Su Omero Ciai, La Repubblica e il Venezuela
7 commentiScritto il 8 lug 2007 | 7 commenti | | In: dblog, Dis-informazione/Des-información
7 commenti a “Su Omero Ciai, La Repubblica e il Venezuela”
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C'è chi usa la penna come un fucile al servizio di giustizia e verità e chi invece, come strumento di potere. E menzogna e falsità sono strumenti di potere. (AM)
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Temo non fosse questo il tuo obiettivo nell’invitare i tuoi lettori a visitare quel lungo elenco di siti “anti-Ciai”, ma tutto quello che hai ottenuto, cara Annalisa, è solo questo: mostrare una volta di più il lato ossessivo, grottesco e, in ultima analisi, singolarmente disonesto della campagna contro il giornalista di Repubblica condotto dal tuo e da altri siti “latinoamericanisti” . Te lo scrivo, ovviamente ben conscio del rischio di espormi all’accusa di essere io stesso Omero Ciai, il che rappresenta, nel tuo blog, il più sanguinoso degli insulti. Perché ti dico questo? Per una ragione semplicissima: tutto il castello accusatorio contro il Ciai si basava, nell’articolo di Folliero – quello da cui ha preso lo spunto l’intero processo –, sul fatto che il Ciai, lungi dall’essersi di persona recato in quel di Barinas – paese natale di Hugo Chávez e teatro delle sue più clamorose imprese nepotistiche – avesse in realtà copiato il tutto da un altro articolo dell’Herald Tribune (originalmente del New York Times). Orbene: chiunque abbia avuto la pazienza (ed io l’ho avuta) di superare la barriera dell’ovvia grafomania del Folliero per giungere al dunque della questione, non può non avere notato come, dallo scambio di epistole tra il medesimo Follieri ed il Ciai, inoppugnabilmente risulti (cosa che anche il Follieri deve esplicitamente ammettere) come l’accusa di plagio fosse falsa (cosa del resto già chiara a chiunque avesse davvero messo a confronto i due articoli, simili solo per il fatto che si occupavano del medesimo argomento, intervistando, in molti casi le medesime persone. (segue)
Il che significa, cara Annalisa, che il “birichino” in questione era ed è – nonostante il fiume di parole impiegato per nascondere la verità – proprio il Folliero. E che altri che il Folliero hanno con entusiasmo seguito – primo fra tutti il solito Gennario Carotenuto, uno che in termini di personale meschinità e di disonestà intellettuale riesce sempre a distinguersi – hanno preso (volendo essere generosi nei loro confronti) un colossale granchio. Mi chiedo, per concludere: quando riuscirò, nel tuo o in altri blog “amici”, a leggere un attacco a Ciai (un giornalista che, tu non ci crederai, non mi piace affatto) che abbia, perlomeno, un minimo comun denominatoire di serietà?
Dimenticavo: il video di Patria Grande con “Chávez risponde a Repubblica” è anch’esso, a suo modo, un piccolo capolavoro. Chávez si limita a mostrare una “escapularia”, dicendo che quella è l’unica catena d’oro che lui possegga. C’è, tra voi, qualcuno tanto ingenuo da considerare questa una “risposta”?
