Lettera a Álvaro Uribe a 5 anni dal massacro di San José de Apartadó

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Qui si può firmare la lettera, che in versione cartacea verrà spedita ai destinatari nella giornata di lunedì dall’Associacione Colombia Vive! 
 
Presidente de la Republica de Colombia
ALVARO URIBE VELEZ
 
Fiscal General de la Nación 
GUILLERMO MENDOZA DIAGO
 
Presidente Consejo Superior de la Judicatura 
 JORGE ANTONIO CASTILLO RUGELES
 
Signori: 
In tutto il mondo, cittadini e cittadine sia della Colombia che di altri Paesi, solidali con le Comunità contadine colombiane che quotidianamente devono sopportare affronti e aggressioni da parte di membri della forza pubblica in opposizione ai loro diritti inalienabili, esprimono  indignazione per il modo in cui lo Stato colombiano ha costantemente ostacolato il processo giudiziario tramite il quale si spera di giungere ad una giusta sentenza per gli accusati di crimini di lesa umanità per il massacro compiuto il 21 febbraio 2005 nel quale otto membri della Comunità di Pace di San José de Apartadó sono stati assassinati in modo cruento.
Fin da quando fu commesso il crimine, la comunità internazionale non ha mai cessato di scrivere petizioni e d’inviare comunicati alle autorità colombiane affinchè quell’atroce massacro non rimanesse impunito come è successo invece per altri 197 crimini perpetrati ai danni di questa Comunità di civili i quali, nel portare avanti il loro percorso di resistenza civile e non violenta, le uniche cose che chiedono allo Stato colombiano sono il rispetto della Costituzione e, concretamente, il rispetto per la Vita dei membri della Comunità e il loro Diritto a vivere in Pace
Dal momento stesso in cui fu denunciato il massacro perpetrato da membri dell’Esercito Nazionale in connivenza con paramilitari, lo Stato Colombiano, rappresentato da Lei, Signor Presidente, dal Procuratore allora in carica, Luis Camilo Osorio e dal Ministro della Difesa in carica ai tempi del crimine, Signor Jorge Alberto Uribe, e da altri rappresentanti del Governo di allora, ha dichiarato una serie di cose che i fatti hanno poi dimostrato essere non vere. In primo luogo, fu negata la presenza di truppe nella zona del massacro nel giorno 21 febbraio 2005, presentando carte geografiche militari e documenti ufficiali che poi sono stati riconosciuti come falsi. Egualmente, il signor Luis Camilo Osorio, Procuratore Generale nel periodo 2002–2005, quando in seguito ricoprì la carica di ambasciatore della Colombia in Italia, affermò che il massacro del 21 febbraio 2005 era stato compiuto da guerriglieri delle FARC in vista di un prossimo reinserimento di Luis Eduardo Guerra nella vita civile mediante un programma presidenziale. Questa accusa, che si ripete in varie comunicazioni scritte in risposta alle denuncie internazionali riguardanti il suddetto crimine, oltre ad essere falsa può considerarsi anche come una calunnia, visto che fa insinuazioni e vuol creare dubbi sull’integrità morale di Luis Eduardo Guerra, che in quel momento svolgeva il ruolo di interlocutore tra la Comunità di Pace e la Vicepresidenza affinché non fosse istallato un posto di polizia nel podere della Comunità, come dovrebbe ricordare il Signor Vicepresidente Francisco Santos.
Anche a Lei Signor Presidente, in varie occasioni, organizzazioni come la Rappresentanza in Colombia del Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e la Commissione Interamericana per i Diritti Umani, le hanno fatto notare che in alcuni suoi interventi pubblici aveva parlato di questa Comunità di Pace come di un’organizzazione vicina alla guerriglia.
Ed allora le recenti notizie sulla sparizione avvenuta nella sede della Procura Nazionale di 9 fascicoli contenenti prove accusatorie nei confronti dei militari processati per il massacro e, in aggiunta  la possibile prescrizione dei tempi del processo e la strategia di dilazione da parte dei difensori dei militari, in sintonia con il contesto anteriormente descritto, ci inducono a pensare che vi sia una ben precisa strategia d’ostruzione della giustizia per evitare l’assunzione di responsabilità penali tanto agli autori materiali che a  quelli morali  del sopra citato pluriomicidio.
Noi chiediamo come sia possibile che documenti di tale importanza per la sicurezza di tutti possano sparire senza nessuna spiegazione dalla sede della Procura Nazionale. Se una cosa del genere può accadere proprio nella sede dell’ente responsabile di garantire le misure necessarie per la comparsa in giudizio degli imputati di un processo penale, della conservazione delle prove e della protezione di tutta la popolazione, e con maggior ragione delle vittime, cosa si può sperare dalla giustizia colombiana? 
Risulta evidente la gravità di questi crimini considerati di lesa umanità, e che oggi, ancora una volta, chiediamo non restino impuniti, e non solo per il fatto stesso del delitto ma anche perché a questo si aggiungono altre aggravanti, come, ad esempio, il ruolo sociale e comunitario a favore della pace in Uraba’ svolto da alcune delle vittime del massacro, ruolo riconosciuto tanto localmente che internazionalmente; la crudeltà con la quale furono assassinati tre bambini e la natura di chi si suppone abbia commesso il massacro, membri delle forze dell’ordine e della sicurezza. Proprio coloro i quali dovrebbero preservare l’integrità e la sicurezza della popolazione colombiana. 
Signor Presidente e Signori membri del Governo Colombiano, sembra che gli avvocati difensori dei militari accusati del massacro avvenuto il 21 febbraio 2005 non condividano l’opinione del Presidente che risulta contrario alla prescrizione dei processi e alla messa in libertà degli imputati per scadenza dei termini, opinione espressa nel comunicato del 12 gennaio del corrente anno per mezzo del suo portavoce César Mauricio Velásquez. Poiché in caso contrario non ricorrerebbero a questi artifici per approfittare del poco tempo concesso a questi processi dal codice penale colombiano.
Per questo, le chiediamo che, come massima autorità dello Stato, proceda a fare chiarezza sulla scomparsa di documenti tanto importanti riguardanti un crimine sul quale il mondo intero tiene attentamente lo sguardo e per evitare che sia concessa l’impunità ai colpevoli di questo crimine.
Il prossimo 21 febbraio ricorderemo che cinque anni fa tre bambini, due donne, un lavoratore e due leader sociali furono brutalmente squartati da membri del Esercito nazionale e che fino ad ora non è stata emessa una giusta sentenza per questo crimine di lesa umanità.
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Firmatari:   
Rete italiana di solidarietà, Colombia Vive! Onlus href=“reteitalianadisolidarietaatgmaildotcom“>reteitalianadisolidarietaatgmaildotcom ( Italia)  ( Italia)
Comune di Narni href=“sindacoatcomunedotnarnidottr‚it”>sindacoatcomunedotnarnidottr‚it( Italia)
Comune di Cascina, sindacoatcomunedotcascinadotpidotit ( Italia)
Centro Studi Difesa Civile, href=“presidenteatpacedifesadotorg” target=“_blank”>presidenteatpacedifesadotorg ( Italia)
Comunità Cristiana di Base Oregina di Genova, href=“giuseppecoscione50atgmaildotcom” target=“_blank”>giuseppecoscione50atgmaildotcom(Italia)
AVI. Associazione Volontariato Insieme, fdottartiniatalicedotit  (fdottartiniatalicedotit)   ( Italia)
LIBERA. Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie — Sezione internazionale, href=“liberadotinternationalatliberadotit“>liberadotinternationalatliberadotit( Italia)
Narni per la pace, href=“narniperlapaceatliberodotit“>narniperlapaceatliberodotit(Italia)
 
