La lettera a Liberazione di Paolo Rossignoli

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Caro direttore,
indipendentemente dal discuterne il contenuto, mi sembrava giusto 
segnalarle che, anche a salvaguardia
della professionalità della redazione del giornale, l’articolo della 
Nocioni,
postato in prima pagina su Liberazione del 10 agosto, 2007, riguardante
il 
Venezuela, con le “critiche” del generale Raúl Isaías Baduel del 18 de
 
julio de 2007, a parte l’introduzione sarcastica e anche un po’
infantile 
sul modello “visto che non lo dico solo io”, è praticamente la 
scopiazzatura di un articolo del 27/07/2007 apparso su:
http://venezuelareal.zoomblog.com/archivo/2007/07/27/el-proyecto-socialista-de-Chavez-divid.html

Se si vuole invece analizzare veramente il discorso, vi invito a
leggere 
il testo integrale dell’intervento
del generale Raúl Isaías Baduel, lo trovate in spagnolo su:
http://venezuelareal.zoomblog.com/archivo/2007/07/31/discurso-del-General-Raul-Isaias-Badue.html
tra le altre cose, non chiude con un “dio onnipotente ed eterno”, ma
con 
le 7 regole dei samurai.

cordiali saluti e buon lavoro
Paolo Rossignoli


Massimo Cavallini ecco le fonti su Uribe

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In risposta a Massimo Cavallini che sostiene che tutta la stampa in particolare quella colombiana, ha accolto le nuove proposte di Uribe come “aperture” ecco le mie fonti:
Semana,  dove tutto lascia intendere tranne che si tratti di un’apertura e dove viene citato più volte Moncayo.
Peace Reporter, è un valido esempio o no Cavallini?
BBC dove si parla di  propuesta “inviable”
El Universal che titola : “La proposta fatta da Uribe alle Farc non è accettabile dicono analisti colombiani“
El Espectador, dove da tutto il tono dell’articolo compresi i ripetuti riferimenti ai fischi rivolti ad Uribe tutto si lascia intendere tranne che quel giorno egli abbia fatto una proposta accettabile.
Possono bastare?
Secondo me sì e rendono chiaramente l’idea che Uribe sta diventando imbarazzante anche per quella stessa stampa che egli manipola e controlla abbondantemente.
La proposta di Uribe “un’apertura” l’ho letto solo sul Corriere della Sera, ed è tutto dire..
Che poi Massimo Cavallini ci voglia  far credere che su El Tiempo si potrebbe trovare scritto che la proposta di Uribe è una farsa questo lo trovo poco serio oltre che offensivo per l’intelligenza altrui.

Rocco Cotroneo, Il Corriere della Sera e il perdono di padre Von Wernich

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“La vita degli uomini dipende da Dio e dalla tua collaborazione….”

Così diceva il cappellano militare della polizia della provincia di Buenos Aires, Christian Von Wernich il cui processo è iniziato a La Plata lo scorso 5 di luglio, ai detenuti dei centri clandestini di tortura della dittatura argentina a cui “misericordiosamente” faceva visita.
Sebbene per il momento il religioso si sia avvalso della facoltà di non rispondere, e in alcune precedenti dichiarazioni annesse al processo abbia definito i CCD (Centri Clandestini di Detenzione) semplicemente come delle carceri con tanto “di scudo e bandiera” e i desaparecidos “carcerati che nessuno maltrattava”,  le accuse contro di lui, supportate da decine di testimonianze, sono gravissime. Ha infatti partecipato direttamente a circa 31 casi di tortura e 42 sequestri, è accusato inoltre di 7 omicidi e della sparizione di una neonata, tutti episodi avvenuti durante gli anni 1977/1978 in cui come cappellano militare aveva accesso ai centri di detenzione di Buenos Aires e provincia.
Nel 2003 il giudice platense Corazza, dichiarando l’incostituzionalità delle leggi di Obbedienza Dovuta e Punto Finale, aveva disposto l’immediata detenzione di Von Wernich, dando il via al primo processo contro la dittatura che coinvolge direttamente la Chiesa Cattolica.
Dall’ organizzazione  “Justicia ya!” di  La Plata, che riunisce  diversi gruppi per la difesa dei diritti umani fanno sapere che: “questo nuovo processo ci trova in una situazione di estrema gravità. Sono passati già nove mesi dalla scomparsa di Julio López e da allora continuano le minacce e le aggressioni a testimoni, familiari, avvocati, funzionari e militanti. Una volta ancora denunciamo che l’impunità che fa da padrona nelle indagini sulla scomparsa di López sta generando altra impunità e dichiariamo responsabile il Governo dell’incolumità di tutti coloro che parteciperanno in questo processo”.
Jorge López , testimone principale del processo contro Miguel Etchecolatz , ex direttore della polizia di Buenos Aires e condannato all’ergastolo per i suoi crimini è scomparso infatti proprio da La Plata  nove mesi fa e di lui non si hanno più notizie.
Il tribunale che ha condannato Etchecolatz è lo stesso che ora sta procedendo contro Von Wernich e lo stesso giudice Carlos Rosanki che condannò Etchecolatz in primo grado ha dichiarato di aver ricevuto numerose minacce.
Dal canto suo il cappellano, affida la denuncia della sua “persecuzione” alla pagina web ultraconservatrice www.politicaydesarrollo.com.ar dove è appoggiato a gran voce da Cecilia Pando, presidente dell’Associazione Familiari e Amici dei Prigionieri Politici, che sostiene i  militari e tutti coloro, religiosi compresi, che hanno appoggiato la dittatura e i suoi crimini e che gli è stata vicina tra il pubblico per tutta la durata dell’udienza del 5 luglio.
Nella  home page del sito politica y desarrollo si legge: ”no le buscamos la quinta pata al gato y tampoco lo dejamos rengo” che più o meno sta per “non cerchiamo la quinta zampa al gatto ma nemmeno lo lasciamo zoppo”.
Non cerchiamo certo la quinta zampa al gatto, o come diremmo dalle nostre parti il pelo nell’uovo, ma nemmeno lo vorremmo lasciare zoppo  come invece vorrebbe fare con la verità e la giustizia Rocco Cotroneo dalle pagine de Il  Corriere della Sera.
La giustizia ha un colore forte e deciso come il bianco dei fazzoletti de las Madres e non quello delle mezze misure che Rocco Cotroneo in un articolo che almeno nella sua parte iniziale agghiaccia, vuole proporci.
Ripercorrendo le atrocità commesse dal sacerdote, infatti  la coscienza  del giornalista  riesce a fargli venire il dubbio che l’attaccamento alla memoria storica forse ci rende particolarmente incapaci a guardare avanti, suggerendogli che ogni tanto sarebbe il caso di staccare gli occhi dal retrovisore.
Quale retrovisore? Quello degli occhi dei testimoni nel processo contro Christian Von Wernich che hanno desiderio di rendersi giustizia ma anche il timore di fare la stessa fine di Jorge López e non si fidano nemmeno  delle misure cautelari della polizia di Buenos Aires o quello degli occhi gelidi di Von Wernich?
O forse, più probabilmente il retrovisore del Vaticano che sembra tacere sul processo al cappellano militare di Buenos Aires ma che in Italia dopo le recenti polemiche sul video dei preti pedofili probabilmente non saprebbe come giustificare questa volta così tante  atrocità?
La coscienza comune, Signor Cotroneo, suggerisce che dopo tanta impunità,  di cui il cappellano militare della polizia di Buenos Aires ha ampiamente goduto di fronte ai crimini efferati che ha commesso, e che  vengono iscritti dalla giurisdizione universale come crimini contro l’umanità, giustizia venga fatta e non per semplice attaccamento alla memoria storia o per incapacità di guardare avanti ma per almeno un paio di motivi fondamentali.
In primo luogo il rispetto per le vittime che quei crimini li hanno subiti e per i loro familiari che si rivolgevano al cappellano almeno inizialmente con l’animo fiducioso verso l’istituzione che egli rappresentava (la Chiesa Cattolica) e poi per il monito che rappresenta il punire tali crimini in una società come quella argentina ancora fortemente condizionata dal retaggio della dittatura e dell’impunità.
Jorge López, probabilmente è stato ucciso, desaparecido sicuramente due volte, per aver raccontato la sua storia, per aver condiviso la sua memoria storica davanti ad un giudice, ma soprattutto per non essere riuscito a staccare gli occhi dal retrovisore, come Rocco Cotroneo vorrebbe facessero gli altri 120 testimoni del processo contro il cattolico Von Wernich.
.…
Leggi anche:

Su Omero Ciai, La Repubblica e il Venezuela

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Poiché questo sito si occupa di disinformazione, e poiché La Repubblica in questo è particolarmente esperta, vorrei segnalarvi alcuni articoli al riguardo apparsi negli ultimi  giorni  in vari siti:
 
La Patria Grande di Attilio Folliero
 
Altre storie di Giuseppe Galluccio
Lettera a Omero Ciai (e risposta di Omero Ciai)
 
Gennaro Carotenuto
 

I padroni dei media

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Dieci mega gruppi controllano stampa, radio e tv negli USA e influenzano l’America Latina

ERNESTO CARMONA
Argen Press

Dieci mega società posseggono o controllano i grandi mezzi di informazione degli Stati Uniti: stampa, radio e televisione. Questi dieci imperi controllano, inoltre, il vasto settore affaristico del divertimento e della cultura di massa, che abbraccia il mondo editoriale, la musica, il cinema, la produzione e la distribuzione di contenuti televisivi, sale teatrali, Internet e parchi di divertimento tipo Disneyworld, non solo in America del Nord ma anche in America Latina e nel resto del mondo.

