Venezuela y ley habilitante

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In Italia la diffamazione a mezzo stampa é punita dall’articolo 595 del Codice Penale che recita: “Se l’offesa é recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicitá, ovvero in atto pubblico, la pena é della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione” (da aggiornare ad euro — ndr).

Ció premesso, continuamente su stampa e televisione venezuelana leggiamo ed ascoltiamo notizie false, tendenziose e diffamatorie. Questi media, ripresi dai suoi alleati all’estero, vogliono far apparire Chavez come un dittatore. La scusa, adesso, é la cosidetta Legge Abilitante per la quale il Presidente del Venezuela, in questo caso Hugo Chávez, avrá podestá legilativa in alcune materie.

C”e da dire che queste leggi comunque dovranno essere ratificate dal Parlmento. Inoltre, non c’é assolutamente niente di dittatoriale; noi, in Italia abbiamo la stessa figura: i decreti legge. I decreti legge sono presenti, con nomi differenti (chi ha studiato diritto costituzionale comparato conosce la materia) in tutte le costituzioni democratiche del mondo. I decreti legge altro non sono che la possibilitá per il governo di legiferare, in eccezione alla Legge che prevede la podestá legislativa riservata al Parlamento. In Venezuela prendono il nome di Ley habilitante. Siamo di fronte alla stessa figura giuridica.

E’ vero che in italia a volte si criticano i governi per l’uso eccessivo di questa figura, peró nessuno si permetterebbe di paragonare il presidente del Consiglio di turno che utilizza i decreti legge, a Hitler, come succede in Venezuela. La copertina che mostriamo é del giornale “Tal Cual”. Una copertina del genere, in Italia avrebbe provocato dibattiti a non finire. Diffamare il presidente del Consiglio in tale modo avrebbe comportato non solo le pene di cui all’articolo corripondente del Codice Penale, ma conseguenze ben piú pesanti per il giornale colpevole di una simile diffamazione.

Secondo questi media, Il Venezuela sarebbe il paese della dittatura, il paese della repressione della libertá di stampa. La veritá, sotto gli occhi di tutti, é che in questo paese manca l’apparato giudiziario. I media possono dire tutto e di piú, con la piú assoluta impunitá fino al punto di permettersi di confessare in diretta di essere attori protagonisti di un colpo di stato e continuare a trasmettere anno dopo anno. Immaginate in italia, una televisione implicata in un fallito colpo di stato? Cosa gli succederebbe? Pensate che starebbe ancora in linea? Si accusa il governo Chavez di voler chiudere le televisioni! Negli otto anni di Governo Chávez (meno 47 ore di dittatura; é bene non dimenticarlo) le uniche televisioni silenziate sono state VTV, la televisione dello Strato ed una piccola televisione privata di nome Catia TV; entrambe silenziate dal breve governo del dittatore Carmona e suoi complici (nella fattispecie il sindaco di Caracas, Alfredo Peña).

La copertina in questione ha provocato la reazione, non solo nostra, ma anche di giornalisti seri ed obiettivi come Piero Armenti, giornalista de La Voce d’Italia, giornale notoriamnte vicino alle posizioni dell’opposizione, che nel suo Notizie da Caracas, titola TEODORO PETKOFF E’ IMPAZZITO”

 

Gentile Direttore Ezio Mauro

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INVITO TUTTI GLI AMICI BLOGGER  CHE DOVESSERO AVERE PROBLEMI O INSODDISFAZIONI CONIUGALI DI QUALSIASI GENERE A SCRIVERE LE LORO LETTERE E INVIARLE AL DIRETTORE DI LA REPUBBLICA
Gentile Direttore
Ezio Mauro
 
Questa mattina ero al bar con quella sfigata della mia amica Giuditta V. con  la quale mi incontro  tutte le mattine per la consueta colazione e per condividere con lei pene e dolori. La sua vita a partire da quella matrimoniale infatti è un totale disastro. Poverina sa, ha un marito… Leggendo   La Repubblica abbiamo trovato però la soluzione a tutti i suoi problemi. Innanzitutto vogliamo ringraziarla per questo, è difficile infatti che un grande giornale mainstream come il suo  possa avere a cuore i problemi sentimentali e coniugali di tanti suoi lettori tanto da avere il coraggio di pubblicarli addirittura in prima pagina.
Infatti sicuramente darà questa opportunità anche a Giuditta  come già ha fatto questa mattina con la signora Veronica Berlusconi, mi pare si chiami così quella poveraccia di stamattina, così violata nella sua identità di donna…
Voglio dire,  con tutto ciò che accade nel mondo: la guerra in Iraq, Vicenza che non ci sta, i neonazifascisti che vogliono riscrivere la storia, i nostri ragazzi in Afghanistan, il riscaldamento del pianeta, gli errori di Bush e in ultimo anche Fidel che sta molto meglio (con buona pace di Omero Ciai) dedicare un paginone alle lettrici incasinate ci sembra veramente …rivoluzionario oserei dire.
Questa è la lettera di Giuditta sperando che attraverso le pagine di La repubblica possa toccare le corde più sensibili di quel porco di suo marito Ignazio.
 
