La Repubblica e i “capricci planetari” di Chávez .

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hugo chavez e ken livingstone

Strana pagina quella n. 27 dedicata a Chávez e alla sua “petro-diplomazia” de La Repubblica del 22 Febbraio scorso.
Il corrispondente da Londra Enrico Franceschini si dà un gran da fare nel suo articolo a elogiare l’accordo tra il presidente venezuelano e il sindaco di Londra Livingstone secondo il quale Chávez venderà petrolio superscontato alla capitale britannica in cambio di lezioni di amministrazione comunale, regolamentazione del traffico, lotta all’inquinamento e raccolta differenziata,  da parte di uno staff di esperti inglesi.
Londra risparmierà in virtù di questo accordo circa 23 milioni di euro l’anno che saranno reinvestiti in aiuti ai cittadini meno abbienti, come per esempio lo sconto del 50% sui biglietti dei trasporti pubblici urbani.
Tutto ciò si inserisce nel contesto delle nuove cooperazioni bilaterali che il governo venezuelano sta portano avanti con successo negli ultimi anni, dimostrando che un’altra politica commerciale e finanziaria è possibile.
Troppo bello per essere vero e infatti da Roma o da Miami non si sa, la “penna diabolica” del buon Omero Ciai con poche righe poste a fondo pagina, che non avevano altro scopo che denigrare Chavéz e la sua politica, smonta lo sforzo apprezzabile del suo collega da Londra.
A parte l’accostamento trito e ritrito con Cuba a Ciai pare  diano fastidio i molti viaggi di Chávez e non si capisce sinceramente il perché, tutti i capi di stato viaggiano tantissimo, ancora di più quelli di un paese come il Venezuela che in ragione della campagna denigratoria mondiale che gli viene mossa contro sotto l’input degli Stati Uniti, ha bisogno di stringere nuove alleanze.
Poi non si capisce cosa c’entri “l’internazionalismo proletario” che Chávez dimostrerebbe di avere nel sangue (nemmeno fosse un virus mortale), con gli accordi presi a Londra con il sindaco Livingstone.
Tutte le alleanze strette dal presidente venezuelano, la cooperazione internazionale, petrolio in cambio di medici e insegnanti, petrolio scontato per i poveri del Bronx, sarebbero solo “capricci planetari”. Salvo poi concludere, buttandola lì,  che Chávez “ridurrà al silenzio tutte le voci del dissenso, compresi giornali e tv”.
Non vengono date argomentazioni a sostegno di questo, ma si sa  che in certi casi i dettagli sono irrilevanti…
Caro Franceschini, tanta fatica per niente…si tratta solo di un “capriccio planetario”, altro che bus scontati per i poveri a Londra e manager londinesi a Caracas!

Definendo ottimo un pessimo affare

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Mark  Engler
19/11/06
Progreso Semanal                                                                                                                                                           
La Banca Mondiale dovrebbe ricevere un’insufficienza per la sua classifica dei paesi che violano i diritti dei lavoratori.
 
