La sparizione forzata di persone – crimine contro l’umanità

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Il 30 agosto è la Giornata Internazionale del Detenuto Scomparso. Ripropongo questa nota scritta il 5 novembre 2009  (A.M.)

La sparizione forzata di persone – crimine contro l’umanità Soltanto nel dicembre del 2006 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate. E’ stata ottenuta dopo 25 anni di battaglie portate avanti da associazioni internazionali per la difesa dei Diritti Umani, da famigliari di desaparecidos, da uomini e donne in tutto il mondo.

La Convenzione sancisce formalmente “due nuovi diritti umani: il diritto di ciascuno a non essere fatto sparire e il diritto alla verità per le  vittime della sparizione forzata” (Gabriella Citroni). In questa Convenzione, che necessita la ratifica di altri sette paesi perchè entri in vigore  (l’Italia non l’ha ancora fatto), la sparizione forzata di persone viene definita come: “l’arresto, la detenzione, il sequestro o qualsiasi altra forma di privazione della libertà che sia opera di agenti dello Stato o di persone o di gruppi di persone che agiscono con l’autorizzazione, l’appoggio o la acquiescenza dello Stato, seguita dal rifiuto di riconoscere tale privazione della libertà o dall’occultamento della sorte o la dimora della persona scomparsa, sottraendola così alla protezione della legge”.

Definito dalle Nazioni Unite come oltraggio alla “dignità umana” e fin dal 1983 “crimine contro l’umanità” dall’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), è una pratica criminale che generalmente identifichiamo con le dittature latinoamericane, ma che  ha origini marcatamente europee. Ricordiamo  le migliaia di persone scomparse  del regime franchista e i crimini commessi dalla Germania nazista.

In America latina il metodo è stato utilizzato  come strumento politico e repressivo all’interno della cosiddetta “guerra contrainsurgente” volta all’eliminazione fisica degli oppositori militanti e delle persone critiche dei regimi dittatoriali. Ai militari latinoamericani complici di quelle dittature la pratica della sparizione forzata sembrò dunque il crimine perfetto: senza (apparente)spargimento di sangue, senza carnefici, soprattutto senza responsabili perchè di fatto non esisteva nemmeno la vittima. In carceri clandestine, in luoghi di detenzione legali e illegali, in case private, i desaparecidos perdevano la loro identità di essere umano, di cittadino, di persona, per essere soltanto un corpo in balia delle efferatezze più criminali. La morte sotto tortura o per l’eliminazione successiva spesso concludeva il periodo di sparizione forzata.

La pratica della sparizione forzata ha effetti distruttivi sia sulla vittima che subisce tale crimine che sui suoi familiari e in larga misura anche sul corpo sociale alla quale le vittime appartengono. “La continuazione del terrore prolungato rispetto a una minaccia vaga ma effettiva produce una serie di meccanismi di difesa che a sua volta rompono il tessuto sociale nella misura in cui colpiscono i legami interpersonali” (Stella M. Figueroa). >La sparizione forzata in Messico Nonostante si associ il fenomeno dei desaparecidos soprattutto a paesi come il Cile, l’Argentina, il Guatemala  il fenomeno ha riguardato in maniera senza dubbio più silenziosa e subdola, ma non meno importante anche il Messico.

Il  periodo conosciuto come della “guerra sporca” (tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70), fu caratterizzato da una dura politica repressiva del governo messicano  allo scopo di rompere l’unità del tessuto sociale e smobilitare la resistenza armata che si stava diffondendo rapidamente nelle campagne del paese. Soprattutto negli stati di Guerrero, Chiapas e Oaxaca, si contarono più di 1300 casi di sparizioni forzate. La metà soltanto nello stato di Guerrero dove era attiva la guerriglia  di Lucio Cabañas e Genaro Vázquez. Si è risaliti a questa cifra grazie agli studi e alle ricerche compiute dall’Associazione dei Familiari dei Detenuti, Scomparsi, e Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani in Messico (AFADEM) che fa parte della Federazione latinoamericana di Associazioni dei Familiari dei Detenuti Scomparsi (FEDEFAM).

Tuttavia è una pratica che continua ad applicarsi anche in tempi recenti :soltanto dal dicembre 2006, data di inizio del governo di Felipe Calderón al giugno 2008 i casi accertati sono stati 23. Si tratta di difensori dei diritti umani, indigeni e attivisti sociali e politici. In diciotto mesi, 23 persone sono state  fatte sparire perchè ritenute scomode per il potere, sicuramente torturate, quasi sicuramente uccise. Più di una persona al mese.