Centinaia di milioni di nordamericani, latino-americani e cittadini di tutto il pianeta utilizzano quotidianamente – direttamente o indirettamente – i prodotti di informazione e culturali delle holding AOL/Times Warner, Gannett Company, Inc., General Electric, The McClatchy Company/Knight-Ridder, News Corporation, The New York Times, The Washington Post, Viacom, Vivendi Universal e Walt Disney Company, proprietarie dei mezzi di comunicazione più influenti.

I dieci gruppi controllano i quotidiani nazionali di maggior diffusione, come il New York Times, USA Today e Washington Post, centinaia di emittenti radio e le quattro catene televisive con maggiore audience nei programmi di notizie: ABC (American Broadcasting Company, di Walt Disney Company), CBS (Columbia Broadcasting System, di Viacom), NBC (National Broadcasting Company, di General Electric) e Fox Broadcasting Company (di New Corporation).

Coloro che amministrano questi mezzi di comunicazione hanno acquisito un’importante fetta di potere che non proviene dalla sovranità popolare, ma dal denaro e risponde ad un’intricata matassa di relazioni tra i mezzi di informazione e di comunicazione e tra le più grandi multinazionali statunitensi, come la discussa impresa petrolifera Halliburton Company del vicepresidente Dick Cheney; il Carlyle Group che controlla gli affari della famiglia Bush; i fornitori del Pentagono Lockeed Martin Corporation, Ford Motor Company, Morgan Guaranty Trust Company of New York, Echelon Corporation e Boeing Company, solo per citarne alcuni.

Principalmente i dieci grandi imperi della comunicazione offrono propaganda politica, formano l’opinione pubblica e persuadono a favore dell’ideologia conservatrice; hanno giustificato politiche imperialiste come l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan e in generale plasmano le menti e lavano i cervelli.

Invece di informare il cittadino per dotarlo di una visione critica e attenta, il controllo mediatico lo trasforma in un consumatore passivo di divertimento e in uno spettatore della politica… televisiva.

Il controllo interessato delle notizie da parte dei mezzi di comunicazione più influenti ha inizio dalla selezione su ciò che fa “notizia”, cioè sull’informazione che verrà fornita ai cittadini e in che modo debbano riceverla, cioè la presentazione, l’elaborazione e l’approccio dei fatti attraverso degli “uomini ancora” o presentatori, delle immagini televisive o dei testi dei grandi periodici.

Paradossalmente questi dieci grandi imperi mediatici mostrano gli Stati Uniti come una democrazia esemplare, retta dal così detto “sogno americano di libera concorrenza” dove tutti avrebbero “le stesse possibilità di avere successo”.

Probabilmente rimangono pochi ingenui ancora che credono a questa propaganda. Quello che è certo è che la travolgente concentrazione della proprietà ha fatto sparire numerosi mezzi di comunicazione locali, in particolare le emittenti radio, piccoli periodici e case editrici di tipo familiare, perdendo posti di lavoro e limitando la “libertà di espressione”.

Roma costruì il Colosseo per offrire un diversivo cruento alle masse urbane del suo impero. Oggi ogni volta che accendiamo il televisore riceviamo terrorizzati le crudeltà della propaganda della guerra dell’impero statunitense, nonostante le notizie pretendano di mostrare la presunta bontà dei suoi soldati in Iraq e i film ci familiarizzino da bambini con la morte e la violenza.

Petrolio e risorse naturali per le multinazionali e circo per i popoli, questa sembra essere la parola d’ordine dell’impero, solo che adesso il circo è installato nelle case per il volere di poche elite mondiali.

Negli Stati Uniti l’informazione è stata sostituita lentamente e totalmente dalla propaganda corporativa. Non esiste più il “diritto all’informazione” garantito dal Primo Emendamento della Costituzione. I cittadini statunitensi hanno perduto il loro diritto all’informazione vera e adeguata senza rendersene conto e senza che questo sia stato formalmente abrogato. Le frequenze per i segnali radiofonici e televisivi costituiscono un bene pubblico di tutta la società ma il loro controllo è passato nelle mani di pochi mega-imperi mediatici:

1) AOL /Time Warner Inc. è il maggior impero mediatico, conosciuto in America Latina per la rivista Time, come fornitore di Internet AOL, per i film di Warner Brothers, CNN, TNT e le altre società fondate dal famoso Ted Turner, ex marito di Jane Fonda.

Questo impero possiede impianti sportivi come Los Bravos di Atlanta (baseball), numerosi canali televisivi come Cartoon Network, Entertainment Network e tutte le società che portano nel nome la T di Turner: TBS Superstation, TNT & Cartoon Network dell’Asia e del Pacifico, Turner Classic Movies (TCM) Turner Entertainment, Turner Network Television (TNT) e Turner South.

Come notizie televisive via cavo possiede la CNN, CNN Airport Network, CNN in spagnolo, CNN fn, CNN Headline News, CNN Interactive, CNN International e CNN Radio. Partecipa in Court TV (con Liberty media Corp.), HBO (Home Box Office), Kablevision (televisione via cavo in Ungheria – 53,75%), New York 1 News (canale di notizie 24 ore solo per la città di New York), Road Runner e Time Warner Cable.

Produce film con Fine Line Features, New Line Cinema e Turner Original Productions e li distribuisce nelle sale cinematografiche e in televisione tramite Castle Rock Entertainment, Warner Brothers, Warner Brothers Domestic Pay TV, Warner Brothers Domestic Television Distribution, Warner Brothers International Television Distribution ed altre 14 società. Controlla Warner Brothers International Theaters, proprietaria o gestore di multi sale cinematografiche in più di 12 paesi , mentre invece per far giungere la sua produzione nelle case possiede la Warner Home Video, etc.

Il gruppo possiede riviste, fumetti e magazine come Life, Time, Money e altre 70 pubblicazioni di vario genere e per tutti i gusti. Ha una trentina di marchi registrati come American Recordings, Asylum, Atlantic Classics, The Atlantic Group, China e altri. Pubblica libri con Time Life Books, Back Bay Books, Back Bay Books, BookoftheMonth Club, Bulfinch Press, Children’s BookoftheMonth Club, Crafter’s Choise, History Book Club ed un’altra ventina di case editrici. Partecipa a Amazon,com, AOL MovieFone, CNN Newsroom (programma di notizie giornaliere per lezioni scolastiche) e circa 15 aziende di educazione in internet, oltre ai servizi on line di AOL.com, AOL Europe, AOL Instant Messenger, CompuServe Interactive Services, Digital City, etc. Sfrutta inoltre il business dei parchi di divertimento come Disney World tramite Warner Brothers Recreation Enterprises e della vendita al dettaglio con Warner Bros. Comsumer Products.

2) Gannet Company Inc. raggruppa i periodici di maggior circolazione e comprende anche stazioni televisive. Possiede i quotidiani nazionali USA ToDay, U
SA Weekend, USA ToDay Sports Weekly, USA ToDay Information Network ed i servizi di informazione Gannet News Service. La lista dei quotidiani locali della holding comprende decine di periodici. E con Army Times Publishing Company produce pubblicazioni per il consumo delle armi, come Army Times, Navy Times, Navy Times Marine Corps, Air Force Times, etc.

In Inghilterra possiede Newsquest pic Daily Newspapers, Bolton Evening News, Daily Echo (Bournemouth) e un’altra ventina di periodici. Con la televisione è presente in Arizona: KNAZ (Flagstaff), KMOH (Kingman), KPNX (Phoenix); e molti altri stati. Ha anche partecipazione in altri affari come Cincinnati Reds, tramite Cincinnati Enquirer, Classified Ventures Com. LLC (proprietà condivisa con Knight Ridder, New York Times Company, Times Mirror, Washington Post Company, Tribune Company, Central Newspapers Co. e McClatchy Company), Space.com (con General Electric) e moltissimi altri accordi commerciali.

3) General Electric è un altro mostro che possiede, controlla o partecipa in numerosi mezzi di informazione importanti come NBC News o la catena ispanica Telemundo, senza tralasciare gli elettrodomestici e partecipando anche nell’aviazione, nei sistemi industriali e in una moltitudine di altri affari.

Fu fondata nel 1878 da Thomas Edison, è cresciuta nel tempo abbracciando interessi in Westinghouse, United Fruit e AT&T.
Nel 1926 ha formato la National Broadcasting Corporation (NBC) che amministra emittenti radiofoniche e televisive. La sua filiale RCA ha controllato Random House, ma l’ha venduta nel 1980 a S.I. Newhouse’s Advance Publications. Nel 1985 ha acquisito per 6.300 milioni di dollari la parte di RCA in NBC, nel 1986 ha venduto il settore musicale RCA a Bertelsmann e nel 1989 ha formato CNBC, poi nel 1996 ha lanciato MSNBC.
Ha sviluppato reti di notizie via cavo con Microsoft, nel 1997 ha esteso CNBC in Asia e in Europa, nel 1999 ha ottenuto il 32% di Paxons Communications e la rete PAX TV, nel 2002 ha acquisito Telemundo Communication Group per 2.700milioni di dollari, un affare che ha coinvolto Sony e Liberty Media Corp. Ha acquisito la rete Bravo Network da Cablevision e MGM per 1.250 milioni di dollari.
Nel 2002 ha creato NBC Universal con Vivendi Universal, acquisendo anche le holding di intrattenimento che comprendono i parchi e gli studi cinematografici e televisivi Universal Picture e tre canali tv via cavo.

Riassumendo, possiede 15 stazioni televisive ed altre 14 stazioni Telemundo, produce e distribuisce programmi televisivi tramite NBC Universal Television Studio, NBC Universal Television Distribution, CNBC, MSNBC, Bravo, Mun2TV, Sci-Fi, Trio e USA, produce film con Universal Pictures, gestisce il parco Universal Parks & Resorts, possiede Paxons Communications (30%) e le attività commerciali GE Aircraft Engines, GE Commercial Finance, GE Consumer Products, GE Industrial Systems, GE Insurance, GE Medical Systems, GE Plastics, GE Power Systems, GE Specialty Matelrials e GE Transportation Systems.

