La Shell sotto processo per la morte di Ken Saro Wiwa

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Ken Saro WiwaL’ esecuzione di Ken Saro Wiwa, poeta e attivista per la difesa dei  diritti umani, e di altri otto militanti del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop), da lui fondato nel 1990,  avvenuta per mano di un gruppo di paramilitari il 10 novembre 1995, fu decisa dal regime dittatoriale nigeriano di Sani Abacha   per reprimere la battaglia che il leader ambientalista da tempo stava portando avanti contro lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e in difesa del popolo Ogoni.
Da Ogoniland, il territorio del Delta del Niger dove questi vivono e dove sorgevano gli impianti della multinazionale anglo-olandese Shell, in 30 anni sono stati estratti 30 miliardi di dollari di petrolio, senza che gli abitanti di quella zona  ne traessero alcun beneficio. Anzi,quella zona  ha subito nel tempo una devastazione ambientale spaventosa e permanente, restandone definitivamente compromessa, tanto che il Delta del Niger è una delle aree più inquinate del mondo.
La Shell inoltre, per difendere le proprie attività estrattive e il proprio  personale presente nella zona, negli anni scorsi ha finanziato ed armato gruppi di paramilitari,  nonché la stessa polizia nigeriana, come hanno ammesso anche alcuni suoi funzionari.
Il governo nigeriano, finanziato economicamente e militarmente  dalla multinazionale del petrolio ha commesso contro il popolo Ogoni numerose e documentate violazioni dei diritti umani: dalle detenzioni arbitrarie,  alle torture, agli omicidi e ai sequestri, come accadde nel caso di Ken Saro Wiwa e dei suoi compagni, barbaramente torturati e infine impiccati dopo un sommario processo in cui senza nessuna prova furono accusati dell’omicidio di 4 Ogoni.
Proprio in questi giorni,  ben quattordici anni dopo, si apre  a New York il processo contro la Royal Dutch Shell, accusata di complicità con l’allora regime dittatoriale nell’uccisione di Ken Saro Wiwa. Se si confermassero le accuse sarebbe questo uno dei primi casi di condanna per violazione dei diritti umani di una multinazionale.
Si sono dichiarati parte civile il figlio di Ken Saro Wiwa, Ken Wiwa jr, e il fratello Owens Wiwa, che ha denunciato  a sua volta la multinazionale per aver subito lui stesso torture, detenzione illegale e infine per essere stato costretto all’esilio.
La  Shell ha sempre respinto tutte le accuse, tuttavia dalla morte di Ken Saro Wiwa non è più riuscita ad operare in Nigeria per le fortissime proteste della popolazione.
Oggi la resistenza nella zona del Delta del Niger continua, sebbene in forma diversa:  il MEND (Movimento per l’Emancipazione del  Delta del Niger) porta avanti, pur se con altri metodi, sicuramente diversi dalla  disobbedienza civile dei militanti non-violenti del MOSOP, la legittima battaglia per la liberazione del  Delta del Niger, una delle regioni più ricche della Terra e abitata da uno dei popoli più poveri del pianeta.

Il video che la Shell non vorrebbe mai farti vedere …

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www.shallguilty.com

http://wiwavshell.org

 


Licenziamento Dante De Angelis: presidio lunedì 8 giugno prima udienza

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Licenziamento De Angelis: 8 giugno 2009, ore 10,30, a Roma. Presidio di solidarietà alla prima udienza.


L’8 giugno tutti a Roma davanti al Tribunale !

Viale Giulio Cesare, 54 (metro A, fermata Lepanto) Aula 101, primo piano, giudice Conte

 Il prossimo 8 giugno si terrà pressoil Tribunale di  Roma la prima udienza del ricorso contro il licenziamento di Dante De Angelis, macchinista Fs e Rappresentante dei Lavoratori alla Sicurezza.

  Dante è stato licenziato il giorno di ferragosto per aver segnalato, come delegato alla sicurezza, “problemi” ai treni Eurostar. Da allora ci sono stati diversi altri incidenti, altri due Etr si sono spezzati, 6 lavoratori sono morti sui binari, 2 viaggiatori uccisi e 4 orribilmente mutilati dalle porte Killer.

L’attacco frontale ai diritti sindacali e alle libertà fondamentali iniziate con il licenziamento, stanno proseguendo con l’intimidazione nei confronti di altri RLS attivi e di centinaia di lavoratori.

