Mapuche: In Cile i diritti violati di un popolo

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Le violazioni dei diritti umani del popolo mapuche accertate da parte degli organismi internazionali
Facendo buon viso a cattivo gioco, il Cile ha accettato le raccomandazioni di alcuni Stati membri dell’ONU e di alcune ONG rispetto al tema della violazioni dei diritti umani del popolo mapuche, promettendo entro la fine del corrente anno di dare impulso a un programma nazionale volto al rispetto di questi e realizzato in coordinazione con la società civile.
 
La sessione speciale dell’ONU si è tenuta martedì 12 maggio  nell’ambito della riunione dell’ Esame Periodico Universale (EPU), un nuovo meccanismo delle Nazioni Unite che ogni quattro anni esamina la situazione  di un determinato paese.
 
Povertà estrema, educazione, rispetto dei diritti di donne e bambini, fine della repressione,  garanzie giuridiche e  diritto alla terra. Questi i principali temi affrontati e le richieste di chiarimenti da parte di alcuni paesi membri dell’ONU,  ma sono state proposte anche raccomandazioni sul caso dei giornalisti stranieri espulsi dal paese per aver realizzato reportages sui mapuche e la revisione della legge Antiterrorista, alle quali il governo cileno deve rispondere entro il settembre del 2009.
 
Tuttavia rischia di trasformarsi nel solito balletto vuoto e senza senso di raccomandazioni, fatto di buone intenzioni e promesse mancate, dove tutti sanno quel che accade ma nessuno è seriamente intenzionato a fare bene la sua parte fino in fondo. E soprattutto dal quale è rimasto escluso il diretto interessato e cioè il popolo mapuche.
 
Se è vero che nell’assemblea dell’EPU sono state sentite numerose  associazioni per la difesa dei diritti umani e molte ONG,  è anche vero che non un rappresentate del popolo mapuche è stato invitato a partecipare.
 
La situazione dei mapuche in Cile oggi è talmente grave e preoccupante  che a ben poco potranno servire raccomandazioni e belle parole.
 
Ha a che vedere direttamente con i giochi di potere e il pinochettismo che è tutt’altro che morto e con una  presidente, Michelle Bachelet,  che sembra totalmente piegata a  poteri molto più forti di lei e che non prende ferma posizione in merito  anche perchè tra quasi un anno è in scadenza il suo mandato.
 
Le violazioni più gravi verso il popolo mapuche sono commesse dall’Esercito e dalla Polizia come riportato anche nella relazione del Comitato Contro la Tortura delle Nazioni Unite, nel quale si è fatto esplicito riferimento a maltrattamenti che si trasformano in veri e propri casi di tortura, all’ impunità imperante per cui chi commette le violazioni non viene mai giudicato e condannato e alla stessa legge di Amnistia per la quale non si possono giudicare le violazioni dei diritti umani commesse tra l’11 settembre 1973 e il 1988.
 
Le violazioni dei diritti umani contro il popolo mapuche sono commesse soprattutto durante le operazioni di perquisizione delle comunità, durante lo sfollamento forzato   e durante gli interventi realizzati in occasione della riappropriazione delle terre da parte dei mapuche.
 
I morti e le violenze commesse sui bambini
In alcune occasioni le operazioni di polizia hanno avuto esito tragico come accadde nel 2002  con la morte del 17enne Alex Lemún Saavedra, rimasto ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato dai Carabinieri  o di Juan Collihuín morto per lo stesso motivo nel 2006, o più recentemente per l’uccisione di Matías Catrileo,  morto durante una recuperazione di terre  il 3 gennaio 2008.
 
In tutti questi casi gli autori materiali di queste morti sono ancora in servizio  e nessun provvedimento è stato preso contro di essi.
 
Particolarmente grave è la situazione delle donne e dei bambini mapuche, i soggetti più deboli delle comunità.
 
Ci sono neonati, come è avvenuto ad una  bambina di appena sette mesi che è rimasta intossicata dal lancio di un lacrimogeno lanciato all’interno della sua  abitazione, che riportano gravi lesioni e traumi durante le operazioni di polizia, o  minori che raccontano di essere stati picchiati dai Carabinieri o tenuti per un’intera notte in celle umide  e fredde e senza cibo.
 
Bambini che raccontano di intimidazioni e minacce e altri che ricevono alla schiena o alle gambe i pallini antisommossa  o che restano completamente soli dopo l’arresto di tutta la famiglia come è avvenuto alla figlia minore della lonko (dirigente indigena) Juana Calfunao che ha dovuto chiedere asilo a Ginevra.
 
Il  Servizio di Salute dell’Araucania Nord, (Programma di Salute Mapuche — Dipartimento di Psichiatria, Ospedale di Angol) ha testimoniato proprio al riguardo, come  i bambini delle comunità mapuche soffrano di tutta una serie di disturbi e problemi psicologici riconducibili al conflitto territoriale e giuridico.
 
E’ accertato ufficialmente inoltre anche un caso di sparizione forzata, un ragazzo di 16 anni, José Huenante, è scomparso da tre anni dopo essere stato visto l’ultima volta su un’ auto dei Carabinieri. Tre di essi sono formalmente accusati del suo sequestro, ma del giovane nessuna notizia ad oggi.
 
 
I prigionieri politici
Non meno grave appare la situazione dei prigionieri politici mapuche nelle carceri cilene. In un recente comunicato dichiarano di rifiutare fermamente  “l’integrazione forzata con la società winka (occidentale) corrotta dall’individualismo” e reclamano e confermano i loro diritti sui territori originari svenduti completamente alle multinazionali dai quali sono stati cacciati per permetterne lo sfruttamento.
 
Lo sfruttamento delle foreste ad opera delle multinazionali del legno, la costruzione di dighe e centrali idroelettriche, di aeroporti, lo sfruttamento minerario delle enormi ricchezze del sottosuolo, sono queste le politiche che attua il  governo cileno per svendere le risorse del paese ai capitali stranieri e per la cui realizzazione  passa sopra ai diritti dei popoli nativi, decretandone  la scomparsa.
 
C’è una campagna sistematica di distruzione e di annichilamento di intere comunità che si sta portando avanti  nel silenzio indecente della comunità internazionale e che si compie attraverso repressione, minacce, uccisioni e arresti.
 
I membri delle comunità organizzate e in lotta, i weichafe (guerrieri),  vengono incarcerati e accusati in base a leggi risalenti alla dittatura di Pinochet di essere “terroristi” e condannati con pene lunghissime che arrivano fino a dieci anni e oltre per reati minori quali l’incendio (elevato alla categoria penale di “incendio terrorista”), la recuperazione di terre e atti di proteste o rivendicazioni sociali.
 
Soltanto della Coordinadora Mapuche Arauco Malleco sono stati arrestati circa un mese fa 11 membri che vanno ad aggiungersi agli oltre 40 prigionieri nelle carceri che Michelle Bachelet, presidente del Cile,  ha più volte ribadito non essere prigionieri politici.
 
Patricia Troncoso,   Elena Varela e i giornalisti “terroristi”
Purtroppo il conflitto con il popolo mapuche fa parte di una delle tante lotte giuste ma dimenticate  del mondo. Si fa finta di non sapere che è un intero popolo che si ribella a un sistema di potere con forme di protesta antiche e organizzate e che è sbagliato e disonesto chiamare terrorismo.
 
La legittimità delle richieste del popolo mapuche, la fierezza della sua gente, l’importanza delle sue rivendicazioni esce soltanto  per brevi momenti dai confini nazionali  quando il sistema politico e giudiziario cileno “inciampa” in incidenti di percorso come accadde l’anno scorso in occasione del lunghissimo sciopero della fame (112 giorni) che  Patricia Troncoso portò avanti  dal carcere e che la condusse quasi alla morte  e in seguito al quale ottenne  soltanto modesti benefici rispetto alla sua detenzione. Le sue richieste politiche più importanti, quali la  libertà per tutti i prigionieri politici, la smilitarizzazione dei territori mapuche dell’Araucanía, l’abrogazione della legge Antiterrorista, la fine della repressione contro il popolo mapuche, furono  completamente disattese.
 
Il suo sciopero  della fame non si concluse  con la sua morte solo per la  grande pressione internazionale su di un governo sordo e cieco, dal momento che Patricia non ha mai ricevuto, nemmeno nei momenti più critici, la visita di nessun rappresentante del governo del suo paese.
 
Sempre lo scorso anno balzò alla cronaca la vicenda della videomaker Elena Varela, arrestata nel maggio del 2008 e tenuta in carcere tre mesi,   mentre realizzava un reportage dal titolo Newen Mapuche sul conflitto con le multinazionali del legno, accusata di essere l’autrice intellettuale di alcune rapine in banca commesse tra il 2004 e il 2005 in associazione con la guerriglia del MIR (Movimiento de Izquierda Revolucionaria).
 
In quell’occasione le fu sequestrato tutto il suo lavoro. Il processo, con il quale rischia una condanna a 15 anni di carcere, che era  fissato per il 29 aprile è stato rimandato ai primi di giugno per aspetti formali.
 
Anche Reporters senza Frontiere ha espresso  in una lettera a Michelle Bachelet (alla quale lei  non ha mai risposto) preoccupazione per la sentenza che sarebbe scaturita dal processo e i dubbi circa la validità delle accuse.
 
D’altra parte era già avvenuto in passato che giornalisti stranieri fossero  identificati come “terroristi” ed arrestati. Accadde nel marzo 2008 con due cittadini francesi, nella zona di Collipulli quando Christophe Harrison y Joffrey Rossi  furono detenuti per poco tempo, accusati di aver provocato un incendio e di appartenere all’ETA e a due cineasti italiani, Giuseppe Gabriele y Dario Ioseffi, accusati di “terrorismo” e poi espulsi dal paese.
 