4) News Corporation, il cui proprietario più importante è l’australiano-statunitense-britannico Rupert Murdoch controlla la catena televisiva Fox Broadcasting Company, con succursali praticamente in tutti gli Stati Uniti.
Possiede inoltre il canale di notizie Fox News e tutto ciò che includa nel suo nome la parola Fox (Zorro), come Fox Sports ed altre attività commerciali che hanno nomi diversi come per esempio il National Geographic Channel, Sky Directv, etc.
Il gruppo possiede inoltre un settore di riviste e magazine che pubblica TV Guide, il Weekly Standard e Inside Out, tra gli altri. Per produrre cinema possiede 20th Century Fox, Fox Television Studios e Fox Searchlight Pictures.
Nel settore dell’editoria possiede imprese come Harper Collins ed altre 40 case editrici.
I suoi quotidiani comprendono il New York Post degli Stati Uniti, il News of the World, News International, Sun, Sunday Times e The Times, nel Regno Unito e più di 20 quotidiani in Australia.

Alla fine del 2004, Rupert Murdoch, all’età di 76 anni, ha pagato 44 milioni di dollari per un appartamento nella Fifht Avenue a New York, proprio di fronte all’ingresso del giardino zoologico in Central Park. L’appartamento è composto da 2 piani, 20 stanze, 2.500 mq più 1.250 mq. in terrazzi con una spesa mensile di mantenimento di 21.500 dollari.

Secondo la rivista Forbes, il magnate possiede 9 mila milioni di dollari ed è il multimilionario numero 73 della classifica mondiale dei grandi ricchi.
Possiede quasi cento stazioni tv via cavo e televisione aperta negli Stati Uniti, Europa e Australia, una ventina di case editrici come Harper Collins Publishers e Greenwillow Books, per citarne alcune, più 43 quotidiani divisi tra gli Stati Uniti, Regno Unito e Australia.

5) McClatchy Company, specializzata in periodici e pubblicazioni Internet, possedeva soltanto 12 pubblicazioni quotidiane fino a quando nel giugno 2006 acquisì Knight Ridder, la seconda holding di periodici, con 31 rotative, tra i quali il Miami Herald ed il New Herald. I nuovi proprietari mantengono 31 quotidiani, approssimativamente 50 periodici non quotidiani e vari periodici a diffusione gratuita ma ovviamente fecero sparire vari quotidiani della “concorrenza” perché li acquistarono. Tutti i quotidiani hanno versione online, mentre l’azienda ha avviato McCatchy Interactive, che fornisce contenuti e sviluppa software, come Real Cities (http://www.RealCities.com) e annunci economici (cars.com e appartamenti.com).

6) Il New York Times Company pubblica a NewYork il quotidiano omonimo, a suo tempo rispettabile, ed altri 17 periodici nel paese, ma lavora anche nella radio, nella televisione ed in altre attività commerciali. Nel 2006 l’azienda aveva un valore di 3.300 milioni di dollari, includendo il New York Times, l’International Herald Tribune, il Boston Globe, più altri 15 quotidiani, l’emittente WQXR-FM e più di 30 siti web, inclusi il NYTimes.com, Boston .com e About.com.

Gestisce 8 stazioni televisive in differenti città e due emittenti radio a New York. Partecipa anche in Boston Red Sox, NESN e Discovery Times channel (50%).

7) Il Washington Post Company abbraccia diverse attività commerciali nel campo dell’ informazione e in quello educativo ma la sua principale attività è la pubblicazione del quotidiano omonimo. Il Washington Post, l’edizione di magazine, televisione, tv cavo, servizi di informazione elettronica ed educativa. Possiede il portale Washingtonpost.Newsweek Interactive (WPNI), le pubblicazioni accessorie online Washingtonpost.com, Newsweek.com, Slate and Budget Travel Online; Express; El Tempo Latino; The Gazette e Southern Maryland Newspapers; The Herald (Everett, WA); Newsweek magazine; Post-Newsweek Stations (Detroit, Houston, Miami, Orlando, San Antonio e Jacksonville) e Cable ONE che serve il MidWest, l’Ovest e gli stati del Sud. La holding è anche proprietaria di Kaplan Inc. un fornitore internazionale di mezzi educativi e dei così detti “career services” (servizi allo studio) destinati ai privati, alle scuole e ai negozi. Ha quote di partecipazione anche nel Los Angeles Times, Washington Post News Service e Bowater Mersey Paper Company.

Possiede emittenti televisive a Detroit, Houston, Miami-Ft. Lauderdale, Orlando, San Antonio e Jacksonville e gestisce altre attività commerciali anche nel settore dell’educazione come Cable One (a Phoenix, AZ), Post Newsweek, Tech Media, Newsweek Productions, Government Computer News, GCN.com, Kaplan, Inc e Post Newsweek Tech Media, Newsweek Productions, Government Computer News, GCN.com, Kaplan, Inc e Post Newsweek Tech Media.

8) Viacom possiede le catene CBS e UPN. E’ proprietaria di case editri
ci, produce e distribuisce film, tv via cavo (MTV, Nickelodeon e altri 13 canali) oltre alla produzione e distribuzione di programmi per la TV.
Nella radio amministra la catena Inifinity Broadcasting con un’infinità di emittenti. E’ anche la proprietaria di Blockbuster (cinema in cassetta) , Paramounts Parks, Famous Players, United Cinemas International e Famous Music.

Gestisce più di 50 emittenti tv sia via cavo che in segnale aperto, mentre produce e distribuisce programmi televisivi con Spelling Television, Big Ticket Television e King World Productions, produce cinema con Paramount Home Entertainment e Paramount Pictures, pubblica libri e riviste con Simon & Schuster, Pocket Books, Scribner, Free Press, Fireside, Touchstone, Washington Square Press, Archway, Minstrel e Pocket Pulse. Sta anche nel business per i divertimenti dei turisti e visitatori con i parchi come Paramount Parks.

9) Vivendi Universal, la proprietaria degli Universal Studios, Universal Pictures etc, partecipa a HBO, Cinecanal ed altre produttrici e distributrici di programmi televisivi come Universal Television Group, Multimedia Entertainmet, USA Networks Inc. tra le moltissime altre. Possiede la rivista Rolling Stones, le case editrici Larousse, Nathan, Anaya, etc come anche amministra imprese interattive in internet e una ventina di compagnie musicali affiliate a Universal Music Group, oltre che numerosi affari nelle comunicazioni e nel divertimento come Cinema International Corp, Cineplex Odeon Corp. United Cinemas International, Vivendi Universal, Vivendi Telecom International e Cegetel (telecomunicazioni), Viventures (fondi di capitale) e molte altre attività commerciali nel settore del divertimento e del “retail”.

Per citare solo alcuni altre attività commerciali, possiede o partecipa nel Cinema Internazional Corporation (multinazionale di sale cinematografiche 49%), Cineplex Odeon Corporation (sale cinematografiche 42%) , Duet (abbonamento a musica con Yahoo! e Sony), United Cinemas International (multinazionali di sale cinematografiche 49%) Vivendi Environnement (distributrice mondiale n. 1 di acqua), Vivendi Universal (proprietaria di 26, 8 milioni di azioni di Time Warner) e Viventures (fondi di capitale e ventures).

C’è anche il business dei parchi, divertimento e retail, con Universal Studios Hollywood, City Walk, Universal Orlando Resort, Hard Rock Hotel, Portofino Bay Hotel, Royal Pacific Resort, Universal’s Island of Adventure Universal Studios Theme Park, Hotel Port Aventura, Universal Mediterránea (Spagna), Universal Mediterránea Theme Park, Universal Studios Japan, WetnWild Orlando e Spencer Gifts. E’ entrata nelle telecomunicazioni con Vivendi Telecom Internacional e Cegetel.

10) Walt Disney Company è un altro mega mostro mediatico, che controlla la rete televisiva ABC e possiede e gestisce più di mezzo centinaio di emittenti televisive e radiofoniche. Per via cavo possiede ESPN, The History Channel e una cinquantina di altre aziende, incluso tutte quelle che utilizzano la parola Disney. Inoltre abbraccia affari nel settore del petrolio grezzo e del gas naturale.

Possiede e gestisce emittenti a Chicago, New York e in quasi cento città degli Stati Uniti, partecipa nella tv via cavo A&E Television (37.5% con Hearst e GE); ABC Family; The Disney Channel; El Entertainmet (con Comcast e Liberty Media); ESPN, Inc, che comprende Classic Sports Network, ESPN, ESPN2, ESPN News, ESPN Now e ESPN Extreme (80%; Hearst Corporation possiede il rimanente 20%), altre venti aziende che producono televisione e circa trenta aziende internazionali di tv via cavo.

Nel mondo dell’editoria è presente con Hyperion Books, Miramax Books e Walt Disney Company Book Publishing. Pubblica riviste con Magazine Subsidiary Groups, che comprende ABC Publishing Group, Disney Publishing Inc.; e una ventina di aziende negli Stati Uniti e in Europa. Ha investito nel business del multimedia, con Walt Disney Internet Group, ABC.com, ABC Internet Group, ABCNEWS.com, Disney.com e un’altra dozzina di aziende.

Ovviamente partecipa nel business dei parchi di divertimento, dove è stata pioniera con Disneyland e Disney World, con la presenza negli Stati Uniti e in Europa, nello stesso tempo sviluppa opportunità commerciali per software con giochi per video e CDROM), abbraccia la produzione e distribuzione di film (Buena Vista Home Entertainment, Buena Vista Home Video, Buena Vista International, Caravan Pictures, Hollywood Pictures, Miramax Films, Touchstone Pictures e Walt Disney Pictures).