  Il disegno aziendale di un ulteriore massiccio ridimensionamento del numero dei ferrovieri, l’introduzione del macchinista solo alla guida dei treni, l’attacco alle condizioni di lavoro e all’intero servizio ferroviario, in particolare ai pendolari e al trasporto merci, aprono  inquietanti scenari per chi potrebbe essere espulso, per quelli che rimarranno e per tutti i viaggiatori.

  La lotta per il reintegro di Dante riguarda tutti i ferrovieri, i lavoratori, i pendolari e i cittadini. La mobilitazione per il reintegro di Dante è una battaglia di civiltà.

Per questo invitiamo tutti, ferrovieri, pendolari, lavoratori e cittadini ad essere presenti:

8 GIUGNO ‘09, ORE 10.30

UDIENZA AL TRIBUNALE DI ROMA

Viale Giulio Cesare 54 (metro A, fermata Lepanto)Aula 101, primo piano, giudice Conte

 
Per i ferrovieri e chiunque voglia: appuntamento al binario 1 della Stazione Termini alle ore 9.30

03 giugno 2009                                                                                                              Assemblea Nazionale Ferrovieri


Risposta a Jaime Rodriguez, un colombiano in Italia

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Jaime Rodriguez, un colombiano che vive in Italia da anni ha lasciato in questi giorni un lungo commento sul sito, raccontando la sua esperienza e la sua vita. E’ una testimonianza educata e gentile e che  merita rispetto, anche se tuttavia rappresenta per così dire, quella che è la versione filogovernativa della realtà colombiana. Perfino nel tentativo di dare la colpa ai “vicini stati latinoamericani” (leggi Venezuela) della distorsione con cui noi europei ci occupiamo della Colombia. La sua lettera mi ha ricordato la conversazione avuta tempo fa con l’ambasciatore colombiano a Roma Sabas Pretelt de la Vega. Sembra che certi discorsi vadano secondo binari stabiliti e rigidi copioni. Tuttavia non è sempre così semplice e la realtà è mutevole e diversa. So bene che non è facile per nessuno e che ognuno ha le proprie ragioni, che anni di guerra civile hanno portato all’imbarbarimento del conflitto, che è facile far passare delinquenza comune per guerriglia, così come è stato facile per i militari dell’esercito far passare giovani innocenti per “pericolosi terroristi”, ucciderli e mettergli addosso una mimetica con il distintivo delle FARC, ma non sono sicura che il popolo voglia per una terza volta Uribe come dice il nostro amico, non sono sicura che il presidente colombiano abbia l’intero consenso nazionale. Piuttosto bisogna sempre scegliere da che parte stare…
Questa è la risposta che ho scritto ieri sera a Jaime e di seguito c’è il suo commento, tanto per riflettere e discuterne, nessuno di noi pretende di avere la palla di vetro o l’elisir della saggezza…
 
 
Caro Jaime, ti ringrazio per l’attenzione e per la sincerità e la delicatezza con la quale mi hai raccontato alcune cose della tua vita.
Non ho motivo per dubitare di quanto tu racconti. Tuttavia permettimi di dirti che  le storie che giungono dalla Colombia, anche da quello stesso popolo che tu giustamente chiami in causa, sono molto diverse.
 
So di persone che se ne sono dovute andare perchè minacciate e costantemente in pericolo di vita per il loro lavoro e per il loro impegno.
 
So di tanti sfollati che hanno dovuto lasciare le loro terre perchè semplicemente gli sono state sottratte dai paramilitari.
 
Ho conosciuto Aida Quilcué , leader del CRIC,  in Italia poche settimane dopo che l’esercito gli ha ammazzato a bruciapelo il marito.
 
Ho amici che si occupano tra pericoli e difficoltà della difesa dei diritti umani in Colombia e ogni volta che escono da casa la  mattina  sperano di poter farvi ritorno.
 
Il giornalista italiano Simone Bruno per aver testimoniato e scritto sull’uso delle armi da parte della polizia durante la Minga indigena dello scorso mese di ottobre, ha ricevuto minacce di morte e ne abbiamo parlato anche in questo sito.
 
Conosco Iván Cepeda che si batte per la giustizia per le vittime dei crimini di Stato e so che due anni fa in una settimana sono stati ammazzate sei persone del MOVICE, in occasione della marcia del 6 di marzo, dopo che Luis Obdulio Gaviria e lo stesso Uribe in televisione hanno detto  che la stessa era stata organizzata dalle FARC.
 