In queste elezioni molti elettori hanno posto una domanda chiave: quale è il ruolo più appropriato che gli Stati Uniti devono tenere  nelle questioni  mondiali? Penalizzando quei legislatori che votarono a favore della guerra in Iraq,  molti cittadini stanno rifiutando ora  l’idea degli Stati Uniti come tiranno  militare  e affermano che la nostra politica estera debba orientarsi verso  un insieme di valori diversi.
Lo stesso tipo di discussione  dovrebbe applicarsi ai nostri temi  economici. Chi osserva i  valori che stiamo promuovendo per l’economia globale noterà qualche tendenza sovversiva. Invece di contribuire a creare una globalizzazione che protegga i diritti dei lavoratori, alimenti lo sviluppo sostenibile e valorizzi l’autodeterminazione democratica, il nostro paese spesso avvia politiche che minano quei valori che la maggior parte dei nordamericani vuole promuovere.
Un importante esempio di questo aspetto è emerso recentemente in seno alla    Banca Mondiale, dove gli stati Uniti detengono una porzione decisiva di voti e dove un nordamericano riveste la carica di presidente. Il mese scorso la Banca Mondiale  ha prodotto un rapporto chiamato : “Doing business 2007” (Fare impresa nel 2007 : come migliorarsi ). Il rapporto annuale classifica 175 paesi secondo la loro facilità nell’avvio di un’impresa all’interno dei loro confini nazionali. Valuta le nazioni basandosi su 10 categorie con riferimento  a  tasse, licenze, controlli finanziari e commerciali, supporto legale e forza lavoro.
Tutto ciò appare molto positivo a prima vista. Ma  sfortunatamente i requisiti  che assegnano un buon punteggio a una nazione nella classifica non sono sempre quelli che le famiglie operaie di questo paese considererebbero come un buon affare.
Il 13 ottobre, un gruppo di illustri senatori ha inviato una lettera al Presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, dicendo che il rapporto incoraggia i paesi a violare le norme del lavoro riconosciute internazionalmente. Firmata da Richard Durban, dell’Illinois; Joseph Biden del Delaware; Byron Dorgan, del Dakota del Nord; Christopher Dodd, del Connecticut; Paul Sarbanes, del Maryland e Daniel Akaka delle Hawaii, la lettera critica la valutazione favorevole di paesi che non riconoscono  il salario minimo, non regolamentano gli straordinari e attuano la persecuzione dei sindacati.
“La ricompensa per l’attuazione di  norme lavorative permissive o inesistenti”, scrivono i senatori, “è in contraddizione con la  politica dell’ OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) la quale incoraggia i paesi a stabilire un salario minimo, a regolamentare l’orario lavorativo e  ad approvare e far rispettare le leggi che proteggono la libertà di associazione e di trattativa collettiva”.
I senatori segnalano che il Dipartimento di Stato utilizza ufficialmente il rispetto dei principi della OIL come fattore per valutare il rispetto di un paese dei diritti umani. Nonostante questo , il rapporto della Banca Mondiale dà  un alto punteggio ai paesi che ignorano queste normative.
Durbin e i suoi colleghi segnalano che l’Arabia Saudita, un paese che nega la libertà di riunione e che  non permette che i lavoratori si organizzino, riceve il punteggio più alto possibile da parte della Banca negli  indici che misurano la “difficoltà nell’assumere e  “la difficoltà nel licenziare” gli impiegati. Il rapporto approva anche la Georgia in quanto il paese  recentemente ha realizzato riforme per la riduzione dell’orario minimo di lavoro e per la riduzione della pressione fiscale sulle imprese.
Forse l’esempio più evidente relativamente ai termini del dibattito sullo sviluppo internazionale è il paese che è in testa alla classifica: Singapore. Lo stesso mese che la Banca Mondiale aveva prodotto  “Doing business” quel paese veniva denunciato dalla stampa internazionale per le sue politiche repressive. A metà settembre la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno realizzato a Singapore il loro vertice. Con lo scopo di evitare le proteste democratiche, il governo ha negato agli oppositori il diritto di realizzare un contro vertice e di  manifestare pubblicamente. Ha prescritto anche dozzine di rappresentanti di importanti organizzazioni non governative – nonostante questi attivisti fossero stati autorizzati dalla Banca Mondiale ad assistere alle riunioni. Un Wolfowitz mortificato ha qualificato  tale misura come “autoritaria”. Ciò nonostante la sua istituzione contemporaneamente  elogiava Singapore come un luogo ideale per fare impresa.
La lettera dei senatori alla banca Mondiale esprime preoccupazione riguardo al fatto che il rapporto possa avere conseguenze negative sul mondo reale. “Gli investitori usano il rapporto per decidere dove investire e i governi lo utilizzano come guida per attirare gli investitori, e ciò lo rende molto influente” .Proprio la Banca Mondiale argomenta che il suo rapporto “ispira i paesi a migliorarsi”.
Questo potrebbe essere vero. Ma migliorare a che scopo? La missione della Banca Mondiale è debellare la povertà scrivono i senatori. “Non vediamo in che modo l’elogiare paesi che non garantiscono un salario minimo e il pagamento di straordinari possa eliminare la povertà”.
La relazione di “Doing business” è parte di un fenomeno più ampio. Nel nome di  “promuovere riforme” e  di  “buona governabilità”, organizzazioni come la Banca Mondiale in realtà attuano un insieme di decreti economici molto controversi e carichi di ideologia– politiche che regolarmente collocano le entrate societarie al di sopra del bene pubblico. Che un cane da guardia  dell’amministrazione Bush stia a capo della Banca non è un caso. Gli Stati Uniti promuovono lo stesso tipo di ideologia sospetta nella propria politica di sviluppo.
Per esempio, il Fondo per le Sfide del Millennio usa materiale dell’ultraconservatrice Fondazione Heritage per giudicare se un paese ha aperto i suoi mercati in modo sufficientemente aggressivo, e penalizza paesi che si oppongono a seguire questo tipo di deregolamentazione che alimentò la crisi asiatica alla fine del 1990.
I nordamericani che credono nella vera democrazia non vogliono che gli Stati Uniti siano un tiranno economico nello stesso modo in cui non vogliono che lo sia sul piano militare. Fortunatamente è possibile promuovere un diverso tipo di globalizzazione. Recentemente il Regno Unito ha dato un buon esempio. Durante il vertice di Singapore, il governo britannico ha annunciato che avrebbe detratto approssimativamente 93 milioni di dollari dai pagamenti alla Banca Mondiale come protesta per la pratica di questa istituzione di obbligare i paesi poveri a realizzare “riforme” economiche onerose e a volte anti-operaie, come condizione per ricevere prestiti finalizzati allo sviluppo.
Siccome gli Stati Uniti controllano la Banca Mondiale, hanno il potere per fare qualcosa in più della  protesta. Adottando  una politica estera che realmente rifletta i valori democratici, possono esigere dalla Banca Mondiale che faccia dei diritti dei lavoratori il fondamento su cui si deve reggere il “fare impresa”.
 