Disney inoltre si sta dando da fare per cercare e sfruttare giacimenti di petrolio e di gas naturale, tramite la finanziaria Sid R. Bass e sfrutta il retail con Disney Store. Nel campo musicale è presente con Buena Vista Music Group, Hollywood Records (musica popolare e bande musicali per il cinema), Lyric Street Records (marchio per la musica country di Nashville), MammothRecords (marchio per la musica popolare ed alternativa) e Walt Disney Records. E’ presente nel teatro e nel settore dello sport con Walt Disney Theatrical Productions, che comprende la produzione delle versioni dei successi per l’infanzia come Il Re Leone, La Bella e la Bestia e Re David. Partecipa nelle società sportive Anaheim Sports Inc. e Mighty Ducks of Anaheim, che fa parte della Lega Nazionale dell’Hockey.

Possiede altre attività commerciali internazionali: Hamster Productions (casa di produzione televisiva francese), Japan Sports Channel, RTL2 (produzione e distribuzione televisiva, tedesca), Scandinavian Broadcasting System, TeleMunchen (produzione e distribuzione televisiva, tedesca), Tesauro of Spain e TV Sport of France. Per la produzione e e distribuzione di programmi televisivi utilizza Buena Vista Television, Touchstone Television, Walt Disney Television, Walt Disney Televison Animation (possiede impianti per la produzione al di fuori del Stati Uniti, in Giappone, Australia e Canada).

Il controllo dei grandi mezzi di informazione corporativi è colluso con i vertici delle grandi multinazionali ed alcuni protagonisti della classe politica. La promiscuità corporativa del potere mediatico, politico ed economico si diffonde come il cancro, dagli Stati Uniti all’America Latina e al resto del pianeta.

La proprietà dei grandi mezzi di comunicazione e informazione degli Stati Uniti risponde a giganteschi imperi mediatici sempre più concentrati e intrecciati con la maggior parte delle grandi corporazioni multinazionali statunitensi. A loro volta le mega-corporazioni mediatiche che dominano nel paese del Nord, esercitano anche la loro influenza sulle menti dei consumatori di informazione e di divertimento dell’America Latina e del resto del pianeta.

I ricercatori Bridget Thornton, Brit Walters e Lori Rouse, del Proyecto Censurado 1 dell’Università Sonoma State della California, hanno riscontrato che 118 membri dei consigli di amministrazione, organi collegiali e direttivi di dieci delle più importanti organizzazioni mediatiche – di stampa, televisione e radio — degli Stati Uniti appartengono contemporaneamente alla direzione di altre 288 mega-corporazioni multinazionali statunitensi. L’ubiquità nei consigli di amministrazione riunisce i grandi “corporate media” (con il grande capitale corporativo degli Stati Uniti (“corporate America”). Per questo motivo gli autori hanno concluso che la grande stampa e le grandi corporazioni del paese del Nord sono la stessa cosa: “Corporate Media is Corporate America!”

Porta girevole

Gli accademici hanno anche scoperto che la porta girevole mette in comunicazione gli uffici dell’amministrazione federale o il potere politico (compresi la Casa Bianca e il Congresso) con i consigli di amministrazione dei grandi mezzi di comuni
cazione. Alcuni di questi consiglieri sono stati senatori o rappresentanti come Sam Nunn, di Disney e William Cohen di Vioacom, mentre altri membri di consigli di amministrazione dei grandi mezzi di comunicazione hanno lavorato prima nell’Amministrazione Federale delle Comunicazioni (FCC),l’organismo che si suppone regoli, controlli e impedisca che negli Stati Uniti esistano monopoli mediatici, regionali e nazionali: è il caso di William Kennard, del New York Times e di Dennis FitzSimmons del Tribune Company.

Le dieci più grandi organizzazioni di mezzi di comunicazione analizzate da Thornton, Walters e Rouse rappresentano la fonte principale di notizie per la maggior parte dei nordamericani. “I loro vincoli societari ci obbligano a esaminare minuziosamente la qualità delle loro notizie” hanno concluso gli autori. “Disney, per esempio è la proprietaria della catena televisiva ABC, quindi ci domandiamo, come reagisce il consiglio di amministrazione di Disney di fronte a notizie negative che riguardano i consigli di amministrazione di società amiche come Halliburton o Boeing?”.

Per esempio, gli autori hanno segnalato che membri della direzione generale di grandi mezzi di comunicazione contemporaneamente hanno legami con Ford, Kraft e Kimberly-Clark, e danno lavoro a 10 mila nordamericani. “È accettabile che la mano d’opera degli Stati Uniti riceva soltanto le informazioni societarie private che le grandi aziende desiderino vengano diffuse?” si domandano i ricercatori. “Possiamo accettare che rispetto alla concorrenza straniera gli operai degli Stati Uniti abbiano orario più lungo, una paga più bassa e pochi benefici?”

Gli autori pensano che “se queste società controllano i mezzi di comunicazione, controllano la diffusione delle notizie che distorcono il Primo Emendamento nella mente (del pubblico) per proteggere interessi societari al di sopra dell’interesse di tutti.” Il primo emendamento costituzionale indica che “ il Congresso non approverà nessuna legge…. che limiti la libertà di espressione o di stampa”.

Thornton, Walters e Rouse hanno trovato inoltre un legame tra i grandi mezzi di comunicazione societari e l’educazione superiore statunitense. Per esempio, e solo per citare alcuni casi, nel consiglio di amministrazione del Washington Post ci sono alcuni membri che contemporaneamente partecipano anche nel direttivo della USC (Università del Sud della California), ci sono dirigenti di Disney che hanno legami con l’Università di Georgetown, mentre altri consiglieri di Gannet Company Inc. (proprietaria di USA ToDay ed altre pubblicazioni) siedono nella direzione dell’Università della Columbia e nel consiglio di amministrazione di Knight-Ridder (proprietaria di periodici acquistata da The McClatchy Company e co-proprietaria della catena NBC) ci sono consiglieri che partecipano come membri associati nella direzione del collegio Wharton, dell’Università della Pennsylvania, fondato nel 1881 e considerato prima scuola di commercio e finanza.

L’informazione come mercanzia

Gli autori si domandano se la diminuzione del finanziamento statale e federale delle università significa che l’educazione superiore finirà per trasformarsi in un altro affare delle grandi società, relegando al governo il semplice ruolo di spettatore: “L’educazione universitaria sarà esclusivamente per un’elite votata unicamente al consumismo?”: La domanda principale è se le università finiranno per dedicarsi esclusivamente alla formazione di lavoratori-consumatori invece che di pensatori”.

Secondo Thornton, Walters e Rouse “quando declinò l’impero romano, il feudalesimo prese il posto del governo”. Poiché perché il signorotto feudale possedeva la maggior parte della terra e delle risorse, fu una delle cause della scarsità di occupazione nei secoli IV e V.

“Oggi abbiamo sostituito il feudalesimo con l’associazionismo”, assicurano gli autori. “Il grosso della popolazione ha ogni volta meno possibilità per scegliere le sue notizie, le sue fonti di informazione e perfino la sua educazione, mentre i grandi mezzi di comunicazione approvano la società della concentrazione della proprietà e la obbligano ad appoggiarsi a chi riesce ad avere potere.

Nell’opulenza della società del corporativismo l’unico scopo è la concentrazione della ricchezza e i grandi mezzi di comunicazione corporativi sono le “ragazze pon pon” (cheerleaders) del sistema” hanno detto Thornton, Walters e Rouse.

Parafrasando il Manifesto Comunista di Marx d Engels (1848) “l’economia di mercato creata dalle multinazionali non permette altro vincolo tra gli uomini che il freddo interesse ed il crudele “pagamento in contanti”. Il così detto neoliberismo ha affogato il sentimentalismo nelle gelide acque del calcolo interessato e ha fatto della dignità personale una semplice mercanzia. Ha sostituito alle numerose libertà guadagnate e garantite costituzionalmente – come la libertà d’espressione garantita dal Primo Emendamento– l’unica e crudele libertà di commercio. In altre parole si è stabilito uno sfruttamento aperto, sfacciato e brutale.

Connessioni tra consigli di Amministrazione

1) Consiglio di Amministrazione di Gannet Company, Inc.: Douglas H. McCorkindale, Louis D. Boccardi, James A. Johnson, Duncan M. McFarland, Stephen P. Munn, Donna E. Shalala, Solomon D. Trujillo e Karen Hastie Williams.

Partecipano in Asia Pacific Fund, Inc., Associated Press, Carlisle Companies, Inc., The John F. Kennedy Center for the Performing Arts, Chubb Corporation, Continental Airlines, Inc., Electronic Data Systems Corporation, Goldman Sachs Group, Inc., Graduate School of Journalism Columbia University, KB Home Corporation, Lennar Corporation, Lockheed Martin Corporation, Orange S.A., PepsiCo, Inc., Prudential Mutual Funds, SunTrust Banks, Inc., Target Corporation, Temple-Inland Corporation, Trustee, Financial Accounting Foundation, UnitedHealth Group y WGL Holdings, Inc.

2) New York Times: John F. Akers, Brenda C. Barnes, Raul E. Cesan, Lynn G. Dolnick, Michael Golden, William E. Kennard, David E. Liddle, Ellen R. Marram, Thomas Middelhoff, Janet L. Robinson, Henry B. Schacht, Arthur Sulzberger, Jr., Cathy J. Sulzberger y Doreen A. Toben

Partecipano in Alcoa (Aluminum Company of America), APCOA Parking AG, German, Augustana College, Bewerbungskomitee Leipzig 2012, Carlyle Group 2001, Eli Lilly and Company KarstadtQuelle AG German, Fitch Ratings, a U.S./UK, Flamel Technologies S.A, Ford Motor Company, Hallmark Cards Inc., International Herald Tribune, Johnson & Johnson, Lehman Brothers Holdings Inc. Staples Inc., Lucent Technologies Inc., PepsiCo, Inc., Polestar Corporation (compagnia britannica), Times Square Business Improvement District LHIW Real Estate, Development Partnership, U.S. Venture Partners North Castle Partners LLC y W.R. Grace & Co.