E potrei continuare all’infinito. E so che purtroppo non sono cose inventate nemmeno queste. So anche di tante persone che vorrebbero lasciare la Colombia e che non lo fanno, o perchè non possono, semplicemente non possono, o perchè non lo trovano giusto e preferiscono rimanere nel loro paese a costo di rimetterci la vita.
 
Credo anche che stia  crollando pezzo dopo pezzo la  maschera che è stata costruita ad arte intorno a Uribe e al suo governo.
 
Democrazia? E’ democrazia quella nella quale ha vinto con una  campagna presidenziale finanziata e appoggiata dai peggiori criminali del paese? Quelli sì narcotrafficanti veri.
 
E’ democrazia quella nella quale 2000 giovani, per lo più umili contadini o disoccupati sono stati uccisi dai soldati e fatti passare da guerriglieri solo per avere una promozione o una licenza? 88 dollari il prezzo del loro cadavere pagato da qualche militare dell’Esercito colombiano.
 
E la sicurezza, la tanto decantata sicurezza. Per chi? Per le famiglie ricche, barricate nei loro quartieri, o per persone come te che hanno avuto la possibilità di studiare e di lasciare il paese o per quella dei  politici corrotti. O la sicurezza dell’impunità per i responsabili dei tanti crimini, o di quella di chi  ha messo la politica nelle mani dei paramilitari. Smobilitati dicono. Quando? Dove? Come?
 
Che sicurezza c’era per le 111 persone scomparse nel corso del 2008 e il cui caso è indicato sotto la voce “desaparición forzada”? O per i 42 sindacalisti uccisi nei primi 6 mesi dello stesso anno?
 
E se parliamo del “miglioramento del clima politico, sociale ed economico”  come tu dici, parliamo anche del 48% di bambini che ancora non hanno accesso all’educazione? O di quelli che ancora muoiono per denutrizione?
 
Ma tu queste cose le sai, certo, è il tuo paese. Purtroppo le conosciamo anche noi. E siccome noi stiamo sempre dalla parte dei più deboli, di quelli che non possono e non vogliono andarsene, di quelli che non hanno nemmeno i soldi per il bus per Bogotà, di quelli che non hanno il telefono e che quindi non partecipano ai sondaggi Gallup,  , di quelli che non riescono ad andare a votare perchè troppo lontano da dove vivono, di quelli che difendono la sopravvivenza dei loro cari e dei loro figli (anche quella alimentare) e non certo di quelli che difendono potere e ricchezze sulle povere spalle del popolo colombiano da decenni, continueremo a denunciare tutto questo.
Un caro saluto.
Ah… scusa se ti ho dato del tu.
..
Cara Annalisa
 
Ho letto con molta attenzione i suoi articoli in merito al Presidente Colombiano Alvaro Uribe. Io sono colombiano, Ing. Elettronico laureato in università pubblica a Bogotà. Oggi tutta la mia famiglia abita all’estero, perche siamo stati perseguitati e minacciati…… dovevamo pagare il pizzo.
 
Uno dei miei fratelli è stato sequestrato per motivi estorsivi, e liberato dopo aver pagato una somma per la sua liberazione, anche se abbiamo temuto il peggio. Non eravamo una famiglia benestante ne abbiamo avuto relazioni con la politica ne di destra ne di sinistra.
 
Anche se negli anni 50 i gruppi guerriglieri che nascevano (per conflitti politici all’epoca)erano insorgenti armati che vivevano nella clandestinità ma avevano molto probabilmente degli ideali politici –come i partigiani all’epoca della seconda guerra mondiale in italia-. Purtroppo con il tempo, furono abbandonati quelli ideali politici che in principio gli fecero nascere…. per sostituirli con quelli economici, denari ottenuti attraverso attività illecite quali sequestro, estorsione e delinquenza organizzata; negli anni 80 diventarono “l’esercito” dei cartelli della droga, e negli anni 90 i quando i “Capi” dei cartelli della droga –Rodriguez Gacha, Rodriguez Orejuela, Pablo Escobar, ecc– furono messi “sotto controllo”, la mal chiamata guerriglia diventava “narcoguerriglia”.
 
Era un gruppo di delinquenza organizzata diventato economicamente molto forte, che non cercava più di partecipare nella politica democratica ma di creare un nuovo stato dentro lo stato. Sono riusciti a implementare il più grande sistema di corruzione in tutte le istituzioni dello stato… dal parlamento, fino al catasto.
 