Il prossimo Esame Periodico Universale (EPU) si terrà tra quattro anni. In Cile allora ci sarà un altro governo e un altro presidente. Da Michelle Bachelet ci si aspettava molto, sicuramente molto di più di quello che ha fatto per il rispetto dei diritti umani nel suo paese,  vista la sua storia personale segnata da  gravi perdite familiari durante la  dittatura di Pinochet.
 
Il pinochettismo e il potere militare sono ancora forti in Cile, la destra è sicuramente una delle più forti in America latina, il neoliberismo applicato selvaggiamente negli anni ’70 e ’80 si è radicato prepotentemente creando ferite profonde in un tessuto sociale già gravemente  compromesso da anni di terrore.
 
Il popolo mapuche rivendica i suoi territori, afferma prepotentemente e con orgoglio il diritto di vivere sulle sue terre, riconferma con fierezza usi e tradizioni antiche che non vuole perdere.
 
“Gli occhi neri di Lautaro
gettano migliaia di lampi.
Come soli fanno germogliare i solchi
come soli guidano l’avanzata di un popolo combattente
che non vuole essere schiavo
come un puma in gabbia”
(Rayen Kvyeh)
.
Lautaro
 
In questi giorni la poetessa mapuche Rayen Kvyeh è in Italia per presentare alla Fiera del Libro di Torino la sua ultima raccolta di poesie dal titolo “Luna di Cenere” per le Edizioni Gorée e con la traduzione dallo spagnolo di  Antonio Melis professore ordinario di Lingue e Letterature Ispanoamericane presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena.
Incontreremo Rayen Kvyeh e la poetessa peruviana Gladys Besagoitia venerdì 22 maggio alle 17.00 presso la Sala delle Conferenze dell’Istituto Demoetnoantropologico (Museo delle Arti e Tradizioni Popolari), Piazza Marconi, 8/10 Roma.
 
 
 
 
 

Victor Ancalaf: scenari diversi per i movimenti indigeni ma siamo come una grande isola

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Victor Ancalaf  “werken” (messaggero)  del popolo mapuche  è stato in carcere come prigioniero politico in Cile, per cinque anni, dal 2002 al 2007, accusato secondo una legge che risale agli anni della dittatura di Pinochet di incendio terrorista, senza che a suo carico ci siano state prove valide.
E’ stato recentemente in Europa e in Italia,  in un lungo viaggio che ha avuto lo scopo di testimoniare ancora una volta, la difficile condizione e la strenua lotta del popolo mapuche per i suoi diritti.
 
 
A.M. Victor, sei uscito dal carcere l’anno scorso dopo aver scontato una condanna di cinque anni e un giorno con l’accusa di incendio terrorista. Non si tratta di un capo d’accusa ereditato dalla dittatura di Pinochet?
 
V.A. Sì, infatti. In Cile abbiamo ancora leggi che risalgono alla costituzione politica degli anni ’80. L’applicazione di questa legge nei processi contro il popolo mapuche è stata sempre sproporzionata. Questo non può configurarsi  come atto terroristico perchè non ha mai messo a rischio la vita delle persone. La protesta del popolo mapuche è una protesta senza armi.
 
A.M. Questo vuol dire che si tratta di una protesta pacifica?
 
V.A. No, la protesta mapuche non è e non potrebbe essere pacifica, dal momento che il governo del Cile non è pacifico verso di noi, si tratta di una forma di protesta dove non si mettono a rischio le vite delle persone e dove non vengono utilizzate armi.
 
 
A.M. Sembra che in Cile la Concertación che attualmente sta governando il paese,  oltre a riproporre le stesse leggi repressive della dittatura contro il popolo mapuche, porta avanti anche le stesse politiche neoliberiste di quegli anni. In questo senso che battaglie state conducendo?
 
V.A. Stiamo lottando duramente contro le politiche mercantilistiche neoliberali, perchè le multinazionali che si trovano sul nostro territorio oltre a causare danni ambientali vogliono sterminare la nostra cultura e le nostre tradizioni. Queste imprese, forestali, minerarie, di pesca, hanno causato gravissimi danni al nostro territorio, danni economici ma anche danni sociali. Inoltre non hanno interesse a tutelare i diritti dei lavoratori, a proteggere la mano d’opera e l’impiego, sono per la maggior parte meccanizzate e ad esse non importa nulla dei diritti dei lavoratori cileni.
 
A.M. In America latina e in Europa le lotte sono diverse. Ciò nonostante,  alcune settimane fa a Lima si è tenuto il Vertice Alternativo dei Popoli organizzato dalla rete biregionale Enlazando Alternativas. Credi che dalla sinergia dei movimenti sociali europei e latinoamericani possano nascere buone proposte per il popolo mapuche? Siete in relazione con gli altri movimenti indigeni?
 
V.A. L’esperienza ci insegna che difficilmente riusciamo a trovare solidarietà e appoggio negli altri movimenti indigeni. Si tratta di contesti e scenari diversi. E’ differente lottare contro governi amici come fanno i fratelli boliviani, venezuelani o argentini e invece lottare contro governi nemici come quello cileno che ci mette in carcere, ci ammazza e ci reprime.
Parlando con i fratelli argentini di Wallmapu mi rendo conto che anche loro lottano, questo è vero, ma a differenza di noi, non hanno morti e non hanno prigionieri. Dall’inizio del 2008 già  4 fratelli mapuche sono stati assassinati dalla polizia cilena.
E’ vero, ci sentiamo un po’ isolati, ciò nonostante siamo come “una grande isola” e abbiamo un grande nemico comune che è il sistema mercantilistico mondiale e sicuramente da una lotta a livello globale contro questo sistema possono venir fuori buone proposte anche per il popolo mapuche.
 
A.M. Durante la tua permanenza in Italia hai avuto due incontri nei presidi NO TAV a Torino contro la costruzione delle nuove linee per l’alta velocità. Credi che abbiano delle cose  in comune le due lotte, quella del popolo mapuche e quella del popolo della Val di Susa?
 
V.A. Geograficamente trovo molte somiglianze tra queste grandi montagne italiane e quelle del Alto Bío Bío. E questo è molto importante per le strategie di lotta. La polizia non è abituata a compiere azioni in alta montagna, mentre la nostra gente lotta da secoli a quelle altitudini.
E così anche le nostre lotte, quella degli italiani e quella dei cileni sono molto simili. Anche in Cile, come in Italia è successo che qualche sindaco che precedentemente aveva appoggiato la lotta, in un secondo momento la  ha abbandonata. Io credo che la linea dell’alta velocità della quale si discute in Val di Susa non sia necessaria per il popolo, ma sia importante soltanto ai fini di un discorso economico e commerciale.
 
A.M. Si discute sulla costituzione di un partito mapuche. Credi nella via politica per realizzare obiettivi?
 
V.A. Noi abbiamo realizzato la nostra storia e la storia ci ha insegnato che i partiti politici mai hanno realizzato risultati concreti.
Il partito politico può funzionare soltanto da campana di risonanza ma la sua formazione non è una priorità delle comunità e non sta nella nostra agenda.
 

Entrevista a Victor Ancalaf

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“Tener primeramente claro que el valor de la Tierra no tiene precio”.
Victor Ancalaf
 
Victor Ancalaf , ex preso político  mapuche,  ha realizado en los días pasados una extensa gira en Europa, compartiendo experiencias y esperanzas.
Muy interesantes fueron los encuentros que tuvo en Italia con la gente de la Val di Susa, qué igualmente al pueblo mapuche se encuentra luchando por la soberanía sobre la tierra y los recursos naturales.
 
 
 
A.M. — Victor, Usted salió de la carcel el año pasado, después de haber cumplido una condena de cinco años y un día por el crimen de incendio terrorista. ¿No se trata esa de una imputación heredada por la dictatura de Pinochet?
 
V.A. — Sì, claro. En Chile todavía seguimos con la legislación de la costitución politica de los años ’80. La aplicación de esa ley en los juicios contra el pueblo mapuche ha sido siempre desmedida. No se configura como terrorismo por lo que nunca se ha puesto en riesgo la vida de personas. La protesta del pueblo mapuche es una protesta sin armas.
 
A.M. – ¿Eso quiere decir que se trata de una protesta pacífica?
 
V.A. — No, la protesta mapuche non es y no podría ser pacífica, por lo que el gobierno de Chile no es pacífico con nosotros, se trata de una forma de protesta donde no se ponen en riesgo vidas y donde no se utilizan armas.
 
A.M. — Parece que en Chile la Concertación que actualmente està gobernando el país, además de continuar con las leyes represivas contra el pueblo mapuche, sigue también con las políticas neoliberales de los años de la dictatura.? En ese sentido qué batallas están llevando adelante?
 
V.A. — Estamos luchando duramente contra las políticas mercantilisticas neoliberales, porqué las empresas transnacionales que están en nuestro territorio además de causar daños ambientales quieren exterminar nuestra cultura y tradiciones. Estas empresas, forestales, mineras, pesqueras han causado graves daños en nuestro territorio, daños económicos pero también sociales. Además esas empresas no tienen interés en los derechos de los obreros, en la protección de la mano de obra y del empleo, son por la mayoría mecanizadas, a ellas no les importa de los derechos de los obreros chilenos.
 
A.M. – En Europa y América latina las luchas son muy diferentes , sin embargo hace unas semanas en Lima se desarrolló la Cumbre Alternativa de los Pueblos organizada por la red
bi-regional Enlazando Alternativas. ¿Usted cree que desde la sinergia de los movimientos sociales europeos y latinoamericanos puedan salir buenas propuestas para el pueblo mapuche? ¿Están ustedes relacionados con los demás movimientos indigenas?
 
