ASPETTANDO IL 1 DICEMBRE…

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Il popolo non dimentica e la storia conserva il ricordo di quanto accade…

EN ESPAÑOL

In attesa del primo dicembre giorno dell’insediamento ufficiale di Felipe Calderón alla presidenza del Messico, in Parlamento, al Palazzo Legislativo di San Lazaro, c’è stata una rissa tra i rappresentanti del PAN e quelli del PRD. Monique ci racconta l’attesa e le speranze, la rabbia e la delusione:

“Ostaggi di una ideologia assurda i deputati panisti hanno occupato le tribune del Palazzo Legislativo di San Lazzaro, martedì 28 novembre. In un vergognoso scontro con i deputati di sinistra del PRD l’aula si è trasformata in un campo di battaglia. Nessuno dei due partiti vuol cedere.
A 24 ore dal 1 dicembre, giorno in cui alle 11 di mattina il conservatore Felipe Calderón prenderà la fascia presidenziale dalle mani di Vicente Fox e diventerà futuro presidente del Messico, continuano gli scontri alla Camera.
I giorni sono diventati ore: lì dormono, lì mangiano, lì rimarranno fino al primo dicembre. I deputati del PAN disposti a fare di tutto affinché Felipe Calderón arrivi al palco e quelli di sinistra per evitare l’imposizione del presidente illegittimo.
Queste persone sono coloro i quali il popolo ha scelto con voto popolare. Loro, quelli che fanno le nostre leggi. Lo spettacolo è vergognoso.
All’alba gli animi si sollevano, il colore cambia di tono e l’accordo è lontano. Il Messico sta in attesa di ciò che accadrà domani.
Giungono gli invitati al cambio di potere: Felipe di Borbone, Principe delle Asturie, invitato speciale, ha visitato la Fiera Internazionale del Libro a Guadalajara, Jalisco ed incerta è la presenza del presidente colombiano Álvaro Uribe e quelli dei paesi del Mercosur: Brasile, Paraguay, Argentina e Uruguay. Cuba ha inviato una delegazione ed il presidente del Venezuela ha declinato l’invito. Le scuole pubbliche e private sospendono le lezioni ed alcune aziende daranno la giornata libera ai suoi impiegati.
L’assedio militare offende: 3500 poliziotti intorno al palazzo legislativo è più di 700 allo zócalo. Si temono scontri tra i simpatizzanti di Andrés Manule López Obrador (convocati dal leader alle 7 di mattina ) e la polizia. Oggi a Vicente Foz rimangono solo 24 ore come presidente del Messico. Lascia il paese in una delle peggiori crisi politiche dopo le elezioni del 2 luglio. Un Messico diviso, fratturato che manca di credibilità nelle sue istituzioni. Con 103 milioni di abitanti e più di 60 milioni di poveri, la speranza è fragile.
Questo Messico di Siqueiros, di Orozco, di Diego Rivera, di Tamayo, di Octavio Paz, di José Emilio Pacheco, di Carlos Monsiváis, degli operai, degli studenti, dei cittadini comuni, come me: fa male ma il popolo non dimentica e la storia conserva il ricordo di quanto accade.
Sinceramente non votai per Vicente Fox, né per Felipe Calderón , altrimenti adesso mi troverei in terapia intensiva”.
Monique Camus