Sono stato testimone vivente del danno economico e psicologico da loro creato. Le multinazionali che stavano investendo in Colombia, iniziarono a chiudere le figliali lasciando migliaia di lavoratori senza posto di lavoro. Le multinazionali che fino a quel momento stavano esplorando il petrolio in Colombia, decisero di spostare l’esplorazione a Venezuela (sempre per causa delle estorsioni, sequestri e attentati agli oleodotti).
 
Per anni, i guerriglieri furono invitati a partecipare a tavoli di negoziazione, ma loro presero in in giro continuamente ai governi in carica; alcune volte non si sono ne anche presentati. Hanno chiesto e ottenuto “zone di distensione” cioè zone libere della presenza dello stato per “facilitare il clima della negoziazione” che poi si è dimostrato venivano utilizzate come zone per formazione militare, reclutando i figli minorenni dei contadini della zona e ricevendo armi provenienti da aerei russi che sorvolavano la zona.
 
Tutti i Colombiani ci siamo stancati e molti siamo stati costretti a lasciare il nostro paese vittime della guerriglia negli anni che furono considerati “l’esodo dei Colombiani” dal 1999 al 2001.
 
Le politiche di Uribe iniziarono ad ottenere risultati per tutelare i cittadini per bene. Io sono tornato un paio di volte negli anni 2005 e 2007, e il riscontro con tutta la popolazione è stato molto positivo.
 
Molti contadini erano riusciti a riprendere possesso dei terreni di proprietà –da dov’erano fuggiti per causa della violenza-, e avevano ripreso le loro attività economiche. La soddisfazione dei lavoratori, commercianti e impresari ringraziano a Uribe le garanzie istituite per svolgere e tutelare le proprie attività.
 
Io umanamente vi chiedo di documentarvi direttamente con la popolazione….. ho avuto la possibilità di sentire molti dei miei amici che partecipavano attivamente in movimenti di sinistra e oggi invece condividono e appoggiano incondizionatamente le politiche del presidente Uribe. Non ci sono dubbi dell’intero consenso nazionale da lui ottenuto in una vera democrazia…. il popolo lo vuole rieletto per la terza volta, e chi, meglio che la stessa popolazione per misurare il miglioramento del clima politico, sociale ed economico di uno stato ???
 
E’ chiaro…. non tutto sono rose e fiori, ma non riesco a capire come facciano gli stranieri a criticare le politiche di Uribe quando la popolazione ne va fiera. Sarà magari che le “politiche in contrapposizione” dei vicini stati latinoamericani con politiche di sinistra, riescono a presentare una realtà sufficientemente distorta approfittando del proselitismo “anti-americano” ????
 

AAA cercasi traduttori …

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Pensavo che sarebbe interessante riuscire a tradurre in italiano e mettere on line  i rapporti sulla Colombia delle maggiori organizzazioni di difesa dei diritti umani.
Sono disponibili infatti soltanto  in inglese e in spagnolo.
In questo modo la situazione in Colombia sarebbe veramente a portata di tutti.
 
Potrei creare una sezione apposita in questo sito (che tra l’altro gode di buona visibilità sui motori di ricerca) e chiunque altro potrebbe pubblicare dove e come vuole.
 
Purtroppo io non ho moltissimo tempo e generalmente sono rapporti molto lunghi, quindi se qualcuno volenteroso fosse disponibile ad organizzarsi in un “lavoro di squadra”, credo che possa venirne fuori una bella cosa e ben fatta.
 
Pensavo di iniziare dal rapporto del 2008 (presentato nel febbraio di quest’anno) dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU. Si tratta di un rapporto autorevole e obiettivo di circa 40 pagine, ma altri ce ne sono altrettanto importanti e dettagliati.
 
Per suggerimenti, proposte di collaborazione e organizzazione del lavoro scrivermi a :
annalisamelandriatyahoodotit  (annalisamelandriatyahoodotit)  
 

Tragedia aerea Air France

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Da assoluta ignorante in materia c’è una domanda che mi sto ponendo in queste ore: perchè se si sa (e credo che l’evenienza oggi sia abbastanza prevedibile) che durante il volo si incontrerà una forte turbolenza, si lascia partire lo stesso un volo? E se invece il pilota viene informato a volo iniziato, perchè non può decidere di tornare indietro o dirottare l’aereo ad altra destinazione più sicura? Giro le domande, forse ingenue, ai più esperti fra voi…


Morire di lavoro: 1.200 volte ogni anno

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www.rassegna.it

Testimonianze di incidenti sul lavoro, tratte dal film documentario di Daniele Segre “Morire di lavoro”. Ogni giorno in italia muoiono 4 persone, altre migliaia rimangono lese da incidenti sui luoghi di lavoro. Le vedove e gli orfani sono quasi sempre dimenticati. Le loro testimonianze servono a non dimenticare una piaga che affligge il nostro paese.