Fondazione Basso – Sezione internazionale simonafratgmaildotcom  (simonafratgmaildotcom)    (Italia )
MIR , Movimento Internazionale di Riconciliazione paoloeilariaattele2dotit  (Italia)
Fondazione Neno Zanchetta aldozanattele2dotit  (aldozanattele2dotit)   (Italia )
Associazione I Raggi di Belen lorenzodotcesanaatfastwebnetdotit  (Italia )
Circolo Culturale Primomaggio href=“infoatcircoloprimomaggiodotorg“>infoatcircoloprimomaggiodotorg (Italia)
Iniciativa Solidaria Internacionalista
(España)
 
Asociación Burgalesa para el Impulso Social jmibeasatubudotes  (jmibeasatubudotes)  (España)
ONG — XXI Solidario href=“xx1_solidarioatyahoodotes” target=“_blank”>xx1_solidarioatyahoodotes(España)
 ACAT Action des chretiens pour l’abolition de la torture, programmes Amérique latine href=“mariaceciliadotgomezatacatfrancedotfr” target=“_blank”>mariaceciliadotgomezatacatfrancedotfr( Francia)
 
 
Con copia a:
  • Fiscal de la Corte Penal Internacional 
LUIS MORENO OCAMPO
  • Comisión Interamericana de derechos humanos
  • Corte interamericana por los DD.HH.
  • Vicepresidente de la Republica de Colombia
FRANCISCO SANTOS
  • Director Programma Presidencial de DDD.HH. y DIH, Colombia
CARLOS FRANCO ECHEVARRIA
  • Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para Colombia
  • Delegación de la Unión européa en Colombia
  • Embajada de Colombia en Italia
Embajador SABAS PRETELT DE LA VEGA
  • Embajada de Italia en Colombia
Embajador GEROLAMO SCHIAVONI
  • Embajadas de las asociaciones firmantes tanto en Colombia como en los países   respectivos
  • Ministerio de relaciones exteriores de los países de las asociaciones firmantes
 

Colombia, la pace tra le FARC e l’ELN fa paura al governo di Uribe

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di Antonio Moscato

Fonte: Il megafono quotidiano

Il 21 dicembre il sequestro del governatore di Caquetá, ucciso quasi subito, ha inferto un duro colpo alle speranze della chiusura della fase più drammatica della storia insanguinata della Colombia, e ha suscitato non pochi sospetti.
Pochi giorni fa dalla Colombia era arrivata una notizia importante e positiva: Le FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia) e l’ELN (Ejército de Liberación Nacional), le principali formazioni storiche della guerriglia, avevano firmato un importante accordo. FARC ed ELN negli ultimi anni si erano scambiati accuse molte aspre, tra cui quella gravissima di collaborare col regime di Uribe, e in alcuni casi erano arrivati a scontrarsi con le armi in alcune località. Il testo dell’accordo, datato novembre e reso pubblico agli inizi di dicembre, aveva toni decisamente nuovi, e parlava di “riscattare la bandiera della pace in Colombia”, definendolo “un impegno di tutto il continente”.
Abbandonando i toni settari di un passato non lontano, il comunicato affermava che “solo l’unità e l’azione decisa dei patrioti colombiani, dei democratici, dei rivoluzionari, e di tutti coloro che conservano speranze in una soluzione politica, potrà fermare la guerra, trovare la pace e rendere possibile la costruzione di una nuova Colombia”. Significativo il riferimento a un “destino non estraneo alle nuove dinamiche che oggi si vivono nella nostra America”.
Come conseguenza di questo preambolo si stabilivano quattro punti:
Fermare immediatamente ogni scontro (confrontación) tra le due forze;
Non permettere alcun tipo di collaborazione col nemico del popolo;
Rispettare la popolazione non combattente, i suoi beni e interessi e le sue organizzazioni sociali;
Fare uso di un linguaggio ponderato e rispettoso tra le due organizzazioni rivoluzionarie.
Già questi punti indicavano una svolta non solo nei rapporti tra FARC e ELN, ma tra le due organizzazioni e la società. Inoltre indicavano la necessità di trovare spazi e meccanismi di consultazione “che permettano di chiarire e identificare le vere cause che ci hanno portato ad assurdi scontri in alcune regioni del paese, di superarle e di lavorare per riparare i danni arrecati.
Già in aprile era emersa un’altra novità: Le FARC avevano deciso di liberare unilateralmente un militare, Pablo Emilio Moncayo, caduto nelle mani dei guerriglieri dodici anni fa (viene indebitamente definito “ostaggio”, ma è un prigioniero di guerra catturato in combattimento). La Croce Rossa Internazionale si era impegnata a organizzare il difficile compito di prenderlo in consegna e portarlo fuori dalle zone occupate dalla guerriglia, ma pochi giorni fa si è ritirata per protesta contro la decisione del presidente Uribe di procedere al recupero a mano armata di tutti gli ostaggi detenuti. Il padre del sottufficiale, il professor Gustavo Moncayo, ha denunciato duramente l’atteggiamento del governo, che ha ignorato la decisione delle FARC di liberare unilateralmente oltre a suo figlio tutti i prigionieri di guerra in loro potere. Uribe ha respinto tutti i tentativi di negoziati basati su varie ipotesi, dallo scambio umanitario con i moltissimi militanti e simpatizzanti di sinistra detenuti, alla creazione di condizioni di sicurezza indispensabili per rendere possibile la consegna unilaterale.
È a questo punto che è arrivata la notizia del rapimento del governatore del dipartimento colombiano di Caquetá, Luis Francisco Cuéllar, che secondo il governo sarebbe stato sequestrato la notte tra lunedì e martedì dai guerriglieri delle FARC. È verosimile che, mentre ribadiscono da otto mesi di voler liberare unilateralmente tutti i prigionieri, un po’ per le pressioni internazionali (Venezuela compreso), un po’ per le difficoltà militari, le FARC vogliano catturarne un altro? O è stata una formazione locale in disaccordo con la linea distensiva della direzione?
Qualche dubbio riguarda anche le modalità del sequestro: come è stato possibile il rapimento di un uomo politico che è anche un potente latifondista, protetto da una milizia privata? Possibile che questa sia risultata così inefficiente e così poco combattiva, da cavarsela con un solo caduto nello scontro? Insomma, non è chiaro chi fosse e da dove venisse il “gruppo di uomini armati e vestiti con divise militari”che dopo aver fatto saltare con l’esplosivo il cancello della residenza di Cuéllar, lo hanno portato via. In ogni caso il corpo è stato trovato subito dopo, sgozzato, e imbottito di esplosivo, accanto al veicolo usato per rapirlo, a soli 15 km da Florencia, la capitale del dipartimento.
Gustavo Moncayo, che sta da lungo tempo “marciando per la pace” e la liberazione di suo figlio, ha affermato che la decisione del governo di procedere a interventi armati per liberare gli ostaggi, impedendo l’attività della Croce Rossa e di altri mediatori, mettere in pericolo la vita di suo figlio e degli altri prigionieri di cui le FARC hanno disposto da mesi la liberazione. “Vogliamo una soluzione politica negoziata”, ha ribadito.
Anche senza sollevare altri più pesanti dubbi, il professor Moncayo ha affermato che in ogni caso la sua famiglia e quelle di altri prigionieri di cui le FARC hanno deciso di consegnare a mediatori “non hanno la colpa del sequestro di questo signor Cuéllar”. E ha fatto un appello alla “comunità internazionale” perché intervenga per evitare che il governo Uribe utilizzi altri pretesti per evitare la liberazione di suo figlio e di altri soldati.
Uribe, che ha governato male, e che ha visto crescere nelle elezioni amministrative il peso delle sinistra, che governano ormai le principali città, ha bisogno, ad ogni costo, di giustificare la sua politica di provocazione e di sudditanza agli Stati Uniti con lo spauracchio della guerriglia, identificata sistematicamente con il narcotraffico, nonostante sia proprio la maggioranza governativa ad avere al suo interno decine di noti narcotrafficanti e capi di bande paramilitari.
La pace auspicata dal comunicato congiunto di FARC ed ELN, fa paura a Uribe…