I numeri tuttavia sono sicuramente maggiori. AFADEM rileva che, considerando anche le persone scomparse per le quali non si ipotizza direttamente il motivo politico e le persone scomparse in relazione al narcotraffico,  raggiungiamo la cifra di 300 persone in 18 mesi di governo. Di queste persone non si sa più nulla, eppure il Messico è considerato a tutti gli effetti una democrazia. Difatti, molti casi di sparizioni forzate vengono fatti passare come casi legati al narcotraffico, spiega il segretario esecutivo di Afadem Julio Mata, una maniera sbrigativa per eludere la responsabilità diretta dello Stato, dal momento che il reato di sparizione forzata si configura tale in quanto commesso dallo Stato.

Un comune cittadino non può compiere il reato di sparizione forzata, può sequestrare, può uccidere. Uno  Stato invece,  fa sparire forzosamente, contro la loro volontà persone. Innocenti. Lo Stato spesso rimane impune e chi commette questo tipo di crimine continua a ricoprire ruoli di prestigio nelle Forze Armate o nei punti chiave di comando. La lotta contro l’impunità in Messico va di pari passo con la lotta contro la sparizione forzata. Sono le due facce della stessa medaglia. Non esiste il carnefice perchè non esiste la vittima.

Una buona notizia. Il 7 luglio scorso  a San José di Costa Rica presso la Corte Interamericana dei Diritti Umani  (CIDH) per la prima volta lo Stato messicano si è trovato  al banco degli imputati per la politica repressiva applicata dal governo e dalle Forze Armate durante la  guerra sucia. Il caso preso in esame, e considerato emblematico di quanto accadeva in quegli anni è quello della sparizione forzata di Rosendo Radilla Pacheco, avvenuta il 25 agosto del 1974 ad Atoyac de Álvarez, stato del Guerrero, e del quale quella del 7 luglio è stata  soltanto l’udienza preliminare. Il caso preso in esame, e considerato emblematico di quanto accadeva in quegli anni è quello della sparizione forzata di , avvenuta il 25 agosto del 1974 ad Atoyac de Álvarez, stato del Guerrero, e del quale quella del 7 luglio è stata  soltanto l’udienza preliminare. (A cura di Annalisa Melandri )

Si ringrazia Gabriella Citroni per il suo impegno, quale delegata per l’Italia presso le Nazioni Unite, nella battaglia portata avanti per l’adozione di una convenzione internazionale contro il crimine di sparizione forzata di persone che si è concretizzata nell’adozione della Convenzione per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate dell’Alto Commissariato per la difesa dei Diritti Umani dell’ONU. Link utili: Testo della Convenzione (in inglese e in francese)

FEDEFAM :http://www.desaparecidos.org/fedefam/
AFADEM Julio Mata presidente contacto julio_afadem 2000atyahoodotcomdotmx
LIMEDDH Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos

Amnesty International www.amnesty.it dove firmare l’appello per la ratifica della Convenzione

Fondazione Internazionale Lelio Basso www.internazionaleleliobasso.it

Annalisa Melandri www.annalisamelandri.it


A una donna…

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LA FAMIGLIA UCCIDE PIU’ DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Dividendo stanze, letti e sogni
incubi e desideri
con uomini bambini
spaventati dalla vita.
Una donna è poesia
eterea e sottile
la vedi e già non c’è più;
un uomo è il vento
che disperde nell’aria i versi di lei e le sue parole
e mette lucchetti ai sogni.
Una donna sogna il futuro
godendo del presente;
un uomo muore nel presente
negando il futuro.
L’uomo solo
ha paura di un verso incancellabile.
Un verso è genesi dell’epopea dell’amore.
Uomini bambini
spaventati dalla vita,
assassini delle donne.
(Annalisa Melandri)
22/09/2010
La violenza contro le donne viene attribuita alla devianza di singoli, mentre avviene principalmente all’interno del nucleo familiare dove si strutturano i rapporti di potere e di dipendenza.
L’aggressività maschile è stata riconosciuta (dati Onu) come la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne in tutto il mondo.
“Sono 6.271.000 le italiane che hanno subito dal partner violenze fisiche, sessuali o psicologiche in casa. Si tratta, spesso, di violenze ripetute (fra 2 e 10 episodi per il 46,1%): le violenze più gravi riguardano 1.572.000 donne, nel 95,9% dei casi è violenza fisica, ma è frequente che sia accompagnata anche da quella sessuale. E 2.077.000 donne per l’Istat sono state oggetto di stalking da parte di ex fidanzati o ex mariti, succubi di comportamenti persecutori (dalle telefonate agli appostamenti, dalle minacce alle e-mail) che impediscono loro di mettere definitivamente il punto ad una storia d’amore ormai finita.“