Mark Engler, scrittore residente a New York e analista del Foreign Policy In Focus, può essere contattato su http://www.democracyuprising.com.
Jason rowe ha collaborato alle ricerche per la stesura di questo articolo.
Tradotto dall’originale da Progresso Semanal.
 Traduzione per comedonchisciotte a cura di Annalisa Melandri

El golpismo mediatico de Carlos Alberto Montaner

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Ha causado escándalo el apoyo de Chávez a la campaña electoral de Ollanta Humala en Perú, causan escándalo los acuerdos comerciales y militares entre Venezuela y Bolivia, no causa escándalo el golpe con el cuál los Estados Unidos, cómplice Chile y su prensa conservadora en apoyo a la derecha boliviana, están actuando a daños del gobierno democrático de Evo Morales. Esto no causa escándalo, tanto es así que las noticias al respecto son fragmentarias y difíciles de encontrar para quienes no tengan familiaridad con el español.
Carlos Alberto Montaner evidentemente debe haber suscrito un nuevo contrato con la CIA, si además de efectuar por años terrorismo mediático contra el gobierno de Fidel Castro en Cuba, desde las páginas de El Mercurio, diario golpista y financiado por la Cia, está haciendo igual contra el gobierno democraticamente elegido de Evo Morales.
A pesar de que el presidente boliviano esta semana haya atenuado los tonos sobre lo que está pasando realmente en su país, de buenas fuentes han confirmado que hay en acto un golpe de estado contra Evo Morales organizado por oficiales de la policía boliviana y por generales de las Fuerzas Armadas con el soporte de militares chilenos. En el país se estan verificando una serie de huelgas dirigidas a destabilizar el gobierno. En modo particular la huelga de los transportistas recuerda la huelga de los camionistas del 1972 financiados por la CIA dirigidos a destabilizar el gobierno de Salvador Allende en Cile. La oposición boliviana ha aprovechado además la huelga de los mineros de las semanas pasadas, la ocasión para atacar duramente el gobierno a través de los medios de comunicacion privados que se encuentran en mano a la oligarquia del país.
En esto ha sido ampliamente apoyada por la prensa extranjera que es sabido financiada por la CIA como el chileno El Mercurio y el Nuevo Herald de Miami. Con mucho gusto se está prestando para este objetivo (seguramente no sin ricas retribuciones) Carlos Alberto Montaner el cuál ayer mismo, 15 octubre, de las páginas de El Mercurio en un escrito delirante del título “También los locos matan” retomado en la fecha de hoy por el Nuevo Herald llega hasta poner en guardia los chilenos “primer objetivo en la mira” de un Chávez dispuesto a “bañarse en el mar boliviano”, sobre el grande peligro que a medio términe cae sobre ellos.
Afirmaciones muy graves de estrategia del terror, a las cuales se suman otras privadas completamente de cotejo real como aquella que indica Venezuela como el “primer comprador mundial de armas y aparejos militares”. Continúa indicando “Caracas, La Havana y ahora La Paz como la nueva Moscú, madre y padre del socialismo mundial”. En un aumento progresivo de acusaciones insensatas y de informaciones distorsionadas Montaner llega a decir que “sería un grave error descartar el proyecto de conquista (la creación de una grande civilización latinoamericana) solo porque se trata de la descabellada locura de algunos personajes que no han asumido Prozac en tiempo. El Tercer Reich de los nazistas no era menos loco o absurdo y costó al planeta cuarenta millones de muertos y el cruel holocausto. Cuba es una pobre isla del tercer mundo, con hambre y sin esperanza, esto no ha impedido a su gobierno de participar con éxito golpes de estado en Madagascar y en Yemen, o que las tropas combatieron por quince años en sangrientas guerras africanas, tanto en Angola como en Etiopia”. Para llegar luego a un final explosivo: Chávez esta formando el mayor ejército de habla hispana con la fuerza aérea más destructiva de todo Sudamérica, que una vez listo, no tendrá dudas en ponerlo en acción, “no importa que Chávez esté loco”, concluye, “también los locos matan”.
También esto a mi parecer es terrorismo, también esto quiere decir participar “ánima y cuerpo” o quizás sería mejor decir ánima y bolígrafo o en una versión más moderna ánima y teclado, al proyecto golpista de la CIA.
Como escribe Heinz Dietrich, es un deber moral difundir noticias sobre el intento de golpe en Bolivia para hacerlo fracasar. Hoy más que nunca la Revolución boliviana necesita la  solidaridad mundial.
 
