handling
SpA Linate(MI). Giovanni FRUSTILLO, RLS ALHA Cargo Malpensa, (VA).
Paolo TRESOLDI, RLS SEA Handling SpA Malpensa,(VA). Anna AZZIMONTI,
RLS Milano Ristorazione Malpensa. Alessandro LA PIANA, RLS Alitalia
Malpensa.(VA). Stefano GUERRESCHI, RLS Banca Nazionale del Lavoro-Mi.
Michele SALVI , RLS Regione Lombardia. Giovanna FRISOLI, RSU Comune di
Milano. Gianfranco MANERA, RSU Comune di Milano. Gianluca CASSINA, RLS
SACBO Orio al Serio (BG). Riccardo CASALI, RLS SACBO Orio al Serio
(BG). Giorgio ZANUTTO, RLS Carive-Gruppo IntesaSanpaolo-VE. Roberto DE
PAOLIS, RLS Trenitalia – Emilia-Romagna. Edoardo BAI, Medico Gruppo
Prevenzione luoghi di lavoro ReteLombardia Salute. Enzo MANDELLI,
Medico Gruppo Prevenzione luoghi di lavoro ReteLombardia Salute.
Sergio MARSICANO, Medico Gruppo Prevenzione luoghi di lavoro
ReteLombardia Salute. Gianalessandro MORONI, Medico Gruppo Prevenzione
luoghi di lavoro ReteLombardia Salute. Tullio QUAIANNI, Medico Gruppo
Prevenzione luoghi di lavoro ReteLombardia Salute. Simone FIERUCCI RLS
Pirelli (FI). Giggi DROMEDARI, Tecnico della Prevenzione, Delegato
RSU Asl Rm G. Franco BOSISIO operaio RSU CGIL SIAC Bergamo. Massimo
MERGONI, operaio RSU CGIL Telecom. Fausto MOTTA, operaio RSU CGIL
Tasselli Suzzara (MN). Fabrizio ALLEGRETTI, operaio RSU CGIL IVECO
Suzzara (MN), Marco CASALI, operaio RSU CGIL Mec Carni Marcaria (MN).
Emiliano MAFFEZZONI, RSU CGIL Mec Carni Marcaria (MN). Massimo
TREVISI, dipendente Comune di Mantova. Giancarlo LATINI SPI CGIL
Mantova. Monica PERUGINI, consigliere provinciale Mantova. Carlo
GRASSI, assessore provinciale al lavoro Mantova. Rosana DE BONI
operaia coop sociale Mantova. Nadia SITTA operaia Lubiam Mantova.
Salvatore PALUMBO, operaio Fincantieri Palermo. Mauro GEMMA -
coordinatore L’ERNESTO regione Piemonte. Stefano BARBIERI -
coordinatore L’ERNESTO Alessandria. Mirco SOLERO — segreteria
federazione PRC di Torino (Area L’ERNESTO). Josè SALINAS, responsabile
della commissione Immigrazione del PRC-Torino. Vittorio RANGHINO,
Assemblea “No Gelmini”, Torino. M.Vittoria MOLINARI segretaria circolo
PRC Villaggio Breda-Roma e Presidente Collegio di Garanzia della
Federazione di Roma. Giuseppe CARROCCIA, segretario della Federazione
di Roma del Partito della Rifondazione Comunista. Pili GESUINA
impiegata – Nuoro. NIEDDU Francesco (Franceschino) impiegato – Nuoro.
Giancarlo TORRICELLI, segretario regionale PRC Lazio. Ippazio STEFÀNO
Sindaco di Taranto. Gianni FLORIDO, Presidente della Provincia di
Taranto. Franco GENTILE, segr. prov. Rifondazione Comunista.
Raffaele TRISCHITTA, RSU SNATER di T.I. Sparale, Roma. Franca MASSA,
insegnante del CTP Drovetti di Torino. Renato BUONANNO, dipendente
della Provincia di Torino. Donato MATTEI — Consigliere Municipio XI,
Roma. Giovanni TRUPO –Pensionato– Torino. Marina CARTA, Rsa Novarcops
Novara. Francesca FABBRI, Direttivo Provinciale FIlcams Cgil, Genova.
Renato PATRITO /Segretario Provinciale PRC TORINO. Valentina
VALENTINI, giornalista di “Rinascita, quotidiano on-line”, Velletri
(Roma). Sergio DALMASSO, consigliere regionale PRC del Piemonte.
Francesco BUONAVITA, FIOM CGIL TORINO. Giambattista MORTELLARO,
Circolo Prc Nichelino (To). Michele GIAMBARBA, Presidente ”
Associazione per la Costituente Comunista– Molise”. Giuseppe RAIOLA -
Cub Scuola Reggio Emilia. Michelangelo BONOMOLO, Consigliere Regionale
del Molise (indipendente di sinistra). Mario CORTICELLI, Capogruppo
Gruppo Consiliare “Comunisti Italiani — Centrosinistra per Argelato”,
Argelato (BO). Ilaria CALLEGARI, studentessa, Piossasco (To).
BALLISTRERI Cataldo, RSU FIOM-CGIL FIAT Powertrain Mirafiori, Torino.
CAMMARATA Calogero, RSU FIOM-CGIL FIAT Powertrain Mirafiori, Torino.
COSTA Giuseppe, FIOM-CGIL FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. FANARI
Fabrizio, FIOM-CGIL FIAT Powertrain Mirafiori. GRILLO Giacomo,
FIOM-CGIL FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. LOI Angelo, FIOM-CGIL,
FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. LUONGO Caterina, RSU FIOM-CGIL,
FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. MONTECALVO Prudenza, alias
Fiorella, FIOM-CGIL, FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. NAPOLITANO
Stefano, RSU FIOM-CGIL, FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. MODICA
Giovanni, FIOM-CGIL, FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. Sabino
VINETTI, lavoratore FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. D’AMBROSIO
Nicola, FIOM-CGIL, FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. ARZILLI Franco,
FIOM-CGIL, FIAT Powertrain Mirafiori, Torino. Alessandro GIARDIELLO,
Responsabile Nazionale PRC Dipartimento del Partito sui luoghi di
Lavoro. Simone GRISA — Fiom BG (Same) Giuseppe SEVERGNINI — Fiom BG
(Same).
 