Il mio obiettivo, caro Palumbo e’ e sara’ quello di diffondere il piu’ possibile contenuti che siano “altro” rispetto alle brodaglie condite da luoghi comuni, stereotipi e falsita’ fornite quotidianamente da La Repubblica, Il Corriere della Sera o da Liberazione ai suoi lettori. Esiste un altro modo di raccontare la realta’, diverso da quello di Ciai, Nocioni e Cotroneo. Esistono gli occhi del popolo (d’altra parte lo stesso popolo venezuelano definito da Ciai “sussidiato e fannullone”) che vedono Chavez che ti piaccia o no diversamente da come li vede l’oligarchia mondiale a cui i citati giornalisti danno voce. Rispetto all’articolo di Ciai, il punto non e’ se abbia copiato o meno, e’ ovvio per tutti credo che non si parlasse di copiare letteralmente (non gli vogliamo nemmeno dare la capacita’ a Ciai di riscrivere le notizie trovate in giro?)personalmente non ho motivi di dubitare del fatto che egli sia stato a Sabaneta e abbia incontrato Bastidas ma se permetti ho molti motivi di dubitare delle reali intenzioni di un quotidiano come La Repubblica che spreca mezzi e risorse(un po’ come per il viaggio in Colombia) per inviare un suo corrispondente fino in Venezuela per farsi raccontare la stessa storiella da un personaggio che pare aspetti tutti i giornalisti a caccia di gossip all’ingresso della citta’ dove e’ nato Chavez. Una storiella tra l’atro gia’ pubblicata mesi prima in inglese e tradotta anche in spagnolo. Mancava evidentemente la versione italiana, e a questa ci ha pensato Omero Ciai. Porsi queste domande, caro Palumbo, come fanno Folliero, Carotenuto e pochi altri questo non e’ sintomo di disonesta’ intellettuale, la disonesta’ intellettuale e’ considerare i propri lettori alla stregua di una massa di dementi a cui si puo’ propinare qualsiasi storiella.Cosa ha portato Ciai dal Venezuela di diverso da quello che gia’ sapevamo? il che vuol dire: COSA CI E’ ANDATO A FARE CIAI IN VENEZUELA? Un po’ come fece, peccando egli si’ di
Un po’ come fece, peccando egli si’ di meschinita’ a dicembre quando invece di registrare la gioia del popolo per la vittoria di Chavez si preoccupava di misurare le dimensioni della buca che si trovava sulla strada da Caracas all’ aeroporto… E per finire c’e’ qualcuno tanto ingenuo da credere che un capo di stato si metta pubblicamente a rispondere punto per punto ad accuse demenziali come quelle mosse dai giornalisti a caccia di gossip? Facile farsi scrivere gli articoli dall’opposizione o dai dissidenti seduti ad un bar, perche’ non mettersi in giro per Caracas invece come hanno fatto per esempio Sandra Amurri o Attilio Folliero? saluti.
E invece sì, Annalisa. Il “punto” degli articoli da te segnalati – quello di Folliero e, in modo ancor più sfacciato, quello di Carotenuto – era proprio quello di dimostrare che Ciai, lo “scolaretto di Repubblica” aveva copiato. Anzi era, con tutta evidenza – come risulta dai titoli e, ancor più dai testi – quello di dimostrare che Ciai aveva copiato senza neppure prendersi la briga di andare sul posto. Quel buontempone di Folliero era addirittura arrivato al punto di “sfidare” Ciai a fornirgli il numero di telefono delle persone da lui intervistate. E quando Ciai quei numeri glieli ha dati, ha cercato di affogare la brutta figura in un mare di considerazioni del tutto irrilevanti su Chávez e sul chavismo. Quanto al Carotenuto poi – troppo superficiale e presuntuoso per andarsi a leggere gli articoli di cui con grande enfasi suggerisce la lettura – a tutto ciò ha addirittura aggiunto un tocco di personale meschinità (il riferimento al suo articolo turistico sul Che) e piuttosto grottesche considerazioni sul valore della terra in America Latina. Se la tua intenzione è davvero quella di fornire informazioni che siano “altro” rispetto alla superficiale paccottiglia (su questo sono d’accordo con te) offerta dai media italiani (lascia stare termini come “oligarchia mondiale”, che fanno un gran rumore, ma non vogliono dire nulla) il mio consiglio, cara Annalisa, è questo. Lascia al Folliero ed al professor Carotenuto queste liti da cortile. Nella loro personalizzata miseria, e nella loro desolante superficialità, gli attacchi a Ciai (o alla Necioni, o a Cotroneo) non sono che lo specchio d’una sinistra invecchiata male al punto da perdersi nell’infantilismo d’una assai gretta derisione (o demonizzazione) del nemico. Tanto gretta che finisce soltanto per far sprofondare nel ridicolo chi la pratica.
Quanto alla “risposta” di Chávez, la cosa singolare èproprio questa. Che – sia pur in forma ridicolmente incompleta e demagogica — abbia scelto di rispondere pubblicamente, durante uno dei sui mussoliniani Aló Presidente, ad un articolo pubblicato da un “diario italiano supuestamente de izquierda”. Un segnale che le accuse di nepotismo – molto vecchie, certo, ma anche molto documentate – cominciano a preoccuparlo. E forse proprio questo potrebbe essere un modo “altro” di fare informazione sul Venezuela. Cominciare a parlare seriamente – dimenticando Ciai — del significato del nepotismo e del culto della personalità che, a mio avviso, rappresentano la deriva autoritaria e populista del chavismo