Cuba nel Gruppo di Río. Svolta epocale in America latina?

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 “Ieri eravamo una colonia ma domani possiamo essere una grande comunitá di paesi strettamente uniti. La natura ci ha dato ricchezze incalcolabili e la storia ci ha dato  radici, lingua,  cultura e vincoli comuni, come in nessun’altra regione della Terra”

(Fidel Castro Ruz)
 
“Molti si chiederanno che cosa sta accadendo in questa nostra America Latina” ha commentato il presidente brasiliano Lula da Silva all’annuncio della notizia che Cuba finalmente farà parte, dal 17 di dicembre di quest’anno,  del Gruppo di Río, l’organizzazione che raggruppa gli Stati dell’America latina e dei Caraibi, sorta nel 1986 in alternativa all’OEA, Organizzazione degli Stati Americani,  dove invece sono presenti gli Stati Uniti.
Felipe Calderón,  attuale coordinatore del Gruppo di Río ha parlato di “costruzione di un destino comune” e di “valori condivisi”.
Per dirla con le stesse parole di Lula,  si tratta di “un uragano, un tornado politico e ideologico” che sta scuotendo il panorama politico ed economico della regione.
E’  una notizia che ovviamente è passata quasi inosservata sulla nostra stampa in questo scorcio di fine d’anno, eppure è una notizia che inevitabilmente fa guardare le vicende latinoamericane sotto una luce diversa.
Potrebbe dirsi che siamo alle soglie di un cambio epocale per l’America latina, che evidentemente ha smesso già da tempo di essere il patio trasero degli Stati Uniti mentre va via via delineandosi con sempre maggior evidenza come entità  politica ed economica dotata di grande autonomia.
Sicuramente è una Cuba diversa quella che si sta rapportando in questi ultimi anni con gli altri Stati latinoamericani e con quelli più geograficamente vicini dei  Caraibi. Nell’isola si prospettano alcuni cambiamenti, Raul è diverso da Fidel e anche il Comandante en Jefe non è più quello di una volta. 
Ma Cuba non ha fatto altro che resistere in tutti questi anni, contro un isolamento assurdo e  abnorme, contro un colosso economico, politico e militare che adesso sembra un po’ più stanco che in passato e al quale si può chiedere con più convinzione che ritiri quel vergognoso embargo imposto mezzo secolo fa.
Evo Morales,  presidente della Bolivia,   nel corso del recente vertice brasiliano dei paesi di America latina e Caraibi di Sauípe, uno dei tanti che ormai si tengono regolarmente nella regione,   ha chiesto che questi ritirino i loro ambasciatori dagli Stati Uniti  se dopo un ragionevole periodo di tempo Barak Obama non dovesse togliere l’embargo economico contro Cuba.
Appaiono preistorici i tempi in cui la isla rebelde  veniva espulsa dall’Organizzazione degli Stati Americani,  il “ministerio de Colonias Yanqui” come fu  ribattezzato quell’organismo da un ministro degli Esteri cubano, in quella riunione a gennaio del 1962 a Punta del Este in Uruguay, quando si stabilì che “l’adesione al marxismo-leninismo era incompatibile con il Sistema Interamericano” e che gli Stati Americani si trovavano “profondamente uniti a favore dell’obiettivo comune di contrastare l’azione sovversiva del comunismo internazionale”.
Oggi il mondo non è più diviso in blocchi, con il comunismo si sono firmati e si firmano tutt’ora  vantaggiosi affari e Fidel Castro ha ormai passato  gli ottanta…
Si può  pertanto immaginare possibile adesso  una nuova Organizzazione degli Stati Americani senza la presenza degli Stati Uniti. Non che prima non fosse possibile. Ma oggi a differenza di allora,  molti dei leader latinoamericani hanno “una coscienza distinta della realtà storica e iniziano a combattere la battaglia che fin da allora Cuba porta avanti” [1].  
 
E la proposta nasce infatti ancora dal “mega vertice” di Sauípe. Questa nuova organizzazione  potrebbe comprendere il Gruppo di Río e il neonato Vertice di America latina e Caraibi per l’Integrazione e lo Sviluppo (CALC).
 
Se ne discuterà nel 2010 in Messico, mentre per il nome già sono state avanzate proposte: Organizzazione degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi oppure Unione di America latina e Caraibi.
In ogni caso senza Stati Uniti.
 
 



[1] Fidel Castro, La paz en Colombia,  Editora Política, 2008

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