Solidali con la Rivoluzione Bolivariana

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L’ ambasciatore colombiano presso l‘ Organizzazione degli Stati Americani (OEA)tramite il quale la Colombia ha denunciato nei giorni scorsi il Venezuela per favorire protezione alla guerriglia delle FARC risulta inabilitato a vita nel suo paese a ricoprire incarichi pubblici per essere accusato di corruzione. 
Il presidente uscente della Repubblica di Colombia, Alvaro Uribe Velez, per l’ennesima volta attacca il governo rivoluzionario e bolivariano del Venezuela, cercando i pretesti più assurdi per scatenare la guerra e destabilizzare il continente latinoamericano a cominciare dai Paesi dell’ALBA, l’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America.
L’accusa è sempre la stessa da anni: sostenere l’insorgenza armata in Colombia, se non addirittura dirigerla!
In realtà Alvaro Uribe Velez non ha mai goduto di nessuna autonomia politica dalla volontà degli USA. L’imperialismo USA e le truppe yankee la fanno da padrone, senza dare conto per i crimini commessi contro la popolazione colombiana in decenni di occupazione. Il criminale Uribe ed il suo governo sono totalmente corresponsabili con l’imperialismo USA per i crimini politici e sociali commessi.
Mafia, narcotraffico, fosse comuni di inermi contadini, paramilitarismo, lo scandalo dei ‘falsi positivi’: giovani figli delle popolazioni indigene massacrati perché semplicemente sospettati di essere simpatizzanti della insorgenza guerrigliera o fino al punto di essere uccisi e poi travestiti da guerriglieri per incassarne i premi e mostrare alla stampa di regime risultati militari positivi in realtà inesistenti, sono ormai la storia quotidiana di un popolo martoriato a tutto vantaggio dei lacchè oligarchici locali e dei loro padroni usamericani.
Nonostante i titanici sforzi messi in campo dal Presidente Hugo Chávez Frias per sostenere i dialoghi di pace e il processo di scambio umanitario dei prigionieri di guerra ed evitare l’escalation conflittuale con la fraterna Colombia ed il suo sottomesso ed infido governo, di nuovo i rapporti diplomatici si sono spezzati.
La più grande fossa comune di tutta l’America Latina viene scoperta in questi giorni nel Dipartimento del Meta, in Colombia, proprio nei pressi di una base militare. Risulta incredibile che qualcuno possa ancora considerare democratico il governo colombiano.
Le stesse forze che massacrano da decenni impunemente il popolo colombiano sono contemporaneamente impegnate nel processo di destabilizzazione delle forze di progresso che enormi sforzi stanno mettendo in campo per costruire il protagonismo partecipativo e democratico in Venezuela.
Facciamo appello, anche in Italia, a tutte le forze di progresso a difesa della Rivoluzione Bolivariana e delle sue conquiste umane e sociali al fine di denunciare e contribuire a fermare i crimini dell’imperialismo, delle oligarchie e delle elites antipopolari al governo in Colombia nonché delle loro quinte colonne infiltrate in Venezuela.
Il loro obiettivo è sempre lo stesso: impedire l’esercizio della sovranità e dell’indipendenza nei paesi latinoamericani distruggendo le esperienze emancipatrici delle Reti ed Organizzazioni Sociali, del Potere Popolare e della possibilità di edificare un sistema sociale, politico ed economico a misura di essere umano.
Viva la Rivoluzione Bolivariana!
Viva la Solidarietà Internazionalista!
Viva il Socialismo!
27 luglio 2010
adesioni:
antimp_naathotmaildotcom
Circolo Bolivariano “José Carlos Mariátegui” – Napoli
Associazione Nazionale delle Reti ed Organizzazioni Sociali (Capitulo ITALIA)
RedPorTiAmerica – www.redportiamerica.com
Collettivo redazionale “ALBAinFormazione”
Centro Culturale “La Città del Sole” – Napoli
Associazione “L’Internazionale”
Circolo Bolivariano “Antonio Gramsci” – Caracas
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba – Circolo Campi Flegrei – Napoli
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba – Circolo di Roma
Associazione Solidarietà Proletaria – ASP
Associazione Nazionale “Nuova Colombia”
Coordinamento Nazionale Bolivariano – CNB
Comitato Comunista Romano
Sindacato Lavoratori in Lotta –SLL
P-CARC
Collettivo Casoria Antifascista (NA)
Doriana Goracci – Capranica (VT)
Giorgio Sabaudo – Brescia
Giovanni Nuvoli –Firenze
Roberto Osimani – Lavagna (GE)
Walter El Nagar – Milano
Mariastella Aiello– Marano di Napoli
Andrea Salomoni –Ancona
Alessio Nalin – Venezia
Rosanna Ceroni – Castiglion Fiorentino
Annalisa Melandri – www.annalisamelandri.it


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Per lavori in corso nel blog si sono verificati alcuni  problemi nell’ abilitazione dei commenti.  Ci stiamo lavorando. Nel limite del possibile continuerà la pubblicazione degli articoli. Per comunicazioni urgenti: annalisamelandriatyahoodotit  (annalisamelandriatyahoodotit)  .