Caro Direttore
di La Repubblica
Le scrivo sperando che mio marito leggendola, possa rendersi conto di tutti gli errori che sta commettendo verso di me, sposa fedele e devota. Già da tempo mi sono accorta caro Direttore che lui non mi guarda più come una volta, praticamente sono diventata trasparente, certo mi rendo contro che con tre figli  da sfamare, il mutuo da pagare, le bollette etc etc e un lavoro da netturbino precario la sera non abbia più voglia di me, ma cosa devo fare io?
Avevo messo da parte con grandi sacrifici 60 euro facendo la cresta sulla spesa e sono entrata in un negozio di biancheria intima e li ho spesi tutti lì, m anche questo non è bastato.
L’altra sera ero andata a dormire presto, all’improvviso però mi sono alzata e  ho scoperto che stava guardando un film porno in tv. A volte mi vengono dei dubbi perché il telefono squilla e lui va a rispondere sul balcone, che le sue energie le dedichi ad un’altra persona?
La mia amica Annalisa mi dice di mandarlo a quel paese, in fin dei conti mi tratta anche male e a volte mi mette anche le mani addosso, ma poi dice che mi vuole tanto bene,  ma sa con tre bambini… Questa è l’ultima possibilità che mi rimane.
Ignazio, se la leggi, tua moglie Giuditta ti ama ancora nonostante tutto, ma per favore non ledere ancora la mia dignità.
Ringraziandola per la magnifica possibilità che mi ha concessa cordialmente la saluto, ah…dimenticavo ora avviso anche mia cognata Luisa, pure lei sa … non sta messa per niente bene…
Giuditta V.
 
La lettera di Cronache da  un mondo gabbato di Raffaele Mangano
La lettera di Pensierofilia
La lettera di Gennaro Carotenuto
La lettera di Neroassenso

Fabrizio Pecori: Dal Gange all’Annapurna

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Stupa di Bodnath

Stupa di Bodnath

Ringrazio Fabrizio Pecori, fotografo viaggiatore e itinerante, perché accogliendo una mia richiesta, di ritorno dall’India  mi ha reso partecipe con questa foto della magia soave e delicata dello sventolare delle lungta, le bandierine votive che trasportano verso il cielo le preghiere dei monaci tibetani. “Il vento, facendo garrire gli stendardi, legge l’invocazione alla divinità; il sole facendo stingere le scritte e la pioggia dilavando le bandiere recitano anch’essi reiteratamente l’invocazione Om mani padne hum! che può essere tradotta Salve o gioiello nel fiore di loto, salve! “. (Mario Fantin)
Lo “stupa” o “monumento spirituale” della fotografia è lo stupa di Bodnath meta di intenso pellegrinaggio fin dal 1400 da ogni parte  dell’Asia e sorge a pochi chilometri a nord-est di Kathmandu.
Vi invito a frequentare nei prossimi giorni il blog di Fabrizio (ma sicuramente vale la penna di tenerlo fra i favoriti) perché ogni suo viaggio non si esaurisce al ritorno, ma come è sua consuetudine lo estende delineando  con le sue fotografie e i suoi racconti dei particolari percorsi di conoscenza che generalmente occupano uno spazio temporale e visivo molto ampio, come a voler conservare quanto più a lungo possibile negli occhi e nel cuore il fascino del Lontano.

Matisse e Bonnard. Viva la pittura!