V.A. – La esperiencia nos ha dicho desde el pasado que dificilmente logramos encontrar la solidaridad y el apoyo de los demás movimientos indigenas. Es que se trata de contextos y escenarios diferentes. Es diferente luchar contra gobiernos amigos como hacen los hermanos bolivianos, venezolanos y argentinos o contra gobiernos enemigos como el de Chile que nos encarcela, non mata y nos reprime.
Hablando con los hermanos argentinos de Wallmapu me doy cuenta que ellos también luchan, eso es verdad pero ellos no tienen muertos, no tienen encarcelados. Desde inicios del 2008, ya van 4 hermanos mapuches asesinados por la policía chilena.
Es verdad, nos sentimos un poco aislados, sin embargo somos cómo una “gran isla” y tenemos un gran enemigo común que es el sistema mercantílistico mundial y por supuesto que desde una lucha a nivel global contra eso pueden salir buenas propuestas también para el pueblo mapuche.
 
A.M. Durante su permanencia en Italia Usted tuvo dos encuentros en los presidios NO TAV en Torín contra la construcción de las nuevas linéas de alta velocidad. ¿Cree que tienen algo en común las dos luchas, la del pueblo mapuche y la del pueblo de la Val Susa?
 
V.A. Geografícamente encuentro algunas semejanzas entre esa gran cordillera italiana y la cordillera en el Alto Bío Bíó. Y eso es muy importante por la estrategia de lucha. La policía no esta acostumbrada en operatívos en montaña, mientras que nuestra gente luchas desde siglos en aquellas alturas.
Y tambien, nuestras luchas, la de los italianos, y la de los chilenos son muy semejantes. Tambien en Chile, como en Italia pasò que algunos alcaldes antes apoyaron la lucha y luego se retiraron. Yo creo que la linea de alta velocidad de la que se discute en la Val Susa, no es necesaria para el pueblo sino para un discurso económico y de comercio.
 
A.M. Se discute sobre de la costitución de un partido mapuche. ¿Cree Usted en la vía política para lograr objetivos?
 
V.A. Nosotros hemos realizado nuestra historia y la historia nos enseña que los partidos politicos nunca han realizado resultados concretos.
El partido politico puede ser una campana de resonancia pero su conformación no es una prioridad de las comunidades y no está en nuestra agenda.
 

Victor Ancalaf, “werken” del popolo mapuche, In Italia

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“Tener primeramente claro que el valor de la Tierra no tiene precio”.
“Innanzitutto essere consapevoli che il valore della Terra non ha prezzo”
Victor Ancalaf
 
Probabilmente Victor Ancalaf è venuto al mondo già segnato da un profondo attaccamento alla  Terra. Quella  che è venuta a mancare alla sua famiglia prima che lui nascesse. Nel 1960 infatti i suoi genitori, che vivevano a Nehuentué,  rimasero senza un luogo dove vivere  a causa del grande maremoto che inondò e distrusse completamente la costa sud del Cile, conosciuto come il Gran Terremoto del Cile. Egli nacque due anni dopo, nel 1962. Nel 1966 dovettero abbandonare quella zona perchè con tutta la comunità furono trasferiti altrove dallo stato cileno. Desplazados, come si dice in spagnolo,  in una parola che difficilmente si riesce a tradurre in italiano. Da allora inizia la sua battaglia per il recupero delle terre del popolo mapuche. Frei, non dimenticare che sei in terra mapuche disse nel 1998  al presidente cileno Eduardo Freí Ruiz-Tagle, guardandolo dritto in faccia e  interrompendo con altri 15 compagni il suo discorso presidenziale a Mininco, una  località a sud del paese. “Noi mapuche viviamo in queste terre da centinaia di anni e oggi siamo emarginati, impoveriti e messi da parte a causa dell’arrivo di multinazionali che non rispettano i nostri diritti e da un governo cileno, democratico, come si dice, che lavora gomito a gomito con questi usurpatori” gridò in quell’occasione alla folla. Nello stesso anno fondò  l’organizzazione mapuche Coordinadora de Comunidades en Conflicto Arauco – Malleco (CAM) della quale per circa due anni fu il  portavoce ufficiale. Tra il 1998 e il 2000 guidò numerose proteste  per il recupero delle terre e per l’occupazione dei fondi come mezzo di pressione sul governo e sulle multinazionali. Fu arrestato  varie volte con l’accusa di crimini contro l’ordine pubblico e danni alla proprietà privata senza che nessuna prova fosse portata contro di lui in tribunale.  
Ha trascorso in carcere, come prigioniero politico,  questi  ultimi cinque anni della sua vita, dal 2002 al 2007, condannato senza prove, nell’ambito del  conflitto scatenatosi per la costruzione di una centrale  idroelettrica nell’Alto del Bio Bio da parte della multinazionale “ENDESA”,  con l’accusa di “attentato d’ incendio terrorista”. Un capo d’ accusa, questo,  ereditato dalla dittatura militare di Pinochet per il quale anche delitti comuni contro la proprietà vengono equiparati ad atti di terrorismo, di ben più grave entità.  
Victor, adesso  ha ripreso la lotta insieme ai suoi compagni, e come “werken” (messaggero) della sua Comunità e del suo popolo, viaggia  in Europa e in Italia testimoniando la realtà dei Mapuche in Cile e in Patagonia.
Queste le date italiane:
19 maggio ore 20 Brescia
Circolo Anarchico Bonometti
(vicolo Borgondio 6, zona Carmine)
20 maggio ore 20 Crema
Spazio Popolare La Forgia
(via Mazzini 24 Bagnolo Cremasco)
21 maggio ore 20 Milano
Circolo Anarchico dei Malfattori
(via Torricelli 19, MM Romolo — Bus 90–91)
Giovedi 22 maggio ore 18 al caffè Basaglia (via Mantova 34 — Torino)
Venerdi 23 maggio ore 21 al presidio no-tav di Bruzolo
Domenica 25 maggio ore 15,30 al presidio no-tav di Venaus
 

Quale festa per le donne e le mamme del popolo mapuche?

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            Ci rivolgiamo a voi in quanto donne di associazioni per la Pace e per i Diritti Umani, chiedendo il vostro intervento solidale per la situazione delle donne mapuche, appartenenti a un popolo di cultura millenaria che abita il sud del Cile e dell’Argentina ancor prima dell’arrivo degli spagnoli.
Consideriamo la loro situazione drammatica. Molte sono in carcere, perseguitate, minacciate, torturate e criminalizzate perché lottano contro la repressione inflitta dal governo cileno al loro popolo, chiedono la fine dell’occupazione militare delle loro Comunità e il diritto ad una vita degna nella propria Madre Terra.
            Il popolo mapuche lotta contro l’etnocidio occultato dal silenzio dei media nazionali e internazionali in tacito accordo con le multinazionali forestali, idroelettriche, minerarie e del salmone.
Queste multinazionali, la maggior parte provenienti dall’Europa e dagli USA, hanno come alleati i governi cileni di turno, che permettono loro nei territori mapuche il saccheggio delle risorse naturali e la devastazione delle terre in nome del profitto, l’arricchimento di pochi e la povertà per molti.
            Chiediamo solidarietà con queste donne, aiuto nell’abbattere il muro di silenzio che le circonda e fare conoscere la verità.
            Siamo fermamente convinte che la solidarietà delle donne d’Europa e d’Italia, donne di paesi democratici, possa spingere il Governo cileno, il cui presidente é una donna, verso il rispetto dei Diritti Umani e degli Indigeni.
Oggi, questo governo “democratico”, vive con la “costituzione fascista” ereditata dal dittatore Pinochet e non esita a sparare contro i mapuche con le mitragliette UZI, usate anche in Irak. A gennaio di quest’anno i carabineros hanno ucciso uno studente mapuche, Matias Catrileo.
Questo governo non esita nemmeno ad usare le leggi antiterrorismo (create da Pinochet) contro le Comunità indigene mapuche nella IX Regione dell’Araucanía. Questo governo criminalizza la lotta sociale, la difesa dei diritti umani, e le giuste rivendicazioni sulle terre usurpate.
Patricia Troncoso, in carcere ha sostenuto fino al 30 gennaio 2008 un ennesimo sciopero della fame di 112 giorni. Rivendicava la libertà per lei e tutti i sui compagni, agevolazioni carcerarie, fine della persecuzione e della militarizzazione delle Comunità Mapuche.
Juana Calfunao, autorità mapuche, sostenitrice dei Diritti Umani e madre di quattro figli, anche lei in carcere così come quasi tutti i suoi familiari. Ha attuato lo sciopero della fame perché il marito aveva urgente bisogno di un intervento chirurgico e in carcere non concedevano prestazioni mediche.
Prima del processo, per anni fu perseguitata, nel 2005 fu maltrattata dai carabineros al punto di farla abortire. I carabineros hanno incendito anche la sua casa e tra le fiamme è morto un  anziano zio. Waikilaf Cadin, suo figlio, studente di giurisprudenza, è stato incarcerato per più di un anno, e durante la detenzione torturato (comunicato diffuso da Amnesty-Cile). Anche lui attuò lo sciopero della fame. In dicembre scorso fu scarcerato, ma poi nuovamente arrestato.  
Luisa Calfunao sorella di Juana, madre di quattro figli, in carcere anche lei da quattro mesi incatenata al letto dell’infermeria, è accusata di aver distrutto i documenti processuali.
Mirella Figueroa Araneda, vive in clandestinità, dopo avere auto un processo farsa,..
Miriam Reyes, avvocato, difensora dei prigionieri mapuche, perseguitata, minacciata (2004/05)
Daniela Ñancupil, bambina di 12 anni, perseguitata, molestata, minacciata, ferita da spari, tentativi di sequestro per impedirle la denuncia. (2001)
Le donne Mapuche pehuenche en Ralco, alla testa nella difesa del territorio dove la multinazionale Endesa costruì una centrale idroelettrica
María Huenchún, Sara Lefimil (Gorbea); Teresa Quilencheo (Pitrufquén), nella lotta contro le discariche con oltre 11.500 tonnellate di rifiuti mensili nella regione. a qualche metro dalle loro abitazioni.….
Ci sono tante donne mapuche che vengono perseguitate, sarebbe lungo nominarle tutte,..
Come ci sono anche tante donne, madri, mogli, figlie, sorelle delle prigioniere e dei prigionieri politici mapuche, che vengono quotidianamente offese nella loro dignità, discriminate,.…
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Documentiamo le nostre denunce con alcune fotografie, sull’accanimento contro le donne mapuche.
Con la speranza che la nostra richiesta abbia un riscontro, alleghiamo l’appello da spedire alle autorità indicate con copia alle organizzazioni internazionali ONU e dell’Unione Europea,
Invitiamo chi desidera esprimere la propria indignazione e la propria solidarietà ad inviare una e-mail indirizzata:
Presidenta de Chile: Michelle Bachelet : Palacio de la Moneda; Santiago, Chile.              Fax: (56 2) 698‑4656    E-mail: href=“jgarciaatpresidenciadotcl“>jgarciaatpresidenciadotcl
Ambasciata del Cile in Italia:                                                                                                Sr. Gabriel Valdés   Via Po 23,    00198 – Roma   Tel (39) 06 -   844091 Fax: (39) 06 — 8841452   href=“echileitatflashnetdotit“>echileitatflashnetdotit  
Per conoscenza a:
Sr. Rodolfo Stavenhagen, Relatore Speciale dei Diritti Umani e delle Libertà fondamentali per gli Indigeni.
Ufficio dell’ Alto Commissionato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, OHCHR,
Nazioni Unite , 1211 Ginevra 10, Svizzera.
e-mail: href=“pespiniellaatohchrdotorg“>pespiniellaatohchrdotorg               href=“indigenousatohchrdotorg“>indigenousatohchrdotorg
 Tel: +41 (0) 22– 9179413 / Fax: +41 (0) 22 9179008
 