3) Washington Post: Donald E. Graham, Warren E. Buffett, Barry Diller, John L. Dotson Jr., Melinda French Gates, George J. Gillespie III, Ronald L. Olson, Alice M. Rivlin, Richard D. Simmons y George W. Wilson.

Partecipano in Berkshire Hathaway Inc., Bill & Melinda Gates Foundation, Brookings Institution, Cravath, Swaine & Moore LLP, Georgetown University, IAC/InterActiveCorp USA Interactive, Munger, Tolles & Olson LLP, BrassRing, Inc., Pulitzer Prize Board, District of Columbia College Access Program, Federal City Council in Washington DC, Summit Fund of Washington, Coca-Cola Company, Gillette Company, Life Trustee, Urban Institute Member, American Academy
of Arts and Sciences, IAC/InterActiveCorp., New York University, Medical Sciences at UCLA, Conservation International, Channel 13/WNET, School of Cinema-Television USC, University of North Carolina at Chapel Hill, Robert C. Maynard Institute for Journalism Education, Drugstore.com, White Mountains Insurance Group Inc., Madison Square Boys and Girls Club, Pinkerton Foundation, Life Director and Chairman Emeritus National Multiple Sclerosis Society, John M. Olin Foundation, William S. Paley Foundation, Arthur Ross Foundation, Museum of Television and Radio, The Jackson Laboratory, RAND Corporation, USC Annenberg School for Communication, Southern California Public Radio, Berkshire Hathaway, Edison International, City National Corporation, Dun & Bradstreet Corporation, Moody’s Investors Service, J.P. Morgan & Co. Inc., Morgan Guaranty Trust Company of New York, Un. Pacific Corporation, Yankee Publishing Inc., General Electric Investments, Advisory Board of Directorship, White Burkett Miller Center of Public Affairs University of Virginia, Protestant Episcopal Cathedral Foundation, Newspapers of New England Inc., Bakersfield (California) Californian e Associated Press

4) Knight-Ridder: Mark Earnest, Kathleen Feldstein, Thomas Gerrity, Ronald McRay, Pat Mitchell, Kenneth Oshman, Vasat Prabhu, Anthony Ridder, Gonzalo Valdes-Fauli e John E. Warnock.

Partecipano in: Adobe Systems Inc., Echelon Corporation, Economics Studies Inc., H&R Block Inc., Kimberly-Clark Corporation, Public Broadcasting Service, Starwood Hotels and Resorts e Wharton School of the University of Pennsylvania.

5) The Tribune Company (Chicago): Dennis J. FitzSimons, Jeffrey Chandler, Roger Goodan, Enrique Hernandez Jr., Betsy D. Holden, Robert S. Morrison, William A. Osborn, J. Christopher Reyes, William Stinehart, Jr., Dudley S. Taft y Kathryn C. Turner.

Partecipano in: 3M Company, Allstate Corporation, Aon Corporation, Big Shoulders Fund, Boys and Girls Clubs, Business Council, Carpenter Technology Corporation, Caterpillar Inc., Nicor Inc., Chandler Ranch Co., Chandler Trusts, Chicago Council on Foreign Relations, Chicago Horticultural Society, Chicago Symphony Orchestra, Chicago Urban League, Children’s Hospice International, Children’s Memorial Foundation, Children’s Memorial Medical Center, Cincinnati Association for the Performing Arts, CINergy Corp., Commercial Club of Chicago, ConocoPhillips, Control Data Corporation, Economic Club of Chicago, ElderPort, Evanston Northwestern Healthcare, Executives’ Club of Chicago, Federal Reserve Bank of Chicago, Fortune Brands Inc., General Electric Information Services, Gibson, Dunn & Crutcher LLP, Grocery Manufacturers of America, Harvey and Mildred Mudd Foundation, Hydril Company, Illinois Tool Works Inc., Inter-Con Security Systems Inc., Inter-Con Security Systems Inc., Kraft Foods, Inc., Interspan Communications, Junior Achievement of Chicago, Kellogg Graduate School of Management Northwestern, Lake Forest Academy Board of Trustees, Lake Forest Bank and Trust, Lake Forest College, Louise Taft Semple Foundation, Lyric Opera of Chicago, McCormick Tribune Foundation, McDonald’s Corporation, Media Security and Reliability, Council FCC, Museum of Science and Industry, Northwestern University, Boy Scouts of America, Newspaper Association of America, Nordstrom Inc., Northern Trust Corporation, Northwestern Memorial Foundation, Northwestern Memorial HealthCare, Partner, Gibson, Dunn & Crutcher LLP, PepsiCo Inc, Quaker Oats Company, Reyes Holdings LLC, Ronald McDonald House Charities, Rush-Presbyterian-St. Luke’s Medical Center, Schering-Plough Corporation Schlumberger Limited, Secretary of Defense to the Defense Policy Advisory Committee on Trade (DPACT), Southern Star Group and Fifth Third Bancorp, Standard Technology Inc., Taft Broadcasting Comp., The Un. Central Life Insurance Company, Tupperware Corporation, United Way of Metropolitan Chicago Inc., University of Notre Dame Board of Trustees, Wells Fargo & Company, Wintrust Financial Corporation, World Business Chicago e YMCA of Metropolitan Chicago.

6) News Corp.: K. Rupert Murdoch, Chase Carey, Peter Chernin, Kenneth E. Cowley, David F. DeVoe, Viet Din, Rod Eddington, Andrew S.B. Knight, Lachlan Murdoch, Thomas J. Perkins, Stanley S. Shuman, Arthur M. Siskind e John L. Thornton.

Partecipano in: Allen & Company LLC, Arthur M. Siskind, British Airways, Georgetown University, Independent Newspapers Limited, Partner Kleiner, Perkins, Caulfield & Byers, Rothschild Investment Trust C.P. e Tsinghua University of Beijing.

7) AOL/Time Warner: Richard D. Parsons, James L. Barksdale, Carla A. Hills, Stephen F. Bollenbach, Reuben Mark, Stephen M. Case, Michael A. Miles, Frank J. Caufield, Kenneth J. Novack, Robert C. Clark, R.E. Turner, Miles R. Gilburne e Francis T. Vincent, Jr.

Partecipano in: Apollo Theatre Foundation, Citigroup, Estee Lauder, Colonial Williamsburg Foundation, Museum of Modern Art, Howard University, Committee to Encourage Corporate Philanthropy, Barksdale Management Corporation, Colgate-Palmolive Company, Harvard University, Hills & Company, Hilton Hotels Corporation e ZG Ventures LLC.

8) General Electric: Jeffrey R. Immelt, James I. Cash, Jr., William Castell, LVO, Dennis D. Dammerman, Ann M. Fudge, Claudio X. Gonzalez, Andrea Jung, A.G. Lafley, Rochelle B. Lazarus, Sam Nunn, Roger S. Penske, Robert J. Swieringa, Douglas A. Warner III e Robert C. Wright.

Partecipazioni: America Movil, American Accounting Association, American Film Institute, American Museum of Natural History, Anheuser-Busch Companies Inc., Ann Taylor Stores, Avon, U.S., Babson College, Bechtel Group Inc., Boston Museum of Science, Boys & Girls Clubs of America, ChevronTexaco Corporation, Chubb Corporation, Coca-Cola Company, Columbia Business School, Cosmetic, Toiletry and Fragrance Association, Dell Inc., Douglas A. Warner III, GE Capital Services, General Electric Company, General Motors Corporation, Grupo ALFA, Grupo Carso, Grupo Mexico, Grupo Televisa, Hamilton College and Xavier University, Home Depot Inc., Internet Security Systems Inc., Investment Co. of America, J.P. Morgan Chase & Co., Kellogg Company, Kimberly-Clark de Mexico S.A., Lauder Institute Board of Governors (Wharton School of Arts & Sciences), Mexico Fund Inc., Microsoft Corporation, Motorola Inc., Museum of Television and Radio, Motion Picture and Television Fund Corporation, NBC Universal, New York Presbyterian Hospital, Nuclear Threat Initiative, Ogilvy & Mather North America CEO chairman, Partners Healthcare, Penske Corporation, Procter & Gamble, Scientific-Atlanta Inc., Simmons College, United Auto Group Inc., United States Senate Ret., Universal Technical Institute Inc. e World Wildlife Fund.

9) Walt Disney: John E. Bryson, John S. Chen, Mr. Eisner, Judith L. Estrin, Robert A. Iger, Fred H. Langhammer, Aylwin B. Lewis, Monica C. Lozano, Robert W. Matschullat, Senator George J. Mitchell, Leo J. O’Donovan e Gary L. Wilson

Partecipazioni: Boeing Company, California Health Care Foundation, CB Richard Ellis Inc., Northwest Airlines Corporation, Clorox, DLA Piper Rudnick Gray Cary LLP, Duke University, Estée Lauder Companies Inc., FedEx Corporation, Georgetown University, Gillette Company, Halliburton Co., ImpreMedia LLC, Inditex S.A., International Air Transport Association, KMart Holding Corporation, Lincoln Center for the Performing Arts in New York City, McKesson Corporation, Preti, Flaherty, Beliveau & Pachios, Siemens Pyramid, Staples Inc., SunAmerica Asset Management Corp., Sybase Inc., Tenet Healthcare Corporation, The Keck School of Medicine at the University of Southern California, United States Senator from 1980 to 1995, University of California, University of Southern California, Western Asset e Yahoo! Inc.