 
 
 
Adesioni collettive
 
Assemblea Lavoratori Autoconvocati ; SLAI-COBAS per il sindacato di
classe; Comitato “6 dicembre” – Torino; Comitato “5 aprile” – Roma;
Cittadini contro l’amianto della provincia di Cremona; Confederazione
Unitaria di Base; FLMUniti-CUB; Sindacato dei Lavoratori, SdL,
Segreteria Nazionale; Fiom provinciale, TARANTO. Rete 28 Aprile di
Genova. Federazione Regionale CUB Piemonte; Federazione Regionale
RDB-CUB Piemonte; Federazione Regionale RdB-CUB Pubblico Impiego;
Federazione Regionale F.L.M.U.- CUB Piemonte; Federazione Regionale
RdB-CUB Servizi Torino; FLMUniti-CUB Bologna; Coordinamento Nazionale
delle RdB/CUB Ministero delle Economia e delle Finanze; CUB SALLCA
(bancari e assicurativi); Rivista dei macchinisti delle FS “ANCORA IN
MARCIA”; Redazione della rivista “Le lotte dei pensionati”; Unione
Sindacale Italiana USI — Federazione di Roma; USI-Ait, Rimini;
Collettivo Lavoratori Comdata; Sindacato Lavoratori in Lotta per il
Sindacato di Classe; Medicina Democratica; Associazione “12 giugno”
Taranto-Brindisi; Associazione Famigliari vittime Amianto Casale
Monferrato. AL-Cobas CUB Milano; AL-Cobas CUB Regione Lombardia;
Sindacato dei Lavoratori-SdL, di Chivasso (To); SLAI Cobas
dell’Azienda Ospedaliera “Monaldi” di Napoli; Confederazione Cobas
Piemonte; RdB della struttura zonale INPS — Roma Centro; Gli RSPP
aderenti alla FIRAS-SPPL; lavoratrici e i lavoratori di Primomaggio.
Coordinamento Lavoratori Scuola Lombardia “3 ottobre”. Comune di
Taranto. Provincia di Taranto. Collettivo “Iqbal Masih”, Lecce;
Comitato No-Expo, Milano; Associazione di volontariato ALJ ONLUS,
Bologna e provincia; Assemblea d’Ateneo “NoGelmini” di Bologna.
Assemblea No-Gelmini, Torino. Assemblea No-Tremonti, Politecnico di
Torino. Resistenza Universitaria — La Sapienza (Roma). Network
Antagonista Torinese; CSOA Askatasuna; CSA Murazzi; Collettivo
Universitario Autonomo; Collettivo Studenti autorganizzati; Proletari@
- comunicazione militante; Network Barletta@libero; Assemblea
Permanente NO F-35 Novara-Castano I°(Mi). Associazione Iskra,
Cilavegna (Pv).Piattaforma Comunista; P-CARC Piemonte e Lombardia;
Proletari Comunisti; Redazione Daszebao; Partito Umanista; L’altra
Lombardia — SU LA TESTA; Ravenna Viva; Circolo PRC “Marcos” del
territorio delle Terre d’Acqua (prov. Di Bologna); Partito di
Alternativa Comunista; Redazione del periodico “Lavoro e salute”;
Città di Nichelino (TO); Circolo PRC 25 Aprile — San Miniato (Pisa);
Associazione Solidarietà Proletaria; Circolo di Rifondazione Comunista
di Sabaudia (LT); Rete Antifascista Bergamasca; Ultras Ternana;
Brigata Germinal Cimarelli; Rifondazione Comunista, Circolo di
Colonia; Associazione marxista Unità Comunista; Collettivo
Collegamenti Internazionalisti di Bergamo; Associazione Pianeta Futuro
per la Costituente Comunista – Pisa; Partito dei Comunisti Italiani;
Collettivo studentesco Liberamente – Taranto; Movimento Femminista
Proletario Rivoluzionario; Associazione “Spot the Difference”. Teatro
delle Ceneri, Bologna. Antagonismo Studentesco, Novara. Circolo PRC di
Bussoleno — Valle Susa. Associazione “Linea 5″, Molfetta (Ba). Partito
dei Comunisti Italiani, Federazione di Mantova. Federazione Autisti
Operai della regione Veneto, aderente a SLAI Cobas per il sindacato di
classe. Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP), per
l’Autorganizzazione sociale, Sant’Antimo (Na). PRIMOMAGGIO.
Partito Comunista Dei Lavoratori. Circolo Internazionalista “Josè
Carlos Mariàtegui”, Torino. Ultras “Bravi Ragazzi”, Juventus Curva
Sud (To). Partito della Rifondazione Comunista, Federazione di Roma.
Collettivo Comunista (marxista-leninista) di Nuoro. Comitato regionale
PRC Lazio. Red block di Ravenna. L’Ernesto. Centro Occupato
Autogestito T28, via dei Transiti 28, Milano. Circolo di Rifondazione
Comunista “Tina Modotti” di Palermo. Federazione di Bergamo del PDCI.
Redazione del sito www.sottolebandieredelmarxismo.it. Red Block
Palermo (organizzazione giovanile di proletari comunisti Palermo). PRC
- Federazione di Torino.