Delta del Niger: il conflitto continua

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di Edo Dominici per A Sud
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Nigeria: Delta del Niger, combattimenti proseguono, ma per il governo “conflitto finirà presto”. Mend: Abbiamo fatto esplodere due oleodotti e cinque “flow-station”della Chevron. Eni – 50 mila barili /giorno. Il governatore del Rivers State: “Militanti combattono per una giusta causa”.
 
Secondo i quotidiani locali, sarebbero più di mille e cinquecento le persone appartenenti a diverse comunità della regione, in gran parte civili, uccise nei primi dieci giorni dell’offensiva dell’esercito nigeriano. È impossibile verificare la situazione nei villaggi della regione, dove ci sarebbe i civili morti e migliaia di rifugiati, poiché l’accesso ai luoghi teatro dell’operazione militare è fortemente limitato. Il Mend nella notte ha fatto saltare due oleodotti e cinque stazioni di pompaggio della Chevron. Scaroni (ENI) “Abbiamo chiesto la force majeure su 50.000 barili” in Nigeria.
 
Le forze armate della Nigeria hanno reso noto nel fine settimana di aver liberato diversi cittadini filippini in ostaggio dei gruppi ribelli, ma in un comunicato diffuso oggi il Mend ha smentito questa informazione, chiarendo di aver rilasciato tre ostaggi filippini come annunciato in un precedente comunicato.
Nella nota del Mend si legge anche ”Attorno alle 2 di oggi  combattenti del Mend hanno distrutto importanti tronconi degli oleodotti. L’impianto della Chevron nel Delta del Niger e’ fuori uso. Colpite anche 5 stazioni di pompaggio per bloccare il rifornimento di greggio agli impianti della società petrolifera Chevron”. Le stazioni di pompaggio colpite sono quelle ad Alero Creek, Otunana, Abiteye, Makaraba e Dibi. Nel testo si afferma che questa sarà ora “la modalità standard” delle operazioni del Mend, in risposta alle operazioni delle forze governative nell’area. La notizia trova successive conferme, prima nelle dichiarazioni dell’Amministratore Delegato dell’ENI, Paolo Scaroni, che questa mattina, a margine del G8 Energia ha dichiarato: “Abbiamo chiesto la force majeure su 50.000 barili” in Nigeria, in seguito agli attacchi che hanno riguardato l’area del Delta del Niger. “Per ora sappiamo poco, quello che sappiamo e’ che hanno attaccato un impianto Chevron”, ha aggiunto Scaroni, spiegando di non poter prevedere l’impatto dell’ultima ondata di attacchi del Mend.
Sempre questa mattina i  militari nigeriani hanno confermato gli attacchi agli oleodotti della regione, rivendicati dal Mend in risposta all’offensiva militare contro i militanti.

“Vogliamo informare il pubblico che … (il leader del Mend) Kingsley Opuye e il suo gruppo di militanti hanno fatto esplodere questa mattina il gasdotto della Chevron a Abiteye. Si tratta di un atto di sabotaggio che non potrà essere perdonato” ha detto il portavoce della Joint Task Force militare nella regione, Col. Rabe Abubakar.

 
Nella nota il Mend sostiene che i suoi militanti sono rientrati senza colpo ferire nel cosiddetto “campo 5”, che l’esercito aveva riferito di aver conquistato nei giorni scorsi e dove secondo i servizi di sicurezza si nascondeva uno dei leader del Movimento, Government Ekpemukpolo conosciuto come “Tompolo”.
“L’Unità speciale dell’esercito nigeriano (Joint task force, Jtf) – si legge nella nota firmata dal portavoce del Mend, Jomo Gbomo – ha inseguito le ombre nelle ultime due settimane e non ha ottenuto alcun successo militare, noi continueremo con la nostra tattica del gatto con il topo finché non cesserà del tutto l’esportazione di petrolio”.
 
Intanto il Parlamento nigeriano (la camera bassa) ha votato una mozione che richiede al Presidente Yar’Adua di estendere gli attacchi delle forze speciali dell’esercito (JTF) ai campi del Mend ( che secondo diversi rapporti sono circa 500) in tutti gli Stati del Delta.
 