 


Colombia: una fosa común D.O.C.

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Un cementerio inmenso. Es la  “fosa común más grande de América Latina”, como la definieron desde meses, o sea desde cuando fue descubierta a principios de este año en el municipio de La Macarena, región del Meta, en Colombia.
 
Ahora  por fin se trata de  una fosa D.O.C. como le decimos en Italia a los productos cuya calidad es atestiguada  por un título de Denominación de Origen Controlada. Su existencia finalmente ha sido certificada por una delegación de observadores internacionales integrada  por parlamentarios de Europa y de EE.UU quienes han testimoniado que lo  que iban denunciando los pobladores de La Macarena era la verdad.  
 
En Colombia, la democrática Colombia, (nada que ver con esa cueva de  dictadores y  mala gente, como son Venezuela y Cuba) resulta que si  por ejemplo los residentes de una comunidad  denuncian la presencia de un enorme  “cementerio clandestino”, donde fémures y costillas surgen de  todas partes y donde los perros y los buitres van  de comida,  se  necesita además  que  una delegación completa de observadores internacionales llegue del otro lado del planeta para confirmarlo.
 
Ocurre   también que  después de la visita de estos observadores, el Ministerio de Relaciones Exteriores de Colombia declare que no  hay fosas comunes en el área y que incluso  el más importante  periódico del país, El Tiempo, cuyos mayores accionistas son tanto el  neo electo presidente Juan Manuel Santos y ex ministro de Defensa, tanto su primo, el  actual vicepresidente Francisco Santos,   ignore completamente la noticia.
 
En La Macarena  también ocurre  que  a los dos lados del  “cementerio clandestino”  haya respectivamente una base militar y un pequeño aeropuerto. Y ocurrió que casualmente los campesinos ineptos en vez de zapar la tierra hayan visto decenas de cadáveres tirados a la cercana fosa por helicópteros.  
 
Todo esto no fue suficiente en Colombia para que  el país tuviera  derecho a una investigación seria con el objetivo de buscar la verdad, se necesitaron decenas de observadores internacionales que dieran  voz a la  denuncia presentada en enero por los campesinos de La Macarena. Se cree que haya  dos mil cadáveres enterrados en este cementerio. O al menos los que queda de ellos. Ningún problema por el gobierno, no son personas, “son guerrilleros caídos en combate” han declarado fuentes oficiales.
 
Demasiado  esfuerzo para identificarlos  y darles digna  y adecuada sepultura.  Además no son tantos,  “solamente ” 400, declararon miembros del ejército y fuentes del gobierno. Y ni siquiera enteros ya que por estos lados se acostumbra desmembrar los cuerpos de los muertos como  práctica de entrenamiento militar,  o paramilitar, que luego es  lo mismo. Detalles.
 
Como un detalle insignificante parece ser el hecho de que se trate verdaderamente de guerrilleros caídos en combate. Se rumorea  que   se trata de  opositores políticos o de  campesinos del lugar. Vieja historia,  siempre la misma, la de los adversarios políticos que desaparecen  en Colombia.  
En este país civilizado se  descubrió  que  el ejército acostumbra matar  a personas  inocentes, jóvenes  atraídos por la propuesta  de un trabajo, después de haberlos llevados  cientos de kilómetros lejos de la  casa,  después de haberle puesto un arma en las manos y vestidos con un uniforme de las FARC de manera que fueran presentados como guerrilleros caídos en combate.
 
Un carnaval macabro  para obtener  promociones,  premios y concesión de licencias, así como más dinero por el  Plan Colombia. 
 
Los llamaron  falsos positivos  y es un  engañoso nombre,  ya que   aunque se trate a todos los efectos de ejecuciones extrajudiciales o desapariciones forzadas, el término falso positivo no identifica inmediatamente estos crímenes de Estado por los que un  país arriesga una  condena por crímenes de lesa humanidad por los tribunales internacionales.
  
Un falso positivo es un invento del  cual  Colombia tiene la patente,   chocante y paradójica en su crueldad, digna  del realismo mágico que  este país  le dio gran contribución con  las obras de Gabriel  García Márquez.
Dice el gran escritor colombiano que en el mundo que ha tratado de representar en sus novelas, no hay división entre lo que parece real y lo que parece fantasía. En Colombia, incluso los peores crímenes parecen ser obras de fantasía tan son surrealistas.
 