L’EX CONSOLE COLOMBIANO A MILANO RICERCATO NEL SUO PAESE PER PARAMILITARISMO

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È notizia di questi giorni che Jorge Noguera Cote, ex direttore del DAS (Dipartimento Amministrativo di Sicurezza, la polizia segreta colombiana) nonché ex console della Colombia a Milano è ricercato nel suo paese e deve rispondere alla Fiscalía per due procedimenti penali e uno disciplinare. Altre indagini in fase preliminare sono state avviate su di lui. Alla data odierna Jorge Noguera non si è ancora presentato alle autorità. Il suo avvocato Orlando Perdomo ha comunicato che il suo assistito si trova momentaneamente all’estero. Il presidente Álvaro Uribe in persona lo ha invitato a rendere conto alla Giustizia in quanto “una persona che ha ricoperto un ruolo pubblico di così elevata responsabilità non può eludere la legge”. Questi procedimenti si riferiscono all’epoca in cui Jorge Noguera era direttore del DAS e riguardano l’eliminazione dagli archivi informatici del dipartimento di sicurezza di dati inerenti a  paramilitari e narcotrafficanti e presunte irregolarità nel trasferimento di un detenuto al carcere di massima sicurezza di Cómbita. Noguera già nel maggio scorso ha reso inoltre dichiarazioni in merito a un’inchiesta per frode elettorale nelle elezioni presidenziali del 2002 ed è anche accusato di aver fornito informazioni riservate a paramilitari.
Jorgue Noguera è stato direttore del DAS dal 2002 al mese di ottobre 2005 quando rassegnò le dimissioni dal suo incarico nel mezzo del più grande scandalo che abbia mai coinvolto la polizia segreta colombiana e venne nominato console a Milano dal presidente Álvaro Uribe. Testimone chiave in queste accuse è stato Rafael García, ex capo del reparto di informatica del DAS, che si trova in carcere dal dicembre 2005 accusato di riciclaggio di denaro e della cancellazione dagli archivi informatici dei precedenti penali di paramilitari e narcotrafficanti. Il 16 dicembre scorso, García rivolgendosi al giudice iniziò così il suo racconto: “sono disposto, signor giudice, ad ottenere i benefici contemplati in caso di collaborazione con la giustizia” spiegando così come fu che Jorge Noguera aprì gli uffici (e le casse) del DAS al servizio dei paramilitari.
In questi giorni, Rafael García sta confermando davanti alla Corte tutte le sue accuse e denunce sulle infiltrazioni dei paramilitari nella politica, mostrando così uno scenario grave e compromettente per cui decine di nomi di politici stanno entrando negli archivi penali e già quattro senatori e quattro deputati sono stati arrestati in uno degli scandali più clamorosi della storia politica della Colombia.
Le accuse di Rafael Garcia a Jorge Noguera sono:
1. Di aver stretto relazioni con i capi paramilitari particolarmente con Jorge 40 capo delle AUC, Hernán Giraldo, capo del Fronte di Resistenza Tayrona, e David Hernández capo delle Autodifese del Cesar.
2. Esecuzioni extragiudiziarie di sindacalisti. Jorge Noguera avrebbe consegnato ai paramilitari della Costa Atlantica liste di sindacalisti, insegnanti, studenti e leader di sinistra che successivamente sono stati uccisi o minacciati.
3. Frode elettorale. Noguera avrebbe organizzato con i paramilitari una frode elettorale durante le elezioni presidenziali del 2002 mentre era direttore della campagna elettorale del presidente Uribe nel Magdalena. Con questa frode, Uribe ottenne circa 300.000 voti in più.
4. Omicidi politici in Venezuela. Secondo García il DAS avrebbe collaborato con i paramilitari nell’organizzazione di un presunto attentato contro il presidente Hugo Chávez e il pubblico ministero Danilo Anderson.
In reltà più di un centinaio di paramilitari colombiani furono poi arrestati vicino Caracas e Danilo Anderson fu assassinato nel Novembre del Novembre del 2004. Uno dei paramilitari in prigione ha confermato che Jorge Noguera era a conoscenza del golpe contro il Venezuela.
Noguera dal canto suo, dall’Italia, dove si trovava, aveva sempre negato queste accuse rispondendo che erano false, che erano manovrate da interessi oscuri e che volevano colpire solo il presidente.
Non si comprende però perché il presidente Uribe ricevendo le dimissioni di Noguera da direttore del DAS lo abbia premiato nominandolo console a Milano.
Si domandò infatti allora Daniel Coronell giornalista di Semana che “se il governo era a conoscenza del grado di coinvolgimento del DAS, perché ha premiato con il consolato in Europa colui il quale lo aveva portato ai livelli più bassi?” E ci domandiamo noi invece, perché l’Italia aveva accettato la nomina di Jorgue Noguera se anche il Canada al quale precedentemente era stata offerta aveva rifiutato? Il presidente Uribe alle domande che sempre più insistentemente gli venivano poste dai media colombiani, rispose a suo tempo che “non avrebbe mai permesso che il Governo fosse coinvolto in uccisioni di sindacalisti, in cospirazioni contro il Venezuela o che si sarebbe fatta strada la tesi secondo la quale lui avrebbe rubato le elezioni del 2002”. In realtà questa tesi ha fatto una strada molto lunga, signor presidente, dal momento che Jorge Noguera deve proprio rendere conto alla giustizia, come lei stesso afferma, in merito a queste accuse.
La posizione che ha mantenuto il presidente Uribe nei mesi scorsi (ha sempre appoggiato Noguera, “uomo integro”, disse di lui) quando la stampa colombiana dette ampio spazio alle dichiarazioni di García fu attaccata molto duramente anche da Human Rights Watch che affermò che il presidente colombiano “aveva risposto in modo aggressivo e squalificante ai giornalisti”. Uribe infatti aveva accusato la rivista Semana di essere frivola e irresponsabile per aver pubblicato le dichiarazioni di García e aveva affermato che queste pubblicazioni ledevano la legittimità costituzionale. Secondo Human Rights Watch la posizione adottata da Uribe, generava preoccupanti dubbi sul suo coinvolgimento nella vicenda in quanto aveva provocato un effetto intimidatorio sull’esercizio della libertà di espressione.
Invece di attaccare i mezzi di comunicazione, disse Miguel Vivano direttore di HRW per il Sud America, Uribe avrebbe dovuto far svolgere un’inchiesta sul DAS.
Il DAS dipende direttamente dal Presidente della Repubblica e già lo scorso mese di Aprile,  Semana lo accusava di essere un organismo profondamente in crisi per essersi “dimostrato un’istituzione inefficiente e vulnerabile” fino a “trasformarsi in una specie di organo repressore senza controllo. Una struttura debole che esegue arresti di massa basati sulla testimonianza di informatori poco affidabili le cui versioni non vengono mai verificate”.
Alla luce anche del recente arresto di Fredy Muños Altamiranda, corrispondente colombiano di TeleSUR accusato di essere un terrorista sulla base di testimonianze di collaboratori di giustizia, tutto ciò appare molto preoccupante.

Ricordiamo inoltre che Roma si trova l’attuale ambasciatore colombiano Luis Camilo Osorio, personaggio molto poco pulito, sicuramente legato al paramilitarismo, che fu fiscal general nel suo paese ( la massima carica della magistratura). A quel tempo insabbiò  più di qualche inchiesta e denuncia su paramilitari e narcotrafficanti. (prossimamente…)

P.s. Un amico, che ringrazio, mi comunica che l’attuale ambasciatore a Roma è Sabas Pretelt, ex ministro dell’interno, Luis Camilo Osorio, è stato trasferito in Messico. La cosa purtroppo non ci rende particolarmente felici, in Messico infatti già hanno i loro loschi personaggi ‚non servivano anche quelli di importazione, quindi prossimamente… notizie più dettagliate sull’ex ambasciatore colombiano a Roma.

La mia lettera di protesta alle autorità italiane del 11 aprile 2006 relativamente ai diplomatici colombiani nel nostro paese.


“L’ORDINE È ORMAI RISTABILITO” (DICE LUI) .