10) Viacom: Sumner M. Redstone, George S. Abrams, David R. Andelman, Joseph A. Califano Jr., William S. Cohen, Philippe P. Dauman, Alan C. Greenberg, Charles E. P
hillips, Shari Redstone, Frederic V. Salerno, William Schwartz e Robert D. Walter.

Partecipazioni: Akamai Technologies Inc., American Express Co., American International Group Inc., Automatic Data Processing Inc., Bear Stearns Companies Inc., Boston University Law School, Brandeis University, Cadwalader, Wickersham & Taft, Cardinal Health Inc., CineBridge Ventures Inc., Cohen Group, Combined Jewish Philanthropies, National Association of Theatre Owners, Consolidated Edison Inc., Dana Farber Cancer Institute, DND Capital Partners LLC., European Fine Arts Foundation, Gabelli Asset Management, Head N.V., John F. Kennedy Library Foundation, Lafarge North America Inc., Lourie & Cutler, Midway Games Inc., MovieTickets.com Inc., Museum of Fine Arts in Boston, National Amusements Inc., National College of Probate Judges, Oracle Corporation, Popular Inc., Rising Star Media, Sonesta International Hotels Corporation, Lourie & Cutler P.C., United States House of Representatives 1973–1979, Willis Group Holdings Limited y Winer and Abrams.

Nota:

1) Censored 2006, Media Democracy in Action, by Peter Phillips and others, Seven Stories Press, Nueva York, 2006.

Fonti:

- Los amos de la prensa en EEUU y América Latina, Ernesto Carmona, 2007.

- Bridget Thornton, Brit Walters y Lori Rouse, en Proyecto Censurado de la Universidad Sonoma State de California, Censored 2006, Media Democracy in Action, de Peter Phillips y otros, Seven Stories Press, Nueva York, 2006.

- U.S. Securities and Exchange Commission (sec.gov/edgar/search edgar/webusers.htm)

- Columbia Journalism Review (www.cjr.org/tools/owners).

Ernesto Carmona
Fonte: http://www.argenpress.info/
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=51346
28.05.2007

Traduzione a cura di ANNALISA MELANDRI per Come Don Chisciotte


Omero Ciai, La Repubblica e la Colombia

17 commenti
E’ noto ormai che la Colombia trova spazio sulle pagine de  La Repubblica solo quando fornisce occasione per parlare  di Ingrid Betancourt o di Gabriel García Márquez.
Omero Ciai è stato inviato in Colombia  dal quotidiano per il quale lavora,  per il  ritorno di Gabo  nella sua Arataca –Macondo, dopo un’assenza  del premio Nobel dalla sua città natale durata ventiquattro anni.
Evviva! Finalmente l’occasione giusta per i lettori de La Repubblica di conoscere un po’ della realtà e della lunga guerra che tormenta un paese dimenticato da tutti.
Invece no!
Con tutto quello che accade laggiù ci si sarebbe aspettato uno sforzo giornalistico un po’ più serio del “reportage” del 31 maggio. Non metto in dubbio che  sia più rilassante e  divertente leggere del viaggio in trenino dell’anziano e fin troppo silenzioso Gabriel  García Márquez piuttosto che la cronaca di tutte le quotidiane tragedie che i colombiani vivono sulla propria pelle.
Un accenno però, anche minimo, almeno per inserire il “reportage” in una situazione politica e sociale più chiara, (visto che comunque La Repubblica  non lo fa mai), alla parapolitica, alle confessioni (che stanno togliendo il sonno a Uribe) di Salvatore Mancuso, ex capo delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia, un corpo paramilitare di estrema destra), prima notizia in quei giorni in Colombia e in America latina, credo fosse stato doveroso.
Probabilmente i lettori abituali di La Repubblica non sanno nemmeno, perché nessuno glielo dice mai,  che in Colombia un ex capo paramilitare, Salvatore Mancuso, nostro connazionale, calabrese per l’esattezza, “signore della coca”, “signore della guerra” e il più potente narcotrafficante colombiano, nonché capo delle AUC, al momento è in carcere e oltre ad aver confessato 55 omicidi e 6 stragi sta rendendo tutta una serie di dichiarazioni che testimonierebbero la collusione dei vertici del governo colombiano con il paramilitarismo.
Stanno accadendo cose terribili in Colombia, la violenza a questo punto sembra essersi irrimediabilmente incancrenita e non c’è un settore della società che ne  sia immune.
Ci sono stati  recenti e massicci scioperi dei maestri e degli studenti universitari, con l’occupazione di molte università, la situazione dell’infanzia è terribile, tanto che negli  ultimi due mesi solo nel Chocò, per la “disattenzione” delle locali autorità, la denutrizione  ha ucciso 37 bambini e sempre nel Chocò nel corso di un desalojamiemto (sgombero), tre bambini indigeni sono stati gettati nelle acque del Río San Juan da membri dell’ESMAD le squadre mobili antisommossa della Polizia Nazionale e i loro corpi ancora non sono stati recuperati.
Siamo a questo punto talmente in malafede da chiederci come mai le limitate proteste delle università private contro Chávez trovano spazio sui nostri mezzi di informazione e invece nessun accenno alle grandi proteste degli studenti universitari in Colombia, tra l’altro duramente represse dalla polizia? Nell’Università Nazionale a Bogotà a fine maggio si è tenuto l’Incontro Nazionale Universitario al quale hanno partecipato studenti di 24 università pubbliche e 8 università private per denunciare il controllo di stampo fascista del governo di Uribe nelle facoltà, le continue minacce a cui è sottoposto il movimento studentesco, la detenzione arbitraria e la tortura di alcuni leader dello stesso.
Di tutto questo non un accenno sul “reportage” de La Repubblica.
Delle favelas colombiane ne immaginiamo vagamente l’esistenza perché Omero Ciai ne descrive i contorni che sfuggono insieme al resto del paesaggio dietro ai finestrini del treno. Egli non si degna nemmeno per un attimo di scendere la treno e fare quello che la sua professione richiederebbe. Indubbiamente è stato molto più comodo proseguire il viaggio con Gabo….
Delle proteste dei maestri ne troviamo un vago riferimento quando il trenino lascia il porto di Santa Marta dal quale è partito alla volta di Arataca e incontra migliaia  di maestri che lanciano un vano appello a Márquez affinché sostenga la loro causa.
La Colombia sembra lontana anni luce in questo reportage e i colombiani sembrano comparse uscite da un depliant delle vacanze, gli uomini a torso nudo, qualcuno “perfino” in bermuda, ragazze che ballano la cumbia e anche una  gentile bambina che aiuta il nostro Ciai ad allacciarsi le scarpe.
La Repubblica non scrive mai di Colombia, come scrive troppo poco e male di Sud America e proprio per questo poco, verrebbe a questo punto da domandarsi:  ma veramente La Repubblica ha spedito fin laggiù un suo inviato solo per questo?
E la società, il popolo, la fame, i bambini, la Colombia, davvero è stata sprecata un’occasione così per farceli conoscere?
 