Torna a farsi vivo anche il Vice-presidente nigeriano di origine Ijaw, Goodluck Jonathan, le cui dimissioni sono state chieste nei giorni scorsi da diverse personalità di spicco della comunità Ijaw (14 dei 20 milioni di abitanti del delta sono di etnia Ijaw) e dal portavoce del JRC (Join Revolucinary Council) Cynthya White, che coordina l’attività dei gruppi armati. Durante la visita in Nigeria del primo ministro francese Francois Fillon,  la seconda carica dello Stato nigeriano, in una dichiarazione all’agenzia di stampa nazionale Nan, ha detto che il conflitto nella regione ricca di petrolio finirà nei prossimi giorni.(?!?). “Il governo – avrebbe dichiarato Jonathan – non ha intenzione di punire nessuno, ma piuttosto integrare le popolazioni della regione per gestire tutti insieme le risorse, che siano essi militanti o giovani”.
 
Forte invece la presa di posizione del governatore dello Stato del Rivers, Chibuike Rotimi Amaechi, che durante un incontro con gli ambasciatori stranieri e con i governatori degli stati del Delta del Niger ha dichiarato “i militanti combattono per una giusta causa”. “I militanti del Delta del Niger sono stati costretti a impugnare le armi contro lo Stato dai lunghi anni di emarginazione, ingiustizia e dalla mancata attuazione di politiche in materia di sviluppo della regione”.
 
La confusione delle notizie, vere o presunte tali, regna sovrana. Due soli dati certi: la produzione nigeriana di petrolio, secondo le dichiarazioni dello stesso Ministro del petrolio, è dimezzata, e gli attacchi continuano, con effetti catastrofici sull’intera economia nigeriana. Migliaia di civili innocenti continua a soffrire per gli sconsiderati attacchi della JTF, che cerca di risolvere “manu militari” un problema essenzialmente politico. Che ruolo giochino le potenti ed in fluentissime major petrolifere sul conflitto in corso non è dato sapere.
 
Altra notizia certa riguarda l’ENI, che in Nigeria potrebbe produrre circa 150 mila barili al giorno, la Società italiana già nei mesi scorsi non riusciva a produrre più di 120–125 mila barili a causa dei danni agli impianti causati dagli attacchi. La scorsa settimana era stata dichiarata la clausola di “force majeure” per 9 mila barili, se sommiamo i 50 mila di questa mattina e facciamo due conti ci accorgiamo che la compagnia petrolifera “guidata” dallo Stato stà perdendo ogni giorno metà della sua produzione prevista… in silenzio, in mezzo a un conflitto. Ma i tanto decantati rapporti dell’Eni con le “comunità locali” ?
 
 

Figlio di una morte minore

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Ricevo e pubblico con preghiera di rifletterci su (AM)