Sólo en Colombia se usan motosierras pasa hacer masacres o se juega al  fútbol con las cabezas de los muertos, mientras que en el aire voltean  los helicópteros del ejército.  
 
La fosa  de La Macarena bien puede ser ahora  aquella en donde  el pueblo colombiano pueda encontrar la  fuerza y el coraje para echar por fin,  junto con los restos de los dos mil cuerpos sin nombres y sin rostros  comidos  por los gusanos,   lo que queda de la farsa que la opinión pública internacional insiste en llamar  “democracia colombiana”.
 
Hace unos días celebramos el Bicentenario del Grito de Independencia en Colombia.  Marcharon animados  por un  orgullo nacional noble y grande,  como  400 mil personas en las calles de Bogotá.
 
No me gustan las conmemoraciones. Menos aún cuando se conmemora un pasado glorioso, bajo el yugo de un presente desastroso e indigno.
 
¡El Grito de la Independencia se debe dar ahora y de una vez!
 
Los colombianos ahora y de una vez deben descubrir  el orgullo pisoteado por una decena de  familias infames que siguen a someterlos a injusticias y violencia. Deben descubrir el orgullo pisoteado, a pesar de aquel Grito de Libertad de hace doscientos años, por  los poderes  extranjeros que utilizan  los políticos locales aún  hoy como títeres  en sus estrategias geopolíticas.
 
¿Qué Independencia  se celebró  en las calles de Bogotá los  días pasados? ¿Qué Patria idealizada se reunió bajo la bandera de Bolívar?
La Marcha Patriótica debería haberse  dirigido hacia  Palacio de Nariño, sede del gobierno del  país y allá en el frente  cavar una gran fosa común donde tirarle adentro todos los  narco-paramilitares que lo habitan al  grito de ¡Colombia Libre!
 

Colombia: una fossa comune D.O.C.

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Un immenso cimitero. Si tratta della  “fossa comune più grande d’America latina”, come viene definita da mesi, da quando cioè a principio di quest’  anno è stata scoperta nel municipio di La Macarena, regione del Meta, in Colombia.  Adesso finalmente la fossa comune è una fossa D.O.C., è stata certificata cioè da una visita di una delegazione internazionale formata da parlamentari europei e statunitensi che hanno  potuto testimoniare  che quanto andavano da tempo denunciando alle autorità colombiane i contadini del luogo e gli abitanti del circondario, era vero.  

In Colombia, la democratica e civile Colombia, (niente a che vedere con quel covo di dittatori e  brutta gente come il Venezuela e Cuba) succede infatti che  se per esempio gli abitanti di una comunità  denunciano la presenza di un gigantesco “cimitero clandestino” dove spuntano femori e costole dappertutto e dove i cani e gli avvoltoi vanno  a fare merenda,  ci sia  bisogno poi  di un’intera delegazione di osservatori internazionali che lo confermino.

Succede  anche che  dopo la visita di tali osservatori, il ministero degli Esteri colombiano dichiari che  non esistono fosse comuni nella zona e succede perfino che il più importante  quotidiano del paese, El Tiempo, i  cui maggiori azionisti sono sia il  neo eletto presidente Juan Manuel Santos nonché ex ministro della Difesa, sia   suo cugino Francisco Santos attuale vicepresidente,   ignori completamente la notizia.

In Colombia accade anche che  da una parte e dall’altra del “cimitero clandestino” ci siano,  guarda caso,  rispettivamente  una base militare e un  piccolo aeroporto. E nemmeno a farlo apposta erano proprio quegli inetti contadini locali che  invece di zappare la terra,   pare abbiano visto decine e decine di corpi venire  gettati da piccoli aerei  proprio nei pressi della  fossa comune.

Tutto ciò non era sufficiente in Colombia perché il paese avesse diritto ad un’indagine seria volta alla ricerca della verità,  sono stati necessari decine di osservatori internazionali a dar voce alla denuncia sporta a gennaio dai contadini di La Macarena. Si pensa che vi siano  duemila corpi in quel cimitero. O almeno ciò che ne  resta. Nessun problema per il  governo,  non si tratta di persone, “sono guerriglieri morti in combattimento”, hanno dichiarato  fonti ufficiali.

Troppa  fatica identificarli e dargli degna sepoltura e poi non sono così tanti,  “soltanto” 400, hanno dichiarato i militari del posto e il governo.  Roba piccola, sono anche stati già fatti a pezzi, non sono nemmeno tutti interi,  perché da quelle parti si usa smembrare  i cadaveri come pratica dell’ addestramento militare o paramilitare, che poi fa lo stesso. Dettagli.

