Primo Maggio in America latina

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di Annalisa Melandri — in esclusiva per L’Indro — 3 Maggio 2013

In America latina questo Primo Maggio si è celebrato tradizionalmente con imponenti manifestazioni organizzate dai sindacati, con cortei e  comizi in un’atmosfera tutto sommato sicuramente diversa da quella che si è percepita durante la stessa giornata in Europa.
La regione infatti è in crescita e i numeri della disoccupazione “sono ai limiti storici” come rilevato dall’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) delle Nazioni Unite presentato a dicembre del 2012 a Città del Messico.

Le celebrazioni del Primo Maggio si sono svolte quasi ovunque, salvo eccezioni, in un’atmosfera di festa, e in alcuni casi i lavoratori e i sindacati si sono uniti ai governi per attestare gli importanti risultati raggiunti in tema di politiche volte alla protezione dei diritti economici, sociali e culturali.
Tale il caso per esempio dell’Ecuador dove in forma pacifica sono scesi a manifestare in due distinti cortei, sia i maggiori sindacati, che appoggiano la Revolución Ciudadana, il progetto politico di rinnovamento del paese portato avanti dal presidente rieletto Rafael Correa, sia i sindacati all’opposizione, o quello dell’Uruguay, dove la principale centrale sindacale, il PIT-CNT, pur riconoscendo gli enormi progressi raggiunti negli ultimi dieci anni chiede adesso  uno “sviluppo integrale che sia sostenibile socialmente  ed economicamente”.

A Cuba, invece l’imponente e moltitudinaria manifestazione (nella foto) de la Central de Trabajadores ha voluto dedicare la giornata all’ex presidente del Venezuela scomparso recentemente, Hugo Chávez.
In Venezuela l’ufficialismo e l’opposizione hanno manifestato in due atti diversi. Il presidente Nicolás Maduro alla testa di quello governativo, dove ha raccolto il sostegno al suo mandato da parte delle principali associazioni sindacali del paese, ha detto che concentrerà le sue forze per riaffermare i successi ottenuti in materia di diritto al lavoro ottenuti da Hugo Chávez, mentre l’opposizione, che non riconosce il risultato elettorale, ha annunciato proprio nella giornata di mercoledì il ricorso al Tribunale Supremo di Giustizia.
Scontri con le forze dell’ordine ed arresti si sono registrati invece in Colombia, dove il tema in agenda delle differenti manifestazioni è stato il dialogo di pace che a L’Avana, Cuba, sta portando avanti il governo con la guerriglia delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). I principali sindacati del paese  hanno convertito infatti questo Primo Maggio in un grande scenario collettivo dove chiedere, ancora una volta, una soluzione negoziata al conflitto armato in corso;  tuttavia scontri tra le forze dell’ordine e gruppi di manifestanti avvenuti in varie città della Colombia ma soprattutto a Bogotá, hanno lasciato un saldo di 44 persone detenute, tra cui alcuni minorenni e una decina di feriti.
Anche in Cile, forse al momento uno dei paesi latinoamericani con più alta conflittualità sociale, la storica Central Unitaria de Trabajadores (CUT), ha organizzato imponenti manifestazioni chiedendo una riforma tributaria, la revisione del codice del lavoro, un nuovo sistema pensionistico, oltre a maggior sicurezza sui luoghi di lavoro e lotta alla precarietà.

In Messico sono state diverse le manifestazioni che si sono snodate tra i viali della capitale e  le riunioni che hanno avuto luogo nell’imponente Zócalo, tuttavia la più sentita e importante per i contenuti e le rivendicazioni che portava è stata quella organizzata dal gruppo dei sindacati ‘oppositori’ e indipendenti riuniti nella Unión Nacional de los Trabajadores (UNT) formata dal Sindacato Messicano degli Elettricisti, da quello dei telefonisti, dai lavoratori dell’Università Autonoma del Messico (UNAM)  e dai maestri democratici riuniti nella Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación che stanno portando avanti importanti lotte contro la riforma neoliberale nel settore dell’educazione soprattutto negli stati meridionali del Messico di Oaxaca e del Guerrero. I sindacati hanno fatto appello alla formazione di un fronte unitario contro il Pacto por México il piano politico di stampo neoliberale sviluppato dal presidente Enrique Peña Nieto del PRI con l’appoggio degli altri due partiti d’opposizione del PAN e del PRD.

María Elena Valenzuela, esperta regionale per le questioni di genere della OIL, ha dichiarato all’agenzia ANSA proprio il 1 maggio, che in America latina e nei Caraibi, sebbene la situazione del lavoro sia abbastanza buona per quanto riguarda i numeri sull’occupazione, invece  con l’eccezione di Argentina, Brasile ed Uruguay il settore sindacale non gode di molta forza e la negoziazione collettiva è molto bassa”.
La Valenzuela individua nel neoliberismo la causa di questo ritardo nello sviluppo e nell’accesso alla sindacalizzazione: “I produttori della regione avevano poche possibilità di competere e purtroppo, una delle maniere di farlo è stata quella di abbassare i costi e tra di essi, quelli del lavoro. Le forme nelle quali prima si regolava il mercato del lavoro già non esistono perché ha iniziato a dominare la logica secondo la quale è il mercato quello che meglio di ogni altra cosa  riesce a regolare se stesso, mentre in realtà si è visto che non è cosi”.

Questi quindi ancora i temi cruciali per la regione, nonostante gli indici relativamente bassi di disoccupazione (la media regionale era del 6,4 per cento alla fine del 2012): la libertà sindacale, la partecipazione delle donne, che anche se  in costante crescita rispetto agli anni passati si trova ancora notevolmente al di sotto di quella degli uomini) il lavoro minorile, e l’informalità, alla quale si dedicano secondo la OIL almeno il 47 per cento dei lavoratori, circa cento milioni di persone in America latina.

 

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