Perché si chiama femminicidio

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di Barbara Spinelli*

Fonte: http://27esimaora.corriere.it/articolo/perche-si-chiama-femminicidio-2/

Ho letto l’articolo di Isabella Bossi Fedrigotti pubblicato lunedì sul Corriere. Concordo con Lei, il termine “femminicidio” suona cacofonico , e molti a sentirlo storcono il naso, perché rimanda all’idea sprezzante della latina “femina”, l’animale di sesso femminile.

Tuttavia mi sento in dovere di rassicurare l’autrice ed i lettori: il termine femminicidio non nasce per caso, né perché mediaticamente d’impatto, e tantomeno per ansia di precisione.

Oggi sembra quasi una banalità ripetere i dati dell’OMS: la prima causa di uccisione nel Mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio (da parte di persone conosciute). Negli anni Novanta il dato non era noto, e quando alcune criminologhe femministe verificarono questa triste realtà, decisero di “nominarla”. Fu una scelta politica: la categoria criminologica del femmicidio introduceva un’ottica di genere nello studio di crimini “neutri” e consentiva di rendere visibile il fenomeno, spiegarlo, potenziare l’efficacia delle risposte punitive.

Dietro questa parola c’è una storia lunga più di venti anni, una storia in cui le protagoniste sono le donne, e ne escono vincitrici.

Varrebbe la pena conoscere questa storia prima di decidere se usare o no il termine femminicidio. Anzi, –questo si per desiderio di precisione - i concetti di femmicidio e femminicidio. Ero una giovane studentessa di giurisprudenza quando ho sentito per la prima volta questo termine, nel 2006, da un’avvocata messicana, e nutrivo le stesse perplessità.

Che bisogno c’era di un nome nuovo? Sempre di omicidi si trattava. (altro…)


El informe “Doing Business 2013″ penaliza la integración latinoamericana

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Por Annalisa Melandri – L’Indro (www.lindro.it)

Según el reciente informe  Doing Business 2013, dado a conocer hace algunas semanas por el Banco Mundial (BM) y por una de sus  agencias, la  Corporación Financiera Internacional (IFC, por sus siglas en inglés), no son pocos los países latinoamericanos y del  área del Caribe que se posicionan entre las economías mundiales donde es mas difícil y arriesgado realizar negocios.

El informe analiza una lista de 185 países en donde  Honduras se posiciona  al lugar 125, seguido por Brasil (130) Ecuador (139), Bolivia (155) Suriname (164) Haití (174) y Venezuela casi ultimo al puesto 180.

Honduras es  precedido por Argentina (124), Nicaragua (119),  Republica Dominicana (116),  El Salvador (113), Costa Rica (110) y Guatemala (93).

Entre los países de América latina y central que son considerados positivamente por los inversionistas extranjeros y donde es más fácil “crear  empresa”, según el informe,  se encuentran sin duda Colombia  al  puesto 45 y  Perú al puesto 43,  uno por encima  de España.

El rol de líder en la región desde hace algunos años  le pertenece seguramente a Chile que encontramos a la posición  37 de 185.

¿Pero sobre cuáles parámetros se funda el informe?  “Doing Business” quiere dar un cuadro total de la calidad del business (altro…)


¿Donde están los ángeles de Gaza?

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Fotografia de Rosa Schiano
http://ilblogdioliva.blogspot.co.il/

¿Donde están los ángeles de Gaza?

 Ya no vuelan los ángeles de Gaza,

caídos, pisados, asesinados.

Gaza no es lugar para ángeles.

No es lugar para hombres.

No es lugar.

No existe Gaza.

Vive y muere

en sentido contrario.

Gaza vive por las bombas.

Gaza vive bajo las bombas.

Gaza danza al silbido de las bombas,

Gaza vive cuando entran por las ventanas,

cuando abren los techos.

Gaza vive en su sangre derramada.

Pasan las bombas,

se cuentan los muertos,

quedan los escombros.

Y Gaza muere.

Gaza vuelve a ser un no lugar.

El mundo la olvida.

Dios, si existe,

tampoco sabe dónde queda en el mapa.