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LUI È IL GOVERNATORE ULÍSES RUIZ CHE HA UN’IDEA ALQUANTO STRANA DI ORDINE…

Purtroppo la situazione a Oaxaca non accenna a ristabilirsi, manca la volontà politica per trovare una soluzione pacifica al conflitto, mentre si ha sempre più la sensazione che il ricorso alla violenza abbia ormai preso la mano della Polizia Federale. Sabato pomeriggio 25 novembre, alle 17.00 ora locale, la APPO aveva organizzato una manifestazione pacifica che è stata brutalmente repressa dalla Polizia Federale, ci sono stati 3 morti, 80 feriti, 160 persone arrestate e 50 desaparecidos, ricordando tristemente gli anni più bui delle dittature latinoamericane. Purtroppo la situazione politica del paese non permette di essere ottimisti in tal senso, come ci illustra anche Gennaro Carotenuto che dal Messico ci spiega qui cosa voglia rappresentare la prossima nomina a Ministro dell’Interno di Francisco Ramirez Acuña. In parole povere, cosa succede quando la destra prende il potere.
E intanto per oggi sono previste nuove barricate alla Plaza Santo Domingo..
La nostra amica Monique, da Oaxaca, brevemente ci racconta:

Sono qui.
Oaxaca è ancora triste. Piange lacrime di sangue, sembra che sia questo il suo destino. Continuamente aggredita, danneggiata, denudata. La repressione governativa non ha limiti. Offende e umilia.
Gli scontri di sabato 25 novembre sono stati brutali. La APPO aveva organizzato una manifestazione pacifica alle 17:00 e come era da aspettarselo, la Polizia Preventiva Federale si è scagliata contro i manifestanti lanciando gas e proiettili. Ha lasciato tre morti, 80 feriti e 160 detenuti (universitari, maestri, minorenni e popolazione civile) e più di 50 desaparecidos.
L’ufficio provvisorio del leader della APPO, Flavio Sosa è stato bruciato da sicari e poliziotti.
Di fronte a questo scenario, il governatore Ulíses Ruiz si permette ancora di sostenere che la situazione a Oaxaca si sta normalizzando. Il governo Federale lascerà in eredità il conflitto al presidente illegittimo-di destra Felipe Calderón.
Oaxaca sembra un labirinto senza via di uscita, non esiste la volontà politica e la sensibilità di voler dare una via di uscita dignitosa al conflitto.
Le strade che portano in città sono bloccate ma i simpatizzanti della APPO sono decisi a non cedere. Mentre Oaxaca agonizza giorno dopo giorno, il presidente Vicente Fox si intrattiene con i deputati e i senatori del PAN nel suo ranch festeggiando la fine del suo mandato. La storia lo giudicherà per la sua follia e per aver ingannato il Messico”.

Monique Camus


BREVE AGGIORNAMENTO SUL CASO DI FREDY MUÑOZ-APPELLO DELLA RETE IN DIFESA DELL’UMANITA’

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E MENTRE LA STAMPA ITALIANA CONTINUA A TACERE…

Per Fredy Muñoz continua la detenzione in Colombia, nonostante le accuse che gli siano state mosse appaiano sempre più deboli ed incongruenti.
I testimoni che lo avrebbero riconosciuto e identificato come tal Jorge Eliecer, membro delle FARC e autore degli attentati nel 2002 alla centrale elettrica di ElectroCosta sarebbero tre collaboratori di giustizia che dal 2000 sono rinchiusi in carcere.
Questa è infatti la prima incongruenza del caso a cui si aggiunge quella delle presunte ferite e ustioni che riportò l’attentatore e che gli avrebbero dovuto lasciare profonde cicatrici ma che Muñoz non presenta.
I suoi accusatori infine sostengono che Fredy Muñoz, alias Jorge Eliecer, avrebbe trascorso un lungo periodo di tempo nel corso dell’anno 2002 con il Fronte 41 delle FARC, mentre è dimostrato che in quell’anno Muñoz era capo redattore del quotidiano Al Dia .
Il presidente di Telesur, Andrés Izarra nel corso di una conferenza stampa tenuta proprio in questi giorni, si chiede “come sia possibile che le dichiarazioni di tre delinquenti possano avere più importanza della carriera giornalistica di Muñoz” e inoltre si è mostrato molto preoccupato per l’incolumità di Fredy una volta liberato.
Infatti, suona abbastanza inquietante, alla luce degli ultimi scandali in cui il DAS (Dipartimento di Sicurezza colombiano) appare sempre più un “fortino di narcoparamilitari” per dirla con le parole di Maria Jimena Duzan, giornalista de El Tiempo, che Fredy sia stato fotografato e interrogato da agenti del DAS dopo aver subito già un interrogatorio da parte della Fiscalía.
Ricorda Izarra che “il DAS non ha nessun potere di effettuare interrogatori e tanto meno di fotografare persone” ma il suo compito è solo quello di effettuare l’arresto e assicurare i criminali alle autorità.
Il giornalista di TeleSUR inoltre ha espresso preoccupazione perché Fredy Muñoz è stato condotto a Barranquilla regno incontrastato dei paramilitari di Jorge 40, il quale ha un procedimento in corso con le autorità venezuelane con l’accusa di aver partecipato ad attentati contro il presidente Hugo Chavéz.
Le accuse a TeleSUR di promuovere il terrorismo vengono dalla Colombia già da molto tempo prima dell’arresto di Fredy Muñoz e queste, oltre a configurarsi come un attacco alla libertà di stampa, assumono il preciso significato di attentato al processo di integrazione della regione latinoamericana che sempre più si sta affermando con successo e che inevitabilmente vedrà isolati paesi che, come la Colombia, si prestano ai giochi imperialistici degli Stati Uniti.

La Rete in Difesa dell’Umanità ha diffuso un appello contro l’arresto di Fredy Muñoz Altamiranda e contro la criminalizzazione di TeleSUR che si può sottoscrivere indicando nome, cognome, professione e paese, a questo indirizzo libertadparafredyatgmaildotcom  (libertadparafredyatgmaildotcom)  .