Per esprimere la vostra solidarietà e per informazioni potete rivolgervi a:
href=“wenuykanatgmaildotcom“>wenuykanatgmaildotcom
                                              
fac– simile mail da inviare a:
                                                                S.E. Presidente del Cile,
                                                                Sra. Michelle Bachelet
                                                                tramite
                                                                l’Ambasciatore del Cile in Italia,
                                                                Sr. Gabriel Valdés S.
 
               ci rivolgiamo a Lei per la grave   e ingiusta situazione dei prigionieri politici mapuche, in particolare delle donne, detenute nelle carceri del sud del Cile.
            Sappiamo dalle immagini, dalle notizie e dalle inchieste di Organismi internazionali quali la Commissione Interamericana dei Diritti Umani, Human Rights Watch, il Relatore Speciale sulle libertà fondamentali e i diritti degli indigeni, Rodolfo Stavenhagen, il Comitato Diritti Economici e Sociali (DESC) dell’ONU, Amnesty International, la Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) e il Comitato dei Diritti Umani dell’ONU, che queste persone sono vittime delle violenze poliziesche, di processi artefatti e subiscono la violazione dei diritti umani.
 
            Le nostre Associazioni si rivolgono a Lei, al suo senso di giustizia e di umanità, affinché, in consonanza con le raccomandazioni degli Organismi internazionali sopra citati, molte delle quali sono vincolanti per lo Stato cileno, intervenga per la scarcerazione dei prigionieri politici mapuche, iniziando dai più deboli: donne e malati e si provveda alla revisione degli illegali processi che li hanno condannati.
 
                                                                       Con rispetto.
 
 
 
 
Sottoscrivono; 
 
Osservatorio per la Pace del Comune di Capannori, Lucca                                        Presidente Leana Quillici
Annalisa Melandri, Roma http://www.annalisamelandri.it
Marcela Quillici, assistente sociale
Armida Bandoni,   Lucca
Veronica Fabbri, musicista, Forli
Valentina Fabbri, mediatrice interculturale, Forli
Associazione Wenuykan Amicizia col Popolo Mapuche, Como                                                                      Presidente Violeta Valenzuela
 

Rayen Kvyeh: Baila la muerte

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Este poema ha sido leído en Italia en ocasión de la Palabra errante – recital y rueda de prensa por los prisioneros políticos mapuche del 25 de enero en Roma.
Ya se ha tomado en todo Chile cómo himno y canto de lucha del pueblo mapuche:

BAILA LA MUERTE
Baila la muerte
en la mesa
de los poderosos comensales.
Aplauden y callan,
callan y aplauden
bajo la cómplice sombra
de las blancas leyes.
 
Se rompe el silencio
en los barrotes-muros.
La huelga de hambre
cabalga por las venas
de los prisioneros políticos mapuche.
En las negras trenzas
de Patricia Troncoso
se enreda el silencio
de las vocesancestrales.
 
Baila la muerte
sobre los pinos de pascua
de artificial nieve
y luces de colores.
 
Se rompe el silencio.
La huelga de hambre
cabalga los caminos
solidarios
atravesando fronteras
rompiendo barreras.
 
Ruge el Llaima.
Rompe el silencio.
Vomita fuego.
Vomita piedras.
El rojo rugido
de la ardiente lava
arrasa las montanas.
 
Baila la muerte
sobre la balanza de la justicia
de los poderosos comensales.
Bailan las leyes.
Ano nuevo.
Nuevas armas.
Mano dura– blanca mano.
Terrorista — blanca mente.
Moneda dura — blanca plusvalía.
Baila la muerte.
Bailan Las leyes
con champán y vino.
 
Se rompe el silencio.
La huelga de hambre
cabalga los usurpados caminos
del territorio mapuche.
 
Baila la muerte
en el escritorio
de los poderosos comensales.
Bailan las armas.
Baila la muerte.
La bala asesina
apunta a la espalda.
Matías Catrileo asesinado.
 
Baila la muerte
en la mesa
de los  poderosos comensales.
Los terroristas bailan
la cueca final.
Bailan las leyes
cantando el himno nacional.
CASO CERRADO
 
En las negras trenzas
de Patricia Troncoso
se enreda el silencio
de las voces ancestrales.
Rompen el silencio
las voces de los vientos.
Lemun, Catrileo, Epul
se levantan
en las cuatro fuerzas de la tierra.
 
Matías Catrileo cae
besando la tierra.
Las voces de los vientos
rompen el silencio
Sus ojos se cierran
iluminando
los senderos anchos y estrechos
de la NACION MAPUCHE
Las voces ancestrales
rompen el silencio
Matías Catrileo camina
por las cuatro fuerzas de la tierra
 
 
 

Patricia Troncoso interrompe lo sciopero della fame dopo 112 giorni.

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Una delle ultime immagini di Patricia Troncoso