Petru Birladeanu, cittadino rom di nazionalità rumena, era un suonatore di organetto nella ferrovia Cumana che parte dal quartiere Montesanto di Napoli. Tutti i viaggiatori lo conoscevano: un musicista, una persona gentile che proponeva la sua arte per pochi spiccioli, sempre accompagnato da sua moglie. 
Martedì sera un commando d 8 persone su quattro motociclette attraversa via Pignasecca fino alla stazione della Cumana. Sparano in aria, all’impazzata. E’ l’ennesimo scontro per il territorio che vedrebbe gli affiliati del clan Sarno di Pontcelli cercare di terrorizzare chi pensa di sostenere il ritorno su piazza  del vecchio boss Mariano, appena scarcerato.
Petru forse neanche la conosce questa storia. Ma alla stazione della Cumana diversi colpi sono sparati ad altezza uomo, tra la folla che scappa. Forse hanno avvistato qualcuno del clan avversario, forse sparano contro i vetri della casa di qualche rivale, forse un errore… chissà. Un ragazzo di 14 anni viene colpito alla spalla e per poco non ci rimette  la pelle. Petru è meno fortunato: le videocamere della Cumana lo riprendono mentre scappa e cerca rifugio come tanti altri dentro  la stazione. Il braccio intorno al collo della sua compagna, un istintivo gesto di protezione. Ma una volta dentro si accascia: un proiettile gli è entrato sotto l’ascella bucando cuore e polmoni. Gli lascia sul corpo uno strano segno come di arma da taglio che inizialmente confonderà anche i medici. Ma Petru muore “sparato”, come si dice  a Napoli , sparato per niente! Muore dopo mezzora di agonia e i ritardi dei soccorsi che probabilmente hanno scontato anche il caos e la paura che si era creata in tutta  la strada. Malgrado l’Ospedale Pellegrini fosse a  500 metri … La compagna piange disperata. Petru aveva 33 anni…
La sua fine terribile ricorda quelle di altri, come Silvia Ruotolo, uccisa anch’essa da un proiettile vagante al Vomero dodici anni fà. Ma la città non condivide la stessa commozione.  Forse siamo più cinici in generale, forse Petru è “soltanto” un rom… sta di fatto che al momento in cui scriviamo non sono previste fiaccolate, esequie ufficiali, interventi istituzionali in sostegno della sua compagna… Nessun politico di professione o amministratore ha pensato di prendre parola su una sparatoria così insensata nel centro della città che dicono di voler rappresentare… Forse c’è un motivo a tutto questo.
Petru non ha avuto “l’onore” di essere veramente raccontato nei servizi di testa dei tg, se non dentro la più complessiva e impigrita retorica sul consueto far west napoletano. Un rom in cronaca senza essere accusato di stupro o di omicidio, un rom vittima innocente non da dividendi politici, non serve alla macchina della paura e della propaganda.
Anzi, alcuni quotidiani hanno inizialmente accreditato la tesi che fosse lui l’obiettivo dei sicari..! Per qualunque “indigeno” in poche ore la polizia è in grado di fornire un profilo attendibile su una possibilità del genere. Inutile dire che Petru, quotidiano suonatore di organetto sulla cumana,  ben difficilmente (!) rientrava in questo schema. Ma intorno allo straniero, per lo più rom, si concede sempre un margine ulteriore all’incertezza, al sospetto, anche se questo sospetto non ha nessun punto d’appoggio razionale.
Per la verità in questi giorni c’è stato un altro caso in cui l’ info rmazione napoletana non ha dato grande prova di sè: l’episodio che ha visto infine l’arresto di cinque persone di nazionalità nigeriana  a vico Vertecoeli. Con l’eccezione di alcuni quotidiani, la gran parte, qualcuno perfino con imbarazzo, ha accreditato la più inverosimile delle ricostruzioni: il rapimento premeditato di una bambina di undici anni da parte di un gruppo di immigrati che abitavano nel suo stesso cortile, per soddisfare le voglie di un boss pedofilo…!! A Forcella…!
Probabilmente la più straordinaria panzana dell’ultimo anno per quella che, da qualche racconto che è arrivato a noi, potrebbe benissimo essere una banale rissa tra vicini. Non abbiamo certezze e non vogliamo distribuirne, nè dipingere sistematicamente il migrante come vittima innocente, ma digerire in maniera così acritica la più improbabile delle storie, solo per la sua “notiziabilità”, non fa certo onore all’ info rmazione. 
Il tg1 ha fatto di meglio: oltre a riportare questa versione senza scomodare nemmeno un condizionale, l’ha poi fatta seguire da un servizio sulla scomparsa 13 anni fà della piccola Angela Celentano! Così lo psicodramma collettivo sull’uomo nero in agguato dietro la porta di casa è finalmente servito a oltre dieci milioni di persone. 
Eppure il pogrom feroce contro i rom, che  a Ponticelli segui il presunto (assai presunto..!) tentativo di rapimento di una neonata da parte di una giovanissima rom, imporrebbe ben altra prudenza e attenzione. Ci sarebbe inoltre la presunzione d’innocenza…
Sarebbe magari utile cercare gli avvocati dei nigeriani arrestati e raccogliere almeno la loro versione… Qualche  giornale sembra volerci provare senza rimuovere  la notizia. Se così è siamo pronti a dargli una mano.

Collettivo Napoli Internescional


Trenitalia: lettera per la riassunzione di Dante De Angelis

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Il licenziamento di Dante De Angelis non può essere un problema esclusivamente di chi sta scioperando per farlo riassumere, i ferrovieri e il sindacato di base, ma deve interessare tutti coloro che del treno ne fanno un mezzo di trasporto importante. Vi chiediamo pertanto di partecipare  a questa protesta per la giustizia e la sicurezza di tutti i viaggiatori,  diffondendo quanto più possibile questo volantino e inviandolo agli indirizzi indicati.  La richiesta è rivolta soprattutto ai pendolari che possono riprodurlo  e lasciarlo in giro sulle panchine delle stazioni, nei bar e “casualmente” dimenticarne qualcuno sui sedili dei treni.(A.M) Scarica qui il volantino formato word
 