IL LEGITTIMO PRESIDENTE DEL MESSICO

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               EN ESPAÑOL

Davanti ad una moltitudine di persone, accorse da tutto il Messico con mezzi propri solo ed esclusivamente per lui e per confermare a “gran voce” il “loro” Messico, AMLO ieri si è dichiarato presidente legittimo del paese e ha giurato fedeltà al suo popolo.
Ha promesso di difendere e proteggere i diritti della sua gente, di difendere il patrimonio dello stato e la sovranità nazionale e iniziare una profonda trasformazione del paese. Un impegno solenne e importante che riassume in 20 punti fondamentali che in parte si richiamano al suo precedente programma elettorale. La cerimonia si è svolta senza incidenti e non poteva essere diversamente dal momento che si è trattato di una festa a cui il resto del paese e il vero presidente in carica non hanno potuto far altro che assistere.
Chi ha parlato di quindicimila persone e chi di diecimila per sminuire l’evento, chi si aspettava quattro milioni di partecipanti, magari in un eccesso di entusiasmo, chi si tiene sui trecentomila. Monique c’era e considerando che la piazza, lo zócalo era stracolma, come si vede anche dalle foto e che può contenere circa ottocentomila persone, considerando anche che le strade laterali che si immettono in essa erano piene di gente, lei ipotizza circa un milione e mezzo di partecipanti, intirizziti da un freddo che “calaba los huesos” (arrivava fino alle ossa) ma riscaldati da un calore umano che superava ogni aspettativa. Non lo dubitiamo Monique, deve essere stato emozionante!

RICEVUTO DA MONIQUE:
IL RISVEGLIO DELLE COSCIENZE: ANDRÉS MANUEL PRESIDENTE LEGITTIMO DEL MESSICO.
Per qualche motivo il cuore sta a sinistra, non potrebbe stare a desta e tanto meno all’estrema destra. Nonostante che il battito, il palpitare non abbiano collocazione:oggi qui, domani là.
I miei amici dicono che ho trascorso la vita marciando verso un ideale. Lo continuerò facendo, oggi da giovane, domani da anziana andrò alle manifestazioni per denunciare le ingiustizie. Ogni aggressione in Messico e la morte di ogni uomo mi fanno sentire ancora più piccola, perché sono parte dell’umanità. Non ho bisogno di molte cose per manifestare ed essere attivista: un jeans, una coperta, uno zaino sulle spalle, un libro, spazzolino e dentifricio, senza dimenticare i miei cioccolatini e ovviamente sete di giustizia.
Sei ore di strada, non sono niente se si desidera giungere a un ideale. Ero là. Conosco l’odore delle folle, la fatica della dignità civile, il vibrante, assordante urlo del silenzio, così come le grida affiatate per una causa comune.
La Cuatlicue, Dea madre del mondo prehispanico ha fatto vibrare la sua anima una volta ancora. Abbiamo riempito la piazza più importante del Messico, lo Zócalo. La cattedrale ne è stata muta testimone. Le campane hanno suonato a festa con forza, hanno suonato per tutti i presenti. Non so quanti eravamo, ho perso le nozioni del tempo e dello spazio, l’emozione mi ha conquistata, forse tre milioni. Sono stata testimone di ciò che gli altri hanno taciuto.
La Convenzione Nazionale Democratica e i suoi più di un milione e 25 mila delegati, gli appartenenti alla Coalizione per il Bene di Tutti e i simpatizzanti del leader di sinistra Andrés Manuel López Obrador, abbiamo proclamato ieri, 20 novembre PRESIDENTE LEGITTIMO della Repubblica Messicana , il tabasqueño di 53 anni.
Migliaia, migliaia di persone , e un solo grido: Presidente, Presidente! È un onore essere gente di Obrador! Accompagnato dal suo gabinetto e come sfondo lo scudo nazionale che utilizzò il presidente Benito Juárez, e che è diventato l’emblema dello scenario.
Precedentemente all’atto presidenziale , è stato eseguito l’inno nazionale che Andrés Manuel López Obrador e i dodici membri del suo gabinetto hanno ascoltato in piedi, erano presenti anche come invitati speciali i suoi figli, Andrés Manuel e Ponzalo; la scrittrice Elena Poniatowka, il sindaco entrante di Città del Messico, Marcelo Ebrad e quello uscente Alejandro Encinas e i leader dei partiti messicani di sinistra.
Alle 17,10 Andrés Manuel ha reso la sua protesta come presidente legittimo del Messico. La senatrice e attivista sociale Rosario Ibarra de Piedra (la quale ha un figlio desaparecido dal 1968) ha posto la fascia presidenziale con l’aquila “juarista” al vincitore delle elezioni messicane del 2 luglio del 2006.
“Siamo qui riuniti perché davanti alla frode del 2 luglio abbiamo deciso di dichiarare abolito il regime di corruzione e privilegi e ricominciare la ricostruzione di una nuova Repubblica” ha detto il leader iniziando il suo discorso.
Il Presidente legittimo ha informato inoltre che percorrerà il paese e ha annunciato 20 azioni di governo, tra le quali quella di consolidare una nuova Costituzione e rinnovare le istituzioni, difendere i poveri e le risorse della nazione, combattere la corruzione e le spese eccessive nei servizi pubblici e privati. I componenti del suo gabinetto formuleranno diagnosi dei problemi principali del paese e forniranno soluzioni.
Tra gli invitati speciali hanno assistito 127 deputati federali, 26 senatori, 450 presidenti di municipi, deputati locali, dirigenti del PRD, PT e Convergenza, indigeni, studenti, operai, anziani, giovani, professionisti e importanti intellettuali: Elena Poniatowska, Jesusa Rodríguez, Federico Arreola, José Agustin Pinchetti, Dante Delgado tra gli altri i quali hanno consegnato la risoluzione della Convenzione Nazionale Democratica al presidente legittimo.
López Obrador ha delineato il suo programma di “governo” che si appoggerà a legislatori del Frente Amplio Progressista (FAP) che unisce il Partito della Rivoluzione Democratica (PRD), il Partito del Lavoro (PT) e la Convergenza per portare al congresso proposte di legge. Il programma di 20 punti e di tre parti prevede la difesa del popolo, della democrazia e del patrimonio nazionale.
Andrés Manuel ha detto che promuoverà mediante proposte di legge la creazione di nuovo impiego, di salario giusto, di sussidi per gli anziani, disabili e madri nubili, inoltre all’abbassamento delle tasse per i poveri.
È intervenuto anche contro la costruzione del muro che ha autorizzato il governo degli Stati Uniti alla frontiera con il Messico e ha inviato un messaggio di solidarietà alle organizzazioni civili dello stato meridionale di Oaxaca, che esigono le dimissioni del governatore Ulises Ruiz.
Ha affermato che promuoverà il rinnovamento delle istituzioni pubbliche, il diritto all’informazione, la lotta alla corruzione nel potere giuridico, l’autonomia sindacale e i diritti degli indigeni. Ha aggiunto che non permetterà la privatizzazione in nessuna delle sue forme dell’industria elettrica e del petrolio, creerà una Commissione di Verità” e promuoverà la protezione delle risorse naturali ed archeologiche del paese.
Tra le altre misure previste, La Convenzione Nazionale Democratica ha deciso insieme agli altri oppositori di sinistra che il 1 dicembre si concentreranno nello zócalo capitolino a partire dalle 7 di mattina per manifestare in maniera pacifica e organizzata contro la presa di potere del presidente illegittimo dell’estrema destra panista Felipe Calderón Hinojosa , così come per offrire appoggio ai legislatori dei partiti che compongono il Frente Amplio Progressista e per impedire che abbia luogo la cerimonia di cambio del potere nel Palazzo Legislativo di San Lázaro.
Dopo la cerimonia si è svolto un festival artistico dove il massimo rappresentante della trova cubana Silvio Rodriguez ha offerto
un bellissimo concerto. Tutti là. La pioggia non ha spostato nessuno, era un giorno speciale e bisognava viverlo, goderne in questo modo..
Un anziano dice: “bisogna aver cura di Andrés Manuel perché ogni 100 anni nasce un leader così. Un’altra signora dallo sguardo umile esprime: “Il tempo che mi rimane da vivere, lo passerò lottando con Andrés Manuel”.
Un intellettuale afferma:” Oggi il Messico ha tre presidenti, il legittimo, lo spurio e lo screditato”.
Uno studente va oltre: “Come disse Zapata, preferisco morire in piedi che in ginocchio”…
Anche io, anche io.
Mancavano ancora sei ore per tornare al mio paese, ma questa è un’altra storia.

