No alla ratifica degli Accordi tra UE e Centro America, Colombia e Perù — Manifesto

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ALT allˈ ingiustizia e alla disuguaglianza

No alla ratifica degli Accordi tra UE e Centro America, Colombia e Perù

Manifesto delle Organizzazioni, Reti e Movimenti Sociali dellˈ America centrale, Regione Andina e Unione Europea

Nel VI Vertice dei Capi di Stato e di Governo tra Unione Europea, America Latina e Caraibi, avvenuto a Madrid il 18 maggio 2010 è stata annunciata la conclusione dei negoziati per un Accordo di Associazione tra l’Unione Europea e l’America Centrale e di un Accordo Commerciale Multilaterale tra l’UE e Colombia e Perù.

Le organizzazioni, le reti e i movimenti sociali delle tre regioni che hanno avuto ugualmente l’opportunità di incontrarsi a Madrid nel quadro del Vertice Alternativo dei Popoli per discutere della portata e dei possibili impatti degli Accordi negoziati, si sono accordate per coordinare azioni di informazione, sensibilizzazione, pressione e mobilitazione sui pericoli che comportano gli Accordi negoziati. Come parte di questo processo, rendono pubblico il seguente Manifesto:


La crisi economica mondiale ha messo in questione il paradigma del “libero scambio” sul quale si fondano gli accordi negoziati. La logica per lo più liberoscambista degli Accordi negoziati tra l’UE e il Centro America e l’UE, Colombia e Perù corrisponde a un modello in crisi che limiterà fortemente l’autonomia degli Stati parte per promuovere e definire politiche regionali e nazionali di sviluppo a beneficio delle maggioranze. La conclusione degli accordi avviene in un contesto di crisi multipla: economica, climatica, energetica e alimentare che influenza fortemente i paesi del Sud e specialmente i paesi centroamericani e andini, a causa della vulnerabilità ambientale che li caratterizza.


1. Dagli Accordi di Associazione agli Accordi di Libero Scambio.

Gli Accordi negoziati privilegiano innanzitutto gli interessi commerciali dell’UE, tanto nell’accesso ai mercati quanto nella portata dei temi, tra gli altri, dei servizi, degli investimenti, degli acquisti governativi, delle proprietà intellettuali. In cambio i paesi centroamericani, così come Colombia e Perù, hanno guadagnato “alcuni vantaggi” nell’accesso ai mercati, che non fanno altro che consolidare l’accesso che tali paesi già avevano nel quadro del Sistema Generale di Preferenze (SGP), riaffermando il carattere di paesi esportatori di materie prime e quindi, la loro vulnerabilità di fronte ai mercati internazionali.


2. Accordi abissalmente asimmetrici.

Le asimmetrie nei livelli di sviluppo, benessere e qualità della vita tra l’UE e America Centrale, Colombia e Perù sono abissali. La riduzione di queste asimmetrie tra le regioni, e all’interno di esse, era uno dei propositi prioritari dei negoziati, nonostante gli accordi negoziati non includano meccanismi realmente effettivi che contribuiscano a ridurle, ma al contrario, le esacerbano.

I risultati dei negoziati nel settore latteo è un esempio di questa iniquità. Poiché l’ingresso dei latticini sussidiati europei genererà uno scalzamento nei mercati interni centroamericani e andini, affettando i produttori locali e compromettendo la sovranità alimentare di queste regioni, considerando che il latte è un elemento essenziale del paniere alimentare familiare.