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Henri Matisse - Le bonheur de vivre

Henry Matisse — Le bonheur de vivre

Si concluderà il 4 febbraio la mostra “Matisse e Bonnard. Viva la pittura!” ospitata al Complesso del Vittoriano a Roma.
“Viva la Pittura!” è l’inno con il quale i due amici e colleghi celebrarono sia il loro amore per l’espressione artistica sia la loro amicizia che in questa espressione trovava il naturale punto di arrivo ma anche originariamente quello di partenza. Un’amicizia che durò tutta una vita e che si sviluppò in una lunga e interessantissima corrispondenza tra i due artisti.
Non è necessario essere dei critici d’arte per cogliere la sensibilità e la ricerca cromatica intesa come percorso formativo in cui Matisse e Bonnard si sono incontrati, ma anche poi per riuscire a soffermarsi su quelle che sono state le loro diversità espressive più evidenti. Per questo, basta entrare al Vittoriano con gli occhi di chi è “sedotto dal colore” come diceva di se stesso Pierre Bonnard. Confesso di esserlo sempre stata, fin da bambina.  Il colore, i colori, la loro trasparenza o il loro spessore, mi hanno sempre sedotta e quindi pur non essendo critico d’arte sento di aver compreso il senso di quel “Viva la pittura!” che per me è ricerca estetica e forse interiore e che pur dovendo necessariamente far riferimento a una scuola pittorica o di pensiero  nel caso di Matisse e Bonnard  l’Impressionismo,   rimane comunque un “sentire il colore” (e di conseguenza restarne sedotta) che afferma con forza la sua identità libera da qualsivoglia schema formale o di riferimento accademico. 
E lasciandomi sedurre con gioia dai colori ho colto delle differenze significative a mio avviso nelle opere dei due pittori.

Pierre Bonnard - Panoramic view of Le Cannet 1941

Pierre Bonnard — Panoramic view of Le Cannet

Nei quadri di Bonnard, i colori sembrano fuggire da qualsivoglia costrizione dell’artista, essi sembrano fondersi l’un con l’altro dando vita a  vaghe immagini oniriche, mentre Matisse scopre la forza del colore, (forse più nelle opere della sua maturità) il quale sembra quasi ferire la tela e impossessarsene  violentemente e prepotentemente.
“Quattro macchie di colore, il verde scuro del folto degli alberi, il verde luminoso del mare, il giallo della sabbia e il blu del cielo. Vanno soltanto cambiate le dimensioni delle macchie per realizzare venti diverse vedute” Pierre Bonnard
E quindi in Bonnard il colore diventa pura ricerca cromatica e non mezzo espressivo e nei suoi paesaggi ti rendi conto  che un tramonto riesci a immaginarlo dalle sfumature delle montagne e non da quelle del cielo, dalla sfumatura blu-pervinca di un muretto,  attraverso la quale si riesce quasi a sentire il pomeriggio d’estate che volge al termine ma che è ancora saturo di calore.
In questi giochi di tonalità soffuse e trasparenze ti aspetteresti da un momento all’altro di non veder più nulla se non un fondersi gioioso di colori.
Nei quadri di Matisse invece i colori, come in aperto contrasto fra di loro sembrano duellare sulla tela dando maggior  vigore ai primi piani e così le fronde degli alberi all’inizio di un viale sembra che le puoi quasi cogliere…
Forse Bonnard trasmette una punta di malinconia in più rispetto all’amico, la malinconia che funge da elemento di fusione e che conferisce tonalità e trasparenze lievemente accennate ai colori.  Forse in lui si coglie una maggior languidezza che sì è vero che si traduce in un diverso risultato estetico ma che comunque ha origine probabilmente da una diversa sensibilità dell’artista, una malinconia interiore che affiora nelle trasparenze. I cieli di Bonnard appaiono quasi sempre carichi di pioggia, come a preannunciare un temporale improvviso.
Il sentire che si diluisce nel colore con la complicità della luce in Bonnard, la prepotenza e l’esuberanza dello spirito che si versano colorati sulla tela come a voler dire “ecco io ci sono, sono il colore” in Matisse.

Henri Matisse - Madame Matisee

Henri Matisse — madame Matisee

E questo differente sentire o diversa sensibilità e oserei dire temperamento dell’artista, si esprimono  anche in una diversa rappresentazione delle figure umane, in Bonnard volti nascosti da grandi cappelli, occhi socchiusi , sguardi velati che non si incrociano mai con quelli degli altri, nemmeno quelli dei bambini in Scena di strada  del 1905 dove perfino la bimba che gioca con il cagnolino sembra volgere  lo sguardo altrove, personaggi distanti emotivamente, forse ognuno perso nella sua solitudine. Sembra che guardino sempre altrove i personaggi di Bonnard, non incrociano mai il tuo sguardo, mentre guardano proprio te e nessun altro con spavalderia e sicurezza quelli di Matisse. Occhi languidi in Bonnard, sguardi vivi in Matisse.