 
Spett.le Direzione
Trenitalia Spa
Ferrovie
dello Stato S.p.a.
Piazza della Croce Rossa, 1 — 00161 Roma 

idotcipollettaatferroviedellostatodotit  (idotcipollettaatferroviedellostatodotit)  
mdotmorettiatferroviedellostatodotit  (mdotmorettiatferroviedellostatodotit)  
fdotfabrettiatferroviedellostatodotit  (fdotfabrettiatferroviedellostatodotit)  
ddotbraccialargheatferroviedellostatodotit  (ddotbraccialargheatferroviedellostatodotit)  
vdotsopranoattrenitaliadotit  (vdotsopranoattrenitaliadotit)  
gdotgalienaattrenitaliadotit  (gdotgalienaattrenitaliadotit)  
rapporticlientidotpaxattrenitaliadotit  (rapporticlientidotpaxattrenitaliadotit)  

 
Roma, maggio 2009
 
Siamo donne e uomini che utilizzano con convinzione il treno per gli spostamenti interurbani.
Il treno da sempre è considerato, a ragione, un mezzo di trasporto poco inquinante, compatibile con l’ambiente e sicuro. Più sicuro degli altri mezzi di trasporto; ciò è quanto emerge infatti dalla storia del trasporto su rotaia.
 
Noi, viaggiatori e cittadini di questo paese, desideriamo  che il treno continui a mantenere queste  sue caratteristiche.
 
I lavoratori delle ferrovie, sappiamo, stanno facendo di tutto perché il treno mantenga e migliori queste sue prerogative, soprattutto, per quanto attiene alla loro attività, la SICUREZZA.
 
Sappiamo che, grazie alle loro lotte sindacali, i ferrovieri hanno raggiunto importanti innovazioni a vantaggio della sicurezza, una delle più significative è stata l’aver conquistato il “Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” (Rls), come espressione della sorveglianza e verifica degli stessi lavoratori al buon funzionamento delle macchine e delle procedure.
 
Noi viaggiatori ci sentiamo sicuri, in un certo senso protetti, sapendo che chi produce il trasporto ferroviario, allo stesso tempo vigila con attenzione per tutelare la salute e l’incolumità di chi lavora e chi viaggia.
 
Ci è sembrata questa conquista un gran passo avanti di civiltà, purché il “Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” (Rls), operi nel rispetto della verità.
 
Invece… un giorno veniamo a sapere che uno di questi “Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza”, uno dei più attivi e attenti, svolgendo il proprio lavoro di macchinista (quello che conduce il treno) e discutendo con i suoi compagni di lavoro, si era accorto di alcune anomalie che potevano compromettere la sicurezza di chi lavora e di chi viaggia e –giustamente– l’ha prontamente segnalato all’Azienda Trenitalia.
 
Si poteva pensare che questo macchinista fosse stato proposto per un premio, così sarebbe successo in un paese civile, così doveva accadere  in un paese democratico… invece… è stato licenziato! Si chiama Dante De Angelis.
 
Sembra un racconto dell’orrore, o forse del terrore. Terrore e intimidazione con cui i dirigenti di Trenitalia cercano di ridurre al silenzio i ferrovieri, con la minaccia di licenziamento, mettendo a repentaglio la loro e la nostra sicurezza.
 
Ma ancor più preoccupante ci sembra la motivazione del licenziamento: “è venuto definitivamente meno il rapporto di fiducia”. Con queste parole Trenitalia ha licenziato Dante De Angelis.
 
Noi viaggiatori vorremmo, anzi,  esigiamo,  di poter avere fiducia nella correttezza dei dirigenti di Trenitalia quando è in gioco la salvaguardia dell’incolumità di chi lavora e chi viaggia. Non riusciamo a comprendere quale altra fiducia la dirigenza di Trenitalia pretenda dai ferrovieri. O forse confonde fiducia con omertà?
 
Da quel 15 agosto del 2008, giorno in cui il ferroviere macchinista e Rls Dante De Angelis è stato licenziato per aver detto la verità all’opinione pubblica su alcuni pericoli incombenti, (poi puntualmente verificatisi), noi viaggiatori sui treni italiani NON CI SENTIAMO PIU’ SICURI.
 
E non ci sentiremo sicuri,  né cittadini di un paese civile,  fino a quando  Dante De Angelis non verrà reintegrato in servizio e finché non venga sanzionata l’attività antisindacale di Trenitalia lesiva dell’incolumità di chi lavora e di chi viaggia.
 
Il nostro auspicio, che è anche una precisa richiesta, è che l’Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti e tutta la dirigenza facciano un sostanziale passo indietro e riconoscano il proprio errore.
 
Annalisa Melandri
per un gruppo di viaggiatori delle Ferrovie di Roma Trastevere
 

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