 

Il golpismo mediatico di Crlos Alberto Montaner

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Ha destato scandalo l’appoggio di  Chávez alla campagna elettorale di Ollanta Humala in Perù, destano scandalo gli accordi commerciali e militari tra Venezuela e Bolivia, non desta però scandalo il golpe con il quale  gli Stati Uniti, complice il Cile e la sua stampa conservatrice in appoggio alla  destra boliviana,  stanno attuando ai danni del governo democratico di Evo Morales. Questo non desta scandalo, tanto è vero che le notizie al riguardo sono frammentarie e difficili da reperire per chi non abbia dimestichezza con lo spagnolo.
Carlo Alberto Montaner evidentemente deve aver sottoscritto un nuovo contratto con  la CIA, se oltre ad effettuare da anni terrorismo mediatico contro il governo di Fidel Castro a Cuba, dalle pagine del El Mercurio, quotidiano golpista e finanziato dalla Cia, sta facendo  altrettanto  contro il governo democraticamente eletto di Evo Morales.
Nonostante il presidente boliviano questa settimana abbia smorzato i toni su quanto stia realmente accadendo nel suo paese, fonti attendibili hanno confermato che è in atto un colpo di stato contro Evo Morales organizzato da ufficiali della polizia boliviana e da generali delle Forze Armate con il supporto dei militari cileni. Nel paese si stanno verificando una serie di scioperi volti a destabilizzare il governo. In particolar modo lo sciopero dei trasportatori ricorda lo sciopero dei camionisti del 1972 finanziato dalla CIA volto a destabilizzare il governo di Salvador  Allende in Cile. L’opposizione boliviana ha inoltre colto nello sciopero dei minatori delle settimane scorse, l’occasione per attaccare duramente il governo attraverso i mezzi di comunicazione privati  che si trovano in mano all’oligarchia del paese.
In questo è stata ampiamente appoggiata dalla stampa estera notoriamente finanziata dalla CIA come il cileno El Mercurio e il El Nuevo Herald di Miami. Ben volentieri si sta prestando a questo scopo (sicuramente non senza lauto compenso) Carlos Alberto Montaner il quale proprio ieri, 15 ottobre,  dalle pagine di El Mercurio in uno scritto delirante dal titolo “Anche i folli uccidono”  ripreso in data odierna da  El Nuevo Herald,  addirittura mette in guardia i cileni “primo obiettivo nel mirino” di un Chávez disposto a “bañarse nel mar boliviano”, sull’enorme pericolo che a mezzo termine incombe su di loro.
Affermazioni gravissime da strategia del terrore, alle quali si affiancano altre del tutto prive di ogni riscontro reale come quella che indica il Venezuela come il “primo acquirente mondiale di armi ed attrezzature militari”. Continua indicando “Caracas, La Havana e ora La Paz come la nuova Mosca , madre e padre del socialismo mondiale”. In un crescendo di accuse insensate e di informazioni distorte Montaner arriva a dire che “sarebbe un grave errore scartare il progetto di conquista (la creazione di una grande civiltà latinoamericana) solo in quanto si tratta della strampalata pazzia di alcuni personaggi che non hanno assunto Prozac per tempo. Il Terzo Raich dei nazisti non era meno folle o assurdo ed è costato al pianeta quaranta milioni di morti e il crudele olocausto. Cuba è una povera isola del terzo mondo, alla fame e senza speranza , ciò che non ha impedito al suo governo di partecipare con successo a colpi di stato nel Madagascar e nello Yemen, o che le sue truppe combattessero per quindici anni in sanguinose guerre africane, tanto in Angola come in Etiopia”. Per giungere poi ad un finale esplosivo:  Chávez  sta creando il maggior esercito in lingua spagnola con la più distruttiva forza aerea di tutto il Sudamerica , che una volta pronto, non avrà timore di mettere in funzione, “non importa che Chávez sia folle”, conclude, “anche i folli uccidono”.
Anche questo a mio avviso è terrorismo, anche questo vuol dire partecipare “anima e corpo” o forse sarebbe meglio dire anima e penna o pù modernamente anima e tastiera, al progetto golpista della CIA.
Come scrive Heinz Dietrich, è un dovere morale diffondere notizie sul tentato golpe in Bolivia per farlo fallire. Oggi più che mai la Rivoluzione boliviana ha bisogno della solidarietà mondiale”.
 

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