Pierre Bonnard - Jeaune femme

Pierre Bonnard — Jeaune femme

La ricerca del giusto mezzo espressivo per delineare un sentire profondo trova ampia manifestazione anche nella rappresentazione del nudo in entrambi gli artisti ed è anche lì che si riesce a cogliere differenze sostanziali fra i due.
Il nudo di Bonnard appare sempre velato da una luce sottile, trasparente, quello  di Matisse ti sconcerta e ti intimidisce in quanto lo esprime quasi spudoratamente ostentando forme e pose senza nessun riferimento al del comune senso del pudore.
Le modelle di Matisse sono nude, lì per i nostri occhi e  felici di esserlo, potremmo quasi dire.

Pierre Bonnard - Nude against the light

Pierre Bonnard — Nude against the light

Quelle di Bonnard (ma forse una spiegazione razionale a questo possiamo trovarla nel fatto che la sua modella fu sempre la sua compagna Marthe) le immagini nel riflesso di uno specchio antico, le vedi volte di spalle o di profilo, quasi pudiche, nascondendo le parti intime con drappi o vestiti.
La sensualità velata in Bonnard in contrapposizione a quella ostentata in Matisse.
“Devo dipingere un corpo  di donna, prima ne rifletto le forme in me stesso, gli conferisco grazia, fascino. È forse la sublimazione del desiderio che non tutti riescono a percepire” Henri Matisse

Henri Matisse - Grande Odalisque à culotte bayadère 1925

Henri Matisse — Grande Odalisque à culotte bayadère 1925

Nel momento in cui ebbi una scatola di colori in mano mi sentii trasportato in una sorta di paradiso. Ero gloriosamente libero, tranquillo e solo. Henri Matisse
 
Trasportata in questa meravigliosa scatola  di colori che è stata la mostra Matisse-Bonnard, ne sono uscita sedotta e affascinata.
 
“Il quadro è un succedersi di macchie che si legano fra loro  e finiscono per formare l’oggetto, il tratto sul quale l’occhio si posa”. Paul Bonnard
 
Dopo essersi posato su questo meraviglioso susseguirsi di “macchie” che si sono legate fra di loro a raccontarmi un percorso di vita, ma anche di  amicizia, di stima profonda e affinità di sensibilità tra i due artisti, l’occhio attraverso il colore riesce a intuire finalmente quale sia la gioia che muove un artista nel momento sublime del creare.
Viva la pittura!
 
 


D’alema — Rice : Endless love

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  Condy, darling, pensaci tu alle preoccupazioni di Vicenza, che a me mi ci scappa da ridere”

 “Don’t worry be happy, dear Massimo…”

Soundtrack: Dont’worry be happy

 


Juan Cristóbal: Il compito dello scrittore socialista.

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En español

Traduco con piacere questo articolo dell’amico Juan Cristóbal poeta e scrittore di Lima pubblicato su Rodelú nel mese di novembre dello scorso anno.

Sebbene scritto con precisi riferimenti alla realtà letteraria e sociale peruviana in quanto l’autore partecipa attivamente  al dibattito culturale del suo paese, in un mondo globalizzato dove tutto si piega alle leggi di mercato e dove tutto, perfino la cultura e la letteratura diventano quantificabili in termini economici e diventano mezzo di potere e se vogliamo anche di  affermazione di esso, i suggerimenti di Juan Cristóbal, assumono, se estrapolati dal contesto al quale si riferiscono e applicati,  con una visione più allargata del loro significato ad una idea più universale di letteratura, un valore di guida e di indicazione su come debba svolgersi il dibattito letterario in un qualsiasi paese del mondo in cui  sia necessario  preservare l’identità culturale e letteraria popolare e sociale. Questa nella sua evidente “pluralità” di  modalità espressive e mezzi linguistici, va sottratta all’appiattimento culturale che si sta verificando soprattutto nei settori borghesi della società. E ciò vale sia per il Perù sia  per ogni altro paese del mondo. Anche per la nostra Italia. Con ciò si  afferma quindi il ruolo di grande responsabilità etica dello scrittore, attraverso il quale passa il sentire e l’agire di tutto un popolo e che diventa pertanto portavoce del suo paese, affermando così  il carattere politico e sociale della letteratura.