Ricordiamo la ThyssenKrupp

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.…
6 dicembre 2007: strage di 7 operai alla ThyssenKrupp di Torino
6 dicembre 2008: non dimentichiamo tutte le stragi e morti sul lavoro
Nel mezzo altre centinaia di morti, altre migliaia di feriti:
la guerra quotidiana dei capitalisti contro i lavoratori.
 
Partecipiamo tutti alla manifestazione di Torino del 6 dicembre
Concentramento di fronte allo stabilimento ThyssenKrupp
Corso Regina Margherita 400, ore 09.30
 
Comunicato redatto da:
Le lavoratrici e i lavoratori delle redazioni di Primomaggio
foglio per il collegamento tra lavoratori, precari, disoccupati
primomaggiodotinfoatvirgiliodotit
 
 
AL LAVORO, NON ALLA GUERRA
 
Contro il capitalismo, per la sicurezza e la salute dei lavoratori
 
Ad un anno dalla strage alla Thyssen-Krupp di Torino le morti e gli infortuni sui luoghi di lavoro proseguono; dopo aver versato mille volte “lacrime di coccodrillo” ed aver promesso altre mille volte “ora basta” le istituzioni, i partiti e i sindacati di regime hanno lasciato che tutto continuasse come sempre; questo governo, anzi, si è impegnato da subito nello smantellamento di quel poco che era stato realizzato sull’onda emotiva proprio della strage di Torino ed è verosimile pensare che nella prossima fase le cose peggioreranno ulteriormente perché la crisi che si sta sviluppando diminuisce il lavoro disponibile e fa aumentare il ricatto sui lavoratori.
 
Nel sistema politico, economico e sociale in cui viviamo — il capitalismo – ciò che “conta” è la realizzazione di profitto; poiché la sicurezza è un costo, questo sistema non esita e non esiterà a mettere a repentaglio la nostra sicurezza, la nostra salute e infine la nostra stessa vita pur di risparmiare e guadagnare. Qualcuno fa finta di scandalizzarsi, qualcuno si scandalizza davvero. Ma perché dovrebbe essere diversamente? Nel capitalismo, per definizione, si fanno gli interessi dei capitalisti. Una società in cui si considerano prioritari gli interessi sociali dei lavoratori si chiama un altro modo, si chiama socialismo. Nella società in cui viviamo ogni legge che non tuteli adeguatamente gli interessi dei padroni resta inapplicata oppure viene modificata.
 