Siamo tutti “giornalisti terroristi”

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La Asociación Bolivariana de Periodistas  ancora non è nata e già è stata oggetto di attenzione da parte dei servizi di sicurezza degli Stati Uniti.
 
Il giornalista colombiano residente in Australia Luis Ernesto Almario, corrispondente di Radio Café Stereo, collaboratore dell’ Agencia Bolivariana de Prensa e dell’ Asociación Bolivariana de Periodistas è stato fermato mercoledì scorso  all’aeroporto di Los Angeles mentre era in transito diretto a Caracas per partecipare al  Congresso Costitutivo del Movimento Continentale Bolivariano (nato dal Coordinamento Continentale Bolivariano) e al primo incontro  internazionale di   giornalisti e operatori dell’informazione  bolivariani che avrebbe dovuto sancire la nascita proprio dell’ Asociación Bolivariana de Periodistas.
 
Luis Ernesto Almario è  stato trattenuto per circa 24 ore in aeroporto, interrogato da membri dell’FBI e della CIA, accusato di essere un “giornalista terrorista” al soldo delle FARC, minacciato in quanto tale di essere trasferito a Guantanamo, ricattato e rispedito in Australia (nonostante l’intervento del console a Los Angeles) dopo avergli sequestrato la memoria USB nella quale era contenuto il suo lavoro e la bozza di un libro in corso d’opera.
 
Il sig. Almario che aveva raccolto con sacrificio  il denaro per l’acquisto del biglietto aereo si trova adesso di fatto impossibilitato a raggiungere Caracas per partecipare agli eventi in programma. Potrà farlo soltanto riacquistando  un nuovo biglietto.
 
Quello che gli è successo  rimanda  a quanto già avvenuto  qualche mese fa  al giornalista colombiano Hernando Calvo Ospina e anche al  consigliere del Parlamento Europeo del gruppo Sinistra Unitaria (GUE/NGL), Paul Emile Dupret,  i quali — in occasioni diverse — durante il loro volo Parigi/Città del Messico,  furono informati dai membri dell’equipaggio (in entrambi i casi la compagnia aerea era Air France) che gli Stati Uniti non avevano concesso l’autorizzazione al sorvolo del proprio spazio aereo al velivolo dell’Air France perché la loro presenza a bordo poteva attentare alla sicurezza dello Stato.
 
Quanto  avvenuto si ricollega infine  a una serie innumerevole  di soprusi, prepotenze, arresti ingiustificati come quello dell’avvocato colombiano difensore dei diritti umani, Athemay Sterling, detenuto  in carcere negli Stati Uniti con le stesse accuse mosse contro Almario, per arrivare fino al massacro premeditato compiuto il 1 marzo del 2008 contro l’accampamento diplomatico delle FARC a Sucumbiós in Ecuador dove hanno trovato la morte quattro giovani studenti messicani  oltre al numero due della guerriglia colombiana Raúl Reyes e altri venti guerriglieri.
 
Attacco compiuto in territorio neutrale al conflitto colombiano in spregio a ogni trattato internazionale tra Stati e alla legislazione  internazionale in materia di  diritti umani.
 
Se essere “giornalista terrorista” è l’accusa che ci muove  il potere gestito da criminali,  se essere giornalisti al soldo della guerriglia colombiana è l’accusa che muovono l’FBI o la CIA in combutta  con i servizi segreti colombiani contro chiunque utilizza la parola, l’intelletto e il senso critico per denunciare i crimini di Stato commessi in Colombia, se essere “giornalista terrorista” vuol dire essere attenti osservatori di quanto accade in un paese martoriato da una dittatura mascherata da democrazia, allora sì, confessiamolo apertamente e senza timori che siamo tutti giornalisti terroristi al soldo della libertà e verità. Che potete anche chiamare guerriglia.
 
D’altra parte è sempre la dignità  che fa la differenza.
 