Come un dettaglio insignificante pare essere il fatto che si sia veramente trattato di guerriglieri morti in combattimento. Si vocifera che si tratti di oppositori politici o contadini. Storia vecchia,  sempre la stessa, quella degli oppositori politici che vengono fatti sparire in Colombia.   Si  è scoperto invece  che in questo civilissimo paese,  i militari dell’esercito  usano ammazzare persone  innocenti, ragazzi adescati per strada con scuse banali come l’offerta di un lavoro,  dopo averli condotti varie centinaia di chilometri lontano da casa,  dopo avergli messo in mano un fucile e  addosso una divisa delle FARC facendoli passare   per guerriglieri.

Un carnevale macabro  per ottenere promozioni e licenze premio, oltre a più soldi dal Plan Colombia. 

Li hanno chiamati falsi positivi, e anche il nome è fuorviante perché anche se si tratta a tutti gli effetti di esecuzioni extragiudiziali o di sparizioni forzate, il termine falsi positivi non fa pensare immediatamente a questi delitti di Stato per cui un paese rischia la condanna per crimini contro l’umanità dai tribunali internazionali.  

Quella dei falsi positivi è un’invenzione di cui la Colombia detiene il brevetto,   allucinante e paradossale nella sua crudezza, degna di quel  realismo magico al quale proprio questo paese  ha dato grande contributo con le opere di Gabriel  García Márquéz.

Dice il grande scrittore colombiano che nel mondo che ha cercato di  rappresentare nei suoi romanzi, non esiste divisione tra ciò che sembra reale e ciò che sembra fantasia. In Colombia anche i peggiori crimini sembrano opere di fantasia tanto sono surreali.

Solo in Colombia si compiono massacri con le motoseghe,  o si gioca a pallone con le teste dei morti mentre in aria volteggiano gli elicotteri dell’esercito.   

La fossa di La Macarena potrebbe essere benissimo adesso quella  in cui il popolo colombiano dovrebbe  trovare la forza e il coraggio di  gettare finalmente,  insieme ai resti di quei duemila corpi senza nome né volto divorati dai vermi,  anche quello che resta di quella farsa che l’opinione pubblica internazionale si ostina a chiamare “democrazia colombiana”.

Qualche giorno fa si è celebrato in Colombia il Bicentenario del Grido d’Indipendenza. Hanno sfilato mossi da grande e nobile orgoglio nazionale,  più  di 400mila persone per le strade di Bogotá. 

Io non amo le commemorazioni. Ancora meno quando si commemora un passato glorioso sotto il giogo di un presente nefasto e indegno.

Il Grido d’Indipendenza va dato adesso e subito! I colombiani adesso e subito devono scoprire l’orgoglio calpestato da qualche decina  di famiglie infami che continuano a sottometterli a ingiustizie  e violenze. Devono riscoprire l’orgoglio calpestato,  nonostante quel  Grido di Libertà di duecento anni fa, da poteri stranieri che usano i  politicanti locali ancora oggi come burattini nelle loro strategie geopolitiche.

Quale Indipendenza si è celebrata  per le strade di Bogotà nei giorni scorsi? Quale Patria idealizzata si è riunita sotto il vessillo di Bolívar? La Marcia Patriottica si sarebbe dovuta dirigere verso  Palacio Nariño, sede del governo e lì davanti scavare una grande fossa e gettarvi dentro  i narco paramilitari che lo abitano al grido di Colombia Libre!


Gustavo Valcárcel : poema a Luís Corvalán

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Murió el  21 de julio en su casa de Santiago a los 93 años de edad,  don Luís Corvalán, figura histórica del movimiento obrero chileno y ex secretario general del Partido Comunista de Chile desde 1958 hasta 1990.
Detenido en la isla Dawson tras el golpe militar en 1973, fue liberado  por una amnistía de 200 presos políticos y canjeado por el disidente ruso Vladimir Bukovsky. Recibió asilo político en URSS y regresó a Chile en solamente en 1988. En el día de hoy fue homenajeado por más de tres mil personas. Lo recuerdo con éste poema de Gustavo Valcárcel, notable y revolucionario poeta peruano. (AM)

X
 
  ESTE es Corvalán el muy querido,
ducho en campos de concentración
en luchas proletarias, en ternuras
de esposo y padre, de combatiente y hombre
de militante sin arrugas
de soldado que ignora lo que es la rendición.

Cuando te pienso entre mil muros
se me cae el alma para arriba
y se une a ella a la gran ronda
que pide libertad para tus sueños.

Quizá sabrás, Luís Corvalán,
que el mundo gira veloz hacia la izquierda
que la rosa busca al pan a todo trance
porque se acerca el día de ambos para todos
y quieren estar juntos
en matrimonio de amor indisoluble.