Prendiamo il Testo unico sulla sicurezza approvato qualche mese fa, la cui unica innovazione concreta era forse l’ipotesi di arresto per i padroni responsabili di infortuni gravi. Un po’ di pressioni da parte della Confindustria e il governo Prodi ha trasformato quella misura in una lieve sanzione pecuniaria. Una multa, insomma, che si aggiunge ai  milioni di multe non pagate e che, ove anche pagata, non farebbe alle imprese né caldo né freddo.
 
Come se non bastasse, il 18 settembre scorso il ministro Sacconi ha emesso una “direttiva” nella quale suggerisce agli ispettori di andarci piano con i controlli e di sottoporre la sicurezza alla “concertazione” tra le parti sociali, confidando sul fatto che in questa fase storica i rapporti di forza sono pesantemente sbilanciati a favore del padronato.
E prima ancora, il provvedimento che detassa gli straordinari (Legge 126/24 del luglio 2008) e quello sulla deregolamentazione del mercato del lavoro (Legge 133 del 5 agosto 2008).
 
Che le ASL non controllino granché lo sappiamo (o perché qualche ispettore è anche consulente delle imprese o perché pensa “in buona fede”, diciamo così, che ad applicare integralmente la legge poi le imprese chiudono e si perdono posti di lavoro); spesso anche i sindacati chiudono un occhio in cambio di qualche elemosina economica da presentare ai lavoratori per dimostrare che il sindacato, lui sì, che ottiene “risultati concreti”.
 
Quelle rare volte che i padroni vengono condannati, le pene sono lievissime o inesistenti; quasi sempre inapplicate. Se non basta, c’è sempre un qualche indulto. Se “va bene”, c’è qualche risarcimento economico, ma intanto i lavoratori continuano a morire e ad infortunarsi.
 
Come dichiarò qualche mese fa Bombassei, vice-presidente di Confindustria, il problema non è la repressione, ma la prevenzione. Giusto, a quelli come Bombassei bisognerebbe renderli inoffensivi preventivamente perché quando uno ormai è morto che se ne fa, in effetti, della condanna del padrone? Se ne fanno qualcosa le famiglie, certo, ma qui il problema è come si evitano i morti, non come si pagano i risarcimenti (che spesso però non vengono neppure pagati).
 
Ora, si può anche dire — come però si dice quasi sempre a sproposito — che sono i lavoratori stessi, talvolta, che sottovalutano i rischi che corrono. Questo non avviene per istinto suicida, ma perché i lavoratori vengono spinti dai padroni e dai capi a non farla tanto lunga e a farsi piacere il modo in cui si lavora “comunemente”, anzi, a considerarlo il modo “normale” di lavorare; ma quel modo non ha nulla di naturale perché è studiato appositamente per realizzare il massimo profitto e non certo per difendere la salute e la sicurezza dei lavoratori. È quindi illusorio pensare di difendere efficacemente salute e sicurezza dei lavoratori senza mettere in discussione il modo — e dunque il mondo — in cui si lavora. 
 
Il problema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro non si risolve né in Parlamento, dove le leggi dei padroni si scrivono, né in tribunale, dove le leggi dei padroni si applicano, ma “si risolve” — se così si può dire — nella dinamica dello scontro di classe tra lavoratori e capitalisti. Ai padroni, il rispetto delle norme non si può chiedere, si deve imporre.
 
E affinché questo sia possibile è necessario che i lavoratori si organizzino dal basso andando oltre le proprie specifiche condizioni. Questo è lo spirito che anima i collettivi di Primomaggio: essere strumento di confronto e organizzazione tra lavoratori, italiani e immigrati, del Nord e del Sud, precari, disoccupati o a tempo indeterminato, sindacalizzati o meno… per realizzare quell’unità di classe senza la quale può solo dilagare la “guerra tra poveri” che il padrone usa per mantenere il proprio comando.
 
Il nostro, è il punto di vista di lavoratori che hanno compreso che il problema non è il singolo padrone, ma l’ insieme di tutti i padroni, ivi compresi quelli “buoni” (Marchionne) o meno buoni (Calearo) con cui una certa “sinistra” vorrebbe farci stipulare “patti tra produttori”. Siamo lavoratori anti-capitalisti che hanno deciso di unirsi ed organizzarsi, aldilà delle differenze sindacali, nazionali, contrattuali…, per unire ciò che il padrone cerca ogni giorno di dividere. Perché prima che a qualunque nazionalità, prima che a qualunque categoria, prima che a qualunque sindacato, noi apparteniamo ad un’unica classe.
 