Con una lettera indirizzata al “suo caro popolo Mapuche” e a tutti coloro che hanno appoggiato con solidarietà, e generosità la sua causa, Patricia Troncoso ha comunicato mercoledì scorso   la sua decisione di porre termine allo sciopero della fame che ormai  portava avanti da più di 112 giorni.
La decisione è stata presa con l’appoggio e le garanzie della Chiesa Cattolica nella persona del vescovo Alejandro Goic, presidente della conferenza episcopale cilena.
Le notizie dei giorni scorsi erano state altalenanti tra comunicati di conferma e di smentita in merito alla notizia della fine dello sciopero della fame.
Patricia Troncoso chiedeva al governo cileno un documento scritto ed un impegno formale ad accogliere le sue richieste. Di fatto fino a mercoledì  il documento  non era  ancora arrivato e non sarebbe mai arrivato, aveva fatto sapere  il ministro dell’Interno cileno, Edmundo Pérez Yoma.
La Chepa, come è chiamata Patricia Troncoso, nella sua lettera fa sapere che sì esiste un documento di impegno ma che sebbene non sia firmato, porta come  garanzia la parola del vescovo  Goic.
Goic si è mostrato d’altra parte molto  fiducioso del  lavoro dell’incaricato presidenziale della commissione interministeriale per il tema mapuche nominata a gennaio di quest’anno dal governo,  Rodrigo Egaña.
Gli accordi presi con la mediazione del vescovo Goic, prevedono che Patricia Troncoso sia condotta nei prossimi giorni all’ospedale  di Temuco per il suo recupero e successivamente in un centro di educazione e lavoro (CET) di Angol.
Da marzo inoltre godrà dei benefici per i prigionieri comuni quali la libertà nei fine settimana, benefici che come da sua richiesta verranno applicati anche a Jaime Matrileo e a Juan Millalen, e che attualmente sono  negati ai detenuti ai quali è applicata la legge antiterrorista. Questo in effetti potrebbe essere un primo passo verso la ridiscussione della tristemente nota Legge Antiterrorista, che in vigore dai tempi della dittatura militare, viene oggi applicata ai prigionieri politici mapuche, i quali sono  condannati a pene pari a dieci anni di carcere anche soltanto per atti di protesta o di rivendicazioni sociali.
Il papà di Patricia Troncoso sollevato e felice, in compagnia della madre di Matías Catrileo, il giovane mapuche ucciso un paio di settimane fa durante un’azione di recupero di terre, ha dichiarato  che finalmente  il suo calvario è finito. Egli ha evidenziato inoltre il ruolo positivo svolto dalla Chiesa tramite il vescovo Alejandro Goic e del sacerdote  Fernando Varas, cappellano dell’ospedale del Chillán, dove si trova Patricia. Ha però criticato l’operato del Governo, che a suo avviso ha tirato troppo per le lunghe la situazione. Le condizioni di Patricia infatti negli ultimi giorni erano molto critiche, fin quasi a far temere il peggio. Ora il suo  recupero sarà lento e graduale, e anche il processo di rialimentazione dovrà avvenire per gradi e secondo la  tolleranza del suo fisico, se avvenisse troppo in fretta potrebbe causarle infatti danni ben peggiori del digiuno stesso.
Nella lunga lettera Patricia Troncoso si chiede  cosa sia stato ottenuto con le mobilitazioni popolari e con il suo sciopero della fame.
Innanzitutto, aspetto che appare secondario ma che non lo è  rispetto a quelle che erano state le sue richieste originali (e che ricordiamo sono la libertà per tutti i prigionieri politici,  la smilitarizzazione dei territori mapuche dell’Araucanía, l’abrogazione della legge Antiterrorista, la fine della repressione contro il popolo mapuche, attuata soprattutto tramite la legge Antiterrorista,) si è ottenuto attraverso una grande mobilitazione sia a livello nazionale che internazionale l’ aver portato a conoscenza dell’opinione pubblica la  gravità della violenza e della militarizzazione dei territori dove vivono le comunità.
Il Cile non è ancora pronto evidentemente, afferma Patricia, per affrontare il tema della Legge Antiterrorista e della criminalizzazione giudiziaria della protesta. Per questo motivo la risoluzione di questo tema verrà affrontato nella Commissione Interamericana dei Diritti Umani, dove si spera si giunga a un accordo sulla  legge Antiterrorista, sui giusti processi e sulla presunzione di innocenza .
Un’ altra vittoria importante è stata l’aver ottenuto i  benefici carcerari   per lei e per gli altri suoi due compagni mapuche, benefici  che spettano generalmente ai detenuti comuni. A Patricia e agli altri  fino a questo momento erano stati negati in quanto condannati come “terroristi”.
Ma forse la cosa più importante che è stata ottenuta è stato l’incontro di tutto il popolo mapuche, i popoli dei due lati della cordigliera, i Puelches e i Wallmapu adesso rappresentano  “una sola proposta politica”, quella ereditata dagli antenati e cioè “terra e autonomia”.
Patricia Troncoso si sta rivelando come la principale leader del movimento in difesa del popolo mapuche e probabilmente la sua voce politica sta tracciando  le linee guida che dovranno segnare il cammino delle battaglie future, che lei, comunicando la decisione di porre fine allo sciopero della fame conferma che saranno:
–definire una linea politica che permetta di affrontare in modo responsabile, senza protagonismo e mediocrità il tema di fondo del nostro popolo: territorio e autonomia e il diritto a sfruttarlo in forma integrale con progetti che vengano direttamente dalle comunità mapuche.
–cercare di affrontare anche grazie all’appoggio delle   reti  di solidarietà cilene e straniere la grande repressione alla quale sono esposti continuamente bambini,. giovani, donne e anziani.
Dalla destra sono giunte infine forti critiche al governo e particolarmente al ministro dell’ Interno Edmundo Perez Yoma per gli accordi stipulati con Patricia Troncoso. “Il governo è stato sconfitto e questo è pericoloso perchè non si può pensare che la legge sia applicata  in alcune parti del territorio ed in altre no e che ci sono persone per le quali è applicata e invece per altre no. Non è un buon segnale per il futuro”, ha affermato il senatore Jovino Novoa della Unión Demócrata Independiente.
Il timore è che si sia creato un precedente pericoloso e che in futuro sarà pertanto impossibile respingere eventuali altre richieste che verranno da parte degli attivisti del popolo mapuche. Un fatto è certo, che nessuno in Cile, né la destra, né la Concertación può più ignorare la voce di un popolo che si sta battendo con tanta determinazione. Una nuova “Bobby Sand” (l’attivista dell’IRA che morì in carcere dopo 66 giorni di sciopero della fame durante il governo di Margaret Thatcher) avrebbe scatenato fortissime proteste popolari in un governo, quello di Michelle Bachelet già più volte accusato di non rispettare i diritti umani e civili delle minoranze.
Alla comunità internazionale e a noi tutti che in questi giorni abbiamo sostenuto Patricia nella sua battaglia che l’ha portata a un passo dalla morte, il compito di vigilare affinchè vengano rispettati gli impegni presi e venga confermata quella solidarietà che si è sviluppata in questi mesi attraverso una moltitudine di reti e di iniziative in sostegno del popolo mapuche.
 
 

Rayen Kvyeh: i crimini del Cile contro i Mapuche che l’Europa vuole ignorare

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Rayen Kvyeh, unica poeta  del Cile, ha viaggiato da Temuco  a Reggio Calabria, nel  dicembre del 2007,  per ricevere la Menzione Speciale come seconda classificata del prestigioso Premio di Poesia Internazionale Nosside.
Nosside è un “Progetto che guarda a un mondo senza barriere, dove la poesia vince sugli odi politici e religiosi, sui rancori tra i popoli e sui pregiudizi culturali e razziali”.
La poesia di Rayen Kvyen, pertanto trova il suo spazio naturale in questo contesto, e ancor di più in questo momento  in cui il suo popolo, il popolo mapuche,   è oggetto di una dura repressione da parte del governo “socialista” di Michelle Bachelet.
La incontro a Roma, tappa finale di questo lungo viaggio che l’ha portata anche in Germania (dove ha vissuto un lungo esilio) e in Austria, pochi giorni prima di far rientro nel suo paese, dove mi dice, sente di poter essere più necessaria al suo popolo, nonostante in questo viaggio abbia contribuito in modo imprescindibile alla diffusione della causa mapuche.
Per questo “parola errante” è  il nome con il quale mi piace chiamare il  recital e la  conferenza stampa che terrà il 25 gennaio presso lo Spazio Odradek a Roma. La parola errante che viaggia e testimonia la voce di un popolo, ma la voce di Rayen,  il suo “embrione ribelle”  si è annidato nel suo ventre, come lei scrive in una poesia, nei lunghi giorni trascorsi in carcere, all’epoca della dittatura militare di Augusto Pinochet, a causa delle sue opere teatrali critiche del regime.
In quel ventre di donna fiera,   torturata e privata della libertà, ha trovato però riparo e protezione in un “bosco di tenerezza”, in quel mondo di albe e di tramonti, di occhi di bambini, di una natura magica e ancestrale che rappresenta il filo conduttore del suo messaggio.
La poesia di Rayen Kvyeh viene dalla terra, perchè Mapuche vuol dire “uomini della terra” e viene dall’amore, che si percepisce in ogni suo verso: amore per il suo popolo, per la natura, per la libertà e per la vita.
E’ poesia lenta e sacra come la storia del popolo mapuche “scritta nel legno, nelle pagine del tempo…”
E’ la voce di Lautaro, figlio della Terra  che “parla ai suoi fratelli” attraverso la saggezza degli antichi.
La poesia di Rayen Kvyeh è “terrena” nel senso di essere un vibrante  canto di dignità, un potente strumento di lotta, una denuncia toccante   e nello stesso momento è “lunare” (Kvyeh vuol dire luna) nel senso di contemplazione rapita e stregata delle montagne, degli “indimenticabili tramonti”, dell’ “aurora con il suo arcobaleno di colori” che apparirà  per insegnare chi sono i figli di quella Terra.
L’embrione ribelle   denuncia così in versi accompagnati dalla musica rituale del   kultrun, la condizione   del popolo mapuche che rivendica il diritto a ciò che gli è stato negato da secoli di colonizzazione prima e di sfruttamento selvaggio poi.
La parola errante di  Rayen Kvyeh, in questo viaggio in Europa, denuncia il governo cileno e solidarizza con la Chepa Patricia Troncoso a quasi 100 giorni di sciopero della fame, portato avanti nel silenzio della comunità internazionale.
 
A.M. —  Rayen, la tua poesia è vibrante e malinconica allo stesso tempo, racconta di albe e tramonti, ma anche della “voce di un popolo indomito protetta da migliaia di stelle”, del desiderio di non essere “servi e schiavi”, e di recuperare “la pace e la libertà”. Tu stessa da giovane hai subito il carcere e le crudeltà della dittatura sotto il regime di Pinochet. Vuoi raccontarci qualcosa su quei terribili anni?
 
R.K. – Ho subito da giovane la prigione politica e la tortura a causa delle opere teatrali che scrivevo e che erano critiche verso la dittatura di Pinochet. Sono stata in carcere una volta nel 1973, poi nel 1976 e poi ancora nel 1979 sono stata una “desaparecida” per 40 giorni e torturata in un carcere clandestino e successivamente nel carcere di rigore di Talcahuano e dopo in quello femminile di Concepción.
 
A.M. – E’ cambiato qualcosa da allora in Cile?
 