(Annalisa  Melandri)


Dove sono gli angeli di Gaza?

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Fotografia di Rosa Schiano
http://ilblogdioliva.blogspot.co.il/

 

Dove sono gli angeli di Gaza?

 

Non volano più gli angeli di Gaza,

caduti, calpestati, uccisi.

Gaza non è un posto per angeli.

Non è un posto per uomini.

Non è un posto.

Non esiste Gaza.

Vive e muore

in senso contrario.

Gaza vive grazie alle bombe.

Gaza vive sotto le bombe.

Gaza danza al fischio delle bombe,

Gaza vive quando entrano dalle finestre,

quando sfondano i  tetti.

Gaza vive quando scorre il sangue.

Passano le bombe,

si contano i morti,

restano le macerie.

E Gaza muore.

Gaza torna ad essere un non luogo.

Il mondo la dimentica.

Dio, se c’è,  non sa nemmeno dove sta Gaza.

(Annalisa Melandri)

 

 

 


Il Doing Business boccia l’integrazione latinoamericana

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Una visione tutta neoliberale che premia quei paesi dove viene incentivato il libero gioco delle forze del mercato. Al primo posto Singapore, il Brasile al 130° posto
di Annalisa Melandri  per L’Indro*

Secondo il recente rapporto Doing Business 2013, diffuso qualche settimana fa dal Banco Mondiale (BM) e dalla Società Finanziaria Internazionale (IFC) che ne fa parte, non sono pochi i paesi latinoamericani e dell’area caraibica che si posizionano tra le economie mondiali dove è più difficile e rischioso realizzare affari. 

Il rapporto analizza una lista di 185 paesi nella quale l’Honduras si trova al 125° posto, seguito dal Brasile (130°), Ecuador (139°), Bolivia (155°), Suriname (164°), Haiti (174°) eVenezuela quasi ultimo, al 180° posto.

L’Honduras è appena preceduto dall’Argentina (124°), dal Nicaragua (119°), dalla Repubblica Dominicana (116°), da El Salvador (113°), dal Costa Rica (110°), dal Guatemala (93°).

Tra i paesi dell’America latina e centrale che vengono invece considerati positivamente dagli investitori stranieri e dove è più facile ’fare impresa’ possiamo citare senza dubbio laColombia, al 45° posto, e il Perú al 43°, addirittura uno sopra la Spagna. Il ruolo di leader della regione, da qualche anno a questa parte, invece spetta ormai al Cile, che si trova al 37° posto.  (altro…)


Bajo Aguán: Grito por la tierra

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Una producción audiovisual sobre el conflicto agrario en la región del Bajo Aguán. Que contrapone campesinos atrincherados a ejercitos privados de los latifundistas.

 

Annalisa Melandri – L’Indro (versión original en italiano)

 

“Bajo Aguán: Grito por la tierra” es el video documental realizado por AlbaSud (asociación catalana especializada en la investigación y comunicación por el desarrollo) y por la Rel-Uita (regional latinoamericana de la internacional sindical de los trabajadores del sector alimentario) sobre al conflicto agrario en Honduras.

La producción ha sido realizada en colaboración con el Movimiento Mundial de los Bosques Tropicales (WRM), con FIAN Internacional (Fighting Hunger With Human Rights) y  con la Coordinadora de las Organizaciones Populares del Aguán (COPA) y se propone dar a  conocer más allá de los confines nacionales del pequeño país centroamericano “el conflicto agrario provocado por la expansión de las grandes plantaciones de palma africana, donde el campesinado organizado lucha por defender su derecho a la tierra”.   (altro…)


Caña

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Hay

un país en el mundo

colocado

en el mismo trayecto del sol.

Oriundo de la noche.

Colocado

en un inverosímil archipiélago

de azúcar y de alcohol.