Tutti quei servi del potere che si vendono oggi,  come facevano in passato,   per coprire e nascondere il terrorismo di Stato,  in Honduras come in Irak, in Israele come in Vietnam, sono e resteranno sempre succubi dei potenti. Che potete anche chiamare giornalisti.
 
 

Hollmann Morris denucia lo Stato colombiano alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani

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Hollman Morris

El escándalo del DAS ante la Comisión Interamericana de Derechos Humanos
 
Miércoles, 4 de noviembre de 2009
Washington D.C., Estados Unidos de América
 
 
Hoy, a las 2pm hora de Washington D.C., en la sede de la Organización de Estados Americanos (OEA), el periodista colombiano Hollman Morris –director del programa periodístico de televisión ‘Contravía’–, estará denunciando al Estado colombiano ante la Comisión Interamericana de Derechos Humanos (CIDH) por la persecución sistemática –e ilegal– por parte del Departamento Administrativo de Seguridad (policía secreta, adscrita a la Presidencia de la República colombiana).
 
En la reunión de trabajo con la Comisión, el periodista contará cómo las medidas de seguridad, otorgadas por el Programa de Protección a periodistas de Ministerior del Interior, fueron utilizadas para hacerle espionaje en “tiempo real” a Hollman Morris, su familia –incluyendo a sus dos hijos memores de edad–, y a su equipo de trabajo periodístico.
 
Hacia las 3pm Morris estará dando declaraciones sobre dicha reunión; para tal efecto se pueden comunicar con:
 
Juan Pablo Morris (Productor Ejecutivo de ‘Contravía’ y hermano del periodista)
Teléfono: (571) 3170934
Correo: hollmanmorrisatgmaildotcom

Guerra al terrorismo o nuovo maccartismo?

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Questo è il domani. L'America sotto il Comunismo!

Guerra al terrorismo o nuovo maccartismo?
di Annalisa Melandri 
 
Il 18 aprile scorso Hernando   Calvo Ospina si trovava sul volo Air France n. 438 partito da Parigi e con destinazione Città del Messico, quando a cinque ore dall’arrivo il comandante dell’aereo informava i passeggeri che  su disposizioni degli apparati di sicurezza del governo degli Stati Uniti non erano stati autorizzati a sorvolare lo spazio aereo di quel paese in quanto a bordo si trovava una persona non gradita per “motivi di sicurezza nazionale”. Praticamente un terrorista, secondo l’uso in voga del termine.
 
Dopo uno scalo tecnico in Martinica per il rifornimento di carburante, e soltanto dopo essere ripartiti da Fort de France, il sig. Calvo Ospina è stato informato dai membri dell’equipaggio che il “terrorista” sulla cui identità tutti i passeggeri del volo, egli compreso, si stavano interrogando, era proprio lui.
Una volta giunto a Città del Messico, dopo essere stato sottoposto al controllo della sua identità e ad un “interrogatorio”, nel corso del quale gli sono state poste domande sulla propria religione, sul possesso di eventuali armi e sui motivi del suo imminente viaggio in Nicaragua (l’asse del male, ricordate?) è stato lasciato andare.
 
Qualche mese dopo l’Air France si è comportata più gentilmente con il sig. Ospina. Poche ore prima di salire a bordo dell’aereo diretto a Cuba in partenza da Parigi, Ospina è stato avvisato telefonicamente dalla compagnia aerea che non poteva salire su quell’aereo poiché sorvolava i cieli statunitensi, in cambio la compagnia gli offriva un biglietto per Cuba via Madrid.
 
Chi è l’oggetto di tanta persecuzione? Giornalista e scrittore colombiano, collaboratore di Le Monde Diplomatique,  Hernando Calvo Ospina da anni vive in  Francia come rifugiato da dove continua a denunciare e scrivere sul terrorismo di Stato in Colombia, sui legami del governo con il paramilitarismo e sui crimini statunitensi in America latina e nel resto del mondo.
 
Quattro mesi più tardi la stessa traversia, identica nelle modalità, è capitata a Paul Emile Dupret. Stesso volo, AF348, diretto da Parigi a Città del Messico il 19 agosto di quest’anno. Paul Emile Dupret, cittadino belga, giurista e da anni consigliere  del gruppo Sinistra Unitaria (GUE/NGL) del Parlamento Europeo, nonché attivista difensore dei diritti umani e altermondialista, si stava recando in Messico per partecipare alla XV assemblea del Foro di San Paolo.
 
Come avvenuto a Calvo Ospina, durante la traversata atlantica, Dupret è stato avvisato da un membro dell’equipaggio che il suo nome era presente sulla “lista nera” degli Stati Uniti e pertanto  le autorità di quel paese rifiutavano di far passare quel volo sul proprio spazio aereo.
Dopo una lunga deviazione al largo della Florida, l’aereo con più di un’ora di ritardo è giunto a destinazione. Al ritorno il Sig. Dupret ha dovuto cambiare il biglietto, già prenotato da tempo, per una tratta verso Parigi via La Havana.
 
Ancora più incresciosa la vicenda capitata alcuni mesi fa alla signora Lourdes Contreras, moglie di Narciso Isa Conde membro della presidenza collettiva della Coordinadora Continental Bolivariana nonché noto dirigente comunista nel suo paese, la Repubblica Dominicana. Il 13 maggio di quest’anno la signora Contreras è su un volo diretto in Giamaica, dove deve partecipare ad un congresso internazionale come direttrice del Centro Studi di Genere dell’Istituto Tecnologico di Santo Domingo (Intec). Il volo atterra a Miami per uno scalo tecnico, una volta scesa  a terra viene arrestata da agenti dell’Ufficio Migrazione e dopo un generico interrogatorio le viene cancellato il visto valido fino al 2016 e il giorno seguente viene rispedita in manette nella Repubblica Dominicana. 
 
Lourdes Contreras, importante attivista per i diritti delle donne, stimata collaboratrice dell’Università Nazionale di Santo Domingo, per l’intelligence americana ha la colpa di essere da circa 40 anni moglie e compagna di vita e di lotta  del  rivoluzionario Narciso Isa Conde, accusato dalla Colombia di essere un fiancheggiatore delle FARC e che da tempo denuncia nel suo paese piani dei servizi segreti e del governo colombiano in combutta con la CIA per attentare alla sua vita.
 
Quanto accaduto a Hernando Calvo Ospina e a Paul Emile Dupret trova spiegazione nell’attività giornalistica di denuncia del primo e nell’ attivismo sociale e politico del secondo, invece ciò che è accaduto alla signora Lourdes Contreas è da mettere in relazione al fatto che suo marito, Narciso Isa Conde, è un “riconosciuto sostenitore di gruppi terroristici”, come riportato testualmente nel documento del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti al quale la signora ha potuto accedere tramite il Ministero degli Esteri del suo paese e il Console Generale in Repubblica Dominicana. Nello stesso documento viene specificato che né lei né i suoi figli possono mettere più piede negli Stati Uniti.
 