Obrero mayor del porvenir chileno
aprieto mis insomnios con los puños
agarro a la soledad de los cabellos
meto en su jaula a la tristeza
me paro en la noche.Palpo.Oigo.Grito.Veo:
en medio de la adustez de los alambres
en la grupa del tiempo del recuerdo
de espaldas al cadalso puesto a punto
al centro de la negrura mal cuajada
lo único que brilla es el ensueño
de tu roja alegría comunista.
                         (Gustavo Valcárcel)


Stati Uniti negano visto al giornalista colombiano Hollman Morris

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Le autorità statunitensi, appellandosi al Patriot Act e   per mezzo della loro sede diplomatica in Colombia  hanno respinto la richiesta di  visto presentata dal giornalista  Hollman Morris per  “presunte attività terroriste” del medesimo. Morris  doveva recarsi negli Stati Uniti per partecipare alla  prestigiosa borsa di studio Nieman presso l’Università di Harvard che gli era stata assegnata per l’anno accademico 2010 – 2011 insieme ad altri 11 giornalisti  di riconosciuta fama internazionale.

Il popolare giornalista colombiano, direttore del programma Contravía, vincitore di numerosi premi  per le sue  importanti inchieste sulle  violazioni dei diritti umani nel suo paese  e fortemente critico del governo di Álvaro Uribe, ha detto  che si tratta di “un’operazione criminale” condotta contro di lui e si è dichiarato sorpreso del fatto  che “ dopo essere stato vittima di persecuzione per oltre dieci anni (nel suo paese), il Dipartimento di Stato  applichi  adesso la stessa politica di Uribe considerandolo un terrorista”.

Recentemente il presidente colombiano  lo aveva infatti accusato apertamente di essere complice della guerriglia delle FARC e di “fare apologia del terrorismo” . Si tratta soltanto dell’ultima delle dichiarazioni del presidente volte a stigmatizzare giornalisti e comunicatori sociali per le loro denunce dei  crimini di Stato in Colombia.

Numerose sono le proteste che si sono levate contro questa decisione che ben si inserisce nella già nota tendenza maccartista dell’amministrazione  Obama che pratica con forme diverse “esclusione ideologica” dei cittadini stranieri critici verso la politica internazionale degli Stati Uniti.

La Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) ha sollecitato le autorità statunitensi a rivedere la posizione di Morris, mentre l’American Civil  Liberties Union (ACLU), storica organizzazione americana per la difesa delle libertà civili ha inviato una lettera al  segretario di Stato Hillary Clinton ringraziandola per quanto fatto dalla nuova amministrazione rispetto al caso dei due studiosi  Adam Habib e Tariq Ramadan (ai quali soltanto adesso è stato permesso di viaggiare nel paese dopo il lungo divieto imposto  dal precedente governo Bush) ma  sottolineando che la decisione di negare il visto a Hollman  Morris è in contrasto con “l’impegno  dichiarato da questa amministrazione di voler favorire un libero scambio di informazioni ed idee tra gli Stati Uniti e il resto del mondo”.

José Manuel Vivanco, direttore  di Human Right Watch, organizzazione che aveva premiato Morris nel 1997 per il suo lavoro per i diritti umani in Colombia ha duramente criticato la decisione di non concedere il visto a Morris, aggiungendo che non ci sono prove che vincolano il giornalista alla guerriglia ma sono invece note e provate le intenzioni del presidente Uribe che da qualche tempo ha dato vita a  una vera e propria campagna diffamatoria contro di lui vincolandolo alle FARC.

Da alcuni documenti sequestrati infatti dalla magistratura colombiana negli uffici del DAS (i servizi segreti al centro di un recente scandalo per le intercettazioni illegali contro militanti, politici avversi al governo e leader dell’opposizione)  risulta infatti che lo stesso Morris  fu vittima di intercettazioni non autorizzate e oggetto di  una campagna che  aveva l’obiettivo di costruire prove false  per vincolarlo  alla guerriglia.

Deve essere stato forte il timore che un giornalista così esperto della situazione del conflitto colombiano, che molte ed importanti indagini sta portando avanti rispetto alle violazioni dei diritti umani in Colombia e sui loro responsabili, potesse trovarsi insieme ad altri importanti giornalisti internazionali condividendo con essi non soltanto  informazioni e punti di vista ma soprattutto la realtà, quella colombiana fatta di crimini e terrorismo di Stato, di politica paramilitare e di violenze contro civili inermi.  La borsa di studio Nieman dell’ Università di Harvard  viene concessa soltanto a  20 giornalisti ogni anno dei quali la metà  sono americani e l’altra metà internazionali e rappresenta uno dei più importanti riconoscimenti che un operatore della comunicazione (viene concessa anche a reporter, editori, fotografi, produttori) possa ricevere  a metà carriera.