3. Gli accordi negoziati, lungi dal favorire, pregiudicano i processi di integrazione regionale in corso.

Rafforzare i processi sub-regionali di integrazione, quello andino e quello centroamericano, era uno degli obiettivi fondamentali enunciati dall’UE con questi Accordi  e presentato come una differenza significativa rispetto ai Trattati di Libero Scambio negoziati con gli Stati Uniti. Tuttavia, l’evoluzione della negoziazione ha dimostrato la sua incoerenza a riguardo. Per ciò che riguarda il processo di integrazione andino, l’aver accettato di continuare il negoziato con soli due membri, Perù e Colombia, ha contribuito ad acutizzare le tensioni già esistenti tra i paesi membri della Comunità Andina. Allo stesso modo l’accettazione di Panama, come parte dell’accordo, senza aver proceduto previamente all’ingresso nel Sistema Centroamericano di Integrazione Economica – SIECA — e dopo aver annunciato il suo ritiro dal Parlamento Centroamericano – PARLACEN-, pregiudica l’istituzionalizzazione centroamericana.

Il governo ecuadoriano ha annunciato la propria disponibilità a negoziare un Accordo di Commercio per lo Sviluppo con l’UE, ma la poca flessibilità che ha dimostrato l’UE nelle negoziazioni precedenti rende poco probabile l’ipotesi che un negoziato con queste caratteristiche possa giungere a buon fine. Tuttavia, in questo scenario noi organizzazioni domandiamo che tale processo consulti e cerchi il consenso della popolazione, rispetti la Costituzione dell’Ecuador e si inquadri nei principi di uguaglianza ed equità per il Buen Vivir. Noi organizzazioni, reti e movimenti sociali resteremo vigili rispetto alla direzione che prenderanno tali negoziati.


4. Liberalizzare l’accesso alle risorse naturali e a settori strategici limita le possibilità di sviluppo e restringe la sovranità degli Stati.

Le risorse naturali, la biodiversità, le conoscenze ancestrali, i servizi pubblici, le fonti d’acqua, le risorse minerali ed energetiche tanto in Centro America quanto nella regione andina sono state obiettivi agognati dalle imprese multinazionali dell’Europa e degli Stati Uniti. Gli accordi negoziati favoriscono gli interessi delle multinazionali europee in queste aree. Porre settori strategici per lo sviluppo delle regioni al servizio delle ansie di profitto delle imprese europee pregiudica le possibilità verso il futuro dell’integrazione economica regionale, la sovranità degli stati e riafferma il paradigma in crisi del libero scambio, omettendo di riconoscere i suoi effetti.


5. Gli accordi negoziati con l’UE possono acutizzare i conflitti esistenti in Colombia, in Perù e nella regione centroamericana.

I modelli “estrattivisti” che si stanno applicando tanto in Centro America quanto nella regione andina, provocano la resistenza della popolazione e la mobilitazione sociale in difesa del territorio e delle sue risorse naturali, principalmente dei popoli indigeni e dei discendenti africani. Gli accordi negoziati con l’UE tendono a rafforzare questo modello contribuendo così ad esacerbare i conflitti socio-ambientali esistenti.


6. Gli accordi negoziati non privilegiano la difesa e la protezione dei diritti umani rispetto al libero scambio.

Questi accordi, oltre a contenere misure che pregiudicheranno i diritti economici, sociali e culturali dei popoli centroamericani, peruviano e colombiano, non includono meccanismi effettivi che condizionino le preferenze commerciali al rispetto adeguato dei diritti umani, e che quindi includano meccanismi effettivi di sanzione commerciale contro le violazioni.

Inoltre, vale la pena sottolineare come la conclusione dei negoziati è stata al di sopra di ogni altra considerazione in riferimento al buon governo e ai diritti umani: né la crisi democratica dell’Honduras dopo il colpo di stato né le gravi violazioni alle libertà sindacali in paesi come Colombia, Guatemala o Panama avvenute durante i negoziati hanno provocato un’alterazione del processo negoziale. Queste situazioni hanno evidenziato l’incoerenza dell’Unione Europea, che ha dato priorità all’avanzamento e alla conclusione degli accordi, e ha evidenziato l’assenza di meccanismi effettivi di protezione.


7. Gli accordi negoziati limitano le possibilità di partecipazione della società civile nell’implementazione degli accordi.