Monique dal Messico
Grazie Monique, è stato come essere lì, alla prossima.


ATTACCO COLOMBIANO A TELESUR — UNA COINCIDENZA?

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LIBERTÀ PER IL GIORNALISTA ARRESTATO IN COLOMBIA!!

Fredy Muñoz Altamiranda da domenica 12 novembre  si trova in stato  di arresto a Bogotà con l’accusa di essere un terrorista.
Fredy è il corrispondente dalla Colombia di TeleSUR, nonché membro fondatore dell’emittente televisiva..
Domenica sera al suo arrivo all’aeroporto di Bogotà di ritorno da Caracas dove si era recato per un corso di formazione audiovisiva, è stato prelevato da agenti del DAS (il Dipartimento Amministrativo di Sicurezza colombiano) e condotto nei loro uffici dove da allora si trova formalmente in stato di arresto.
Egli è inoltre imputato dal servizio di sicurezza di far parte del fronte 37 delle FARC e di ribellione.
Nell’inchiesta condotta dalla Fiscalía 5 di  Barranquilla  (dove verrà presto trasferito)  il giovane giornalista è accusato da alcuni testimoni di essere un addetto agli esplosivi  del gruppo sovversivo delle FARC e di aver partecipato ad attentati contro le infrastrutture del Paese.
Secondo i testimoni Altamiranda  avrebbe partecipato ad attentati contro le centrali elettriche di ElectroCosta.
In una lettera pubblica lo stesso Fredy informa:”Questa è un’accusa che come me hanno subito centinaia di giornalisti nel mondo, dal momento che l’unilateralismo statunitense accusa di terrorismo coloro i quali gli si oppongono con la ragione e con  le prove”.  Egli ha potuto affermare inoltre che “questo è un colpo in più  inferto  al giornalismo libero e critico” e che “pretendono di piegarlo con la forza e la falsità”. Ha inoltre ringraziato  tutti coloro che gli sono vicini e che gli insegnano a “ non perdersi d’animo perché fare giornalismo è rendere pubblico quello che non si vuole che si sappia”.
Il presidente di TeleSUR  Andrés Izarra  ha segnalato,  in una intervista relativamente all’accaduto, che non esclude ci sia una relazione “con interessi che pretendono colpire la credibilità di TeleSUR e colpire le relazioni bilaterali tra  Colombia e Venezuela… Contro TeleSUR è stata  attuata ogni tipo di manovra, accusa, falsità e  disprezzo, similmente come è stato fatto contro il Venezuela e il processo di integrazione. Casualmente le accuse più aggressive e le offese più dure che abbiamo subito a TeleSUR vengono dalla Colombia”.  
E forse  Fredy Muñoz Altamiranda  è diventato scomodo in Colombia proprio perché rendeva pubbliche troppe cose e dava voce a chi generalmente voce  in Colombia non ne ha:  dalla cronaca delle manifestazioni dei familiari dei desaparecidos, ai recenti omicidi di insegnanti  (11 solo nei primi quattro mesi dell’anno)  da parte dei paramilitari,  alla diffusione della notizia che lo Stato Colombiano è stato dichiarato (dal Consiglio di stato, il massimo tribunale del paese)  responsabile per “inefficienza” della morte dei 63 soldati avvenuta nel corso di un’azione contro le FARC .
In una conversazione telefonica che ha potuto avere con TeleSUR lunedì scorso, Fredy Altamiranda ha lanciato un appello a tutta la comunità internazionale affinché si presti molta attenzione a ciò che accade in Colombia e che secondo la sua opinione in quel paese “dire la verità è pericoloso”. Questa però non è una novità come non è una novità che ciò che si verifica in Colombia, accade sotto l’indifferenza del mondo intero.
La FELAP (Federazione latinoamericana dei giornalisti) ha lanciato un appello nel quale “manifesta  profonda preoccupazione e  opposizione  alla detenzione del corrispondente di TeleSUR a Bogotà”.
La FELAP “si unisce alla denuncia di questo grave attacco alla libertà di espressione e al libero esercizio della professione ed esige che le autorità colombiane liberino immediatamente il giornalista in carcere”.
Termina il comunicato affermando che “la detenzione di Muñoz Altamiranda presuppone l’intenzione di colpire un progetto come quello di TeleSUR  di  chiaro impegno verso una informazione che si confronta con l’atteggiamento di coloro i quali detengono l’opprimente egemonia della comunicazione, a partire dai monopoli e oligopoli nazionali e internazionali”.
In uno scenario latinoamericano dove sempre più si vanno stringendo alleanze scomode per gli Stati Uniti e dove  governi e uomini di  sinistra prendono il posto dei soliti fantocci filoamericani, la Colombia si va sempre più delineando come il fedele alleato  di Washington.
Álvaro Uribe Vélez,  preoccupato probabilmente dai risultati delle recenti elezioni americane, ma forse di più dalle dichiarazioni di Jorge 40 e di Salvatore Mancuso, storici capi paramilitari, i quali si sono detti disposti a “dire tutta la verità sui loro legami con la classe politica”,  proprio nei giorni scorsi  è volato negli Stati Uniti per chiedere la proroga del Plan Colombia , in scadenza proprio a  dicembre e di fatto fallimentare in quanto non ha raggiunto nessun risultato nella lotta alla droga e alla guerriglia.
Suona quanto meno strana questa coincidenza e se Andrès Izarra ha la diplomazia di parlare di casualità nel fatto che le accuse più aggressive verso l’emittente televisiva che,  ricordiamolo, nasce grazie all’impegno di paesi come il Venezuela, l’Argentina l’Uruguay e Cuba con lo scopo preciso di contrastare il monopolio mediatico statunitense sul continente latinoamericano, noi non possiamo fare a meno di chiederci che promessa abbia fatto il Dr. Uribe a Washington in cambio della conferma del Plan Colombia e probabilmente in cambio di protezione negli Stati Uniti se le  rivelazioni di Jorge 40 e di  Mancuso dovessero rivelarsi troppo “esplosive”.