Si tratta dell’ennesimo  tentativo di far sì che non si diffonda troppo la bufala della democrazia  in Colombia e che la situazione del paese   resti circoscritta ai  confini nazionali, dove i pochi importanti  mezzi di comunicazione  sono delle mani dell’oligarchia al potere. Proprio  il neo eletto presidente  Juan Manuel Santos è uno dei maggiori azionisti della  più  importante testata giornalistica del paese,  il quotidiano El Tiempo, di proprietà della sua  famiglia.

I giornalisti in Colombia sono oggi quindi  più che mai nel mirino di politici e paramilitari, sottomessi a forti pressioni  e ingerenze nel migliore dei casi  ma che rischiano generalmente la vita  in uno dei paesi dove tale professione resta sempre uno dei mestieri più pericolosi. Adesso, anche l’altro “paladino della democrazia”, gli Stati Uniti, nega loro   il diritto alla libera circolazione.

Non molto tempo fa  è accaduto infatti ai giornalisti colombiani Hernando Calvo Ospina e  Luis Ernesto Almario,  (che  per motivi di sicurezza legati al loro lavoro risiedono ormai da diversi anni in Francia il primo e in Australia il secondo), che si sono visti negare l’accesso in territorio  statunitense perché il loro nome risulta inserito in una lista “nera” di persone legate al terrorismo internazionale.

Forse anche questo fa parte degli accordi interni al Plan Colombia, il colossale piano di aiuti per la lotta al narcotraffico che mal celatamente nasconde favori (come questi) da ambo le parti,  ma c’è da chiedersi tuttavia fino a quando i servizi segreti statunitensi  continueranno a farsi imboccare  frottole colossali da quelli colombiani.

 

 

 

 


Antonio Mazzeo: I Padrini del Ponte

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I PADRINI DEL PONTE

Antonio Mazzeo Edizioni Alegre, 2010, 14 euro

«Minchia se fanno ‘u ponte ce ne sarà per tutti!!!»: così Bernardo Provenzano, il potente boss corleonese arrestato nel 2006 dopo una lunga latitanza, commentava con i suoi compari l’affare Ponte. Per questo il Ponte lo vogliono tutti, chi per gloria, chi per denaro.

Si tratta infatti di un’opera faraonica, «qualcosa come le piramidi per i faraoni, un monumento con cui consegnarsi alla storia », come scrive nella prefazione Umberto Santino (presidente del Centro di Documentazione Peppino Impastato di Palermo). Faraonico sarebbe però anche il ritorno economico dell’investimento nelle tasche di costruttori, speculatori, trafficanti d’armi, faccendieri, mafiosi, finanzieri, principi arabi, perfino in quelle della Saudi Binladin Group di proprietà della famiglia di Bin Laden, che opera congiuntamente con alcune società che hanno partecipazione diretta in Impregilo, general contractor per la realizzazione dell’opera.

Un’altra grande opera sulla quale mettere le mani, com’è avvenuto in passato per l’autostrada Salerno-Reggio Calabria (per completare la quale occorre quasi lo stesso denaro che serve per realizzare il ponte sullo Stretto) e il porto di Gioia Tauro, con la differenza che oggi la mafia ha raggiunto un’organizzazione, un livello imprenditoriale e una capacità di infiltrazione in tutti i settori della società senza precedenti.

Non solo mafia «imprenditrice» ma mafia «finanziaria», «in grado di giocare un ruolo da protagonista». Ed è proprio a chi vuole approfondire questo particolare aspetto del fenomeno mafioso e capire meglio determinate complicità che il libro di Antonio Mazzeo si rivolge e va consigliato.

Annalisa Melandri

Recensione per LE MONDE diplomatique – il manifesto, giugno 2010

 

 


Il Giornale meglio della Repubblica?

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La Repubblica.it — Homepage via kwout

Una notizia importante come quella di stamattina della condanna del generale Ganzer, attuale capo dei Ros  a 14 anni di carcere per associazione a delinquere e traffico di stupefacenti,  per La Repubblica.it  merita il taglio basso. La testata troppo presa dall’antiberlusconismo politico, dà poco risalto a un fatto  che rende l’Italia molto simile a Colombia e Messico.  Il Giornale.it  invece la mette giustamente in primo piano, pur sminuendo la gravita’ del fatto.

Mi chiedo come sia possibile che mentre le indagini erano ancora in corso e per tutto il tempo della durata del processo  il generale abbia continuato a svolgere il suo incarico di capo dei Ros…


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