(Pedro Mir)


Panama: rivolta a Colón

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3 morti e 30 feriti durante gli scontri tra i cittadini e la polizia. La popolazione si oppone alla vendita di alcuni terreni dello Stato situati nella Zlc.
di Annalisa Melandri — per L’Indro*26 ottobre 2012

Tre morti, tra i quali un bambino di nove anni, 30 feriti e almeno un centinaio di detenuti, questo il drammatico saldo degli scontri a Panama tra polizia e cittadini, iniziati in seguito alla dura repressione da parte delle forze dell’ordine a Colón, porto situato sulla costa Atlantica del canale di Panama, a circa 80 chilometri dalla capitale.

Il governo, il 19 ottobre scorso, aveva autorizzato la vendita di alcuni terreni dello Stato, situati all’interno della Zona Libera di Colón (ZLC ), la zona franca più grande dell’America latina e la seconda del mondo, in compimento di un progetto di legge, il 529, recentemente firmato dal presidente della Repubblica, Ricardo Martinelli e diventato la Legge n. 72 del 19 ottobre del 2012. Questa va a sostituire il Decreto Legge n. 18 con il quale il 17 giugno del 1948, si creava la Zona Libera di Colón.

La firma della legge ha scatenato immediate e violente reazioni da parte della popolazione che condanna la svendita di un patrimonio pubblico di immenso valore in una zona di importanza strategica nazionale come quella del Canale di Panama, con lo scopo di favorire interessi privati nazionali e stranieri strettamente vincolati al potere politico.

Si parla di 240 ettari di terra, almeno la metà affittati a circa 2mila imprese, dalle quali il governo panamense riceve annualmente per gli affitti circa 33 milioni di dollari. La protesta, iniziata lo stesso giorno della firma della legge, è continuata a oltranza nei giorni seguenti, è stata duramente repressa dalla polizia, che ha fatto un uso sproporzionato della forza, e si è trasformata in sciopero generale di 48 ore a principio di questa settimana fino a quando le autorità hanno effettuato un tentativo di dialogo con la cittadinanza questo martedì, miseramente fallito.

Il ministro della Presidenza, Roberto Henríquez, si è recato infatti a Colón con una delegazione ufficiale e ha cercato di spiegare alla cittadinanza e a tutte le forze sociali e politiche che si oppongono alla firma della legge, i benefici che deriveranno alla comunità diColón dalla vendita delle terre demaniali, invitando “alla tranquillità affinchè cessino i fatti violenti registrati recentemente”.

I proprietari delle imprese della zona franca avrebbero la possibilità di comprare i terreni dove stanno lavorando e ampliare così le loro attività, ha spiegato Roberto Henríquez. Il governo di Ricardo Martinelli ha investito a Colón circa 600 milioni di dollari fin dall’inizio del mandato nel 2009 e spera di concluderlo tra due anni con investimenti pari a un miliardo di dollari. Secondo il governo con la promulgazione della Legge 72 si raccoglieranno i fondi necessari per risolvere i gravi problemi strutturali di questa provincia e cioè 2 miliardi di dollari nei prossimi due anni.

Martedì, a sorpresa, Martinelli, dal Giappone, dove si trova in viaggio ufficiale, ha fatto sapere via twitter che “se il popolo non vuole che si vendano le terre della Zona Libera di Colón, verrà derogata la loro vendita”, come misura alternativa verranno aumentati gli affitti del 100% e il denaro incassato, amministrato dalle autorità locali, sarà impiegato per progetti sociali e strutturali della provincia. In realtà l’applicazione della legge è solo sospesa fino a quando non verranno conclusi i dialoghi con le parti sociali. (altro…)


Fredy Muñoz condannato a 15 anni di carcere: “continuerò a bombardare le menzogne”

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“Continuerò a bombardare con il mio lavoro giornalistico le menzogne e la struttura  di un sistema al quale il mondo si sta ribellando,  amplificando le voci di chi vuole  una Colombia ed un mondo migliori”.

 

Fredy Muñoz Altamiranda, corrispondente di Telesur in Colombia, fu arrestato il 12 novembre del 2006 a Bogotà con l’accusa di essere un terrorista.

Nell’inchiesta condotta dal Pubblico Ministero di Barranquilla   il giovane giornalista era accusasato  da alcuni testimoni di essere un addetto agli esplosivi  del gruppo sovversivo delle FARC e di aver partecipato ad attentati contro le infrastrutture del Paese.