Come sappiamo bene, la maggiore quantità di infortuni si concentra tra i precari, i lavoratori “a nero”, gli immigrati… Il perché è evidente. Se sei precario e ti rifiuti di svolgere una certa mansione ti sbattono fuori o non ti rinnovano il contratto; senza tanti complimenti. Ora, a uno, a due, a tre posti di lavoro, un lavoratore può anche rinunciare, ma prima o poi qualche posto deve accettarlo altrimenti non mangia. I lavoratori immigrati, ad esempio, quando perdono il lavoro perdono anche il permesso di soggiorno.
 
Ecco allora che la questione della precarietà sociale e lavorativa diventa una questione decisiva non solo per i diritti, non solo per il salario, ma anche per la sicurezza perché più i lavoratori si indeboliscono e più la loro sicurezza e salute sono a rischio.
 
Questo è il motivo per cui stiamo conducendo da questa estate, assieme ad altri collettivi e movimenti di lavoratori e delegati, una campagna contro l’attacco al contratto nazionale di lavoro (CCNL) sferrato dalla Confindustria e dai sindacati confederali (con la parziale ed ambigua eccezione della CGIL) per spostare il peso della contrattazione il più possibile sul secondo livello — che ha solo il 10% dei lavoratori — e restringere le norme sulla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, cioè sottomettere completamente RSU e RLS alle segreterie del sindacato di regime.
 
E questa è anche la ragione per cui ci siamo battuti contro il “pacchetto Treu” e la legge Biagi, non a caso promosse l’una dal centro-sinistra (con l’appoggio del PRC e della CGIL) e l’altra dal centro-destra.
 
Non tanto per impedire la loro applicazione — obbiettivo al di sopra delle nostri forze — quanto per segnalare che quando si tratta di fare gli interessi dei padroni (industriali o banchieri che siano) tutto lo schieramento parlamentare (dal PRC ad AN) e sindacale (dalla CGIL all’UGL), salvo distinguo più che altro di facciata, si ritrova nella logica neo-corporativa del “patto dei produttori” che vorrebbe unire padroni e lavoratori nel cosiddetto “interesse generale del paese” e che si risolve in sostanza nella ulteriore sottomissione dei lavoratori al capitale.
 
Più i lavoratori corrono rischi e meno guadagnano. Sembra un paradosso, ma non è un paradosso: è il capitalismo. Ecco perché, come avrebbe detto un vecchio compagno di cui si ricomincia a parlare in questa epoca di tracolli finanziari, a dare un calcio nel culo al capitalismo i lavoratori non hanno nulla da perdere, se non le proprie catene. Sono i padroni che hanno tutto da perdere.
 
Loro, senza di noi, non potrebbero vivere; noi, senza di loro, vivremmo meglio. Anzi, vivremmo.
 
 
 
Torino, 6 dicembre 2008

Un cancro italiano…

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Licio Gelli

 

E LA SUA METASTASI…


Cadono, come le foglie silenziose d’autunno… gli operai dalle impalcature

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Ormai cadono dalle impalcature come le foglie dagli alberi in autunno.
 
Uno, due, tre al giorno,  mentre l’Italia sta a guardare.
Preoccupata dal mercato dell’auto che crolla, dalla crisi che finalmente adesso chiamiamo recessione, dalla schizofrenia da poltrona di Villari.
 
E così questi operai che silenziosi come le foglie d’autunno, cadono dal loro luogo di lavoro e muoiono, sono un po’ il  paradosso amaro e nascosto di questo paese e di questo momento.
 
Ma,   se con maggior fragore e attenzione   crollano le borse e i mercati, arretrano gli indici e precipitano le azioni, in silenzio  cadono e precipitano nel vuoto i nostri operai. Giovanissimi ma non solo,   italiani o anche   immigrati irregolari, lontani dalle Piazze Affari, dal PIL, ignari delle grandi cifre che in un solo giorno si bruciano nel paese, ultima, dimenticata  rotellina di un ingranaggio sempre più vicino alla rottura.
 
Si spera soltanto che il  rinvio a giudizio per i 6  imputati al processo per il rogo della Thyssen Krupp, con l’accusa “storica” di omicidio colposo non serva da anestetico alla coscienza di questa Italia  già pericolosamente sedata…
Si muore di lavoro, ogni giorno, continuamente, in ogni angolo di questo paese, a volte silenziosamente, come le foglie d’autunno che cadono…
 
 
segnalo:
 
AVVELENATI BRUCIATI CADUTI DILANIATI…
 
 
 
Si continua a morire, a rimanere feriti, a contrarre malattie, nella guerra quotidiana tra chi accumula profitto da bruciare nella crisi delle borse mondiali e chi può solamente vendere il proprio corpo per sopravvivere !!
 
