Anche le formiche soffrono di insonnia

9 commenti

 

Da quando ne ho memoria, per me è sempre stato così. Fin da piccola. Da bambina solidarizzavo con le formiche quando mio fratello e i suoi terribili amici le bruciavano dopo averle cosparse di alcool. Loro ridevano nel vedere quelle fila di corpicini carbonizzati sui muri, io piangevo e li odiavo. Io che le studiavo, che “a faccia per terra e culo per aria” come mi diceva mia madre, passavo le ore a seguirle, ad osservarle, a disegnarle, ammirata di tanta solidarietà ed organizzazione, per la mia ricerca di seconda elementare. Le ho sempre amate le formiche. “Le formiche sono comuniste” ho sempre pensato. Quell’atto di bruciarle ripensandoci, mi fa venire i brividi oggi.Ci stermineranno tutti?
 
Me ne andavo sola per campagne e boschi, in una Napoli ancora vivibile, e almeno lì sulla collina magica dei Camaldoli, libera dal cemento, sognando di guerre passate delle quali scoprivo ordigni abbandonati, di lotte tra bande rivali nel casale della contessa, diroccato e teatro di oscuri traffici, la scoperta dei capanni dei “botti” illegali, era tutto magico per me.
 
Vivevo in una classica famiglia borghese. Ma per me tutto aveva origine dal basso. Ora riesco a capirlo. Mi affascinava la natura e i suoi misteri, nello spettacolo della quale, mi ritagliavo ruoli fantastici, mi incuriosiva la vita dei contadini, e quella degli uomini e delle loro malefatte. Più grande al liceo, piccola tra i grandi, l’occupazione, le manifestazioni con gli operai. Che ne sapevo io, appena quindicenne, degli operai. Ma lì volevo e dovevo stare. Non dovevano essere soli.
 
Nessuno doveva essere solo. Così i randagi, animali, uomini e amici,  entravano e uscivano dai miei anni.
 
Una volta ricordo che partimmo in auto verso la Sicilia. Vacanze. Per il viaggio appesi degli strofinacci dietro ai finestrini perchè mi facessero ombra durante il viaggio. Mio fratello, otto, nove anni, si arrabbiò tantissimo. “Sembra la macchina degli zingari” mi disse urlando. Forse è da allora che li ho amati, gli zingari.
 
E io ridevo, mi piaceva sentirmi una zingara, forse lo ero, lo sono tutt’ora. Mi piaceva immaginarmi zingara. In realtà in quel momento ero solo la figlia di una famiglia borghese che partiva per le vacanze al mare.
 
Ma zingara lo sono nel cuore, credo e come gli zingari sto in basso. Quella litigata con mio fratello mi ha segnata per sempre e non la dimenticherò mai. E’ stata simbolica. Il simbolo di differenze inconciliabili,  il simbolo di quello che poi fu ed è. Una frattura.
 
E stanotte che non riesco a dormire, ripenso a queste ultime mie giornate, appena tornata dalle vacanze, con tutto il peso dei mali del mondo sulle spalle. Stanotte pesa di più, con il pianto del cognato di F. in testa, il sangue di Carlo, “sangue nostro”, con il volto di Cristina, la figlia di  Francisco, scomparso in Messico due anni fa, difensore dei diritti umani, con la faccia stampata in mente dell’ambasciatore colombiano, la stesso che ho rivisto oggi in fotografia, il suo curriculum pesante di corruzione e crimine e le sue parole durante l’incontro avuto all’ambasciata.
 
Dovrei uscire mi dico, tutto il giorno passato al pc tra morti, sangue, violenze, scomparsi, a fare mia ogni lotta, da quella dei fratelli mapuche (un altro ragazzo ammazzato alle spalle, una ventina rifugiati nei villaggi feriti che non vanno negli ospedali per paura di essere arrestati, mi ha raccontato oggi Violeta) a quella dei compagni in resistenza da oltre un anno del mercato di Coyoacan, lettere, mail, petizioni, telefonate, proteste da organizzare, l’articolo denuncia da scrivere, i morti sul lavoro di luglio, una strage continua, i morti in mare, cimitero liquido italiano.
 
Dovrei uscire, ma esco e mi ritrovo a scaricare libri in biblioteca, così tanto per dare una mano, mi dico.
 
Dovrei uscire.
 
Domani sera c’è Ascanio Celestini all’Isola Tiberina. Celestini sul Ruanda. Ho deciso, ci vado. Per non dimenticare il Ruanda.
 

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    Mauro Pigozzi ha detto:

    Annalisa, ti sei dimenticata i morti dell’Honduras… Per sdrammatizzare, riprendo il titolo di una trasmissione di qualche anno fa di Albanese: VA TUTTO BENE! Ecco, mi sembra che la scenetta degli “Ottimisti” sembra diventata la norma in questo paese tra erotomani settantenni, puttane e cagate leghiste su stemmi, inni e dialetti!
    P.S.: e ricordati, anche le formiche, nel loro piccolo, s’incazzano!

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    spartaco ha detto:

    Bellissime riflessioni!!!!!
    Si ricomincia ogni mattina a lottare, si parte ancora dalla rabbia, ma non si riparte da zero!!!

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    Annalisa ha detto:

    e quando s’incazzano le formiche rosse soprattutto sono terribbbbili!
    Spartaco infatti stamattina presto invece di fare la cicala e dormire ho fatto la formica e mi sono alzata x dare il mio contributo…
    Senti, ma secondo te, tu che te ne intendi, le formiche sono veramente comuniste?