MARCIANDO VERSO CITTA’ DEL MESSICO

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Pubblico qui di seguito la lettera amara ma anche piena di speranza ed entusiasmo  ricevuta dall’amica Monique di Oaxaca, Messico.
Abbiamo deciso di tenere insieme una sorta di diario messicano che si arricchirà dell’apporto di sue notizie, commenti, foto, nonché sensazioni su quanto sta avvenendo in questi giorni nel suo paese.
Entrambre crediamo nella verità e nella giustizia e ciò di cui ora più che mai ha bisogno tutto il Messico e i fratelli messicani sono proprio verità e giustizia.
Domani 20 novembre è un giorno importante per il Paese, allo zócalo di Ciudad de México si riuniranno più di 4 milioni di persone (secondo gli organizzatori) per il giuramento del legittimo presidente “el peje” Andrés Manuel López Obrador. C’è ansia ma anche entusiasmo. Monique ci sarà e presto ci farà avere notizie più dettagliate.
Diffonderemo la verità ognuno dalla sua trincea.
 
AGUANTA QUE EL PUEBLO SE LEVANTA!
 
Annalisa,
con piacere ricevo il tuo messaggio. Ti manderò notizie, foto e sensazioni sul giuramento del presidente legittimo del Messico, Andrés Manuel López Obrador.
C’è apprensione su quello che succederà in quel giorno, si dice anche che arriveranno l’esercito e la Polizia Federale per arrestare AMLO. Non credo che succederà. Come fai a controllare  più di tre milioni di persone riunite nello zócalo, non credo che permetteremo che il governo attui questa misura repressiva.
Credo che sia lo svegliarsi delle coscienze. Andrés Manuel rappresenta un simbolo di speranza. Il popolo del Messico è sofferente ed è ancora più ferito dopo la frode elettorale. Hanno rubato la presidenza ad Andrés Manuel. All’estrema destra non sarebbe convenuto che un uomo incorruttibile arrivasse al potere. Tutti i settori si sono uniti per far credere che “el peje” fosse un pericolo per il Messico. I mezzi di comunicazione hanno ben fatto il loro lavoro di discredito. È stata impressionante la manipolazione dell’informazione e gli elettori alla fine hanno votato per l’estrema  destra. Il Messico è sottosopra, ci sono focolai accesi in molti stati del paese, Oaxaca e Michoacán sono alcuni di essi. Gli abitanti di Oaxaca continuano a lottare e ti ringrazio per le parole di solidarietà per la nostra gente.
Oggi sono aumentati i prezzi di benzina, latte e pane. Ieri sono scesi in sciopero i 58 zuccherifici che riforniscono il paese di zucchero. Il narcotraffico continua a lasciare tracce. Si prevede uno sciopero nazionale dei professori in appoggio al movimento di Oaxaca. C’è anche apprensione su quanto si dice che  il 1 dicembre l’opposizione non permetterà a Felipe Calderón (presidente illeggittimo) di prendere il potere. La coppia presidenziale (Vicente e Marthita) è coinvolta in uno scandolo con risvolti penali per aver appoggiato un’associazione denominata “Amigos de Fox”, l’arcivescovo del Messico invischiato in casi di omosessualità  e c’è di più… molto di più.
Ti abbraccio dal mio Messico sofferente, ma continuiamo a lottare, ognuno dalla sua trincea.
Mi congratulo con te per trattare nel tuo spazio questo tipo di argomenti.
Rimaniamo in contatto
 
Monique dal Messico.
 