Basta con le sterili denunce, le ipocrite indignazioni che niente costano e niente possono risolvere !
 
Solo i lavoratori possono costruire le risposte, attraverso il confronto, l’analisi, le pratiche di lotta e di resistenza !
 
 
 
SABATO 22 NOVEMBRE ALLE ORE 15
 
SALA DANTE– ZONA PIAZZA VERDI
 
LA SPEZIA
 
 
 
ASSEMBLEA PUBBLICA
 
Sulle condizioni di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro
 
 
 
Intervengono:
 
 
 
-          Lavoratori del porto di La Spezia
 
-          Lavoratori del cantiere navale di Riva Trigoso
 
-          Ricercatori dell’Università di Genova che recentemente hanno prodotto una ricerca su questo tema
 
-          Primomaggio, foglio per il collegamento tra lavoratori, precari, disoccupati
 
 
 
 
 
Rete contro la precarietà – La Spezia
 
 
 

Genova: il giudice Gabrio Barone e le giovani a latere Dellopreite e Maggio conoscono il pudore?

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Tracce del passaggio della polizia alla scuola Diaz

Ieri la sentenza sul massacro a freddo della scuola Diaz, durante il G8 di Genova, ha ribadito che lo Stato, quando s’impegna, dimostra di essere una organizzazione a delinquere, peggiore delle raffazzonate mafie, ‘ndranghete e camorre: la magistratura può anche mostrarsi libera e indipendente nei confronti dell’uomo più potente d’Italia, libera nei confronti dell’esecutivo, ma quando si tratta di difendere il cuore profondo dello Stato, anche quello scuro “di tenebre”, perde ogni pudore.
 
Oltre a lanciare un messaggio rassicurante di impunità a chiunque indossi un’uniforme (il terrorista Cossiga docet), la sentenza che i giudici Barone, Dellopreite e Maggio si sono assunti la responsabilità di emettere è anche un insulto alla ragione. Credere e far credere che il pestaggio, le umiliazioni, le false prove siano fatte da un gruppo di manigoldi sadici che si sono lasciati prendere la mano (non in piazza, come poteva essere comprensibile, anche se non giustificabile), ma a freddo nella notte… ebbene che tutto questo non abbia registi e mandanti non lo può credere nessuno. Una domanda: chi gliel’ha fatto fare a Barone e alle Dellopreite e Maggio di macchiarsi di tanta ignavia? Qual’è il loro tornaconto? Non avrebbero potuto dimettersi, darsi ammalati piuttosto che macchiare indelebilmente il loro curriculum? Mah!
Qualcuno gliene chiederà conto in un pubblico dibattito, da vicino… qualcuno dovrebbe, come è successo ad esempio alla Forleo, colpevole di aver fatto una distinzione legittima tra terrorismo e lotta armata in un paese occupato in guerra come l’Irak.
 
Ho altre cose da scrivere. L’ultimo commento fatto, del giugno scorso sul blog (un po’ abbandonato… attirerebbe più lettori se parlassi d’amore e buoni sentimenti, pazienza) era “Italia come Colombia? Ci avviciniamo a passi da gigante”… Ebbene, da allora sono avvenuti fatti e prese decisioni che alimentano questa tendenza. Innanzi tutto, la decisione della Lega di fare le ronde, con la compiacenza dei sindaci (e del governo)… è l’inizio del paramilitarismo italiano. Un’esagerazione? Non tanto, visto che qui, ad esempio, ad andare nel mirino di questa gentaglia non sarebbero i guerriglieri o i loro presunti complici, ma mendicanti, ambulanti e piccoli spacciatori (meglio se neri come Obama.…). Ma anche i tagli di quella povera crista della Gelmini, se dovessero passare, porteranno ad un’Italia colombianizzata, dove si moltiplicano le università private, si chiudono quelle pubbliche e soprattutto domina l’ignoranza e l’idiozia di massa, prodotto principale della Tv, qua berlusconiana (accettata e portata avanti, con grande senso di responsabilità, anche dalla cosiddetta sinistra).…
 
Per fortuna, dal letargo escono gli studenti, i ragazzi e anche maestri e professori… E si muovono anche, a difesa di tutti, i lavoratori Alitalia contrastando una campagna di disinformazione senza etica portata avanti dai giornali e accettata dalla sinistra (tranne che l’ex magistrato e ex poliziotto Di Pietro, ormai tristemente l’unica voce dissenziente nella Casta). Gli speculatori della cosiddetta Cai assomigliano ai beneficiari delle privatizzazioni dell’Argentina di Menem: non rischiano niente, comprano senza debiti e, per il favore ricevuto dal loro socio, contraccambiano tentando di far passare l’idea che i contratti firmati non valgano niente, che siano carta straccia, dopo nemmeno qualche settimana dalla loro firma. E che fanno i giornali, compresa la progressista e veltroniana Repubblica?: zitti e allineati.
Nell’Argentina di Videla c’erano i desaparecidos, ma anche molta più dignità tra politici e giornalisti.
 