 

Juan Cristóbal - Il compito dello scrittore socialista
Questi suggerimenti, rivolti ad  ogni scrittore impegnato in una visione socialista, di qualsiasi genere essa sia, possono apparire schematici. E lo sono. Perché  il socialismo attinge dalle fonti che gli offre la sua stessa società e va costruito rispetto ad essa, come una creazione eroica e non in modo dogmatico o totalitario. Ma si possono anche leggere come suggerimenti per avviare uno scambio di opinioni, una polemica, altruista, importante e rispettosa con i diversi scrittori e non come quella che si sviluppò in Perù, qualche mese fa , quando si parlò con la maggior semplicità possibile degli “andini” e dei “creoli” senza andare a fondo del problema e senza vedere se nel momento attuale questa distinzione fosse  valida e d’altro lato  senza riconoscere la sua propria realtà e la sua  prospettiva letteraria e sociale. Per questo senza ulteriori preamboli, abbozzo i seguenti suggerimenti.
 
1
Ogni scrittore impegnato  nel socialismo deve avere presente la sua realtà, lo sviluppo della sua storia, i suoi conflitti sociali e culturali. Nel caso del Perù la sua formazione sociale è di una “totalità conflittuale” ciò dovuto alla sua disarticolazione, come diceva Antonio Corneo Polar, poiché è plurale, plurilingue e multietnica, ciò che mette in discussione seriamente l’apparente legittimità di “unità”. Per questo JoséCarlos Mariátegui  parlava di una letteratura peruviana “non organicamente nazionale”, dal momento che considerava l’esistenza di varie culture e di altri sistemi letterari (quechua, aymara, spagnolo).
2
Il concetto chiave della nostra cultura e quindi della nostra letteratura, è quello della pluralità, visto che si deve riconoscere che sebbene ci sia una cultura ufficiale all’interno del sistema capitalista, le diverse culture oppresse hanno anch’esse il diritto ad essere considerate una diversificazione della cultura. Il concetto di “totalità conflittuale” non annulla le contraddizioni tra di esse, tra quella ufficiale e quelle oppresse,  e tra le stesse culture oppresse, ma al contrario le ravviva e si rafforzano, per il fatto che partecipano allo stesso corso storico. Questo concetto di pluralità è riportato fedelmente nell’espressione di Arguedas “todas las sangres” (tutto il sangue, là dove è difficile tradurre in italiano il concetto di sangue al plurale, potremmo dire “tutti i tipi diversi di sangue”)
3
Non si deve dimenticare di riconoscere e nemmeno bisogna sottovalutare la letteratura orale dei nostri popoli. La pluralità è il riconoscimento dei numerosi aspetti della nostra letteratura che hanno una  relativa indipendenza fra di essi, persino quando sono fragili o non hanno una influenza  decisiva o importante.
4
Ricordare l’affermazione  marxista: la realtà forma la coscienza e non viceversa.
5
Dunque lo scrittore socialista saprà qual è la materia prima del suo lavoro intellettuale, ciò che gli  permetterà di avere una possibilità di sicurezza  nel suo lavoro letterario. Cioè stiamo parlando di una coscienza che si è formata antecedentemente al suo lavoro creativo, prodotto pertanto dalla sua esperienza sociale e personale, dalla sua educazione, dal suo ambiente e condizione sociale etc.
6
Riconoscere che la lotta di classe non è solo sociale e politica. È anche etnica, di costume, letteraria e culturale.
7
La nostra cultura e letteratura abbracciano fondamentalmente due punti di vista: quello nazionale e popolare e l’antinazionale che rappresenta interessi lontani da quelli nazionali e popolari. Tra queste dobbiamo ricordare la cosiddetta “letteratura light”, la quale non solo si occupa di storie indecenti  e superficiali, ma il suo ruolo principale consiste nel  deideologizzare e descoscientizzare il popolo, suggerendo che è possibile trattare ogni argomento senza l’approfondimento necessario. La letteratura nazionale e popolare si realizzeranno  più compiutamente nel socialismo. Ma si deve tenere in conto che anche in  queste letterature possono esistere elementi antipopolari e antinazionali, ciò dovuto alla grande repressione che hanno subito gli i scrittori e il paese.
8
La produzione di un libro è sì importante ma anche l’agire lo è, e a  volte lo è di più. È più fondamentale  vivere e lottare come scrittore che essere solamente uno scrittore.
9
Il confronto letterario con quelli dell’altro versante si riassume non solo nel dibattito retorico dei meccanismi, delle tecniche e delle proposte letterarie, ma nel  contenuto ideologico della proposta, nelle  tecniche e metodi utilizzati, senza omettere il riconoscimento dell’importanza della qualità letteraria della stessa. Questo approfondimento deve essere prioritario e costante, utilizzando tutti i mezzi possibili di espressione.
10
Lo scrittore non solo deve realizzare ed avere una responsabilità di alto livello estetico rispetto  alla sua opera, ma anche una posizione etica di fronte alla realtà nella quale questa si svolge e fluisce.
11
Quindi non si deve fare distinzione tra cittadino e scrittore, tra politica e letteratura. La sua posizione di cittadino e opinionista politico o politico non lo allontana dalla sua posizione di scrittore, al contrario, lo responsabilizza.
12
Di fronte allo sviluppo aggressivo e aggressore e alla spinta culturale e ideologica dell’imperialismo nordamericano e delle multinazionali, in questa epoca di globalizzazione selvaggia, lo scrittore deve studiare e riscattare la sua cultura ancestrale e sviluppare la sua identità nazionale e non solo in termini etnici, ma anche di classe. Questa costruzione dell’identità e la sua accettazione, dipenderà dal rapporto di forze nella lotta di classe e nel confronto ideologico letterario.
13
Il nazionale non è incompatibile con le esperienze culturali e letterarie internazionali. Al contrario interagiscono e si arricchiscono. Ciò che è da notare è che il nazionale si forma in condizioni di subordinazione alla cultura ufficiale , e quindi cerca di essere liquidato ed  emarginato sia dallo sviluppo della cultura borghese, sia dalla globalizzazione di ciò che è originario e popolare. Pertanto è indispensabile il suo arricchimento costante.
14
Il sistema globalizzato manipola ed emargina i suoi scrittori oppositori con tutti i mezzi possibili. Nonostante ciò bisogna conquistare e sviluppare tutti gli spazi che possono essere dominati.
15
La cultura e la letteratura socialista possono alimentare le lotte popolari solo quando il potere politico si socializza, quando esiste una vera democrazia diretta dei lavoratori della cultura e del paese e quando la solidarietà e il rispetto per l’essere umano e la sua libertà creativa e personale passano dal discorso ideologico alla pratica della vita quotidiana.
16
Finalmente si deve tenere in conto il ruolo e il complotto delle grandi case editrici e delle istituzioni pubbliche o private che danno la priorità al marketing degli autori.
Ciò  significa che non si deve lottare solo per la pubblicazione delle opere degli scrittori dell’ animo  popolare, ma anche di scrittori che, appoggiando gli interessi borghesi, fanno una  buona letteratura.
 