Si può individuare pertanto in questo caso un inasprimento ulteriore dell’utilizzo delle misure di sicurezza statunitensi? Qui  i divieti sono stati estesi anche alle relazioni familiari e addirittura viene resa esplicita la motivazione, se pur ambigua e generica, che ne è all’origine, diversamente da quanto è successo a Hernando Calvo Ospina e a Paul Emile Dupret che formalmente non sono stati mai informati sulla loro situazione da nessuna istituzione e per i quali i rispettivi governi non hanno mosso un dito per chiedere spiegazioni o per sostenerli nell’abuso subito.
 
Appare evidente quindi  l’uso strumentale che viene fatto dell’11 settembre, della politica di sicurezza di George Bush e della “guerra al terrorismo”. E’ evidente l’uso strumentale della morte di circa 3000 cittadini americani a seguito dell’attacco alle due torri realizzato da un gruppo di integralisti islamici, per colpire in tutt’altra direzione.
 
Un solo punto in comune esiste fra le tre persone ed è probabilmente la denuncia che essi portano avanti in modi e forme diverse rispetto alle oscure vicende  del potere in Colombia.
Ma è solo la Colombia? Oppure è qualcosa che riguarda anche il loro impegno portato avanti anche contro i  grandi centri di potere economico  e i loro crimini  in America latina e nel resto del mondo?
 
Narciso Isa Conde, Paul Emile Dupret ed Hernando Calvo Ospina non sono terroristi, non appartengono ad organizzazioni terroriste e non sono mai stati arrestati per vicende legate al terrorismo. A che titolo sono stati inseriti nella lista nera del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti? Con quali accuse? Su quali fondamenti? Con quali prove soprattutto? Gli Stati Uniti lo hanno fatto per proteggere la propria sicurezza o piuttosto per rispondere ad interessi di altri?
 
Domande che aprono un caso di persecuzione politica. Siamo in presenza di un nuovo maccartismo?
Lo scrittore ed analista politico messicano Carlos Montemayor nel suo ultimo saggio La guerrilla recurrente  (2007) scrive a proposito: “il terrorismo (dopo l’11 settembre) si converte ora per definizione dello stato e dell’esercito in un diffuso potere internazionale che contiene alcuni tratti del vecchio e preferito nemico degli Stati Uniti: il comunismo internazionale.… In questa lotta il governo del presidente Bush è riuscito a costruire uno strumento anche più potente di quello del vecchio Mc Carthy degli anni ’50: non più un maccartismo interno agli Stati Uniti, ma un maccartismo internazionale, con il quale ha chiuso tutte le possibilità di comprensione di alcuni processi sociali complessi in diverse zone del mondo”.
 
Una sorta di guerra fredda, osserva Montemayor, caratterizzata però dalla presenza di un solo protagonista che definisce le condizioni e inventa i fiancheggiatori dei suoi nemici di volta in volta, senza trovare nessun ostacolo dall’altra parte (perché non c’è).
 
Senza alcun ostacolo, coperti dal silenzio dei grandi mezzi di comunicazione, complice la subalternità delle istituzioni dell’Unione Europea che non ha fiatato di fronte a quanto accaduto a Paul Emile Dupret che pure lavora nel Parlamento Europeo da più di 18 anni,   così come dei governi di  Francia, Belgio e della Repubblica Dominicana. Nessuna condanna rivolta verso quella che è stata una evidente violazione del loro diritto a viaggiare.
 
Per chi conosce gli articoli di Calvo Ospina e le battaglie di Paul Emile Dupret così come la coerenza e l’impegno di Narciso Isa Conde per un’America latina libera da qualsivoglia imperialismo e soprattutto dall’ingerenza degli Stati Uniti, tutto allora appare più chiaro.  La persecuzione è politica, prima ancora che giudiziaria e questo  configura quanto accaduto come un caso di evidente violazione dei diritti umani.
 
Diritti umani che sono stati ridefiniti e riscritti arbitrariamente dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre. Se nella Dichiarazione Universale del 1948 si affermava esplicitamente che era necessario stabilire norme giuridiche che tutelassero le libertà ed i diritti degli uomini indipendentemente dalla loro razza, sesso, colore, lingua, religione e opinione politica è significativo che Gerge W. Bush nel suo discorso al Congresso degli Stati Uniti del 20 settembre 2001, nove giorni dopo l’attentato alle Torri Gemelle, ridefinisce i diritti umani cancellando “l’opinione politica” come fattore non discriminante. Afferma infatti (testualmente): “nessuno può essere segnalato, né maltrattato, né offeso verbalmente per la sua etnia e nemmeno per la sua fede religiosa”. L’ appartenenza a un pensiero politico, la militanza politica, le idee divengono  dopo l’11 settembre, ancora una volta   fattori discriminanti.
Dice George Bush qualche passo più avanti: “la nostra guerra contro il terrore comincia con Al Qaeda ma non finisce lì”.
 
Sono talmente indefiniti i limiti di quella “guerra al terrore” che si sta verificando il rischio, da molti segnalato dopo l’emanazione del USA Patriot Act, che potesse essere  utilizzata realmente contro le battaglie per l’indipendenza dei popoli, contro le resistenze ai governi dittatoriali, calunniando come “terrorismo” ogni forma di legittima risposta armata al vero terrorismo di Stato che colpisce popolazioni inermi. La versione aggiornata di questa guerra si rivolge contro le migliaia di militanti e attivisti che percorrono i cieli e macinano chilometri del nostro pianeta per condividere, informare, importare ed esportare esperienze, solidarietà, sostegno e comunicazione fra realtà lontane e diverse fra loro che si nutrono di questo flusso costante di energie. “Questo equivale a sostituire ad ogni stato di diritto un potere fascistoide e un terrore infinito” scrive Narciso Isa Conde nel suo libro (Los halcones atacan – Estrategia E.U. en el siglo XXI y alternativa revolucionaria). 
 
Interrogato sul possesso delle armi, Hernando Calvo Ospina risponde testualmente al poliziotto che ha di fronte : “la mia unica arma è scrivere, specialmente per denunciare il governo degli Stati Uniti   che io considero veramente terrorista”. Il poliziotto guardandolo gli ha risposto: “quest’arma a volte è peggiore di bombe e fucili”.
 