Secondo i testimoni,  Muñoz  avrebbe partecipato ad attentati contro le centrali elettriche di ElectroCosta.

Fredy Muñoz Altamiranda  era diventato  scomodo in Colombia  perché dava voce a chi generalmente voce  in Colombia non ne ha:  dalla cronaca delle manifestazioni dei familiari dei desaparecidos, agli omicidi degli insegnanti  (11 solo nei primi quattro mesi del 2006)  da parte dei paramilitari,  alla diffusione della notizia che lo Stato Colombiano era  stato dichiarato (dal Consiglio di Stato, il massimo tribunale del paese)  responsabile per “inefficienza” della morte di 63 soldati avvenuta nel corso di un’azione contro le FARC .

Dopo 52 giorni di prigionia trascorsi nel carcere di Barranquilla fu  rilasciato il 9 di gennaio del 2007. Il Pubblico Ministero dichiarò insufficienti le prove a suo carico che consistevano esclusivamente in dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia al momento  in stato di detenzione.

Uno di quei testimoni, Yainer Rodriguez Vásquez affermò allora di aver  ricevuto minacce e intimidazioni dai servizi segreti colombiani affinché depositasse testimonianza contro persone a lui sconosciute tra le quali Fredy Muñoz.

Quanto accadde  a Fredy ricordò  il caso del sociologo colombiano e professore universitario Alfredo Correa de Andreis, che venne  accusato e messo in carcere con le stesse modalità e le identiche accuse rivolte a Fredy Muñoz e che dopo essere stato rilasciato venne assassinato tempo dopo  a Barranquilla, regno dei paramilitari fedeli a Jorge 40.

Tuttavia le accuse a  carico di Fredy non furono mai ritirate.  Quanto accaduto apparve allora come un tentativo di criminalizzare Telesur e il suo lavoro in Colombia in un momento in cui le relazioni tra i due paesi erano particolarmente delicate, sotto la presidenza di Álvaro Uribe Vélez. (altro…)


Después de Sandy, solidaridad más allá del bloqueo

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Santiago de Cuba

Annalisa Melandri — 2 de Noviembre 2012

enlace al original 

Solamente después  que el huracán Sandy ha dejando las costas orientales de Estados Unidos, donde ha sembrado destrucción y muerte, para dirigirse, desclasado a simple tormenta hacia Canadá, los grandes medios de comunicación mainstream se han dado cuenta  que durante su pasaje por el Caribe, antes de tocar territorio norteamericano, había  dejado tras de sí un numero considerables de muertos y había provocado daños incalculables en las frágiles economías caribeñas.

En las redes sociales ya se había desatado la justa polémica por la diferente cobertura mediática que  había  tenido el pasaje del  huracán Sandy. Si bien es verdad que este ha dejado un saldo de más de un centenar de muertos  a lo largo de la  East Coast y casi 50 billones de dólares de daños, es también verdad que en el Caribe ha provocado más de 60 muertos, un número no bien precisado de desaparecidos y  daños incalculables que, como escribe la periodista Carla Reschia en el periódico italiano La Stampa,  “ningún presupuesto estatal  pagará”.

Pero así es, el “mundo de abajo” no es noticia y las polémicas se repiten  cada año a cada temporada ciclónica,  que en estas latitudes empieza en junio y termina en noviembre. Pasó lo mismo el año pasado con el huracán Irene,  que sólo en República Dominicana provocó la muerte de tres personas, un desaparecido, casi 30 mil desalojados y  80 comunidades aisladas.

Los daños de Sandy este año en Norteamérica han sido relevantes, seguramente más relevantes de los de Irene el año pasado y a los estadounidenses  va obviamente toda nuestra solidaridad. Sin embargo es importante llevar  la atención sobre la tragedia que puntualmente se repite en el Caribe cada año en este periodo, pero también sobre la capacidad de respuesta colectiva que tienen las naciones del Sur del grande continente americano. (altro…)


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