R.K. – Durante la dittatura la gente spariva o era uccisa con le armi. Oggi ci sono forme più moderne di repressione, per esempio la costruzione delle  dighe nel fiume Bío Bío, uno dei più grandi disastri ecologici del paese e lo sfollamento della comunità mapuche-pewenche verso un altro territorio. Per esempio le imprese forestali delle monocolture di pino e di eucalipto, che vogliono dire la desertificazione della Madre Terra, la mancanza d’acqua e la contaminazione con prodotti chimici che si diffondono per via aerea, la costruzione delle grandi strade che distruggono i luoghi sacri e dividono le comunità, la contaminazione a causa delle discariche (il 75% delle discariche sono state installate nelle comunità mapuche e queste contaminano acqua, Madre Terra e ambiente e hanno prodotto malattie nelle persone), la contaminazione dei fiumi e dei mari con gli scarichi delle grandi cartiere  e l’industrializzazione delle salmoniere.
Il popolo mapuche è assediato da nord, da sud, da est e da ovest . Non si può pensare forse  a una pianificazione del genocidio del popolo mapuche, da parte dello Stato con l’installazione di questi grandi megaprogetti?
Oggi abbiamo minorenni martiri uccisi, e questo si giustifica con l’applicazione della Legge Antiterrorismo  al popolo mapuche. I morti sono Mapuche,  come si può parlare di terrorismo di  un popolo che difende la vita e mentre  difende la vita, la Madre Terra e recupera il suo territorio? Perchè invece non parliamo di terrorismo di Stato?
 
A.M. – Rayen come credi che la poesia possa essere d’aiuto al popolo mapuche?
 
R.K. - La poesia è il sogno di speranza. Speranza in un futuro migliore. La poesia rompe barriere, attraversa frontiere e difende la vita.
 
A.M. – Sei arrivata da Temuco alla fine del 2007, unico poeta del Cile, per ricevere il prestigioso Premio Intenazionale di Poesia Nosside dove hai ottenuto  una Menzione Speciale (seconda classificata). Hai avuto appoggio dal tuo paese per affrontare questo viaggio?
 
R.K. – Non ho avuto nessun appoggio dallo Stato cileno. Ho avuto difficoltà a viaggiare per motivi economici, ho presentato richieste di aiuto al governo cileno e al ministro della Cultura e degli Affari esteri, al consiglio della cultura regionale di Temuco, al sindaco di Temuco,  ma senza avere nessuna risposta positiva e allora fortunatamente sono riuscita a partire con l’aiuto delle mie amiche.
 
A.M. – In passato hai fondato a Temuco un’associazione culturale molto importante . Di cosa si trattava?
 
R.K. – Ho diretto dal 1989 e per quasi 12 anni la Casa di Arte Mapuche a Temuco Mapu Ñuke Kimce Wejin. Fu un progetto di autogestione degli artisiti mapuche. Dall’anno 1990 fino al 1993 le attività culturali della Casa di Arte arte realizzate pubblicamente furono proibite. Successivamente la Casa chiuse per ragioni economiche.
 
A.M. – Tu vivi a Temuco dove ha vissuto anche Pablo Neruda. Come fu il rapporto tra lui e il popolo mapuche?
 
R.K. – Pablo Neruda ammirava la storia del popolo mapuche per essere stato un popolo che ha resistito per più di 300 anni alla dominazione spagnola.
 
A.M. – Che rapporti ci sono  tra la fondazione Neruda e i Mapuche?
 
R.K. – Nessun buon rapporto,  anzi tutto il contrario. Juan Augustín Figueroa, il presidente della Fondazione Neruda è stato colui che ha criminalizzato le rivendicazioni sociali, culturali e territoriali del popolo mapuche. Mi spiego: non bisogna dimenticare che Juan Augustín Figueroa fu il ministro dell’Agricoltura del governo di Patricio Alwin ed attualmente forma parte della Commissione Costituzionale del Congresso ed quindi ha un enorme potere e influenza  politica sul governo cileno. Per le sue azioni contro il popolo  mapuche sono stati criminalizzati due lonko tradizionali come Pascual Pinchun e Aniceto Norin i quali hanno scontato cinque anni di carcere.
Inoltre le  comunità dove vivono le famiglie dei lonko Temucuicui sono state sgombrate tantissime volte  e i carabinieri hanno portato avanti una vera campagna di terrore contro di loro. Questa comunità confina con le terre  di Juan Augustín Figueroa.
 
A.M. – Perchè il popolo mapuche fa tanta paura al governo cileno?
 
R.K. – Il popolo mapuche non è pericoloso, non ha un esercito armato, nel territorio mapuche non c’è petrolio, non c’è oro, non ci sono risorse materiali che possano rappresentare qualcosa per lo stato del Cile. Il governo cileno è ignorante e  non riconosce il popolo mapuche. Lo spaventano le sue legittime rivendicazioni per i diritti ancestrali, la sua cultura, il suo territorio, il suo diritto alla vita e  la sua visione del mondo. Il pensiero libertario e la consapevolezza  storica di essere una regione autonoma con potere di autodeterminazione è quello che dà  più fastidio allo stato cileno, che non ha una vera democrazia ma uno stato con leggi e costituzione politica eredità della dittatura militare. Per questo dico che lo stato cileno è molto retrogrado e molto arretrato nella sua legislazione.
 
A.M. – Il 13 gennaio  è morta Patricia Verdugo, lei con la sua ricerca storica e giornalistica ha contribuito a fare luce su molti dei crimini commessi durante la dittatura di Pinochet. So che stai lavorando a un libro che è una grande opera di ricerca  sulla repressione del popolo mapuche ai giorni nostri. Puoi anticiparci qualcosa?
 
R.K. – Il Cile ha perso una grande lottatrice per la difesa dei diritti umani, per la verità e la giustizia. Rivolgo a lei il mio abbraccio fraterno in quest’ultimo saluto.
Sono cinque anni che assisto ai processi politici dei prigionieri politici mapuche nei diversi tribunali della regione dell’Araucanía. Ho visitato i fratelli e le sorelle in carcere e anche le loro famiglie. Partecipando ad atti, proteste, riunioni e attività per la liberazione dei prigionieri politici mapuche, raccogliendo informazioni giuridiche, storiche, e testimonianze, aiutando a fare chiarezza storica sulle rivendicazioni attuali  del popolo mapuche per i diritti culturali, sociali, politici , territoriali.
 
A.M. – Si parla molto del  nuovo corso dell’America Latina, ci sono governi di sinistra come quello di Hugo Chávez e quello di Evo Morales che sono attenti alle realtà dei popoli originari, pensi che questo possa rappresentare  una speranza per tutti i popoli originari dell’America Latina?
 
R.K. – Evo Morales è un fratello, originario dei popoli che sono stati emarginati e discriminati ed è la speranza dei popoli originari del continente americano. Dei popoli con il diritto alla vita, in accordo con la loro  visione del mondo, con la loro   cultura, con i territori liberi dallo sfruttamento indiscriminato delle multinazionali, con il diritto alla terra e alle sue risorse naturali. Il diritto a vivere, come popolo libero di decidere il futuro e di non essere sommessi alle leggi discriminatorie e razziste per una maggioranza o minoranza occidentale che ha prolungato nei paesi americani i meccanismi di colonizzazione.
Il presidente Chávez merita il mio rispetto, per affrontare con  dignità l’imperialismo degli Stati Uniti che ha sottomesso il Cile e il resto dei paesi americani al potere militare ed economico, ha finanziato i colpi di stato intervenendo con questi contro la volontà dei popoli, sottomettendola alla povertà e al vivere sotto leggi senza leggi.
Lo rispetto, per non avere paura di dire la verità e per voler rendere realtà il sogno bolivariano, senza discriminazioni culturali in quest’america morena, dove i popoli devono decidere il suo destino, decidere di essere liberi.
 
A.M. – Siamo molto in ansia per le notizie che giungono dal Cile di Patricia Troncoso, lei rappresenta il coraggio di tutto il popolo mapuche. Che pensi che il governo della Bachelet parli con il padre di Patricia Troncoso  ma nello stesso tempo non avvia una trattativa seria di dialogo per salvarle la vita?
 
Le rivendicazioni di Patricia Troncoso e dei prigionieri politici mapuche sono la libertà immediata a tutti i prigionieri politici, la revisione dei processi, la dissoluzione della legge antiterrorista, legge fatta da una dittatura che è arrivata al potere con un colpo militar e  imponendo il terrore.
E’ incredibile che lo stato, che i governanti, che i politici, che il presidente Bachelet difendano le leggi, che costarono ai popoli dello stato cileno la vita, la tortura e il carcere a  migliaia  di uomini e donne.
Il governo tace o fa dichiarazioni per far rispettare la legge, una legge che è costata delle vite, che sta costando vite. La vita, vale meno di un dollaro nel mercato internazionale delle multinazionali nel sistema neoliberale. La vita vale meno di un dollaro perchè la legge cilena decide chi ha diritto alla vita.
Sanguina il cuore del padre di Patricia Troncoso, sanguinano le sue lacrime di impotenza, nel vedere come la vita scappa via dal cuore coraggioso di sua figlia, dalla coscienza trasparente delle acque del Bío Bío annidate negli umidi occhi di una donna, che vede come la vita fugge nella desertificazione di una Madre Terra sfruttata dalle imprese forestali nel grido silenzioso delle montagne e delle valli.
Sanguina il cuore del padre di Patricia e la sua imponente disperazione cerca di trattenere l’ultimo alito di vita di sua figlia. Patricia cammina e cammina in terra mapuche con la sua bandiera in alto, gridando libertà.
 
