Brutal atentado contra Aìda Quilcué líder indìgena del CRIC. Matan su esposo

13 commenti
Por Simone Bruno - Colombia
Difícil creer al general Justo Eliseo Peña, comandante de la tercera división del Ejército Colombiano, que aseguró, en una entrevista con La W Radio, que un grupo de soldados campesinos disparó por error contra la camioneta de la Cric (consejo regional indígena del Cauca), en el cual usualmente se moviliza la líder Aída Quilcué.
A menos que el general no se refiera al error de haber matado al esposo de Aída y no a la líder indígena.
La camioneta iba a recoger la consejera mayor Aída Quilcué en Popayan cuando a las 4 de la mañana fue refagueada por hombres del Ejército Nacional mientras pasaba por la finca San Miguel de propiedad del Señor Bolívar Manquillo, en la vereda Gabriel López del municipio de Totoró. “En esta finca hay presencia permanente de tropas del ejército Nacional” afirma el comunicado de la ACIN (asociación de cabildos indígenas del norte del Cauca).
A su interior iba una misión medica y Edwin Legarda, esposo di Aída. Los 17 golpes disparados contra el vehículo han tenido impacto en los lados y en la parte frontal, cosa que contradice la versión oficial, según la cual los militares dispararon porque el carro no paró en un retén.  Edwin recibió 3 balas, una en el tórax y dos en las piernas. Llegó vivo en el hospital de Popayán en donde murió poco despues.
La Cric y la Acin confirman que testigos oculares aseveraron que en el área no había ningún tipo de retén militar. La misma Aída Quilcué dijo: “el atentado era para mi” y agregó que “ante este vil atentado, que reafirma el cumplimiento de las amenazas reiterativas al CRIC y a la ONIC, por atrevernos a contar, movilizar, desalambrar senderos y pensamientos, denunciar la crisis humanitaria y genocida que viven nuestro pueblos, no nos callará, por tanto el claro que el atentado contra el CRIC es un atentado contra la ONIC, el Movimiento Indígena colombiano y a todos aquell@s que nos atrevemos a proponemos cambios desde el sentir de los pueblos”.
Hoy es el 16 de Diciembre, y recurre también el decimoséptimo aniversario de una de las masacre más violenta y simbólica perpetrada contra los indígenas del Cauca. La masacre del Nilo, en la cual agentes del estado han matado 20 comuneros, incluidos mujeres y niños. Por esta masacre el estado ha reconocido su responsabilidad, pedido perdono y prometido reparación individual y colectiva, que hasta hoy no ha cumplido.
La Consejera Mayor había regresado a penas ayer desde Suiza, como una de las delegadas de la ONIC (organización Nacional Indígena Colombiana) ante la asamblea de evaluación de los 60 años de la ONU”.
Era entonces fácil imaginar que se seria desplazada en este misma camioneta por este mismo camino que cada día recorre. Este hecho y la fecha simbólica del 16 de Diciembre asombran de dudas la versión oficial del error.
Desde que se supieron los hechos los indígenas han rodeado la base militar en Totoró pidiendo la admisión de responsabilidad y de juzgar los responsables según las leyes ancestrales, como previsto por la constitución Colombiana.
El presidente de la ONIC Luis Evelis Andrade denunció a la agencia Efe que las amenazas contra los pueblos del suroeste, se incrementaron desde la reciente “minga” por efecto de los señalamientos por parte de altos cargos del Gobierno del presidente Álvaro Uribe.
Este atentado se enmarca efectivamente en una serie de hechos y amenazas, como las ordenes de capturas contra los coordinadores de la guardia indígena, y el asalto contra la radio comunitaria Pa‘yumat en el Cerro de Munchique Los Tigres, donde están ubicados todos los equipos de transmisión y la antena. Una estrategia de “agresión integral” contra los indígenas por parte del estado y de los grupos insurgentes. Esto se explica por el rechazo por parte de los indígenas del conflicto en sí mismo, no importa por cual actor venga. Atacar la idea de la guerra es atacar quienes de esta viven y que con esta se reproducen: la insurgencia y el ejército nacional que vive de los enormes gastos del plan colombia. 
foto de Simone Bruno
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    Gianluca Bifolchi ha detto:

    Buon articolo e chiusura cerchiobottista. Se fosse vero che l’insorgenza vive e si riproduce con la guerra non sarebbe un’insorgenza ma una coorte di Signori della Guerra, e onestà imporrebbe che la si chiamasse così. E se d’altro conto l’insorgenza è un’insorgenza, si giustifica per ragioni che stanno a monte della guerra, e non si merita di essere messa in posizione speculare a militari, paramilitari e Plan Colombia.
    Non voglio polemizzare con Simone Bruno, che è persona che stimo e per la cui incolumità sono in ansia, ma quando vedo giochi di prestigio verbali mi chiedo sempre quali sono i condizionamenti a cui un giornalista deve sottostare per veder pubblicato un suo articolo.

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    mc ha detto:

    I giochi di prestigio verbali, Gianluca, li vedi solo tu. E le domande che ti rivolgi sono soltanto il frutto di un antico (e piuttosto ebete) malcostume: quello di vedere un atto di servilismo o di paura dietro ogni opinione (o, come nel caso specifico, di descrizione dei fatti) che non combacia con la tua inamidata visione del mondo. Quella di Simone Bruno è una testimonianza di grande lucidità e di grande onestà che perfettamente coglie la tragedia di una popolazione costretta a lottare per far valere le sue ragioni nella morsa di un conflitto armato nel quale non solo lo Stato (cosa ovvia), ma neppure quella che si chiama “insurgencia” (ma che si può, ormai, tranquillamente definire “signori della guerra”) la rappresenta. Interessante, a questo proposito la lettura i quest’articolo di Raul Zibechi
    http://americas.irc-online.org/am/5725

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    Andrea Nuova Colombia ha detto:

    Ovviamente l’articolo ha delle lacune che, a mio avviso, traggono in inganno coloro che non conoscono bene la realtà colombiana. Prima di tutto in Colombia, anche se questa è la tesi tanto cara, coniata ed adottata dal governo, non esistono attori armati. Il tentativo di porre i paramilitari come un soggetto indipendente ed autonomo è semplicemente ridicolo. Il fenomeno del paramilitarismo è una strategia contro-insorgente adottata dallo Stato, che ha da sempre avuto il compito di “togliere l’acqua al pesce”, ossia alla base che appoggia la guerriglia. La grande concentrazione ed accumulazione di terra in mano ad un pugno di oligarchi la si deve soprattutto a esso. I paramilitari e l’Esercito sono una simbiosi più che comprovata anche in autorevoli sedi internazionali, quindi inutile dilungarsi. La stessa cosa vale anche per la guerriglia. Le stesse FARC-EP se fossero solamente un’organizzazione militare sarebbero già scomparse da decenni. La guerriglia avanza proposte politiche che ottengono vasti consensi ed appoggi in ampi settori che compongono la società colombiana, poiché nascono dalla stessa, ed essa non si moltiplica grazie alla guerra, ma solamente perché, da una parte non esiste una agibilità politica che garantisca l’incolumità degli oppositori (l’episodio in questione ne è una dimostrazione), dall’altra le condizioni socio politiche si polarizzano sempre più e con esse aumenta la brutale repressione del governo. Anche se qualcuno oggigiorno afferma che sia morta, in Colombia vi è una vera e propria lotta di classe. Da una parte le oligarchie, rappresentate dalla cosca uribista, con il loro esercito para-militare, e dall’altra un popolo che, in distinte forme di lotta, tutte rispettabili,gli si oppone.
    Certo che è stato un errore l’assassinato di Edwin Legarda… volevano trucidare sua moglie, ed ora faranno le solite arrampicate sugli specchi per tentare di auto-assolvere la loro facciata criminale. Questo non è che l’ennesimo episodio di terrorismo di Stato che, attraverso il sicariato istituzionalizzato, tenta di frenare le legittime rivendicazioni dei popoli originari.