  

Come sodomizzare un paese, tra la dottrina del pompino e quella del finto idiota

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Per sodomizzare un paese vengono applicate generalmente le tecniche più disparate.
 
Quando poi neanche queste sono sufficienti si arriva alla militarizzazione, all’uso della forza e via via più su, fino ai colpi di Stato che sono un po’ la soluzione finale.
 
In Italia occorre molto, molto meno di un colpo di Stato. A un certo punto  se ulteriori dottrine non bastano, ci accontentiamo della  “dottrina Cossiga”.
 
Prima di quella  esistono soluzioni più “soft” che generalmente hanno il pregio di raggiungere un bacino d’utenza abbastanza  elevato e non comportano spargimento di sangue.
 
Ultimamente ne sono state applicate diverse, che ovviamente hanno riscosso grande consenso tra il popolo e che hanno impegnato moltissimo gli ultimi neuroni politicamente  attivi che la sinistra ha ancora a disposizione. Dopo c’è solo l’opposizione assistita…
 
La “dottrina del finto idiota” e la “dottrina del pompino” hanno riempito le pagine dei giornali, hanno movimentato tanto le redazioni dei giornali come le sale d’aspetto degli ambulatori, hanno intrattenuto amabilmente le persone in coda agli sportelli degli uffici postali, hanno fatto sghignazzare decine di parlamentari, hanno fornito voli libidici alle donne in attesa dal parrucchiere, hanno fatto fremere d’invidia per Berlusconi tutti gli uomini italiani, anche quelli che poi magari dicono di odiarlo…
 
Quanta fantasia c’è voluta, quanto ha fatto godere l’immaginario collettivo la scena del rapporto orale tra Silvio e Mara, quanti particolari abbiamo immaginato fossero emersi nelle intercettazioni delle telefonate che sicuramente non ascolteremo mai. Ci siamo più indignati o più incuriositi?
 
E se per Mara si è coniato il termine di “mignottocrazia”,  per Silvio perchè non parlare di “pappocrazia”? O perchè non dargli piuttosto il Nobel alla “genialità al potere”?
Lui tra pompini  veri o presunti e  battute degne degli Squallor, intanto è capace di far parlare soltanto di quello che decide lui…
 
Tutta l’Italia infatti  si domanda se lo abbia fatto godere più la Gelmini o la Carfagna o  se sia stato giusto chiamare “abbronzato” Barack Obama  ma non si chiede  come mai ci sono i soldi per l’Alitalia e per  i banchieri e non per le tredicesime,  oppure  cosa  ci faccia  un rappresentante dei Casalesi in Parlamento, o di  come ci siano finiti a Chiaiano 10mila tonnellate di amianto e rifiuti speciali, e la lista sarebbe lunghissima…
 
Grazie Silvio, lei sì che ci fa godere…

Giorgiana Masi, omicidio di Stato

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Francesco Cossiga terrorista di Stato. Reo confesso dell’omicidio di Giorgiana Masi

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Sono gravissime le ultime dichiarazioni di Francesco Cossiga. Ma credo che sia ancor più grave banalizzare o fare della semplice ironia su di esse o sulla sanità mentale di chi le ha rilasciate. Grave e pericoloso. Giorgiana Masi è morta proprio applicando la “dottrina Cossiga”, un giorno di maggio del 1977. Aveva 19 anni. La stessa età dei  ragazzi che in questi giorni stanno riempiendo le strade e le piazze di tutta Italia.
Uccisa per mano di un poliziotto infiltrato in una manifestazione organizzata dal Partito Radicale.
 
A 31 anni di distanza da quel tragico giorno non si conosce ancora il nome dell’assassino. Noi non lo conosciamo. Francesco Cossiga, presidente emerito della Repubblica Italiana, che all’epoca era Ministro dell’Interno, invece sa benissimo come sono andati i fatti e chi sono i responsabili, come ha ammeso lui stesso in una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera. Niente di strano, dal momento che è stato lui il mandante confesso di quell’omicidio di Stato: “Maroni dovrebbe fare quel che feci io quando ero Ministro dell’Interno (…) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto…”
 
La chiamano la “strategia Cossiga” e trovo che sia un termine troppo tenero per indicare quello che in altri paesi viene generalmente chiamato con il nome di terrorismo di Stato. Spaventa il timore che si ha a chiamare le cose con il proprio nome,   anche da parte di chi scende oggi in piazza e quindi al  momento potrebbe essere la prossima vittima di un qualsiasi “agente pronto a tutto”.
 