Note sull’autore:
Nato a Lima nel 1941. Le sue opere hanno ottenuto i seguenti riconoscimenti:
Premio Nazionale di Poesia nel 1971
Primo Premio Juegos Floreales de la Universidad Nacionl Mayor de San Marcos , 1973
Menzione Onorifica della Poesia nel Concorso Casa de la Américas (Cuba) 1973
Secondo Premio nel Concorso Poesía y Canto para El Salvador, organizzato dalla Radio Venceremos 1981
Menzione Onorifica nel Concorso di racconto organizzato dalla Asociación Peruano-Japonesa con il libro “Aguita’e Coco”.
Terzo premio nel Concorso Premio Copé organizzato da Petroperú nel 1997.
Si è distinto come professore all’Università San Marcos, facoltà di Educazione, all’Università San Martín de Porres, facoltà di Scienze della comunicazione.
Ha tenuto il corso di “Introduzione alla Letteratura e Letteratura peruviana del secolo XIX” presso l’Università privata “María Inmaculada”.
Attualmente è professore nel laboratorio di poesia dell’ Istituto Culturale José Carlos Mariáteguí.
 
 
 
 

Senza titolo

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“Suggestione prima”  -  Foglio colorato dell’artista Roberto Matarazzo

Lungo sentieri di agonie

i dolori giungono in fila

uno dopo l’altro.

Uno ad uno li attende il cuore.

Là risorgono a nuova vita

avvolti da mantelli di tenerezza.