 

MARCHANDO HACIA CIUDAD DE MÉXICO

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Publico la carta amarga pero llena de esperanza y entusiasmo recibida por la amiga Monique de Oaxaca , México.
Hemos decidido juntas de tener como un diario méxicano que se enriquecerá con sus noticias, informes, fotos, además de sensaciones por lo que está ocurriendo en su país.
Las dos creemos en la verdad y en la justicia y lo que más necessita ahora todo México y los hermanos méxicanos son propio verdad y justicia.
Mañana, 20 de novembre es un día importante para el paIs, en el zócalo de Ciudad de México se reunirán más de 4 millones de personas (según los organizadores) por el juramento del presidente legítimo “el peje” Andrés Manuel López Obrador. Hay expectativa pero también entusiasmo. Monique estará allá y pronto nos enviará noticias más detalladas.

AGUANTA QUE EL PUEBLO SE LEVANTA!

Annalisa:

Con gusto recibo tu mensaje. Sí, te enviaré información, fotos y sentires de la toma del presidente legítimo de México: Andrés Manuel López Obrador.

Existe expectativa de lo qué sucederá ese día, pues, hasta se comenta que entrará el ejército y la Polícia Federal a detener a AMLO. No creo que suceda tal. Cómo controlas a más de tres millones de personas reunidas en el zócalo, si el gobierno actua de esa manera represiva,creo que no lo permitiríamos.

Yo creo que es el despertar de la conciencias. Andrés Manuel representa el símbolo de la esperanza. El pueblo de México está dolido y quedó más lastimado después del fraude electoral. Le robaron la presidencia a Andrés Manuel. A la ultraderecha no le convenía que un hombre incorruptible llegara al poder. Todos los sectores se unieron para expresar que “El peje”, era un peligro para México. Los medios de comuniación hicieron su labor de desprestigio.Fue impresionante la manipulación de la información y la gente finalmente se movió hacia la ultrederecha.
México está convulsionado, hay focos rojos en muchos estados del país, Oaxaca y Michoacán son uno de ellos. Los Oaxaqueños siguen luchando y gracias por tus palabras de solidaridad y con nuestro pueblo.

Hoy subió la gasolina, la leche, el pan. Ayer estalló la huelga en los 58 ingenios que abastecen al país de azúcar. El narcotrafico sigue dejando su huella. Se prevee un paro nacional de profesores en apoyo al movimiento de Oaxaca. También surge la expectativa que el 1 de diciembre la oposición no permitirá a Felipe Calderon(presidente espurio) tomar el mando. La pareja presiencial (Vicente y Marthita) involucrados en demandas por los abogados que apoyaron a una Asociación demoninada “Amigos de Fox”…El arzobispo de México involucrado en casos de pederastas…y aún hay más.…mucho más.

Te abrazo desde mi México dolido, pero seguimos luchando, cada uno desde su trinchera.

Y te felicito por tratar en tu espacio este tipo de temas.
Me contaba Elio que allá no le llegan datos del acontecer mexicano.

Estamos en contacto.

Monique de México.


In Colombia ancora una volta salta l´ accordo umanitario

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È talmente raro leggere notizie sulla Colombia dai nostri quotidiani che quando questo accade, vale senz’altro la pena riportarle.
Ancora di più vale la pena se a scrivere è Guido Piccoli , il quale riesce, credo, come nessuno in Italia, a collocare gli avvenimenti colombiani nella loro giusta prospettiva, con profonda lucidità e senza mezzi termini.
Uribe ha avuto il pretesto che cercava o Uribe piuttosto si è creato il pretesto che cercava?
In Colombia più che in ogni altro paese al mondo niente è come sembra e tutto è relativo.
Il potere politico e quello militare manipolano la realtà, i morti, le stragi e le carneficine a loro piacimento.
Civili uccisi e fatti passare per ribelli dove averli opportunamente “mascherati”, imboscate a paramilitari organizzati dallo stesso esercito con il quale collaboravano, in pochi hanno dubbi ormai sulla vera regia di questi nuovi attentati.
Fonte: www.ilmanifesto.it