 
 
 

Falsi Positivi/Falsos Positivos

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Il trailer del documentario di prossima uscita che racconta il caso colombiano dei crimini di Stato noto come “falsos positivos”.  Di Simone Bruno e Dado Carillo.

I “falsi positivi” sono vere e proprie esecuzioni extragiudiziali commesse dall’Esercito colombiano per giustificare in termini di numeri e cadaveri la lotta contro il terrorismo.


Uribe al terzo mandato?

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Alvaro Uribe

Le smanie di Uribe per  essere rieletto per la terza volta
di Maurizo Matteuzzi
21 agosto 2008
 
Si vedrà ora quale sarà la reazione dei paesi democratici dell’occidente (America in testa), degli ultrà del liberalismo (alla Vargas Llosa) e dei media della sinistra super-light (tipo il madrileno El País o la nostrana Repubblica) sempre pronti a gridare al lupo quando si tratta di Chávez, di Morales o di Correa. Si vedrà presto cosa diranno di uno dei loro beniamini, il colombiano Álvaro Uribe, che sbava per essere rieletto nel 2010 per un terzo mandato consecutivo — che la costituzione proibisce — e restare altri 4 anni al palazzo Nariño di Bogotá. Naturalmente, anche lui, non per ambizione personale ma «per garantire la continuità della sua politica di sicurezza democratica». Che, facendo della Colombia il (praticamente unico) vassallo degli Stati uniti nel Cono sud — è solo di qualche giorno fa l’annuncio della concessione per 10 anni di ben 7 basi militari agli Usa per combattere «il narco-traffico e il terrorismo» — e facendone quello che Chávez ha definito «l’Israele dell’America latina» rispetto ai paesi dell’area, ha portato a qualche innegabile successo, come la liberazione di Ingrid Betancourt e l’uccisione di Raúl Reyes, il numero due delle Farc (molto indebolite).
L’altro ieri, in concomitanza con la notizia che il brasiliano Lula ha escluso per l’ennesima volta l’ipotesi di un terzo mandato nel 2010 (previa anche in Brasile la riforma della costituzione), il senato colombiano ha approvato il progetto di legge che convoca un referendum per approvare la riforma della costituzione e consentire il terzo mandato consecutivo. 56 i voti a favore, tutti provenienti dai 7 partiti della coalizione uribista, 2 i contrari, ma i senatori d’opposizione se ne erano andati per protesta contro quella che uno di loro, il liberale Juan Manuel Galán (figlio del candidato presidenziale assassinato nell’89), ha definito «il massacro della costituzione del ’91». Una costituzione peraltro già riformata da Uribe 5 anni fa — comprandosi i voti, come ha dimostrato la magistratura — per consentirgli un secondo mandato. Caustico anche il commento su Uribe di Gustavo Petro, leader del Polo Democático Alternativo (sinistra moderata): «In 8 anni non è stato capace di togliere lo Stato dalle mani delle mafie». In evidente riferimento alle «infiltrazioni» (eufemismo) dei para-militari — i grandi alleati di Uribe — nei gangli statali più vitali.
Finora Uribe faceva lo gnorri. Sembrava guardare da lontano le smanie dei suoi scudieri intenti a raccogliere le firme popolari necessarie per spingere il Congresso a votare la legge sul referendum (alla fine ne sono state raccolte più di 4 milioni). In maggio sembrava addirittura prendere le distanze: il terzo mandato «mi sembra sconveniente perché perpetua il presidente e sul piano personale perché non vorrei apparire come uno aggrappato al potere». Tutto fumo. Martedì la legge sarà alla Camera, dove dovrebbe passare. Poi l’ultima parola spetterà alla Corte costituzionale, dove potrebbe trovare qualche difficoltà. E alla fine, per essere valido, il referendum dovrà registrare un’affluenza di almeno il 25% dell’elettorato (7.4 milioni, molti).

Colombia, via libera all’impunità con la nomina del nuovo Fiscal General

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Camilo Ospina

C’è molta tensione in questi giorni in Colombia per la nomina  del nuovo Fiscal General, il Procuratore Generale della Repubblica, nomina considerata importante quasi quanto quella dello stesso Presidente, soprattutto in vista del fatto che nei prossimi quattro anni (la durata dell’incarico) la magistratura dovrà affrontare nel paese processi importanti, partendo da quelli legati allo scandalo della “parapolitica” per finire a quelli della così detta “Yidispolitica”, la compravendita di voti di parlamentari del Congresso che ha permesso  la seconda rielezione di Uribe.
In effetti la terna di nomi,  che viene  proposta  direttamente dallo stesso Presidente della Repubblica alla Corte Suprema di Giustizia,  sembra essere un vero e proprio lasciapassare confezionato su misura  per tutti quei politici coinvolti in inchieste sulle loro presunte o accertate connivenze con il paramilitarismo, ma anche per le varie indagini e relativi processi  che si stanno portando avanti nell’ambito dello scandalo dei “falsi positivi”: un vero e proprio crimine di Stato, circa duemila  giovani giustiziati  da membri dell’Esercito colombiano, vestiti con uniformi delle FARC e fatti passare come guerriglieri uccisi  in combattimento per incassare premi in denaro, promozioni o note di merito.
Uno de nomi proposti dal presidente Álvaro Uribe e quello considerato papabile  è infatti Camilo Ospina già ambasciatore della Colombia presso l’organizzazione degli Stati Americani ed ex ministro della Difesa.
Proprio mentre ricopriva la carica di ministro della Difesa infatti, Ospina  emanò la Direttiva n. 029 con la quale si prevedevano ricompense in denaro ai membri delle Forze Armate per l’eliminazione di esponenti della guerriglia, scatenando  così le loro fantasie più truculente sulle metodologie adatte allo scopo. Vennero addirittura create vere e proprie agenzie di offerte di lavoro, i giovani che vi si rivolgevano venivano convinti a recarsi a migliaia di chilometri di distanza con la promessa di un impiego. A destinazione eranno uccisi e travestiti da guerriglieri  e quindi  i loro cadaveri presentati come “prove” del lavoro svolto per la riscossione dei premi.
Gli altri due nomi proposti dal governo per la nomina a Procuratore Generale della Repubblica  sono Juan Ángel Palacio,  un ex magistrato del Consigliodi Stato e Virginia Uribe, ex consigliera del Ministero dei Trasporti Pubblici, ambedue molto vicini alla Presidenza. Recentemente sono state diffuse registrazioni audio che testimonierebbero il coinvolgimento di Juan Ángel Palacio e la sua ingerenza in alcuni casi di corruzione.
L’avvocato ed editorialista Ramiro Berajano ha dichiarato nel corso di un’intervista a BBC Mundo che con la terna di nomi proposta dal governo “ la nazione sa  che la lotta contro l’impunità verrà posticipata di altri quattro anni e che la terna elaborata dal presidente Uribe non offre  garanzie  rispetto al  fatto che chi verrà  nominato abbia l’indipendenza necessaria per risolvere i casi che coinvolgono gli alti funzionari pubblici e i familiari del Presidente”.
Si riferisce ovviamente  a Mario Uribe Escobar, cugino di Álvaro Uribe  e suo alleato politico finito nelle mire della magistratura per lo scandalo della parapolitica in seguito alle accuse dei paramilitari  Salvatore Mancuso e  Jairo Castillo Peralta alias Pitirri. Mario Uribe Escobar ha rinunciato al suo incarico al Congresso per poter essere giudicato proprio dalla Fiscalía invece che dalla Corte Suprema di Giustizia con la quale il presidente Uribe non ha avuto rapporti molto sereni ultimamente.
Basta poco in Colombia per salvare dalle grane i familiari del Presidente della Repubblica, ma non solo. Il gioco delle tre carte salva  nello stesso tempo i politici complici dei paramilitari delle motoseghe e delle fosse comuni, i militari assassini di giovani innocenti per una licenza premio, i mandanti degli omicidi di decine e decine di difensori dei diritti umani, di sindacalisti, di attivisti scomodi.
 