 
 
 
 

Rayen Kvyeh: Los crímenes de Chile contra los Mapuche que Europa quiere ignorar

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Rayen Kvyeh, es la  única poeta de Chile que  ha viajado desde Temuco hasta Reggio Calabria (Italia) en diciembre 2007, para recibir la Mención Especial (segunda clasificada) del prestigioso Premio Internacional de Poesía Nósside.
Nósside es un “Proyecto que mira hacia un mundo sin barreras, donde la poesía vence sobre odios políticos y religiosos, sobre rencores entre pueblos y sobre prejuicios culturales y raciales”.
La poesía de Rayen Kvyeh por tanto encuentra su espacio natural en ese contexto, y todavía más en ese momento en el que su pueblo, el pueblo mapuche, es objeto de una dura represión de parte del gobierno “socialista” de Michelle Bachelet.
Se encuentra en Roma, etapa final de ese largo viaje que la ha llevado también en Alemania (donde vivió un largo exilio) y en Austria, unos días antes de regresar a Chile donde dice  sentirse  más nacesaria a su pueblo, no obstante en ese viaje haya contribuido en manera imprescindible a la difusión de la causa mapuche.
Poe eso “palabra errante” es el nombre con que me gusta llamar el recital y la rueda de prensa que Rayen tendrà el 25 de enero en el Spazio Odradek en Roma. La palabra errante que viaja y testimonia la voz de un pueblo, pero la voz de Rayen, su “embrión rebelde”, alberga en su vientre, cómo ella escribe en un poema, en los largos días pasados en la cárcel , al tiempo de la dictatura militar de Augusto Pinochet , por sus obras teatrales críticas al régimen.
En aquel vientre de mujer orgullosa, torturada y privada de la libertad, ha encontrado refugio y protección en un “bosque de ternura”, en aquel mundo de amaneceres y atardeceres, de ojos de niños, de una naturaleza mágica y ancestral que representa el hilo conductor de su mensaje.
La poesía de Rayen viene desde  la tierra, porqué Mapuche quiere decir “gente de la tierra” y viene desde el amor, que se percibe en cada verso: amor por su pueblo, por la naturaleza, por la libertad y la vida.
Es poesía lenta y sagrada cómo la historia del pueblo mapuche “escrita en la madera, en las páginas del tiempo…”
Es la voz de Lautaro, hijo de la Tierra, quien “habla a sus hermanos” por medio de la sabiduría de los antepasados.
La poesía de Rayen Kvyeh es “terrena”, en el sentido de ser un vibrante canto de dignidad, un potente instrumento de lucha , una denuncia conmovedora, pero en el mismo tiempo es “lunar” (Kvyeh quiere decir luna) en el sentido de contemplación arrobada y seducida de las montañas, de los “inolvidables atardeceres” , del “aurora con su arcoiris de colores” que irrumpirà enseñando a todos quienes son los hijos de aquella Tierra.
El embrión rebelde denuncia asì en versos acompañados por la música ritual del kultrun, la condición del pueblo mapuche quien reivindica el derecho a lo que le ha  negado en siglos de coloniización antes y de explotación salvaje después.
La palabra errante de Rayen Kvyeh, en este viaje en Europa, denucia el gobierno chileno y solidariza con la Chepa Patricia Troncoso que està casi a los 100 días de huelga de hambre, llevado en el silencio de toda la comunidad internacional.
 
 
 
A.M. Rayen, tu poesía es vibrante y melancólica al mismo tiempo, habla de aterdereces y amaneceres pero también de “la voz de un indómito pueblo por miles de estrellas protegida”, del deseo de no ser “siervos y eslavos”, y de “recuperar “la paz y la libertad”. Tú misma en muy joven edad sufriste la cárcel y la dictatura bajo el régimen de Pinochet. ¿Quieres contarnos algo sobre esos años terribles?
 
R.K. Yo sufrí muy joven la prisión política y la tortura por las obras de teatro que escribía y que eran críticas a  la dictadura de Pinochet en 1973 y otra vez en 1976 y luego en 1979 he sido desaparecida por 40 días y torturada en una cárcel clandestina y posteriormente en la cárcel de castigo de Talcahuano y después en la de mujeres de Concepción.
 
A.M. ¿Hoy día ha cambiado algo desde entonces en Chile?
 
R.K. Durante la dictatura la gente desaparecía o era ejecutada con las armas.  Hoy día hay formas más modernas de reprimir, por ejemplo las represas en el alto Bío Bío , lo que significa uno de los más grandes desastres ecológicos del país y el desalojo de la comunidad mapuche-pewenche  hacia otro territorio. Las empresas forestales del monocultivo de pino y eucalipto que significa la desertificación de la Madre Tierra, falta de agua y la contaminación con productos quimicos que se diseminan por vía aérea , la construcción de grandes carreteras que destruyen los lugares sagrados y rompen las comunidades.
La contaminación por los vertederos (el 75% de los vertederos han sido instalados en las comunidades mapuche, y esos contaminan agua, Madre Tierra y medio ambiente y han producido enfermedades en la gente).
La contaminación de los ríos y de los mares con los desagues de las grandes papeleras y la industrialización de las salmoneras.
El pueblo mapuche se encuentra acosado por el norte, el sur , el este y el oeste. ¿Acaso no se puede pensar de una planificación de genocidio del pueblo mapuche, por parte del Estado con la instalación de los grandes megaproyectos?
Hoy día tenemos martires caídos menores de edad y se justifica eso con la aplicación de la Ley Antiterrorista al pueblo mapuche. Los muertos son mapuches  ¿cómo se puede hablar de terrorismo a un pueblo que defiende la vida y cuando defiende la vida, la Madre Tierra y recupera su territorio? ¿Porqué no hablamos mejor de terrorismo de Estado?
 
A.M. Rayen, ¿cómo crees   que la poesía pueda ayudar el pueblo mapuche?
 
R.K. La poesía es el sueño de esperanza . Esperanza de un futuro mejor.   La poesía rompe barreras, atraviesa fronteras y defiende la vida.
 
A.M. En diciembre de 2007 llegaste a Italia desde Temuko, siendo la única poeta chilena en recibir la Mención Especial del prestigiado Premio Internacional de Poesía Nósside ¿Tuviste respaldo del gobierno de tu país para enfrentar ese viaje?
 
R.K. No tuve apoyo por el Estado Chileno. Tuve dificultades para salir del país por razones económicas, presentè las solicitudes de apoyo al gobierno chileno y al ministerio de la cultura y de las relacciones exteriores, al consejo de cultura regional de Temuko, al alcalde de Temuko pero sin tener respuesta positiva y entonces afortunadamente viajé con el apoyo de mis amigas.
 
A.M. Fundaste en el pasado una asociación cultural muy importante en Temuko, de qué se trataba?
 
R.K.  Yo dirigì desde 1989 durante 12 años la Casa de Arte Mapuche en Temuko Mapu Ñuke Kimce Wejiñ. Fue un projecto de autogestión de los artistas mapuches. Desde el año 1990 hasta el 1993 las actividades culturales de la Casa de Arte realizadas publicamente fueron reprimidas y prohibidas. Luego la Casa se tuvo que cerrar por razones económicas.
 
A.M. Tú vives en Temuko donde vivió también Pablo Neruda. ¿Cómo fue la relacción entre él y el pueblo mapuche?
 
R.K. Pablo Neruda admiraba la historia del pueblo mapuche, por ser un pueblo que resistió más de 300 años a la colonización española.
 
A.M. ¿Que relación hay hoy día entre la Fundación Neruda y los Mapuches?
 
R.K. No hay ninguna relacíon positiva, todo lo contrario. Juan Agustín Figueroa , el Presidente de la Fundación Neruda ha sido quien ha criminalizado las reivindicaciones sociales, culturales y territoriales del pueblo mapuche. Me explico: no hay que olvidar que Juan Augustín Figueroa fue ministro de agricultura del gobierno de Patricio Alwin y actualmente forma parte de la Comisión Constitucional del Congreso y tiene un enorme poder e influencia politíca el el gobierno chileno. Por su accíón contra el pueblo mapuche han sido criminalizados dos lonko  tradicionales cómo Pascual Pinchun y Aniceto Norin quienes estubieron cinco años en la cárcel.
Además la comunidad donde viven las familias de los  lonko Temucuicui han sido innumerables veces allanados y los carabineros han hecho una verdadera labor de terror contra las familias de estas comunidaes. Esa comunidad conlinda  con el fundo de Juan Augustín Figueroa.
 
A.M. ¿Porqué el gobierno chileno le tiene miedo al pueblo Mapuche?
 
R.K. El pueblo mapuche no es peligroso, no tiene un ejercito armado, en el territorio del pueblo mapuche no hay petroleo, no hay oro, no hay recursos materiales que puedan significar un bien material para el estado de Chile. El gobierno chileno es ignorante, no conoce al pueblo mapuche . Le atemorizan las legítimas reivindicaciones por los derechos ancestrales, a su cultura, a su territorio, a su derecho a la vida con su cosmovisión. El  pensamiento libertario y la jerencia historica de ser una región autónoma con poder de autodeterminación es lo que molesta al estado chileno, que no tiene una verdadera democracia sino un estado con las leyes y la constitución politíca jerencia de la dictatura militar. Por eso digo que el estado chileno es muy retrogrado y muy atrasado en su legislación.
 
A.M. El 13 de enero   ha fallecido Patricia Verdugo, ella con su investigación historica y periodistica contribuyò a la aclaración de muchos crimines cometidos durante la dictatura de Pinochet. Se que estás trabajando a un libro que es una grande obra de investigación sobre la represión del pueblo mapuche hoy día. ¿Puedes adelantarnos algo?
 
R.K. Chile ha perdido una gran luchadora por los derechos humanos, por la verdad y la justicia en Patricia Verdugo. Vaya para ella mi abrazo fraterno en su última despedida.
Desde hace cinco anos, he estado asistiendo a los procesos de los prisioneros políticos mapuche.En los diferentes tribunales de la región de la Araucanía. He estado visitando a las hermanas y hermanos en las cárceles y también a sus familias.Participando en los actos y protestas, reuniones y actividades por la liberación de los prisioneros políticos mapuche.
Recopilando información jurídica,histórica,testimonios  en fin, lo que ayude a un esclarecimiento histórico en el momento actual de las reivindicaciones del pueblo mapuche por los derechos culturales,sociales,políticos,territoriales.
 