No, che dite…
La Repubblica qualche giorno dopo, il 4 giugno, ci delizia con un altro brillante “reportage” dal titolo : “Colombia, caccia al bimbo della giungla”.
Orbene in questi giorni in Colombia e non solo c’è un gran rumore intorno alla presunta liberazione di Ingrid Betancourt . E ‘ una notizia importante che però va osservata e letta tenendo sempre ben presente il “realismo magico” che permea il paese ed i suoi avvenimenti, soprattutto quelli che coinvolgono direttamente il presidente Uribe. Con tanto da dire, tanto da approfondire sull’argomento, rapporti diplomatici in ballo, ora più tesi ora meno tra Francia a Colombia, l’annuncio a sorpresa di Uribe dell’ imminente  liberazione della Betancourt e le sue reali ripercussioni sulla politica e sulle trattative di pace in Colombia, l’articolo di Omero Ciai sembra la versione colombianizzata della leggenda di Tarzan, il re delle scimmie. La storia di questo bambino, figlio dell’amica del cuore di  Ingrid Betancourt rapita insieme a lei nel 2002, Clara Rojas e di un guerrigliero fariano.
Secondo John Pinchao Blanco, militare anch’egli prigioniero delle FARC che guarda caso è riuscito a fuggire dallo stesso campo di prigionia della Betancourt e della Rojas dopo circa nove anni di prigionia,  “il padre del bambino è stato trasferito in un’altra zona , oppure è stato ucciso perché il metodo delle FARC è impedire qualsiasi intimità tra gli ostaggi e i guerriglieri che li vigilano, impediscono anche alla mamma di vedere suo figlio perché sono loro che si occupano della sua crescita e della sua educazione”.
Poi Omero Ciai si sofferma sui pericoli che corre questo bambino in piena foresta colombiana “sottratto ai genitori e tenuto prigioniero in una giungla dove insieme alle malattie, dal tifo all’epatite, rischia (udite! udite!) la denutrizione cronica.”
Ancora una volta mi viene spontanea la domanda, la Colombia, in questo romanzetto esotico, dove sta? dove stanno i Colombiani? dove stanno i 37 bambini morti di fame (morti di fame Sig. Ciai, non malati di denutrizione cronica) negli ultimi due mesi?
E’ tutta la realtà di un paese che viene  travisata nel breve “reportage” dell’inviato Omero Ciai.
La storia di Emmanuel il “bimbo della giungla”, si legge, avrebbe colpito al cuore i colombiani e così Uribe avrebbe imposto come priorità la liberazione della Betancourt.
Un Uribe in difficoltà sia per le pressioni di Sarkozy sia per (e qui veramente si raggiunge la mistificazione) un “paio di scandali”. Omero Ciai ancora una volta preferisce di gran lunga scopiazzare un paio di notizie di cronaca invece di fare il suo mestiere e approfondire gli argomenti con arguzia e perspicacia.
Ciai  finalmente accenna brevemente a Mancuso, sfocandone i contorni e le dimensioni del suo collaborare con la giustizia e al fatto che Washington minaccia di ridurre gli aiuti alla Colombia per lo scarso impegno nella lotta alla produzione di droga.
Questi sarebbero il “paio di scandali”. Uribe in realtà sta praticamente annaspando in un mare di letame, che rischia di ingrossarsi sempre di più e di travolgerlo. Salvatore Mancuso è un fiume in piena e le sue dichiarazioni coinvolgono personaggi che occupano i settori più diversi del paese, dai sindaci  ai governatori, dai deputati  ai banchieri, fino ad alcuni generali, all’ex capo della polizia Rosso Josè Serrano, arrivando  al vice presidente Francisco Santos (che mentre Mancuso lo accusava era ricevuto in Italia con tutti gli onori da D’Alema in un incontro da egli stesso definito “proficuo e significativo”), e all’attuale ministro della difesa Juan Manuel Santos (cugino di Francisco e appartenenti alla potente famiglia Santos  proprietaria  del quotidiano El Tiempo), nonchè all’ambasciatore colombiano a Roma Sabas Pretelt de La Vega.
In questo periodo in Colombia grazie alle dichiarazioni di Mancuso e di altri paramilitari che stanno collaborando con la giustizia, decine e decine di fosse comuni vengono individuate e ciò che rimane dei resti di coloro che furono barbaramente trucidati dai paramilitari che altro non facevano che seguire la “politica dello stato” come lo stesso Mancuso ha dichiarato, riesumati e identificati. La Colombia sembra non uscire dall’orrore in cui è si trova ormai da  50 anni e Ciai scrive di un “paio di scandali”.
Uribe resta lì al suo posto, quasi per miracolo, le strade del crimine convergono verso di lui, poi come per magia lo sfiorano e per La Repubblica non è altro che un presidente in difficoltà che però è stato  toccato dalla storia del bimbo nella giungla e che quindi fa  di tutto per liberarlo insieme agli altri ostaggi.
Suvvia, è talmente evidente che l’annuncio della liberazione di Betancourt è l’ennesima mossa di un uomo che sta giocando tutte le  carte che gli sono rimaste per diluire l’attenzione dei media sugli scandali che lo coinvolgono sempre più da vicino, che l’articolo di Ciai non può che strappare un sorriso a chi è abituato ad informarsi altrove.
Leggi La Repubblica e vieni a conoscenza che “200 guerriglieri delle Farc sono stati concentrati nella prigione di Chiquinquira e verranno liberati con un indulto presidenziale nelle prossime ore”. Tra gli ostaggi ci sarebbe Rodrigo Granda, arrestato a Caracas nel 2004 e considerato il ministro degli esteri delle Farc. Granda, la cui liberazione è stata richiesta dal ministro degli Esteri francese  Kouchener, potrebbe fare da intermediario per la liberazione della Betancourt.
Tutto starebbe nelle sue mani dunque, e tutto dipenderebbe dal fatto che accetti o meno la liberazione.
Non un accenno al fatto che le FARC e Rodrigo Granda in prima persona  (il quale è stato liberato il 5 giugno scorso)  respingono fermamente l’ulteriore farsa di Uribe e fanno sapere che i duecento detenuti che dovrebbero essere liberati in realtà sono “disertori” o “traditori” o “delinquenti comuni” e in nessun caso militanti fariani. Granda in un’intervista rilasciata al giornalista colombiano Germán Silva Losada fa sapere che è stato liberato per le pressioni esercitate dal presidente francese Sarkozy e che comunque la necessaria condizione urgente è la smilitarizzazione (ipotesi sempre respinta da Uribe) dei municipi di Florida e Pratera, dove si possano incontrare tutte le parti per definire lo scambio.
In questa  vicenda confusa e tutt’altro che in via di definizione, perfino l’altro gruppo guerrigliero colombiano, l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) non sempre in accordo con la politica delle FARC, tramite il Comando Centrale,  invita tutti i prigionieri politici dell’ELN nelle carceri colombiane a solidarizzare con i prigionieri fariani  per “respingere insieme le manovre del governo”.
Il pressappochismo e la superficialità fatti giornalismo, dove mancano approfondimenti, dove non si capisce come mai la reale portata delle notizie viene svilita a favore di un sensazionalismo di bassa lega che inevitabilmente finisce per penalizzare l’informazione critica e rivolta al sociale e alla dimensione umana del paese.
Ovviamente è più “facile”  leggere della “caccia al bimbo della giungla” e del viaggio di Márquez sul trenino verso Macondo, ma poi ci perdonino La Repubblica e Omero Ciai se le notizie, quelle vere, ce le andiamo a cercare altrove.
Leggi anche:

Francesco Merlo e “l’ideologia al veleno” contro la sinistra”

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Non credo che la manifestazione a L’Aquila non dovesse essere autorizzata, visto che era una manifestazione organizzata  contro il 41 bis, che a detta dei partecipanti, sarebbe equivalente alla tortura.
Possiamo dissentire o meno da questo punto di vista , purtroppo le manifestazioni spesso rappresentano un’incognita anche per gli organizzatori ed effettivamente non si sa mai come vanno a finire, un po’ come le partite di calcio.
Il fatto è che il corteo si è di fatto trasformato per la presenza di alcuni elementi, che sicuramente veri terroristi  non erano, in un corteo in solidarietà a Nadia Desdemona Lioce che in regime di 41 bis ci si trova da tempo insieme ad altri 160 detenuti del carcere aquilano, di cui proprio uno, accusato per reati di mafia, si era suicidato il giorno precedente.
I terroristi non sfilano alle manifestazioni e per di più a volto scoperto. Lo fanno e ne hanno tutto il diritto gli ex terroristi prestando volto e storia forse  inconsapevolmente  a uno sparuto gruppo di persone che di fatto urlano slogan irripetibili e imbrattano i muri.
Tra gli organizzatori del corteo infatti si legge su La Repubblica di ieri che c’era Paolo Maurizio Ferrari, il brigatista di Nomadelfia, uno dei fondatori storici delle Brigate Rosse, il primo ad essere arrestato con l’accusa di sequestro di persona (fu un sequestro lampo di poche ore) che ha scontato trenta anni di carcere senza mai usufruire di un permesso, senza aver mai ucciso nessuno, perché semplicemente si è sempre rifiutato di presentare la benché minima istanza e perché durante la detenzione ha accumulato altre condanne,  per esempio per aver offeso la corte ad un processo o per aver partecipato alla rivolta nel carcere dell’Asinara.
Al di là delle considerazioni che si possono fare se sia necessario o meno il 41bis, se la manifestazione dovesse essere autorizzata o meno, se i manifestanti dovessero essere  arrestati seduta stante come l’Osservatore Romano  ha suggerito, è bene precisare che alcune persone sono state identificate e nei casi più gravi giustamente indagate per il reato di apologia di terrorismo.
Ma c’è  diffamazione però anche nelle parole di  Francesco Merlo quando scrive su La Repubblica, nel suo articolo “Ideologia al veleno”   che all’Aquila “sfilano in duecento per la Lioce”  quando questo non è vero. Purtoppo come spesso accade, tra  i duecento che sfilavano contro il 41bis, tra i quali Giulio Petrilli dirigente aquilano del Prc ora nei guai per questa sua partecipazione, c’erano anche poche persone che effettivamente hanno manifestato solidarietà alla Lioce, hanno cantato slogan contro Biagi e si sono allontanati per scrivere sui muri “Cloro al Clero”.
Come fa strumentalizzazione politica dell’evento Francesco Merlo, quando scrive che  tutta la sinistra italiana dovrebbe sentirsi imbarazzata al cospetto della famiglia Biagi. Perché?  E’ tutta la sinistra italiana responsabile e condannabile duramente e senza mezzi termini se uno dei suoi “simpatizzanti” (pur se ideologicamente lontano ormai anni luce)  imbraccia le armi e nella sua follia crede così di cambiare la società?
A pochi giorni dall’arrivo di Bush, Merlo fa  strumentalizzazione politica dell’evento (in questo caso degli eventi), quando scrive che  Biagi, D’Antona e Petri, “questi nostri sfortunati fratelli se potessero tornare chiederebbero conto a Bertinotti della mano che non vorrebbe stringere a Bush e della manifestazione contro il boia americano che il 9 giugno riproporrà per le strade di Roma quella teoria dell’imperialismo che era forse già poco originale ai tempi di Lenin.”
In che calderone Merlo getta con tanta superficialità tutta la sinistra? Quella istituzionale, quella della piazza, quella delle scritte sui muri e quella delle pistole in pugno, quella antiamericana e quella della pace. Tutti   comunque  combattenti e terroristi secondo Francesco Merlo, Bertinotti rifiutandosi di stringere la mano a Bush e la Lioce  con tre omicidi sulle spalle. E vale la pena ricordargli che “i poveri scarti umani che nelle nostre metropoli invece di  impazzire o suicidarsi sono pronti a togliere di mezzo gli altri, a togliere di mezzo il mondo” a cui fa riferimento in apertura del suo articolo in prima pagina con il gratuito cinismo che si trova ormai così frequentemente sui giornali, non sono solo figli della sinistra ma di tutto il Paese.
 

Cuba e Liberazione: voce di partito o voce d’edicola?