Il gioco delle tre carte paga sempre in Colombia e quella dell’ impunità risulta essere sempre la vincente.
 

Risposta a Jaime Rodriguez, un colombiano in Italia

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Jaime Rodriguez, un colombiano che vive in Italia da anni ha lasciato in questi giorni un lungo commento sul sito, raccontando la sua esperienza e la sua vita. E’ una testimonianza educata e gentile e che  merita rispetto, anche se tuttavia rappresenta per così dire, quella che è la versione filogovernativa della realtà colombiana. Perfino nel tentativo di dare la colpa ai “vicini stati latinoamericani” (leggi Venezuela) della distorsione con cui noi europei ci occupiamo della Colombia. La sua lettera mi ha ricordato la conversazione avuta tempo fa con l’ambasciatore colombiano a Roma Sabas Pretelt de la Vega. Sembra che certi discorsi vadano secondo binari stabiliti e rigidi copioni. Tuttavia non è sempre così semplice e la realtà è mutevole e diversa. So bene che non è facile per nessuno e che ognuno ha le proprie ragioni, che anni di guerra civile hanno portato all’imbarbarimento del conflitto, che è facile far passare delinquenza comune per guerriglia, così come è stato facile per i militari dell’esercito far passare giovani innocenti per “pericolosi terroristi”, ucciderli e mettergli addosso una mimetica con il distintivo delle FARC, ma non sono sicura che il popolo voglia per una terza volta Uribe come dice il nostro amico, non sono sicura che il presidente colombiano abbia l’intero consenso nazionale. Piuttosto bisogna sempre scegliere da che parte stare…
Questa è la risposta che ho scritto ieri sera a Jaime e di seguito c’è il suo commento, tanto per riflettere e discuterne, nessuno di noi pretende di avere la palla di vetro o l’elisir della saggezza…
 
 
Caro Jaime, ti ringrazio per l’attenzione e per la sincerità e la delicatezza con la quale mi hai raccontato alcune cose della tua vita.
Non ho motivo per dubitare di quanto tu racconti. Tuttavia permettimi di dirti che  le storie che giungono dalla Colombia, anche da quello stesso popolo che tu giustamente chiami in causa, sono molto diverse.
 
So di persone che se ne sono dovute andare perchè minacciate e costantemente in pericolo di vita per il loro lavoro e per il loro impegno.
 
So di tanti sfollati che hanno dovuto lasciare le loro terre perchè semplicemente gli sono state sottratte dai paramilitari.
 
Ho conosciuto Aida Quilcué , leader del CRIC,  in Italia poche settimane dopo che l’esercito gli ha ammazzato a bruciapelo il marito.
 
Ho amici che si occupano tra pericoli e difficoltà della difesa dei diritti umani in Colombia e ogni volta che escono da casa la  mattina  sperano di poter farvi ritorno.
 
Il giornalista italiano Simone Bruno per aver testimoniato e scritto sull’uso delle armi da parte della polizia durante la Minga indigena dello scorso mese di ottobre, ha ricevuto minacce di morte e ne abbiamo parlato anche in questo sito.
 
Conosco Iván Cepeda che si batte per la giustizia per le vittime dei crimini di Stato e so che due anni fa in una settimana sono stati ammazzate sei persone del MOVICE, in occasione della marcia del 6 di marzo, dopo che Luis Obdulio Gaviria e lo stesso Uribe in televisione hanno detto  che la stessa era stata organizzata dalle FARC.
 
E potrei continuare all’infinito. E so che purtroppo non sono cose inventate nemmeno queste. So anche di tante persone che vorrebbero lasciare la Colombia e che non lo fanno, o perchè non possono, semplicemente non possono, o perchè non lo trovano giusto e preferiscono rimanere nel loro paese a costo di rimetterci la vita.
 
Credo anche che stia  crollando pezzo dopo pezzo la  maschera che è stata costruita ad arte intorno a Uribe e al suo governo.
 
Democrazia? E’ democrazia quella nella quale ha vinto con una  campagna presidenziale finanziata e appoggiata dai peggiori criminali del paese? Quelli sì narcotrafficanti veri.
 
E’ democrazia quella nella quale 2000 giovani, per lo più umili contadini o disoccupati sono stati uccisi dai soldati e fatti passare da guerriglieri solo per avere una promozione o una licenza? 88 dollari il prezzo del loro cadavere pagato da qualche militare dell’Esercito colombiano.
 
E la sicurezza, la tanto decantata sicurezza. Per chi? Per le famiglie ricche, barricate nei loro quartieri, o per persone come te che hanno avuto la possibilità di studiare e di lasciare il paese o per quella dei  politici corrotti. O la sicurezza dell’impunità per i responsabili dei tanti crimini, o di quella di chi  ha messo la politica nelle mani dei paramilitari. Smobilitati dicono. Quando? Dove? Come?
 
Che sicurezza c’era per le 111 persone scomparse nel corso del 2008 e il cui caso è indicato sotto la voce “desaparición forzada”? O per i 42 sindacalisti uccisi nei primi 6 mesi dello stesso anno?
 
E se parliamo del “miglioramento del clima politico, sociale ed economico”  come tu dici, parliamo anche del 48% di bambini che ancora non hanno accesso all’educazione? O di quelli che ancora muoiono per denutrizione?
 