 

 


Governo e Autogoverno

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GOVERNO E AUTOGOVERNO

Come cambia l’America Latina. Esperienze di democrazia a confronto

 

 SABATO 27 GENNAIO 2007-ORE 10–18

Sala del Consiglio Provinciale di Roma. Via IV Novembre 119/A

Partecipano:

Raúl Zibechi, Oscar Olivera, Pablo Romo, Edmundo Vargas, Marco Calabria, Giuseppe De Marzo, Adriano Labbucci, Francesco Martone, Maurizio Matteuzzi, Serena Romagnoli, Raffaele K. Salinari.


Hrant Dink

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…L’unica mia arma era la mia onestà.

Ma mi hanno condannato.

…sono come un colombo che si guarda sempre intorno, incuriosito e impaurito…

… sapete che cosa vuol dire imprigionare il corpo e la mente di un uomo nella paura di un colombo?…

…Chissà quali ingiustizie mi troverò davanti.

Ma nel mio cuore impaurito di colombo so che la gente di questo paese non mi toccherà.

Perché qui non si fa male ai colombi. I colombi vivono fra gli uomini.

Impauriti, come me, ma come me liberi.

  E’ l’ultimo articolo pubblicato da Hrant Disk giornalista e scrittore turco armeno su Agos, il settimanale di cui era direttore, ieri mattina, poche ore prima di essere ucciso a Istanbul davanti alla redazione del suo giornale con tre colpi di pistola alla testa.In base all’articolo 301 del codice penale turco era stato ritenuto colpevole di offesa all’identità turca per aver parlato apertamente del genocidio armeno del 1915 e contro di lui si era scatenata una campagna mediatica diffamatoria che forse lo aveva ucciso ancor prima che lo raggiungessero le tre pallottole.

 


Argentina cinque anni dopo

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Eric Toussaint e Damien Millet
En Español

Argentina, molto si è parlato di te da quella sera tra il 19 e il 20 dicembre del 2001, quando dopo tre anni di recessione economica, il tuo popolo si è ribellato alla politica neoliberista applicata dal governo di Fernando de la Rúa e il suo funesto ministro dell’Economia, Domingo Cavallo. Hai dimostrato che l’azione dei cittadini e cittadine può cambiare il corso della storia. Argentina, la situazione che ha portato alla rivolta alla fine del 2001 è cominciata con la decisione del Fondo Monetario Internazionale di non concedere un finanziamento previsto sebbene i tuoi dirigenti avessero sempre applicato le impopolari misure che il FMI esigeva. De la Rúa reagì bloccando i conti bancari dei risparmiatori e così scese in piazza la tua classe media, alla quale si unirono “i senza” ( i senza lavoro, gli abitanti delle baraccopoli, la maggior parte dei tuoi poveri). Il 27 dicembre del 2006 la tua Corte Suprema finalmente ha ordinato alle banche di indennizzare totalmente i suoi risparmiatori truffati.

Argentina, esattamente 5 anni fa, si successero in pochi giorni tre presidenti della repubblica: de la Rúa fuggì il 21 dicembre del 2001 e il suo successore, Adolfo Rodríguez Saá fu sostituito da Eduardo Duhalde il 2 gennaio del 2002. Decretasti la più storica sospensione del pagamento del debito estero. Era di circa 100.000 milioni di dollari e ciò danneggiò tanto i creditori privati come i paesi ricchi raggruppati nel Club de Paris*. Centinaia di fabbriche abbandonate dai suoi proprietari furono occupate e fatte funzionare sotto il controllo dei lavoratori. I tuoi “senza lavoro” rafforzarono la loro capacità di azione nell’ambito del movimento dei “piqueteros”, la tua moneta fu fortemente svalutata, i tuoi cittadini crearono monete locali. Tutti gridarono ai tuoi politici una richiesta unanime: “que se vayan todos!” “che se ne vadano via tutti!”.

Argentina, dopo un quarto di secolo di accordi continui tra il FMI e i tuoi governanti (dalla dittatura militare tra il 1976 e il 1983 fino al governo di de la Rúa, passando per il corrotto regime di Carlos Menem), hai dimostrato che un paese può sospendere il rimborso del suo debito per un tempo prolungato, senza che i creditori siano capaci di attuare ritorsioni efficaci. Il FMI, la Banca Mondiale, i governi dei paesi più industrializzati, i grandi mezzi di comunicazione, tutti avevano pronosticato il regno del caos. Ma che accadde? Ben lungi dall’affondare, cominciasti a risollevarti.