Uribe ha avuto il pretesto che cercava. Per la guerra totale
In Colombia le speranze di un accordo Farc-governo per uno scambio di prigionieri sono subito svanite nel nulla
GUIDO PICCOLI
Com’era ampiamente prevedibile, in Colombia l’illusione, se non della pace almeno del dialogo, è subito sfumata per lasciare il posto alla solita sequela d’attentati, imboscate ed esecuzioni sommarie o mirate.
L’ultima azione clamorosa è l’assalto concentrico, martedì scorso, di mezzo migliaio di guerriglieri, che ha provocato la morte di una ventina di poliziotti, a guardia di Tierradentro, villaggio del dipartimento atlantico di Cordoba, ritenuto l’incontrastato regno paramilitare.
Tra le vittime di questo clima di guerra ci sono anche la cinquantina di sequestrati delle Farc (tra i quali l’ex-candidata presidenziale franco-colombiana Ingrid Betancourt) e i cinquecento e più ribelli detenuti nelle carceri statali che, a meno di un miracolo sempre possibile nella terra di Macondo, dovranno aspettare che Uribe se ne vada nel 2010 da Palacio Nariño per rivedere la libertà.
Anzi, il primo gruppo dovrà scongiurare che non abbia successo il riscatto militare, promesso da un indemoniato Uribe una decina di giorni fa. Sarebbe la loro condanna a morte: secondo le ferree regole della barbarie colombiana, finirebbero uccisi dai commando militari (notoriamente restii alle operazioni chirurgiche) o giustiziati dagli stessi guerriglieri, appena questi si trovassero circondati o costretti alla fuga.
A cambiare il clima nel paese, è bastata un’autobomba che, senza fare morti, ma solo una ventina di feriti, è scoppiata nel parcheggio della Scuola superiore di guerra, nella zona nord di Bogotà e soprattutto nel cuore del potere militare colombiano ( a poche centinaia di metri ci sono le sedi della XIII Brigata, della V Divisione e delle scuole di Fanteria e di Guerra psicologica). Dopo poche ore dall’esplosione di sessanta chili del potente R-1, in base ad una frase di una telefonata (che nessuno ha potuto ascoltare), che sarebbe stata intercettata tra il presunto attentatore e il capo militare guerrigliero, il cosiddetto Mono Jojoy, Uribe ha annunciato un’offensiva frontale contro le Farc, descritte come una banda di terroristi, fantocci e vigliacchi.
Pochi credono che quella bomba sia stata effettivamente messa dai guerriglieri (così come pochi, a suo tempo, credevano all’attribuzione di tutte le auto-bombe a Pablo Escobar e non alla variegata schiera dei suoi nemici, che comprendeva, tra gli altri, la Cia, i paramilitari e le diverse polizie segrete colombiane). Gli indizi non mancano. A cominciare dalla smentita (quasi insolita) delle Farc.
Ma soprattutto, anche in questo caso, è legittimo chiedersi «cui prodest?»: puntuale come un orologio svizzero, l’attentato ha tolto Uribe dall’impaccio di accettare il cosiddetto «scambio umanitario» con la guerriglia, e la relativa smilitarizzazione di una zona meridionale del paese, vista come fumo negli occhi non solo dal vertice delle Forze armate, ma anche da Washington.
A far propendere per l’auto-attentato, c’è anche una clamorosa coincidenza: appena un mese e mezzo fa è venuta alla luce la messinscena, ad opera di quattro ufficiali (in collaborazione con una ex guerrigliera, affamata di soldi e libertà) di tre attentati, sventati all’ultimo momento o realizzati (con un paio di vittime) a Bogotà, nei mesi precedenti l’insediamento di Uribe. Che quest’ultimo sia al corrente di questo nuovo episodio della «strategia della tensione» poco importa. Di fatto, quando, dal palchetto montato sul luogo dell’attentato, ha finito il suo bellicoso discorso (secondo le parole del giornalista del quotidiano El Tiempo) «era tornato ad essere quello di prima. Quello di sempre. Il suo viso lo diceva. Era raggiante».
Per sfortuna sua, e dei suoi alleati, sponsor e tifosi, la guerra non si vince a suon d’insulti, ma sul campo di battaglia (e l’attacco delle Farc a Tierradentro rivela tutta la debolezza dell’esercito colombiano). Oppure lavorando seriamente per la pace. Una strada che Uribe, «quello di sempre», non sembra avere nessuna intenzione di percorrere.


Dengue a Cuba

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Ancora una volta a dimostrazione del fatto di quanto sia facile “dare i numeri” parlando di Cuba.
Se un giornale come il Corriere della Sera imposta un articolo sulle voci presenti sui vari blog e siti internet di dissidenti cubani  e,  senza ulteriori approfondimenti, conclude che Cuba sia prostrata dall’epidemia di dengue, questo la dice lunga.
Ancora più lunga la dice la gravità della dichiarazione del  portavoce dell’OMS: “ci è giunta voce di oltre mille morti ma non sappiamo altro”.
Viene da chiedersi come fanno su webrebelde se “sia stata contattata la D.ssa Lea Guido della Pan American Health Organization (PAHO) certo più competente di un portavoce dell’ OMS a Ginevra. Ma questa deve apparire una sottile differenza  per chi scrive su Cuba da New York, quantunque non da Miami”.
Certo se poi anche Il Manifesto si mette “a dare i numeri” vuol dire che la confusione è veramente  molta.
Un articolo del 6 ottobre esordisce raccontando di “migliaia di ammalati e centinaia di morti”. Continua riportando la Reuters secondo cui durante la settimana della Cumbre dei paesi non allineati  ci sarebbero stati 700 morti, passando poi  due righe più sotto a circa un migliaio e concludendo il tutto dicendo che i casi presunti  di dengue sull’isola sarebbero 30/35mila. Quando c’è Cuba di mezzo la confusione la fa da padrona. Mi ha sorpreso l’articolo del Manifesto, in alcuni passaggi addirittura denigratorio e sprezzante. A partire dai mezzi e sostanze usate per la fumigazione. Il giornalista dice che “l’efficacia di queste sostanze è tutta da provare” ma non si interroga sul fatto che magari con il bloqueo queste sono le uniche sostanze disponibili e che nonostante tutto tali sostanze sono esportate nel resto dell’AL  e in Africa. Il giornalista sebbene confermi che la zanzara deponga le uova in acque pulite spende poi circa 10/15 righe sull’inquinamento de L’Avana (ma che c’entrava?). Mah. Se non altro sul Manifesto si  parla anche di dengue in India dove ci sono stati 2.900 contagi e 38 vittime, nella Repubblica Dominicana dove i contagiati sono 4.376 e le vittime 39 e di un misterioso morbo a Panama dove nell’ultimo mese sono morte 17 persone.
Come mi ha sorpreso il TG5 dell’altra sera che ha ampiamente parlato della possibilità tra l’altro che si tratti  di una bufala colossale (l’ultima in ordine di tempo) creata ad arte dai dissidenti, è stato intervistato  un rappresentante di un tour operator il quale ha confermato che la situazione sull’isola risulti essere tranquilla ed è stato sentito telefonicamente anche Minà il quale ha ricordato che durante i giorni della Cumbre Cuba è stata invasa da giornalisti e autorità straniere e non si è avuta nessuna notizia di una situazione al limite della catastrofe umanitaria come viene invece descritta altrove.

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