Si ha paura di parlare o forse la potenza del linguaggio si è sopita insieme alla coscienza politica del nostro paese. Ci avviciniamo ad altre realtà, per esempio quella latinoamericana, senza timori, senza reticenze, non abbiamo  remore nel  chiamare un presidente paraterrorista o nel  denunciare e fare appelli contro l’impunità di cui godono alcune  istituzioni e le forze dell’ordine chiamate a rappresentarle.
 
Raccogliamo firme e manifestiamo contro i crimini di stato che avvengono a migliaia di chilometri di distanza dal nostro paese. Il linguaggio scritto e parlato, invece,  per qualche misteriosa inibizione, assume tutt’altro tono quando i crimini di stato avvengono a casa nostra.
 
La dichiarazione di Cossiga altro non è che la confessione di un omicidio.
 
Ha fatto scalpore nei giorni scorsi il presidente colombiano quando ha confessato pubblicamente, (costretto dall’ evidenza delle  immagini di un video della BBC) che la polizia ha sparato ad altezza d’uomo sui manifestanti indigeni nel corso della marcia di protesta della scorsa settimana. Noi le immagini di poliziotti in borghese con le armi in pugno ad altezza d’uomo le guardiamo da trentuno anni, da trentuno anni il nostro paese sa che da una strategia di Stato o di Cossiga che dir si voglia, è partito il colpo che ha ucciso Giorgiana Masi e ferito gravemente altre due persone.
 
A distanza di trentuno anni, il mandante, l’autore intellettuale di quell’omicidio, confessa pubblicamente sulle pagine  di un quotidiano che quella è stata una strategia studiata a tavolino e una tale dichiarazione provoca reazioni da operetta.
 
Lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al quale è stato rivolto un laconico appello a prendere posizione,  tace. E il silenzio, insegnano alcuni, spesso è sintomo di complicità.
 
Per ora pistole in giro non se ne sono viste,  ma armi improprie sì e in abbondanza. A Piazza Navona, nel corso degli scontri di due giorni fa c’erano in mano agli “studenti” del Blocco Studentesco bastoni avvolti dal tricolore, moschettoni, cinture con fibbie di metallo, caschi e quant’altro.
 
Giorgiana MasiE domandandosi come sia possibile che un camion carico di tale armamentario sia potuto arrivare fino a Piazza Navona, in una piazza assediata da forze dell’ordine in assetto antisommossa,  non possiamo non domandarci anche  chi fossero quegli strani personaggi che nei filmati che stanno circolando in rete in questi giorni si vedono parlottare con le forze dell’ordine.
 
Come inquietanti appaiono gli spezzoni dei  dialoghi tra i poliziotti, frasi raccolte  e testimoniate  da Curzio Maltese: “arrivano quei pezzi di merda dei comunisti!”, “allora si va in piazza a proteggere i nostri? Sì ma non subito”…
 
Perchè non si indaga su questi episodi? Perchè non si procede come si dovrebbe penalmente contro le dichiarazioni pubbliche di Francesco Cossiga che in un momento come questo non sono altro la rivendicazione che un terrorista fa di un suo attentato?
 
Da alcuni parlamentari Radicali-PD( Donatella Poretti   Maurizio Turco) è stato presentato in questi giorni un disegno di legge per l’istituzione di una Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’omicidio di Giorgiana Masi. La proposta è stata accolta e sostenuta anche dai senatori Marco Perduca, Felice Casson e Gianrico Carofiglio. Alfio Nicotra invece,  responsabile del dipartimento Pace e Movimenti del Prc, portavoce del Genoa Social Forum durante il  G8 di Genova 2001, considera le parole di Cossiga una vera e propria confessione di colpevolezza.
 
Da quanti anni il paese chiede una commissione di inchiesta sull’omicidio di Giorgiana Masi? Da quanto tempo il paese sa e tollera che il mandante di quell’omicidio si prenda sberlefffo della memoria di una ragazza di diciannove anni? Quanto ancora dobbiamo aspettare perchè il paese venga scosso da questo torpore nel quale pericolosamente è caduto?
 
Duccio, uno studente di Filosofia che era a Piazza Navona due giorni fa,  ha detto ad un giornalista: “E’ il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo”. Non è così, cari ragazzi,  ci hanno già fottuto tanti anni fa. E hanno continuato a farlo fino ad ora. E noi glielo abbiamo lasciato fare.
 
 
 
 
 

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