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    mc ha detto:

    A me pare che Simone Bruno conosca benissimo (certo molto meglio di Bifolchi e di Andrea Nuova Colombia) la realtà della Colombia. E che la descriva con grande lucidità e coraggio, senza alcuna “lacuna che trae in inganno”. A trarre in inganno – ammesso che ancora vi sia qualcun o disposto a farsi ingannare – sono, caso mai, le quattro fanfaronate ideologiche che Andrea qui ci propina. Che le Farc non siano “soltanto” un’organizzazione militare, è un’ovvietà che lascia il tempo che trova. Le Farc sono indiscutibilmente una parte (la parte andata a male, ma pur sempre una parte essenziale) della storia della sinistra colombiana. Ma quali che siano state le sue origini e la sua storia – e quali che siano le malefatte dei paras che, anche questa è un’ovvietà, sono un’appendice del potere statal-oligarchico — è un fatto che ormai da molti anni rappresentano un potere a sé, sempre più lontano – ed in molti casi, non solo estraneo, ma addirittura contrapposto – alle lotte sociali. Simone Bruno non fa che descrivere la realtà. E dovremmo essergliene grati.

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    Annalisa ha detto:

    Cavallini, Andrea non ha detto mi pare che Simone Bruno non conosca la Colombia. Il punto non e‘mi sembra, andare a fare le pulci su quello che scrive Simone Bruno. Sicuramente il movimento indigeno si sta caratterizzando, come a suo tempo hanno fatto alcune comunita´di Pace, per un’indipendenza dagli attori del conflitto, rivendicando una propria autonomia ed identita´rispetto al medesimo.
    D’altra parte Andrea dice una serie di verita´(che Cavallini chiama ovvieta‘) con le quali mi trova come sempre d’accordo,tra le quali la principale secondo me e‘che se le FARC sarebbero soltanto un movimento armato sarebbero sparite a decenni. Saluti a tutti quanti.

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    mc ha detto:

    Il fatto che tu pubblichi spesso le testimonianze e le analisi di Simone Bruno (se non sbaglio una volta lo hai anche intervistato) mi dice quanto anche tu, Annalisa, consideri preziosi (e, in qualche caso, persino illuminanti) i suoi contributi. Per questo ho trovato particolarmente volgare l’intervento di Gianluca Bifolchi, laddove insinua che Simone alcune cose (quelle ovviamente che Bifolchi non aggradano) le abbia scritte per paura o (e qui Bifolchi insulta anche te) per opportunismo (più esattamente: “per vedere i suoi articoli pubblicati”). Che meschinità! Quanto al fatto che le Farc non siano “soltanto” un movimento armato la considero un’ovvietà perché – pur essendo come tutte le ovvietà anche una verità – in effetti non aggiunge né spiega nulla. Credo però che sia del tutto corretto affermare che, nel corso della loro storia, le Farc sono state “soprattutto” un movimento armato che, in quanto tale, ha mancato tutti gli appuntamenti politici. Non mi riferisco solo al processo del Caguán (che, politicamente parlando, è stato probabilmente la loro tomba), ma più in generale ad una praticabile strategia rivoluzionaria (negli anni ’60 e ’70 molti altri movimenti armati, l’ELn, l’M-19 nacquero proprio per colmare questo vuoto). Non è questo il luogo per dibattere un problema tanto complesso. Credo però che sia piuttosto puerile negare la realtà descritta da Simone Bruno – realtà che rivela l’estraneità o, addirittura, la contrapposizione tra Farc e lotte sociali – facendo correre fiumi di acqua fresca idelogica sullo “scontro di classe” in Colombia.

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    Gianluca Bifolchi ha detto:

    /D’altra parte Andrea dice una serie di verita´ con le quali mi trova come sempre d’accordo,tra le quali la principale secondo me e‘che se le FARC sarebbero soltanto un movimento armato sarebbero sparite a decenni./

    Eppure Simone Bruno, con tutta la sua profonda conoscenza della Colombia, sta dicendo proprio questo:

    “Atacar la idea de la guerra es atacar quienes de esta viven y que con esta se reproducen: la insurgencia y el ejército nacional que vive de los enormes gastos del plan colombia.”