Ma tu queste cose le sai, certo, è il tuo paese. Purtroppo le conosciamo anche noi. E siccome noi stiamo sempre dalla parte dei più deboli, di quelli che non possono e non vogliono andarsene, di quelli che non hanno nemmeno i soldi per il bus per Bogotà, di quelli che non hanno il telefono e che quindi non partecipano ai sondaggi Gallup,  , di quelli che non riescono ad andare a votare perchè troppo lontano da dove vivono, di quelli che difendono la sopravvivenza dei loro cari e dei loro figli (anche quella alimentare) e non certo di quelli che difendono potere e ricchezze sulle povere spalle del popolo colombiano da decenni, continueremo a denunciare tutto questo.
Un caro saluto.
Ah… scusa se ti ho dato del tu.
..
Cara Annalisa
 
Ho letto con molta attenzione i suoi articoli in merito al Presidente Colombiano Alvaro Uribe. Io sono colombiano, Ing. Elettronico laureato in università pubblica a Bogotà. Oggi tutta la mia famiglia abita all’estero, perche siamo stati perseguitati e minacciati…… dovevamo pagare il pizzo.
 
Uno dei miei fratelli è stato sequestrato per motivi estorsivi, e liberato dopo aver pagato una somma per la sua liberazione, anche se abbiamo temuto il peggio. Non eravamo una famiglia benestante ne abbiamo avuto relazioni con la politica ne di destra ne di sinistra.
 
Anche se negli anni 50 i gruppi guerriglieri che nascevano (per conflitti politici all’epoca)erano insorgenti armati che vivevano nella clandestinità ma avevano molto probabilmente degli ideali politici –come i partigiani all’epoca della seconda guerra mondiale in italia-. Purtroppo con il tempo, furono abbandonati quelli ideali politici che in principio gli fecero nascere…. per sostituirli con quelli economici, denari ottenuti attraverso attività illecite quali sequestro, estorsione e delinquenza organizzata; negli anni 80 diventarono “l’esercito” dei cartelli della droga, e negli anni 90 i quando i “Capi” dei cartelli della droga –Rodriguez Gacha, Rodriguez Orejuela, Pablo Escobar, ecc– furono messi “sotto controllo”, la mal chiamata guerriglia diventava “narcoguerriglia”.
 
Era un gruppo di delinquenza organizzata diventato economicamente molto forte, che non cercava più di partecipare nella politica democratica ma di creare un nuovo stato dentro lo stato. Sono riusciti a implementare il più grande sistema di corruzione in tutte le istituzioni dello stato… dal parlamento, fino al catasto.
 
Sono stato testimone vivente del danno economico e psicologico da loro creato. Le multinazionali che stavano investendo in Colombia, iniziarono a chiudere le figliali lasciando migliaia di lavoratori senza posto di lavoro. Le multinazionali che fino a quel momento stavano esplorando il petrolio in Colombia, decisero di spostare l’esplorazione a Venezuela (sempre per causa delle estorsioni, sequestri e attentati agli oleodotti).
 
Per anni, i guerriglieri furono invitati a partecipare a tavoli di negoziazione, ma loro presero in in giro continuamente ai governi in carica; alcune volte non si sono ne anche presentati. Hanno chiesto e ottenuto “zone di distensione” cioè zone libere della presenza dello stato per “facilitare il clima della negoziazione” che poi si è dimostrato venivano utilizzate come zone per formazione militare, reclutando i figli minorenni dei contadini della zona e ricevendo armi provenienti da aerei russi che sorvolavano la zona.
 
Tutti i Colombiani ci siamo stancati e molti siamo stati costretti a lasciare il nostro paese vittime della guerriglia negli anni che furono considerati “l’esodo dei Colombiani” dal 1999 al 2001.
 
Le politiche di Uribe iniziarono ad ottenere risultati per tutelare i cittadini per bene. Io sono tornato un paio di volte negli anni 2005 e 2007, e il riscontro con tutta la popolazione è stato molto positivo.
 
Molti contadini erano riusciti a riprendere possesso dei terreni di proprietà –da dov’erano fuggiti per causa della violenza-, e avevano ripreso le loro attività economiche. La soddisfazione dei lavoratori, commercianti e impresari ringraziano a Uribe le garanzie istituite per svolgere e tutelare le proprie attività.
 
Io umanamente vi chiedo di documentarvi direttamente con la popolazione….. ho avuto la possibilità di sentire molti dei miei amici che partecipavano attivamente in movimenti di sinistra e oggi invece condividono e appoggiano incondizionatamente le politiche del presidente Uribe. Non ci sono dubbi dell’intero consenso nazionale da lui ottenuto in una vera democrazia…. il popolo lo vuole rieletto per la terza volta, e chi, meglio che la stessa popolazione per misurare il miglioramento del clima politico, sociale ed economico di uno stato ???
 
E’ chiaro…. non tutto sono rose e fiori, ma non riesco a capire come facciano gli stranieri a criticare le politiche di Uribe quando la popolazione ne va fiera. Sarà magari che le “politiche in contrapposizione” dei vicini stati latinoamericani con politiche di sinistra, riescono a presentare una realtà sufficientemente distorta approfittando del proselitismo “anti-americano” ????
 

Arrestato l’ex ambasciatore colombiano in Repubblica Dominicana Juan José Chaux

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Chaux jura ante Uribe (entre demonios eheheheh...)

L’ex ambasciatore colombiano nella Repubblica Dominicana,  Juan José Chaux , è stato arrestato ieri all’aeroporto di Bogotá  El Dorado per presunti vincoli con gruppi paramilitari che, secondo le accuse, avrebbero sostenuto la sua candidatura (poi ottenuta) come governatore del dipartimento del Cauca.
 
Il capo paramilitare Herbert Veloza García, conosciuto come “HH”, attualmente in carcere negli Stati Uniti ha dichiarato che in più di un’ occasione Juan José Chaux si riunì con i vertici delle Autodefensas Unidas  de Colombia (AUC) come Salvatore Mancuso, “Don Berna” e “El Alemán”.
 
Chaux rassegnò le sue dimissioni da ambasciatore nel 2008, quando fu accusato dal paramilitare Antonio López, alias “Job” di aver partecipato a una riunione con lui nella Casa de Nariño, sede della Presidenza.
 
Chaux è stato recentemente sostituito a Santo Domingo, dall’ex capo dell’Esercito colombiano, Mario Montoya, dimessosi per lo scandalo dei “falsi positivi”.
 
Di rimpasto in rimpasto, di criminale in criminale…
 
Della nomina di Mario Montoya ne avevamo parlato qui

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