Argentina, il tuo presidente eletto nel maggio 2003, Néstor Kirchner, sfidò i creditori privati proponendogli in cambio dei loro titoli altri di nuova emissione di minor valore. Dopo lunghe negoziazioni concluse nel febbraio 2005 , il 76 % di questi creditori accettarono la rinuncia a più del 60 % del valore dei titoli che possedevano. Il mondo aveva gli occhi su di te e dimostrasti che un popolo può dire no.

Argentina, il resto della storia è deludente. Questo accordo finalmente segnò la ripresa dei rimborsi ai creditori privati. Per di più , esattamente un anno fa, il tuo governo rimborsò in forma anticipata la totalità del tuo debito con il FMI: 9800 milioni di dollari. D’accordo, risparmiasti 900 milioni di dollari di interessi, ma coloro i quali presero questa decisione sembrava soffrissero di una grave amnesia. La dittatura del generale Videla, appoggiata dal FMI e dalle grandi potenze, aveva utilizzato il debito con il fine di rafforzare il suo potere, arricchire i suoi dirigenti e affiancare il paese al modello dominante. Per rimborsare, i regimi seguenti liquidarono gran parte del patrimonio nazionale e contrassero nuovi debiti, i quali sono anch’essi odiosi.. E il colmo, la concessione di questi nuovi prestiti fu condizionata all’applicazione di misure di liberalizzazione massicce, di privatizzazioni sistematiche e alla riduzione della spesa sociale.

Argentina, i tuoi dirigenti potrebbero aver agito in modo migliore e questo esempio potrebbe aver fatto scuola in tutti i continenti. Avrebbero potuto rescindere dagli accordi con il FMI e con la Banca Mondiale. Avrebbero potuto avvalersi della sentenza Olmos , emessa da una Corte Federale e apportare validi argomenti giuridici per decretare che il debito è odioso e non deve essere rimborsato.

Argentina, siamo rimasti sconcertati quando abbiamo saputo che le tue autorità attualmente stanno negoziando con il Club de Paris, questa specie di scandalo istituzionale, che riunisce tutti i mesi a porte chiuse i rappresentanti dei 19 paesi più ricchi nella sede del ministero francese dell’Economia. Saprai, senza dubbio che l’obiettivo di questo Club così discreto è obbligare i paesi in via di sviluppo molto indebitati a rimborsare la maggior parte possibile dei loro debiti, senza tenere conto delle conseguenze sociali. Gli devi 6.300 milioni di dollari , ma un volta di più questi prestiti non hanno beneficiato il tuo popolo. Al contrario, i paesi del Club de Paris, il FMI, la Banca Mondiale, le grandi multinazionali, utilizzarono il debito durante decenni per opprimerti, per far sì che i tuoi governanti gli consegnassero i tuoi servizi pubblici privatizzati, deregolamentassero la tua economia e dimostrassero maggiore docilità, mentre nello stesso momento riducevi le spese sociali. Il film “La dignità degli ultimi” di Fernando Solanas mostra molto bene le situazioni di estrema povertà che causò tutto ciò.

Argentina, il tuo presidente deve scegliere se servire il tuo popolo o se servire i tuoi creditori. Disgraziatamente, sta alle regole, addirittura ha partecipato lo scorso settembre alla Borsa di New York per il tocco di campana inaugurale. Con il risultato che le cifre che pagherai nei prossimi anni faranno sì che sia impossibile l’applicazione di una politica alternativa al modello neoliberale. Le tue richieste sociali, anche se giuste, non potranno essere soddisfatte se non ripudi questo debito. Argentina, cinque anni fa i tuoi manifestanti avevano indicato un’altra direzione che poteva modificare la situazione a favore dei popoli in forma durevole. Ancora oggi è quella che ci auspichiamo.

* http://www.clubdeparis.fr

Eric Toussaint e Damien Millet (presidente del CADTM Francia, Comitato per l’Abolizione del Debito del Terzo Mondo, www.cadtm.org), coautore del fumetto “Dette Odieuse”, CADTM/Syllepse, 2006. Éric Toussaint è presidente del CADTM Belgio, autore di “Banca Mondiale: colpo di stato permanente”, Ediciones de Intervención Cultural, Mataró, 2007 — in stampa)

Eric Toussaint e Damien Millet
Fonte:
http://www.rebelion.org
LInk: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=44023
31.12.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANNALISA MELANDRI


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