Negro di merda? “Generica antipatia”

4 commenti

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Questo articolo di Alessandro Portelli è talmente semplice e chiaro nella sua lucida analisi di quello che sono il razzismo e il fascismo oggi che andrebbe secondo me letto in tutti i licei. “Io non sono razzista ma…”, “io non sono fascista ma…”: è questo limbo di vigliacchi razzisti e fascisti che si trovano a mezza strada tra gli antifascsisti e gli antirazzisti convinti e i fascisti e razzisti dichiarati, che stanno affossando la coscienza morale e civile della nostra società. Quei vigliacchi che hanno dato purtroppo ampia rappresentazione di sè nei commenti a questo post.
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Alessandro Portelli 
Fonte:
Il Manifesto
Hanno proprio ragione i magistrati e i politici milanesi secondo cui massacrare una persona chiamandolo «negro di merda» non è un atto di razzismo. Infatti hanno dalla loro la più autorevole giurisprudenza del nostro paese: un paio di anni or sono, la Corte di Cassazione sentenziò, infatti, che «l’espressione ’sporco negro’» — pronunciata da un italiano mentre aggredisce persone di colore alle quali provoca serie lesioni — non denota, di per sé, l’intento discriminatorio e razzista di chi la pronuncia perché potrebbe anche essere una manifestazione di ‘generica antipatia, insofferenza o rifiuto’ per chi appartiene a una razza diversa». 
Immagino che la suddetta preclara giurisprudenza possa applicarsi anche a espressioni affini come «negro di merda». Quindi, «nessuna aggravante». In effetti, i due assassini di Milano hanno fatto sapere che avrebbero fatto lo stesso anche se il loro bersaglio fosse stato bianco e questo, secondo loro, dovrebbe rassicurarci (mi viene in mente la signora con bambina che allo stadio faceva «buuu» ai giocatori di colore e, alle mie rimostranze, rispose che lo faceva pure ai bianchi. Come se una schifezza ne scusasse un’altra). Ma loro almeno lo fanno per proteggersi — e comunque, per fortuna, manca la conferma empirica. Quelli che davvero non hanno vergogna sono quelli che nelle istituzioni e nei media gli tengono bordone. Io infatti ero convinto che «generica antipatia, insofferenza o rifiuto per chi appartiene a una razza diversa» fosse appunto una perfetta definizione del razzismo: un atteggiamento mentale e culturale, che può o meno produrre altri effetti criminosi ma è già un orrore in sé. Per aver definito «negro di merda» un giocatore avversario, il commissario tecnico della nazionale spagnola si beccò una meritata bufera di accuse di razzismo. Si vede che certe espressioni smettono di essere razziste quando alle parole si accompagnano le mazzate. La strategia discorsiva è la stessa seguita dal tribunale californiano nel caso Rodney King (quello che scatenò la rivolta di Los Angeles): suddividere un evento unitario in frammenti distinti in modo da separarne causa ed effetto e renderlo incomprensibile. In questo caso, le botte e le parole non fanno più parte di un medesimo processo, ma sono due cose separate e senza relazione fra loro: non danno le botte perché la vittima è comunque ai loro occhi uno «sporco negro», ma da una parte hanno verso di lui una «generica antipatia» e dall’altra lo ammazzano, però l’una cosa con l’altra non c’entra. Se vogliamo, su tragica piccola scala, questa è la logica che presiede la separazione fra le leggi razziali e il fascismo rivendicata dal sindaco di Roma e dai suoi seguaci: il regime cacciava i bambini dalle scuole e aiutava i nazisti a sterminarli, ma non perché era fascista e quindi razzista, ma per una mera aberrazione. Staccato dalle sue conseguenze materiali, insomma, il razzismo diventa una cosa nebulosa e astratta, che uno può negare e persino condannare, continuando a praticarlo. Questa mi pare anche la debolezza dell’« antifascismo» dichiarato da Fini: se davvero ci riconosciamo nei valori della Resistenza e della Costituzione, allora sarà il caso di metterli in pratica, e di smettere di discriminare e schedare i rom, cacciare gli immigrati, considerare aggravante la clandestinità, praticare politiche che colpiscono sistematicamente i più deboli e più marginali. Cioè: ricomponiamo parole e fatti, ricomponiamo i proclami di antirazzismo con pratiche antirazziste, egualitarie, civili — il contrario di quelle per le quali la commissione europea ha appena ribadito la condanna al nostro governo (contro quello che avevano proclamato Maroni e i tg). Invece facciamo esattamente il contrario: separiamo le parole dai fatti che ne conseguono, e ci serviamo di questa scissione per attenuare la gravità di un assassinio, o per prendersi patenti di democraticità senza bisogno di fare una politica democratica. La parola chiave del razzismo nostrano è «ma»: «io non sono razzista ma…». Io non sono razzista, ma quelli i biscotti li avevano presi. Io non sono razzista, ma i rom rubano. Il documento degli «scienziati» fascisti sulla razza, almeno, proclamava che era l’ora che gli italiani si proclamassero «francamente» razzisti. Adesso, noi italiani brava gente ci vergogniamo del nostro razzismo al punto da negarlo in faccia all’evidenza — e proprio questa negazione ci permette di continuare a praticarlo in forme sempre più violente.

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    Nicola ha detto:

    Io non sono razzista ma (sì, l’ho letto l’articolo) l’articolo fa le pulci alla forma invece che alla sostanza o, meglio, è imperniato sulla frase invece che sul movente.

    Se razzismo è chiamare “black lizard” l’amico Lobur allora sono razzista. Se invece è l’appiccicare cliché odiosi ad una razza / classe / categoria, gradirei che Alessandro Portelli non faccia altrettanto con gli italiani, visto che fisiologicamente lo sono anche se non ho la televisione, non mi interesso di calcio, non suono il mandolino e, soprattutto, non mi ritengo responsabile di ciò che pensano “gli italiani” (e non vedo perché dovrei provarne vergogna).

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    Piero ha detto:

    Ho vissuto e lavorato per 25 anni nell’Africa Orientale e Centrale, e le posso assicurare che i piu’ razzisti sono proprio i neri.Non comprendo perche’ i comunisti italiani non vogliono riconoscere questa verita’ e nasconderen il razzismo bolscevico.Forse per ignoranza? o opportunita,?

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    Antonio ha detto:

    Sono d’accordo,basta difendere quella gentaglia che pretende diritti,ma spesso è allergica ai doveri. Il rispetto in Italia ce lo devono loro,visto che sono ospiti. Se non gli piace la situazione,se ne tornino a casa loro che quì non li ha invitati nessuno. Basta immigrazione,basta arroganti, non ci servono e non devonmo piacerci per forza.

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    Schutzstaffeln ha detto:

    Ma possibile che nessuno abbia il coraggio di dire le cose come stanno? L’uomo è un animale e per progredire nella specie vi è bisogno di selezione. L’antirazzismo è contro natura e quindi contro l’uomo che appunto, come animale deve essere libero di muoversi di cacciare e di combattere nel proprio territorio anche dicendo quello che i deboli dementi non vogliono accettare. Solo la mente debole, l’essere che è e sa di essere inferiore continua a stracciare i co.…ni con con le accuse di razzismo. Il motivo è comprensibile, sa di essere contro natura e quindi avendo paura della natura che invece è inesorabile, si erge a difensore di chiunque si sente minacciato. Per progredire e uscire da questo abonimio bisognerebbe in italia cancellare gli articoli n 2 3 5 8 della costituzione.

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