    Possiamo leggere i testi con lo scrupolo degli interpreti seri, o aderire al metodo dei sotterfugi retorici. Nel primo caso le possibilità sono: a) il brano denota una nozione superficiale da parte di Bruno della realtà della guerriglia colombiana; b) Simone Bruno conosce la realtà della guerriglia ma sa anche che ci sono delle frasette convenzionali con cui è bene condire i propri articoli per uniformarli a una certa matrice di opinione…

    …mi dispiace ma da lettore di San Tommaso fammi dire che:

    TERTIUM NON DATUR!!!

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    mc ha detto:

    Ah, lo splendore della logica di Gianluca Bifolchi (lo stesso Gianluca Bifolchi che, tempo fa, ci illuminò sostenendo che, per capire il conflitto colombiano bisognava leggere Giuseppe Mazzini)! Simone Bruno, con un reportage dalla Colombia, ci racconta quel che accade e descrive i sentimenti d’una popolazione martoriata che è, certo, vittima della storica ferocia del potere (lo stesso che ha assassinato il marito di Aida Quilcué), ma che anche vive il conflitto armato in quanto tale, in tutte le sue componenti, come qualcosa di estraneo ed ostile alle sue rivendicazioni. A Gianluca Bifolchi, tuttavia, i conti non tornano. Perché, ancora una volta, le sue letture (San Tommaso, in questo caso, non Mazzini) gli dicono che “tertium non datur”. Ovvero: che, poiché le Farc “non sono soltanto un movimento armato” (anche i paras, se è per questo, non sono soltanto un movimento armato, e allora?), gli indigeni non possono che riconoscersi nelle loro posizioni. E se Simone Bruno scrive quello che scrive, lo fa solo per due possibili motivi: 1) ha “una nozione superficiale della realtà della guerriglia colombiana” (leggi: è un ignorante); o 2) usa a proposito “frasette convenzionali con cui è bene condire i propri articoli per uniformarli a una certa matrice di opinione…” (leggi: è un opportunista ed un vigliacco). Io credo invece – sfidando la sapienza di San Tommaso e quella del Bifolchi – che tertium datur. E che questo tertium reciti più o meno così. Simone Bruno ha scritto, con onestà ed intelligenza quello che ha visto. Mentre il Bifolchi – senza onestà né intelligenza, e con le sue due natiche ben al caldo in qualche non precisata località d’Italia — sta grottescamente cercando di mettere le brache al mondo. Un po’ come il don Ferrante dei Promessi Sposi librescamente convinto che non vi fosse, a Milano, alcuna epidemia di peste…

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    Giordano Bruno ha detto:

    Ma ancora state a perdere tempo con questo sapientone? Lasciatelo al suo egocentrismo psicotico ed impiegate meglio il vostro tempo, non merita nemmeno considerazione. Anche perchè se non si sente al centro della discussione va in palla e passa le notti in bianco. Abbiate un po’ di pietà per un povero cristo.

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    mc ha detto:

    Hai ragione Giordano Bruno. Forse non è il caso di dar troppo peso alle supponenti argomentazioni di Gianluca Bifolchi che, con le natiche al caldo, ha la sfacciataggine di mettere in dubbio la buonafede di Simone Bruno. Ma dargli degli psicotico mi sembra ingiusto. Io credo che si debba sempre discutere senza insultare. Così, almeno, fanno le persone civili.

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    Annalisa ha detto:

    Scusatemi ma avevo avuto veramente poco tempo. Io credo che non sia corretto mettersi a fare le pulci alle virgole di Simone Bruno, che in Colombia ci vive e ci lavora da quasi sei anni, accusandolo di fare i giochi di prestigio per veder pubblicato un suo articolo, anche perche’ non mi sembra che Simone sia pubblicato da El Tiempo o da Repubblica, egli per per aver coperto la Minga indigena (magistralmente) ha ricevuto anche delle minacce. Credo che il suo articolo allora fosse uno dei migliori uscito, anche molto migliore di tanti suoi colleghi colombiani. Credo che scrivere che gli indigeni vogliono restare fuori dal conflitto e dai suoi attori non sia una posizione cerchiobottista quanto piuttosto una constatazione di una realta´. E il prendere atto di questa realta´non e‘assolutamente uno schierarsi con il nemico… Le peggiori categorie mentali sono quelle che ci facciamo nella nostra mente. Se ci battiamo perche si riconosca che in Colombia esiste un conflitto armato e perche‘la guerrigglia sia considerata forza insorgente non verremo certo meno a questa convinzione accettando il fatto che ci sono parti sociali in Colombia, soprattutto gli indigeni che da questo conflitto vogliono essere esclusi, quanto poi questo sia difficile e praticamente impossibile e‘un altro discorso.
    E’ ovvio Andrea, che i paramilitari non possono essere considerati attori armati perche‘loro non sono in conflitto con lo Stato, anzi. Solo Uribe li ha considerati tali, a loro si’, con la legge di Justicia e Paz. La complessa realta´colombiana difficilmente si puo‘inserire in due posizione, tertium non datur, spesso ce ne e‘una terza, una quarta, una quinta…
    Al riguardo vorrei sottolineare come sia inquietante a mio dire, che sia stato l’Esercito a sparare direttamente e a uccidere il marito di Aida, in altri tempi forse tempi forse il lavoro sarebbe stato fatto direttamente dai paramilitari, e‘un segnale che puo’ essere interpretato in vari modi. Io sto pensando che si siano divisi i campi d’azione, e che lo scontro si stia facendo molto piu´diretto, voi che ne pensate?

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    Andrea Nuova Colombia ha detto:

    Sicuramente lo scontro (al di là della propaganda ufficiale) si sta intensificando. Se si pensa che solo nei mesi di agosto, settembre ed ottobre le FARC hanno inflitto alle forze governative quasi 500 morti, ci si può rendere conto di come il conflitto sia lungi dall’essere risolto militarmente. Dinanzi alle imponenti manifestazioni esplose nel Paese, lo Stato risponde con sempre maggiore repressione. Quando il lavoro sporco non lo fanno i paracos l’ho fa direttamente l’Esercito, come in questo caso o come il caso dei “falsos positivi” che ha portato l’ex capo dell’Esercito, il generale Mario Montoya a togliersi dalla scena. L’assassinio di Edwin Legarda è l’ennesimo crimine del terrorismo di Stato, come del resto quello accaduto solo l’altro ieri: hanno assassinato un altro dirigente sindacale, appartenente a SINTRAMBIENTE a colpi di piombo.
    Sarà interessante vedere come l’amministrazione USA gestirà, e in che termini, gli aiuti militari ed economici alla Colombia, data la repulsione della base democratica verso Uribe e le sue violazioni dei Diritti Umani.
    Coincido con Annalisa quando dice che bisogna passare per un riconoscimento anzitutto del conflitto e, quindi, dello status di forza belligerante per l’insorgenza. Solo così potrà riaprirsi un dialogo che possa portare ad una soluzione politica che includa tutti i settori della società colombiana, compresi i popoli originari che oggi si battono per il riconoscimento dei loro più elementari diritti.

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    mc ha detto:

    Mamma mia, Andrea, come le spari grosse. I morti dell’esercito nel periodo da te indicato sono, secondo ANCOL – agenzia semi-ufficiale delle Farc – non 500, ma 135 (a 489 ci arriva contando i feriti). E non sono pochi a credere che si tratti di cifre,oltre che inverificabili, ultra-gonfiate a scopo propagandistico da un’organizzazione in serissime difficoltà. Ed anche cronologicamente i tuoi ragionamenti fanno acqua da tutte le parti. I “falsos positivos” che ora sono sotto inchiesta, risalgono a quasi un anno fa ed è del tutto fuori luogo collegarli alla ripresa delle lotte sociali o alla controffensiva (più inventata, probabilmente, che reale) delle Farc. Vero è, caso mai, che il riemergere delle lotte sociali è, almeno in parte, dovuto al fatto che, con i duri colpi subiti dalle Farc, il conflitto armato – che, sono d’accordo, non è risolto né si può risolvere sul piano militare – è passato in secondo piano. E proprio questo è quel che Simone Bruno lucidamente denuncia. La realtà di una lotta che cerca di liberare se stessa dalla morsa di un conflitto armato che non la rappresenta.

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