Durante il periodo delle negoziazioni le proposte e le raccomandazioni di diverse organizzazioni e movimenti sociali delle tre regioni sono state ignorate. Nemmeno l’Accordo contempla una partecipazione vincolante, ampia e diversa delle organizzazioni e dei movimenti sociali. I Forum previsti sono un meccanismo di partecipazione insufficiente, che non garantisce la trasparenza ne la democrazia nell’Accordo.


8. Gli accordi negoziati ignorano gli studi di impatto socio-ambientale.

Gli Studi di Impatto Socio-Ambientale – commissionati dalla Commissione Europea e pubblicati prima della conclusione dei negoziati – nonostante i loro limiti, facevano riferimento agli impatti in alcune aree sensibili. Nonostante tale avvertenza, le parti hanno ignorato totalmente questi risultati al momento di definire i testi degli accordi, mostrando che non si è cercato di correggere tali possibili impatti durante i negoziati.


Di fronte a quanto esposto, considerando che la crisi economica prosegue, che gli accordi negoziati privilegiano gli interessi commerciali dell’UE, pregiudicano risorse strategiche degli stati, indeboliscono i processi di integrazione regionale e non costituiscono un progresso in materia di protezione dei diritti umani ne il superamento delle diseguaglianze sociali esistenti, noi, organizzazioni sottoscritte, provenienti dalle tre regioni e impegnate in questi negoziati, chiediamo a tutti i Parlamenti coinvolti nella Ratificazione di questi Accordi, che approccino la discussione di questi Accordi tenendo in conto:

  • Le evidenze e le lezioni della crisi globale rispetto al fallito modello neoliberista nel quale si inscrivono tali accordi e che privilegino i Trattati e le Convenzioni Internazionali sui Diritti Umani e sull’Ambiente rispetto agli interessi commerciali,
  • L’obiettivo prioritario di ridurre le asimmetrie esistenti tra le parti, le quali non sono state prese in considerazione dando come risultato degli accordi iniqui e ingiusti.
  • Il loro obiettivo iniziale di contribuire al rafforzamento dei processi di integrazione regionale, riconoscendo che il risultato degli accordi si orienta nella direzione opposta.


In considerazione di quanto esposto, esortiamo tutti i parlamentari e tutte le parlamentari coinvolti ad esprimere un voto negativo all’approvazione, che apra uno spiraglio per la riapertura della discussione sulle relazioni dell’UE con l’America Centrale e la Regione Andina, su nuove basi, in condizioni di parità e con un’agenda rinnovata che includa le organizzazioni della società civile.


NO alla ratificazione degli accordi negoziati
Promuoviamo vere condizioni di giustizia ed equità tre le nostre regioni.


Inviare la propria adesione a href=“http://wwwdotasuddotnet/test/lauradotrangeldotfonsecaatgmaildotcom” target=“_self”>lauradotrangeldotfonsecaatgmaildotcom

Novembre  del 2010

Sottoscrivono:

Europa: CIFCA, Grupo SUR, Oxfam, Red birregional Enlazando Alternativas. Alemania: Informationsstelle Peru (Freiburg), Peru-Gruppe München). España: Asociación Entrepueblos, ATTAC-España, Ecologistas en Acción, HUACAL (ONG de Solidaridad con El Salvador), PlasPaz. Plataforma Asturiana Paz y DDHH para Colombia, Plataforma Justicia por Colombia  España, Plataforma Rural/Alianzas por un mundo rural vivo, Red de Semillas “Resembrando e Intercambiando”, Red de Solidaridad para la Transformación Social REDS, Secretaria d’Organització Intersindical CSC, SETEM, SODePAZ, Soldepaz.Pachakuti. Francia: Comité Pérou. Holanda: Transnational Institute TNI, Irlanda: Grupo Raíces (Grúpa Freamhacha), Latin American Solidarity Centre (LASC). Italia: A Sud– Italia, Annalisa Melandri activista por los derechos humanos. América Latina: Alianza Social Continental, ALOP, Asociación Latinoamericana de Micro, Pequeños y Medianos Empresarios, A. C. ALAMPYME, Plataforma Interamericana de Derechos Humanos, Democracia y Desarrollo PIDHDD, SERPAJ América Latina. América Central: Capítulo centroamericano ASC, Centro América por el Diálogo CAD-. Costa Rica: Comisión Nacional de Enlace CNE. El Salvador: CEICOM, CORDES, Red de Acción Ciudadana Frente al Libre Comercio e Inversión SINTI TECHAN, Unidad Ecológica Salvadoreña UNES. Guatemala: Colectivo de Organizaciones Sociales COS, Consejo de Investigaciones e Información en Desarrollo CIID,  Movimiento Tzuk Kim-pop (Altiplano Occidental de Guatemala). Honduras: CHAAC. Nicaragua: Coordinadora Civil/ CAD Capítulo Nicaragua, FUMEDNIC, Movimiento Social Nicaragüense Otro Mundo es Posible. México: Alianza Internacional de Habitantes, Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos LIMEDDH, Red de Mujeres Líderes por la Equidad y una Vida Libre de Violencia A.C. — D.F, Red Mexicana de Acción frente al Libre Comercio RMALC. Suramérica: Coordinadora Andina de Organizaciones Indígenas CAOI. Argentina: ATTAC Argentina, Movimiento por la Paz, la Soberanía y la Solidaridad entre los Pueblos MOPASSOL, Organización de Naciones y Pueblos Indígenas en Argentina ONPIA-. Bolivia: Consejo Nacional de Ayllus y Markas del Qullasuyu CONAMAQ. Colombia: Asociación de Cabildos Indígenas del Norte del Cauca – ACIN, Asociación Salud al Derecho, Coalición de Movimientos y Organizaciones Sociales de Colombia COMOSOC, CODIEPSIR, Colectivo Informativo Susurro, Comisión Colombiana de Juristas, Comisión de Protección y Seguimiento del Paramo El Almorzadero, Entre Redes, FUNCOP-CAUCA, Fundación Rostros y Huellas del Sentir Humano “Garifuna”, Marcha Mundial de Mujeres – Colombia, Mesa de Trabajo Mujeres y Economía, Movimiento Afrodescendiente Huellas Africanas, Movimiento Franciscano por la Paz MOFRAPAZ, Movimiento de Cristianos/as por la Paz con Justicia y Dignidad MCPJD, Movimiento Nacional por la Salud y la Seguridad Social MNSSS, Organización Nacional Indígena de Colombia ONIC,Plataforma Colombiana de Derechos Humanos, Democracia y Desarrollo PCDHDD, Red Colombiana de Acción frente al Libre Comercio RECALCA, Red Nacional de Mujeres Afrocolombianas Kambirí, Roberto Achito: Autoridad Tradicional Emberá, SINTRAFEC, SURCULTURA, Ecuador: Acción Vital, Centro de Derechos Económicos y Sociales CDES, Colectivo de Mujeres Acción Política por la Equidad APE, Colectivo para las Alternativas Humanas, Confederación de Pueblos de la Nacionalidad Kichwa del Ecuador ECUARUNARI, Democracia Socialista, Ecuador Decide. Perú: Confederación Nacional de Comunidades del Perú Afectadas por la Minería CONACAMI, Red Peruana por una Globalización con Equidad RedGE. Venezuela: Central Socialista de Trabajadores y Trabajadoras de Venezuela CST, Federación de Obreros Universitarios, Federación de Sindicatos de Profesores Universitarios FENASINPRES, Federación de Trabajadores de la Harina FETRAHARINA, Federación de Trabajadores de la Industria Gráfica FETRAIG, Federación de Trabajadores de Telecomunicaciones FETRATELECOMUNICACIONES, Federación de Trabajadores del Sector Eléctrico FETRAELEC, Federación de Trabajadores Universitarios FETRAUVE, Federación Nacional de Sindicatos de Trabajadores de la Salud FENASIRTRASALUD, Federación Nacional de trabajadores del Sector Público FENTRASEP, Federación Unitaria de Trabajadores de Petróleo y Gas FUTEP, Fuerza Socialista Bolivariana de Trabajadores, Sindicato Nacional Fuerza Unitaria Magisterial SINAFUM, Sindicato Unitario de la Construcción SUTAC.