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Il PRC è un partito composto da uomini. Gli uomini di un partito hanno delle idee, spesso diverse fra di loro.
Non credo che su Cuba all’interno del PRC ci sia stato “lo strappo”  di cui ho sentito parlare, credo invece che ci sia un dibattito acceso e vivo fra posizioni diverse. 
Non so perché Sansonetti si sia preso la briga sul giornale del PRC di far pubblicare degli articoli che sicuramente non rispecchiano le anime di tutto il partito. E le numerose lettere che sono state pubblicate in questi giorni lo dimostrano.
Così facendo si crea confusione tra gli elettori  e credo sia  lecito a questo punto domandarsi se esista una linea di politica estera del Partito di Rifondazione Comunista che a prescindere dalle idee dei singoli uomini, lo identifichi ideologicamente e lo definisca anche meglio rispetto agli altri partiti italiani. Credo che ogni elettore abbia il diritto di sapere il suo partito di riferimento, a prescindere dalle opinioni personali di ognuno degli uomini che ne fanno parte,   che posizione assume  in un tema così delicato come quello della politica estera.
Dire “che posizione assume”  non vuol dire necessariamente appoggiare incondizionatamente Fidel Castro o meno, non vuol dire mancare di obiettività e lasciarsi trasportare da una sterile ideologia oppure buttare a mare nel viaggio verso Miami tutto ciò che di buono a Cuba è stato fatto, nonostante le difficoltà.
Io credo che in tutte le lettere che ho avuto modo di leggere, anche quelle pubblicate da Liberazione questo sia stato il punto fermo ribadito da tutti: “è vero che… ma è anche e altrettanto vero che…”. In una situazione complessa come quella cubana non si può,  come la Nocioni e Sansonetti  hanno fatto, buttare a mare ciò che di buono c’è e accendere i riflettori impietosamente solo sulle difficoltà, che nessuno si sogna ancora oggi di negare.
Tutto sommato credo che il popolo cubano se non altro meriti un po’ più di rispetto e di considerazione perché se Fidel Castro dopo 50 anni ancora è lì,  probabilmente il popolo cubano non ritiene che a Cuba sia tutto da buttare a mare.
Leggo   su Liberazione l’articolo di Fabio Amato (responsabile nazionale esteri Prc) il quale esplicitamente dichiara che su “Liberazione si esprimono liberamente opinioni che non coincidono necessariamente con quelle del Partito”. E continua, che “pensiamo (noi come  partito?) che per essere amici e vicini a Cuba non serva tacere quando non si condividono delle scelte, né essere reticenti sui problemi attuali. Ma lo facciamo stando dalla sua parte. Dalla parte del suo popolo e della Rivoluzione.”
Io credo abbia parlato a nome del partito, la linea estera della politica di Rifondazione Comunista probabilmente è questa e Sansonetti che di mestiere fa il giornalaio,  non ha fatto altro che trascinare i suoi lettori in quella melma di bugie e di volgarità, di critiche senz’anima in cui sguazzano decine di giornalisti ai quali diciamocelo chiaramente, dei poveri, degli analfabeti, dei malati e dei bambini di quella parte del mondo non interessa un fico secco. Ai quali non interessa che un povero in Sud America preferirebbe di gran lunga vivere a Cuba che non in Colombia o ad Haiti per esempio.
Sansonetti vende un giornale e adesso va tanto di moda parlare male di Cuba, come di Chávez.
Non siamo più negli anni 60 e 70 dove la Rivoluzione Cubana, Fidel ed Ernesto facevano sognare una società più giusta per tutti.
Nella sua “difesa d’ufficio” della Nocioni (suvvia che ci aspettavamo? ) non può non ammettere che in è effetti “l’ironia  è stata  scorretta”, salvo poi aggiungere che “raramente l’ironia è corretta” .
Ma l’avranno capito almeno la Nocioni e Sansonetti che non si ironizza sui padri che hanno perso i figli, sulle mogli dei detenuti, mai, qualunque sia il loro crimine e  non si ironizza mai sulle miserie, né sulla tragicità della vita?
 
Volevo inoltre  ringraziare i lettori di questo blog,   perché sebbene quando si parli di Cuba gli animi si surriscaldano, avete  partecipato attivamente in questi giorni al dibattito ma soprattutto avete discusso pur nelle opinioni diverse,  in modo civile e costruttivo, apportando spunti di riflessione e notizie interessanti.
Grazie a tutti voi.

Insomma su questo giornale si informa o si disinforma?

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Confesso che nonostante sia deprimente il fatto che la sanità americana sia buona o cattiva a seconda dell’argomento da trattare, mi ha fatto sorridere questa mattina leggere sul Corriere della Sera queste parole di Massimo Gaggi nella stessa rubrica dove pochi giorni fa il Vicedirettore Pierluigi Battista dava ironicamente del “fiero smascheratore delle bugie del potere” e del “genio della mistificazione” a Michael Moore: “In America quella della sanità è una ferita aperta: 46 milioni di cittadini senza alcuna assistenza, un sistema basato su assicurazioni private che dovrebbe essere più efficiente dei sistemi pubblici europei e che invece risulta mediamente più costoso e farraginoso…”.


Televisión Basura o comunicación popular

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Televisión Basura o comunicación popular
(la auténtica libertad de expresión)
Junio de 2007

Por Raul Isman (Redacción Popular)
La expresión televisión basura es útil y práctica para definir en pocas y sintéticas palabras el contenido de la mayor parte de la programación de los grandes medios; como es sabido, orgánicamente ligados al capital globalizado e imperialista. La expresión resulta plenamente justificada al recordar como un periodista especializado en banalidades farandulescas recomendó poner una bomba para asesinar a recolectores de residuos informales (llamados en nuestra Argentina cartoneros), colocando explosivos en la citada basura. La verdadera e inmunda basura es la que se propala durante casi todo el día en dichos medios.
Para los empresarios, los massmedia no son sólo un modo de amasar grandes ganancias. Sin lugar a dudas, se trata fundamentalmente del modo que tienen de difundir e imponer a las grandes masas su cosmovisión de la sociedad; concepción que oscila entre lo conservador y lo francamente reaccionario. Ciertos tópicos que circulan en ellos son recurrentes en los receptores del conjunto de nuestros países; de modo que cualquier observador notará que sólo se modifican las tonalidades fónicas correspondientes al origen territorial de quienes hablan. Pero calcado será el conjunto de los mensajes que oscilará desde la banalidad más ramplona hasta la instalación de un imaginario en el que predomine un sentido común que refuerce el predominio del imperialismo y la derecha en la conciencia de los sectores populares. Algunos de tales temas son la defenestración constante de los procesos emancipatorios y populares que atraviesan nuestra América, colocar a las víctimas en el sitial de los victimarios– al tiempo que exculpan a los verdaderos causantes de nuestros infortunios-; la creación premeditada de situaciones de pánico colectivo (frente a la delincuencia, por ejemplo), la exaltación de personajes execrables puestos en el sitial de verdaderos benefactores de la humanidad y varios más. Pero seguramente son dos los más destacados: vincular indisolublemente la actividad política con el robo y la banalizacióm recurrente de los fenómenos cotidianos. En efecto, la política es el espacio en el que los pueblos resuelven sus problemas; y, si es sinónimo de corrupción, lo que se logra es la parálisis de los sujetos que deberían transformar la realidad.
Una de las tantas escaramuzas de esta “guerra” comunicacional se viene librando desde que el gobierno de la revolución bolivariana decidió no renovar — y ya efectivizó la medida haciéndose cargo de las instalaciones del multimedia– la licencia para emitir TV abierta a Radio Caracas Televisión (R.C.T.V). Inmediatamente, desde las usinas intelectuales del imperio llovieron acusaciones de autoritarismo y no respetar la libertad de expresión para el Comandante Hugo Chávez Frías, presidente de Venezuela y líder de la unidad continental. Pero examinemos los hechos con un mínimo de frialdad. Dejemos de lado el compromiso descarado y abierto de la línea editorial de R.C.T.V. con el golpe que, en el año 2002, el imperialismo impulsó contra el derecho soberano del pueblo venezolano a auto-gobernarse. En la programación predominaba un conjunto de vaciedades, telenovelas rosadas, programas de entretenimientos y series ficcionales. Y cuando informaba lo hacía con una posición que no podía calificarse como tendenciosa– algo a todas luces legítimo– sino desde el torvo y avieso recurso consistente en falsear absolutamente los hechos. Un ejemplo, al presentar una manifestación opositora, lo hacían mientras editaban imágenes de la represión al Carachazo, en la etapa presidida por Carlos Andrés Pérez.
Los supuestos campeones de la libertad de expresión muestran en sus programas televisivos un discurso absolutista y monótono. Lo único sensato es dejar que el mercado asigne los recursos económicos, privatizar, desregular, el A.L.C.A. y sus respectivos T.L.C.; es decir que regalemos nuestro patrimonio y nuestros esfuerzos en aras del enriquecimiento del imperio y sus minúsculos aliados locales, Fidel Castro es un tirano sangriento y Hugo Chávez se alimenta con niños. Se llega a decir que el venezolano es el gobierno más peligroso de la actualidad, “olvidando” al elenco genocida que causa muerte y sufrimiento en Irak, Afganistán y está dispuesto a llevar sus misiles por todo el mundo en aras de defender sus privilegios. Tales son los tópicos casi únicos que circulan en sus programaciones, como pueden atestiguar millones de homo videns a lo largo de nuestras geografías.
Lo que no se nos puede escapar es que entre los seguidores de tales medios basura se hallan vastos sectores de nuestras masas populares. Y que una de las causas de esta limitación es la insuficiencia para formular una política comunicacional alternativa, que exprese las verdaderas necesidades de nuestros pueblos por la liberación. Las emisoras radiales y televisivas comunitarias, Telesur (la cadena auspiciada por el gobierno bolivariano), Encuentro (el magnífico canal del Ministerio de Educación de la República Argentina) y otras iniciativas que desconocemos configuran el embrionario e incipiente comienzo de una red que necesariamente debe ser pluralista y diversa. Sólo cuestionando de este modo a los medios esbirros de la derecha la libertad de expresión será un derecho popular y no una bandera hipócrita del imperialismo.


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