A.M. En Europa se habla mucho del nuevo curso de América Latina y los  gobiernos de izquierda en Venezuela con Hugo  Chávez y Bolivia con  Evo Morales ambos están  atentos a las realidades  de los pueblos originarios, ¿Piensas que pueden eso puede ser una esperanza para todos los pueblos originarios de  latinoamerica?
 
 
R.K. Evo Morales es un hermano ‚originario de los pueblos que han sido marginados y discriminados y es la esperanza de los pueblos originarios del continente americano. De pueblos con el derecho a la vida de acuerdo a su cosmovisión a su cultura ‚con territorios libres de la explotación indiscriminada de las trasnacionales, con el derecho a la tierra y a sus recursos naturales. El derecho a vivir ‚como pueblos libres y decidir el futuro y no ser sometidos a leyes discriminatorias y racistas por una mayoría o minoría occidental que han prolongado en los paíces americanos los mecanismos colonizadores.
El presidente Chavez, merece mi respeto ‚por enfrentar con dignidad al imperialismo de Estados Unidos, que ha sometido a Chile y al resto de los paíces americanos  al poder militar , económico ‚ha financiado los golpes de estado interviniendo la voluntad de los pueblos con los golpes militares, sometiendola a la pobreza y virir bajo leyes sin leyes.
Le tengo respeto, por no tener miedo de decir las verdades y querer hacer realidadel sueño bolivariano, sin discriminaciones culturales en esta américa morena, donde los pueblos deben decidir su destino, decidir ser libres.
 
 
A.M. Estamos muy pendientes por las noticias que llegan desde Cile de Patricia Troncoso, ella representa la valentía de todo el pueblo mapuche. ¿Qué opinas que el gobierno de Bachelet hable con el padre de Patricia Troncoso pero al mismo tempo no abre una mesa de dialogo seria para salvarle la vida?
 
R.K. Las reivindicaciones de Patricia Troncoso y de los prisioneros políticos mapuche , de libertad inmediata a todos los prisioneros políticos, la revisión de los procesos , la disolución de la ley antiterrorista, ley hecha por una dictadura  militar, que llegó al poder con un golpe militar, imponiendo el terror.
Es increíble,que el estado, que los gobernantes, que los políticos ‚que la Presidenta Bachelet defiendan las leyes, que costaron a los pueblos del estado chileno, la vida, la tortura y la cárcel de miles de mujeres y hombres.
El gobierno calla o hace declaraciones de respetar la ley, una ley que costó vidas, que está costando vidas.La vida , no vale nada, vale un dólar en el mercado internacional de las trasnacionales en el sistema neoliberal. La vida ‚vale menos que un dólar, porque la ley chilena decide, quien tiene derecho a la vida.
Sangra el corazón del padre de Patricia Troncoso, sangran sus lágrimas de impotencia, de ver como la vida se escapa del corazón valiente de su hija de la conciencia transparente de las aguas del Bío Bío  anidadas en los húmedos ojos de una mujer,que ve como la vida se escapa en la desertificación de una madre tierra explotada por las forestales en el grito silencioso de las montanas y valles .
Sangra el corazón del padre de Patricia y en su impotente desesperación busca retener el último álito de vida de su hija. Patricia camina y camina por el territorio mapuche con su bandera en alto, gritando libertad.
 
 

Cile, la rivolta dei detenuti mapuche

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Cile, la rivolta dei detenuti mapuche
Il caso di uno studente ucciso dalla polizia fa riesplodere la protesta della minoranza indigena
Geraldina Colotti
Il Manifesto, 13 gennaio 2007
Torna in scena la questione Mapuche in Cile. Alla morte del giovane studente Matias Katrileo Quezada, 22 anni, sepolto domenica scorsa, ucciso dai proiettili di un carabinero, potrebbe aggiungersi quella di Patricia Troncoso, da 90 giorni in sciopero della fame e ricoverata all’Hospital Angol di Temuco in condizioni disperate. Altri quattro mapuche, detenuti nel carcere di Angol a Temuco, hanno invece sospeso lo sciopero della fame con cui chiedevano la revisione del processo e il riconoscimento dei loro diritti.
Ieri il risultato delle perizie ordinate dal giudice istruttore che ha messo sotto inchiesta il sottufficiale dei carabinieri cileni Walter Ramirez Espinoza, ha confermato che a uccidere lo studente è stato il proiettile di un’arma di ordinanza. Le associazioni per i diritti umani hanno chiesto garanzie perché il procedimento non venga affidato a un tribunale militare, come già accaduto in un caso analogo recente. Due deputati socialisti (il partito della presidente Michelle Bachelet) hanno presentato interrogazioni parlamentari su tutta la vicenda, e anche l’ex giudice Juan Guzman — noto per avere perseguito i crimini di Pinochet e ora in pensione come avvocato — ha presentato al Consiglio per i diritti umani di Ginevra la lettera di un capo mapuche. Lettere di protesta sono state inoltre presentate alle ambasciate del Cile nel mondo e anche a Roma: «Speriamo che la morte del giovane Matías Katrileo sia l’ultima — ha dichiarato il premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel in un appello al governo cileno — e che una volta per tutte venga abolita la Legge antiterrorista e ratificata la direttiva Onu 169 sui diritti dei popoli indigeni».
L’abolizione della Legge antiterrorismo, insieme alla liberazione dei prigionieri politici e all’autodeterminazione, è una delle tre rivendicazioni avanzate da anni dai mapuche. Per quanto riguarda la 169, invece, il loro accordo non c’è, perché — sostengono — sta per essere ratiticata dal senato in una forma «mutilata». E rigettano la palla nel campo del governo. Michelle Bachelet — impegnata in un significativo rimpasto di governo — l’altroieri ha nominato una commissione di ministri: «per studiare e valutare le attuali politiche nei confronti dei mapuche e della questione indigena in generale». A presiedere il gruppo, il sociologo Jaime Andrade, che ebbe un analogo incarico nel governo precedente. Una via già percorsa e già fallita, per i mapuche, soprattutto finché rimane in piedi la legge antiterrorismo varata da Pinochet.
Dai tempi del golpe militare — che oppresse il paese dal 1973 al ’90, stroncando anche la riforma agraria iniziata da Salvador Allende -, i mapuche vengono perseguiti con particolare accanimento in base a questa legge. Basta che ricevano una condanna a dieci anni e un giorno, per essere esclusi dalle cosiddette misure alternative alla detenzione.
Dieci anni e un giorno sconta Patricia Troncoso per l’incendio del Fondo Poluco-Pidenco della Forestal Mininco. Se fosse stata giudicata secondo la legge ordinaria, sarebbe già fuori dal carcere. Ora, invece, è una detenuta con pochissime speranze di sopravvivere, ma finché ha avuto forze, ha scritto che morire non la spaventa se serve al suo popolo.
Quello mapuche è il popolo che, in America, si è opposto con più continuità alle dominazioni coloniali nel corso della storia: prima all’espansione degli incas e poi a quella degli spagnoli. Sopravvissuto anche all’immane massacro dell’esercito spagnolo che, nella seconda metà dell’Ottocento, tentò di spazzarlo via, e alle prigioni di Pinochet, e ora intenzionato a preservare il proprio millenario ordinamento sociale e ambientale dall’imposizione delle monoculture, dalle devastazioni ambientali. Non hanno documenti scritti, ma quelle terre sono le loro.
Oggi i mapuche sono un milione circa, sparsi tra le regioni centromeridionali del paese e la capitale Santiago. Nel corso del 2007, almeno 166 di loro sono stati accusati di diversi reati connessi al conflitto che interessa la «IX Region»: disordini, occupazioni, incendi. Secondo le imputazioni, si aggirano armati a sparare agli elicotteri delle multinazionali. I loro avvocati denunciano invece processi farsa, testimoni pagati e mascherati, e armi lasciate apposta nelle università per accusare poi i mapuche che vanno a restituirle. I mapuche, dicono, bruciano solo le devastanti radici di eucalipto che le multinazionali diffondono sui territori.Rivendicano, però, il diritto di resistenza
 
Wenuykan, amicizia
Dall’Europa al Canada, gli attivisti si mobilitano
 
E’ nata nel settembre scorso Wenuykan («Amicizia» nella lingua dei mapuche, il mapudungun), associazione d’amicizia con il Popolo Mapuche, composta da alcuni cittadini italiani e da cileni rifugiati in Italia e Europa dai tempi della dittatura di Pinochet. Durante la primavera 2007, l’associazione ha inviato una lettera aperta ai parlamentari europei affinché intervengano per il rispetto dei diritti del Popolo Mapuche in Cile e contesta la laurea ad Honoris poi conferita a Michelle Bachelet dall’università di Siena. Ora l’associazione invita a seguire in Italia le conferenze dell’attivista e poeta Mapuche Rayen Kvyeh, che sarà anche presente a Roma (alla libreria Odradek), il prossimo 25 gennaio. Qualche sito per contatti: wenuykanatgmaildotcom — Italia;
www.vientosdelsur.org Udine — Italia
kulturamapucheatgmaildotcom
radioregion14atgmaildotcom
 
 
Ricordiamo che Geraldina Colotti (che ringraziamo) sarà presente il 25 gennaio persso la Libreria Odradek  a : Rayen Kvyeh: La parola errante – recital e conferenza stampa sui prigionieri politici Mapuche, iniziativa organizzata dall’associazione Wenuykan.
Per dettagli qui.

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