Traduzione di Roberto Trevini Bellini per A Sud


Leggi anche:

Centroamerica, movimenti sociali e Trattato di libero commercio di Antonio Mazzeo (qui)

  1. aderito e divulgato ^,^
    purtroppo non si fermano mai, questi paladini neolib\neocon\ecc.ecc.
    saluti

  2. avatar
    michele pericolo ha detto:

    ‘Allo stesso modo l’accettazione di Panama, come parte dell’accordo, senza aver proceduto previamente all’ingresso nel Sistema Centroamericano di Integrazione Economica – SIECA — e dopo aver annunciato il suo ritiro dal Parlamento Centroamericano – PARLACEN-, pregiudica l’istituzionalizzazione centroamericana.‘ Parlare di Panamá in questi termini –se volete ne ho di piú duri sul narco-governo di Martinelli– significa tergiversare le cose. Nessuno –NEANCHE LO STRUZZO, HA ACCENNATO ALLA RECENTE INVASIONE TERRITORIALE E MILITARE AI DANNI DEL COSTA RICA, PAESE SENZA ESERCITO, DA PARTE DI ORTEGA– mentre si parla di PARLACEN, come se non fosse un posto dove si rifugiano i delinquenti dell‘area, come Alemán del Nicaragua, vari deputati ed ex-presidenti di questi stati, per goder dell‘immunitá parlamentare. Costa Rica, per fortuna, non ne fa parte, peró fa parte dell‘OEA, la quale ha dimostrato –come una vecchia canzone dei cubani della rivoluzione– che non serve a nulla. Tutto ormai é nelle mani del Corte Internazionale di Giustizia in Olanda. Ora, parlando di trattati di libero commercio, se gli europei dovessero esportare i latticini sovvenzionati di Bossi, sarei contrario, ma difenderebbero anche il grana padano ed il parmigiano reggiano, cosí come i vari prosciutti crudi e salumi italiani. Controlli europei sugli esportatori di banane ed ananas, non solo sugli agrochimici, ma sull‘impatto ambientale e sul trattamento dei lavoratori, farebbero solo bene al Costa Rica Per quanto riguarda macchinari in generale –io sono importatore dalla stanca Italia– potrebbero iniziare a ledere l‘egemonía americana, che continua a farla da padrone, mentre avremmo tecnologie e macchinari che distano anni luce dalla stessa egemonia interna al mercato USA, per proteggere i loro prodotti. E‘ possibile che –a parte Marchionne e la 500, una scoreggia nell‘universo, da queste parti– continuino a vendere macchinoni 6 cilindri in linea o 8 a V, tecnologie inventate nel
    1948 e che continuano ad usare ed esportare gli americani. La globalizzazione non é un male per se, ma un‘opportunitá per tutti quelli che la vogliono vedere differente. Costa Rica ha appena bocciato l‘industria mineraria a cielo aperto. Produce i chips dei vostri computer, sviluppa il motore al plasma del futuro, esporta 3.865 prodotti diversi, non ha esercito, e molto da insegnare ai critici del neoliberismo, che andove pijo pijo… la brutta figura la fate voi. A meno che non abbiate i paraocchi, cercate di conoscere di piú le realtá. Se essere neoliberale significa eliminare una situazione dove i sindacati del‘porto piú importante del paese permettono che la metá degli impiegati siano ammalati per un anno fino a cinque, con stipendio completo, con contributi, ecc. ebbene Ich bin ein Berliner, sono liberale…
    http://www.nacion.com/2010–12-10/ElPais/NotasSecundarias/ElPais2617920.aspx

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