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    spartaco ha detto:

    Penso di no. Loro non scelgono, loro fanno tutto ordinate e organizzate, ma non scelgono. Forse si potrebbero definire, confronto ardito con gli umani, comunitariste, ossia totalmente dedite ai bisogni della comunità. E la loro indiividualità? Quanta libertà di scelta ci mettono nell’essere ordinate. Difatti alcuni comunisti, con cui mi trovo d’accordo, definiscono il comunismo, un NON-ORDINE ossia un equilibrio tra soggetti le cui scelte personali, diverse, realizzano la possibilità di migliorare gli interessi di tutti. Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.
    Se poi vogliamo scendere sul letterario psicologico, beh le formiche, ci dicono gli esperti, suscitano tante pulsioni tra gli umani. Quando le sogni raccontacelo perché sarà un momento decisivo, forse?

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    baruda ha detto:

    Mi hai preso in fallo…
    io la penso come te sulle formiche, da quando ero piccola ( se è per questo la penso anche come tu sugli zingari e le vacanze con la famiglia borghese… tanto la mia s’è dissolta in un batter d’ali) ed ora sto facendo per a prima volta la mia guerra contro di loro.
    Cavolo…casa nuova. La mia cucina è la loro residenza.
    Per non far male a quel ‘mondo’ che amo ho provato anche a patteggiare un piattino sempre per loro in terrazza, ma non sono molto obbedienti. GIUSTAMENTE!
    Quindi finirà inevitabilmente in strage ma l’appuntamento si rimanda costantemente…

    ti scrivo solo per dirti che questa pagina m’ha fatto sentire meno sola…
    dici che dovremmo uscire?

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    Annalisa ha detto:

    @Baruda
    Stavolta mi hai fatto commuovere tu. Una soluzione c’è alle formiche senza fare stragi inutili, mica siamo gli americani noi… te la dico però stasera a cena se accetti l’invito ad uscire… Baci a dopo.

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    Annalisa ha detto:

    @Spartaco. Lo so che aspetti la risposta da giorni, ma io devo riflettere…
    Intanto potrei dire che anche per l’educazione che ho ricevuto credo, la mia idea di libertà va di pari passo con quella del dovere, (hai presente frasi del tipo: prima il dovere e poi il piacere, non fare domani quello che …etc etc). Io ho un’idea di società organizzata in cui c’è libertà per tutti fintanto che c’è anche il compimento dei propri doveri che consistono principalmente rendere tale società più vivibile e giusta per tutti, possibilmente impegnandosi in prima persona senza aspettare che lo facciano altri. Collaborare tutti in uguale misura per il benessere della collettività. Per le aspirazioni personali di ognuno, una volta risolti i bisogni primari, quali cibo, casa etc etc facendo in modo che non sia un’affanno, nel senso che non è che devo lavorare 24 ore per un tozzo di pane, saranno possibili e realizzabili anche quelli secondari e cioè legati alla soddisfazione dei bisogni non primari. Questo non vuol dire che se tutti si sentono poeti possono stare dalla mattina alla sera a scrivere poesie, capisci tu che è senza dubbio meglio di tirar su case e far fruttare la terra.
    E così le formiche collaborano perchè tutti abbiano quello di cui hanno bisogno, che fondamentalmente per loro consiste nella casa e nel cibo. Non so se le formiche, oltre a soffrire d’insonnia, amino anche scrivere poesie.
    Un abbraccio. Tanto troverai da ridire, lo so e forse c’è tanto da discutere e da capire su questo e su che tipo di società vogliamo per tutti noi.

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    spartaco ha detto:

    Bene Annalisa, difatti l’idea di una società da inventare nasce proprio una volta che si siano risolti i problemi della necessità. Ananke per i greci o Necessitas per i romani, che aveva un significato anche di “destino” perché sembrava proprio un destino degli umani l’arrabbattarsi per procacciarsi i beni primari, per sopravvivere. Sembrava un destino, poi, poco a poco si è cominciato a produrre in misura sufficiente alla sopravvivenza di tutti e tutte.
    Ma cosa è successo a quel punto? Qui comincia la storia delle classi e della lotta di classe, o chiamali ceti o raggruppamenti sociali, o come vuoi. I gruppi dirigenti delle società invece di consentire la liberazione graduale dal lavoro necessario –ananke– di quelli che si ammazzavano di fatica, invece quel sovrappiù lo trasformavano in “lavoro in più” = “plus-lavoro” per fare i porci comodi loro. Ad esempio Piramidi, Castelli, eserciti, guerre, banche, flotte, ecc. Poi tutto il resto, fino alle odierne fabbriche.
    Allora il punto è questo. Quello che dici tu va benissimo se solo si aboliscono le diverse classi sociali soprattutto quelle che si appropriano del plus-lavoro diventato plus-valore e ne rimane una sola di classe. Una classe di donne e uomini che decida cosa produrre, quanto produrre, come ripartire il lavoro necessario, come distribuire i beni necessari. Un solo raggruppamento umano in cui ciascuno dà quello che può dare e ne riceve quanto ha bisogno.
    È semplice no? È un po’ difficile a farsi, ma noi abbiamo una pazienza infinita.

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    Annalisa ha detto:

    ecco, proprio quello che intendevo. A dopo.

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